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Sonetti del 1833 133


L’ANGONÌA DER ZENATORE.1

(1.)

     Che ffarà a Rroma er popolo romano
Adesso che jje more er Zenatore?2
Come faranno, adesso che llui more,
Li vassalli de Cori e Vvitorchiano?3

     Che ffarà adesso er povero sovrano
Der Vicario de Ddio nostro Siggnore,
Senza sta prima carica d’onore
Che lo vadi a sservì dda lavamano?4

     E ccome se farà ggiuveddì-grasso,
Che nun ce sarà ppiù cchi bbatti er Corzo
Fra le carrozze che jje dànno er passo?5

     Quieti pe’ ccarità, cché, llui crepato,
Nun mancherà de scerto un antro torzo6
Da méttelo7 a la testa der Zenato.

9 gennaio 1834.



  1. L’agonia del Senatore.
  2. Il principe don Paluzzo Altieri.
  3. Vitorchiano, Cori... [Magliano e Barberano], sono quattro feudi del popolo romano in massa, rappresentato dalla Camera Capitolina.
  4. Vedi il sonetto... [Un sonetto che parli di questo servire da lavamano, salvo che non mi sia sfuggito nelle parecchie letture che ho fatto di tutti quanti, non c’è. Ce ne sono bensì alcuni, in cui, nelle note o nel testo, si lamenta in genere, o si mette in ridicolo, l’esautoramento del Senato Romano. Si veda, per esempio, Er presepio ecc., 27 dic. 32, nota 2; Una sciarabbottana, 6 genn. 33, nota 11; Er Zenato ecc., 5 genn. 47. In realtà però la prerogativa più importante rimasta al Senatore può davvero dirsi che fosse quella di portare il boccale dell’acqua ne’ pon- tificali e in altre funzioni, per la lavanda delle mani del Papa, e di reggergli l’estremità della Falda, quanda mancava il Principe assistente al Soglio. (Cfr. Moroni, art. Senato Romano.) Lo stesso era degli altri municipi dello Stato pontificio, de’ quali il Pianciani scriveva: “Le gonfalonier jouit de certains privilèges, parmi lesquels nous pouvons citer celui de verser de l’eau sur les mains de l’évêque, quand la messe commence; les anciens ont le même privilège quand elle finit.„ Op. cit., vol. III, pag. 14.]
  5. Il primo giorno di carnevale e il giovedì-grasso, il Senatore, in forma publica, batte, come si dice, il Corso, passando col suo seguito di cocchi per mezzo alle due file di carrozze che lo percorrono.
  6. Un altro torzo. [Torso, torsolo. Cioè: “minchione.„] Prova superlativa della di lui dappocaggine e pusillanimità si ebbe nei torbidi civili del 1831, ai quali egli come primo magistrato del popolo e generalissimo della guardia urbana avrebbe potuto dare una direzione che ristaurasse in qualche modo il Senato dalle usurpazioni dei Papi. Il Senatore, al primo sospetto di movimenti popolari, si chiuse nel palazzo e ne fece puntellare i portoni.
  7. Da metterlo.