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Sonetti del 1834 135


LA MORTE DER ZENATORE.1

(2.)

     È mmorto er Zenatore: e ddrent’ar mese
Chi ddisce che ssii fatto Bbarberini,
Chi Ssantacrosce, chi Ssolòfro Orzini,2
Chi Ppatrizzi,3 e cchi er Préncipe Bborghese.4

     Ma er Papa, che ttiè in testa le protese
Che ccacciò ffòra er Préncipe Corzini,5
Ha ppavura che quelli siggnorini
Rivojjino er commanno der paese.6

     Forzi,7 come una vorta era er custume,
Metterà in Campidojjo un zu’ nipote,8
Negozziante de paste e nnegrofume.9

     Dunque, si10 cquesto cqua ssa er zu’11 dovere,
Per entrà in grazzia ar zio uggni le rote12
Ar cavajjer Ghitano er cammeriere.13

11 gennaio 1834.


  1. Accaduta la notte dal 9 al 10 gennaio 1834.
  2. Orsini, napolitano, Principe di Solòfra e Duca di Gravina, che ai vantaggi di un sangue illustre unì l’altro splendore di 220.000 scudi di dote avuta dal suocero Duca Torlonia.
  3. Il Marchese Patrizi, figlio del già senatore di questo nome.
  4. Francesco Aldobrandini, secondogenito della famiglia Borghese, di cui ereditò il nome e le proprietà del fratello Camillo Borghese, morto senza prole del suo matrimonio con Paolina Bonaparte.
  5. Morto il senatore Giovanni Patrizi, il principe Tommaso Corsini, fiorentino, fu eletto a quella dignità e ne prese il solenne possesso con magnifica pompa. Ma per alcune male intelligenze sorte tra lui e la Romana Corte intorno alle giurisdizioni della carica, vi rinunziò, ed allora fu che gli venne sostituito l’Altieri.
  6. Rivogliano il comando, ecc. — È noto come i Papi, specialmente da Niccolò III poi, si tolsero a poco a poco tutto il comando municipale, di che i Senatori erano investiti sulla città di Roma.
  7. Forse.
  8. Frequenti sono gli esempi di simili nomine di nipoti di Papi. L’ultimo si ebbe nel Rezzonico.
  9. Questa dicesi essere la professione della famiglia di Gregorio XVI in Belluno.
  10. Se.
  11. Il suo dovere.
  12. Unga le ruote: piaggi e regali.
  13. Gaetano Montani [sic], già barbiere del padre Mauro Cappellari, oggi Papa. [“Gaetano Moroni, che un tempo era stato barbiere del monaco e del cardinal Cappellari, ed era poi divenuto primo aiutante di camera del Papa, fu sempre l’uomo del cuor suo. Gregorio XVI lo insignì d’ordini cavallereschi, lo pose in condizione agiata ed invidiata, e tanto lo dilesse, che venne in voce e credito di favorito, e dispensò protezioni e favori non solo di Corte ma di Stato. Se ne mormorava grandemente, ma pur nullaostante il cavaliere Gaetano Moroni riceveva gli omaggi non di coloro soli che ivano a procaccio di grazie e di onori, ma eziandio dei cardinali e dei prelati: i letteratucci gli dedicavano sermoni e rime, e lo celebravano come uomo di molta dottrina, avvegnachè fosse autore, o come è più probabile, editore di un Dizionario Ecclesiastico, che per invito e raccomandazione della Corte e del Governo dovevano acquistare tutti i Municipi, tutti i dipendenti dalla Corte e dal Governo. A Gaetanino, come i Romani vezzeggiando lo appellavano, al fortunato ed astuto barbiere bruciava incenso la cortigiana turba de’ mozzorecchi, degli adulatori, de’ cupidi.„ (Farini, Op. e vol. cit., pag. 127-28). Come si vede, il Farini inclina a credere che il Dizionario Ecclesiastico non sia veramente opera del Moroni. Ma se è indubitabile che il favorito di Gregorio ebbe per quella compilazione aiuti da ogni parte, è anche indubitabile che egli se ne può chiamare autore, nel senso in cui si chiamano autori tanti altri abborracciatori di opere consimili. E chi anche oggi si maravigliasse che un barbiere potesse fare quel che fece il Moroni, consideri che abisso di spropositi di sostanza e di forma ci sia in quel Dizionario, il quale tuttavia riesce molto utile come indicazione di fonti; e consideri altresì che a quel tempo, in Roma, i barbieri facevano anche da flebotomi, ed erano tutti infarinati d’una certa coltura, sicchè il volgo, come attesta il Belli in più luoghi, li teneva addirittura per tanti Salomoni. — L’essere il Moroni chiamato sempre dai Romani Gaetanino, fece sì che il Belli ne ignorò per parecchi anni il vero cognome, e in molte note a’ sonetti lo chiamò Montani. In un sonetto però del 1° giugno 1835 lascia in bianco il cognome, e in un altro, del 4 agosto dello stesso anno, comincia a scriverlo correttamente. Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte]