Interpretazione e confronto di una bilingue iscrizione che sta sopra una Mummia Egiziana nel Regio Museo di Torino/Note
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DCt. CAV. Dl S, QUI.NTINO SQl
NOTE
A L L \ P R r S E N l’ i; L t Z I N E.
Nofa a. face. 256. In un rccenic giornale tedesco citato ncll’ opera periodica clic ha per lilolo; Bullet in tmiversel des sciences etC: Aot’u 1824. pag. io3. (I Paris, si legge chc il sig. Lnitzer, viaggiatore tedesco, ha portata poco fa dall’ EgiUo in Trieste una mummia greca chitisa ermeticamenle in un sarcofago arentc due iscrizioni, una dalla ’pnrlc della tesla, 1" allra sopra uno di:i fianclii. — Rimane era a sapersi se qucila mummia sia stata riputata greca per la forma quadrata della sua cassa, ovrero per la (jualita dellc sue leggende; se quesle saranno scritte in lingua greca pare che non si dovrebbe lardar molto a vedcrle publicate.
Quando i cadavert imbalsamati egiziani sono stati tolti dai lore sepolcri, e trasportati al.lrove, riesce assai diflicile il conosccnie r eta, o il dire in qual pro^iiicia sicno stati trovati, sc questc cose non ci vengono manifcstate o dalle loro medesimc iscrizioni, oppure pei norai dei Principi allora regnanti, i quali nomi qualche rara volta si trovanp registrati o suUe casse, o fasciature delle mui»mie, ovvero sni papiri e sugli scarabei chc si seppellivano con esse. (Vedi la nota seg. b). Possono pero dar molto lume in queste indagini I’acconciatora estei’na de’ cadaveri, la forma delle casse, e la maniera più o meno accnrata delle loro pitlurc. In generate si puo tener per. cerlo che le più belle mummie, le piii ricche di scene erudite, e di sacre leggende soqo le piii antichc; e di un’ela meno da nok lonlana quelle preparate ecu minor cora. Anclie fra le piu antiche, per certo miglior garbo di lavoro, si possono facilmento distinguere Ic tebanc da quelle dei sepolcri di SaqqaraU; ossia di 393 MUMMU ECIZIANA
Menfi. Le mummle contemporanee alia diciotteslma dinaslia, die abbiaino in questo museo, sono veramentc bcUissime in ogni loro parlicolare; il colore delle casse, sul fondo, suol essei-e aranciato rosso, velato sempi-e con lucida vernice; e celesti, gialli, verdi^ od azzurri i colori delle figure di cui sono fregiate, le quali per lo più sono fatte di rilievo medianle uno stucco applicato sul leguo, in quello stesso modo clic adopcravano i rozzi pitlori greci ed italiani de’bassi tempi, per dar risalto maggiore alle opere loro. . Air incontro sulle muminie, clie sappiamo appartenere alle epoclie dcUa dominazione greca, e dclla romana principalmente, I fondi delle casse sono per solilo bianchi o giallastri senza vernice; i colori dozzinali, le figure rade e prive di grazia, i geroglifici trascuralissimi. Fu uso probabilinente di questi ultimi tempi di coprire le fasciature de’ cadaveri con tela rossa, ed ornarli poscia superiormenle con graziosissime reticelle coinposte di cannoncini falti di smalto celeste, perche quelle die sono in quesla R. collezione preparale in tal modo, in numero di tre quatiro, furono appunto trovate in casse proprie di que’ tempi.
Nel quarto secolo dell’era nostra, come leggiamo nella vita di S. Antonio Abate, scritta da S. Atanasio, sussisteva ancora in Egitto l'uso d'imbalsamare, e di fasciare i defunti; con tutto ciò non credo che si conosca alcuna mummia posteriore d’età al secolo secondo. Io ne ravviso la cagione nell'introduzione della Religione Cristiana in quella contrada, la quale, trionfando delle prische superstizioni, dovette a poco a poco far abbandonare l'antica maniera di preparare le tombe che era una conseguenza di quelle, e rendere quindi superflue le infinite diligenze che si adoperavano da prima per conservare i cadaveri. Non dee quindi far meraviglia, se, essendo allora venuti meno gli antichi sepolcri, conservatori d’ ogni cosa, ora sono cosi scarsi i monumenti egiziani di quelle età; quando all’opposto tanti ancora se ne trovano de’ secoli antecedenti.
I b. facc. 258. L’uso di ornare internamente le sepolture con figure dipinte era egualmente comune agli antichi popoli dell'Italia, ma agli Etruschi particolarmente, e quindi a' Romani loro discepoli. Basti l'esempio de’ famosi ipogei di Corneto, i più antichi che si conoscano preparati in tal modo da quelle nazioni. I vasi di terra cotta con rappresentazioni mistiche, istoriche o mitologiche, coperli di si belle vernici, e di forme colanto graziose, i quali si trovano frequentementc ne’sepolcri italiani e greci della piii riraota antichita, sono vere pitture anch’essi; e, per più d’ un titolo, si possono tenere per una medesima cosa collo Inpidi scrille e figurate dellc tombe egiziane. Tanto e vero die gli uomini posti nelle stesse congiunturc quasi sempre hanuo falto le niede«imc cose.
Ma ne gli Etruschi, ne i Greci, ne i Romani hanno mai edificate le loro sepoliure cou lanta diligenza, ne con si grandi cautelc, quaute ne adoperavano gli Egizi nel preparare i loro ipogei, ora nelle viscere dei monti, ora nascondeiidoli nel centro dellc piratnidi, o nel fondo di pozzl angustissinii e profondi. A queste loro caulele dobbiarao la maravigliosa conservazione di tanti fragilissirai monumenli che tulto di a grande stento si straggono da que’ luoglii di morte, destinati a non veder mai la luce.
Fra questi monumenti sepolcrali meritano particolar altenzione in questa regia coUezione due muminie inolto pregevoli, e forse uniche finora nel loro generc, in quanlo che portano scritti piu d’ una volta sulle loro casse, suUe fasciature, ovvero nei loro papiri, i nomi^ e percio la data dei primi Faraoni della diciottesima dinastia. Non v’ iia diibbio adnntpie che la loro elu non puo essere minore di inille sellecento e più anni prima dell’ era volgare, che e quanto dire di 35oo e più anni prima de’nostri giorni, giusta r autoriti di Manetone, la cronologia del quale, per quell’ epoca almeno, e per le susscguenli, e pienamente onnai confcrmala dai monumenti conlemporaiici. Una di quelle mummie e si ricca di erudite pitture, e d’ iscrizioni, che sola potrebbe essere argomento di uji giusto volume, e se non avesse di recente soflcrto assai it).^ MUMMIA ECIZIANA
ne’ ^naggi e ne’ lazzerelli, sarobbe tullora in iino stato tli perfelta conservazione.
E parimeutc in questo museo una stalua non graiulc dl logno, clic porta scrilto suUa base il nonit; clella Regiiia Nanc-Atari, moglie del Re Amcnofis I, capo della mentovata dlnaslia. Qiiesta statua saia duiiquc più autica della mummia anzidctta; lo sara parimentc un’ alli’a statua scolpUa in una pictra, o tufo calcarco fragiiissimo, rapprcsentaiile il siukletlo Re, come ne fa prova il siio nome piu voile su di essa replicato. La stessa cosa si dee dire di un gruppo di due figure sedenti, fatto di semplice arenite, che porta la stessa data; senza parlare di moltissimi altri monumenti meno fragili appartenenti alla medesima epoca, od a tempi anche più rimoti. Perciò Platone, compreso, come noi, d’ammirazione nel considerare la conservazione delle antichità egiziane, e la loro invariabile uniformità, ch'egli avea potuto esaminare sul luogo da per se stesso, un secolo prima cbe l’ Egitto fosse manomesso dai Persiaui, scriveva, uniformandosi allc popolari tradizioni ^ ed esagej’ando per la meraviglia: Se tu dunque ci vorrai por mente ’vedi-ai che in Egitto quelle cose die sono state scolpite o dipinte ben died mila anni addietro ( ri nup’.Trov sVij yiypacij.ixivc(. -am rzzursay.vj<x ), quasi, per dir cost, non J’ossero di tanta antichitci j sono nd piu lie mono pregevoli, di quelle die si dipingono ora: ma sono faite col medesimo artifizio. (Plat. op. omnia. De legibus ii. edit. Bipont. vol. Tin. pag. 65.) Dissi esagerando perche non e da credei-si che quel sommo ingegno, ancke aon conoscendo i sacri libri di Mose, polesse prestar fede alle fole dei sacerdoti egiziani sulla pretesa ultissima antichita di loro nazione.
Ed aUrove lo stesso Platone, parlando de’corpi imbalsamati, soggiuRge: i corpi disseccati ed imbalsamati secondo Vino degli Egizi si conservano quasi nella loro integritct per un tempo incredibile. (Plat. De Anima. Edit. Lngd i5G8. pag. 34 r)
C. face. 360. Le foglie tli cui $ono composte Ic suddetle ghlrlaude DEL CAY. DI S. QCIXTINO agS
aon Sono tattc della medesima qiialiuV IS’c ho vcdnle alcune di forma iiinga e sotUle come quella del carici paliislri, le qiiali davaiio u (juei,li ind’ecci una forma radiaU; alli e fattc ad imitazioue di queste, ma con foglie di palma rese aguzre colle forbici a ioggia di quelle: allre fiiialmente afTalto simili alle frondi dell’ alloro. Tulte queste diverse foglie, in una dcllc loro cslrcmita, sono ripicgate pill volte sopra se stessc, quindi cucite 1" una dopo l’ altra sopra una striscia di palma, col mezzo di cerli giunciii sottili come ii refe, e legate finahnente in ccrcliio, e collocate dentro Ic casse dei cadaveri imhalsamati: ma non sempre sui capo.
Per lo |,iu que^ti rozzi ornauieuti si trovano ne’ sarcofagi dellc donne, tanlo di quelle che hanno sulla testa l’ imagine dell’ aToltoio accovacciato, simbolo della maternita, come delle allre che ne sono senza. Ma ne ho vedute ancora nclle casse dcUe mummie viI’ili: non crano dunque ne il distintivo della verginila, ne quello del sesso men forte. Lasciero che altri si dia il pensiero di far palese il significalo di si fatte mistcriose ghirlande, a me bastera di poterne trar argomento onde rendere almeno dubbiosa V opinione di chi crede essere stato proprio dei soli Grcci I’uso d’ ineoronare i loro defunti, e non mai degli Egiziani. Sul petto di una delle mentovate mummie fu pur trovata una quanlita d’erbc, o fiori riuniti in mazzetto, che ora si conservano nel R. museo.
d. face. 260. Questo manuscritto greco sopra papiro egiziano c il più prezioso ed interessanle di quanti se ne conoscono Gnora scrilti in ({uellidioma. La sua conservazione e perfelta; chiara ed evidenle la sua scrittura; ceria la sua lezione: e lungo poco meno di due metri, ed alto circa un terzo della stessa misura. E percio tnolto minore in estensioue del maggior papiro greco del regio gabinelto di Parigi: ma lo supera di gran lunga o pel suo buon essere, e per l’ importanza dcU’ argomento. II testo ne e distribuito in dieci colonne o facciale, che conlengono fra tnlte trecento undici linee, lunghe ciasciina presso a poco 0,18 di metro; nelle
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(jiiali e esposto 1" iatiero processo di una lite agitatnsi in Tebe iieil’ ultimo anno del regno di Tolomeo Evergete II. (an. 117. avanli I’era vol:;.) Apparisce da queslo manuscritto che i docunieiili o convcnzioai prodoite in quella causa erano scritte in lingua egiy.iaua; e su questa circostanza e appoggiala in parte la sentenza ivi einanala dal giudicc: z«t’ Aiyunzlccg myypaitpag, ad csclusione delle loro traduzioni in lingua greca: ’A.vriypv.(pc< avyypa-fw kl-pnzMv, flie non potcvano far legale Icsliinonianza in giudizio. Ho già ri-’ levala questa importante parlicolarita nel primo periodo di questa Iczione; giova qui aceeuuare il documento che nc fa fede. Dodici altri papiri grcci abbiamo pure in questo gabinctto, i quali coanecche non pareggino il primo ne in ampiezza, ne in coiiservazione, non lasciano pero di csscre monumenti preziosissimi anch’essi: quasi tulti contengono conlralti od atti forensi risguardanti la controversia agitatasi nell’anzidctto processo, e facevano parte probabilmente del medesimo archivio. Aspelliamo oi-a con impavdenza riUustrazione di tulli questi papiri dall’egregio accadcmico il sig. Prof. Peyi’on; si puo vedere intanlo il cenno ch’ egli giu lie lia dalo nel suo: Suggio di stucli sopra papiri, coclici coftl ec.Torino 1824.
e. face. 262. E Tcramente cosa difficile a credersi che una scritlura non risguardante alia religioue ed ai sepolcri, coUa data deir anno 117. avauti I’era volgare, possa essere stata deposta jiella cassa di una mummia dei tempi di Traiano, ovvero degli Antonini. Per dar ragione di questa singolarita convien supporre o che vi sia stata messa col fine di nasconderla, e di conservarla cola come in un archivio impenetrabile, oppure affinche vi facesse le veci di quel rotolo di preci che si solea chiudere nelle casse, o porre tra le fasce de’ cadaveri imbalsamali per istinto di pieta. Questo secondo supposto acquista cpialche probabilila dall’ osservazione fattasi che piii volte, invece di que’rotoli di preci in favore del defuuto, se ne souo trovati dogli aldl i qnali od erano senza DEL CAV. DI S. QUISTINO anj
scrittura di sorta alcuna, ovvero avcano ancora In bianco tutli gli spazi destinali a contenere il nome del morlo, pel quale od erano stati particolarmcnle preparali, ovvero cornpcrali gi;i scrilii nelle officine degU amanuensi, come per lo piil accadeva. Si deduce da cio che anchc in quelle pratiche religiose la materiale formaliti vi dovea avere inolla parte, e ron qiiesto mezzo solamente si piio spicgare come nelle casse delle miimtnie si possano trovare del manuscritti afliiUo indipendenti dalle cose sepolcrali, e dalla religione.
II manuscrilto greco publicato dallo Schow, scritto in Tolemaide del notno Arsinoite, fu trovato in una tomba di Menfi, chiuso con moltissimi altri papiri in una casselta di legno; si rende quindi probabile che tutti o quasi tutli i mentovati papiri greci di questo regio niuseo sieno anch’ essi stati trovali riposti in cguai maniera dentro qualche sepolcro della Tebaide.
e. face. 362. II monumento di cui e fatta menzione in questo luogo e finora I’unico nel sue genere che si conosca intiero e ben conservaio. La sua soslanza e di quel legno detto di Meroc dal Cav. Drovetti neirindice della sua collezione, duro, pesanle assai, capace di pulimento, di color rosso tendenle al violaceo. Gli anIJchi Egizi lo traevano probabilmenle dall’ Eliopia, o da qualche allra contrada centrale deirAffrica; e doveano fame grandissiino uso, se ne dobbiamo giudicare dalla quantita de’lavori d’ogni genere, che ne possiedc il regio museo torinesc. Nessuno di quest! lavori mostra di essere slato altre volte intieramente colorito o dipinto, come lo erano per solito le casse, gli oriiati e le figure falte di sicomoro o di altri legni di sostanza meno dura e ristretta; pei’che qaello essendo atto a pigliare un buon luslro, riusciva superfluo ogni uUeriore abbellimento. La medcsima distinzione scmbrn che venisse fatta fra le opere di basalte, di granilo, di porfido, di alabastro, e le altre loro sculture fatte in pietre piCl rozze, e di natura meno soda e compatta.
To.MO XXIX. ^8 ■JijS MU.MMIA f.r.IZIANA
II metro O cubilo rcgio di cui sitratta, ti’annc la parte d’l solto, vedcsi tutto copcrlo di geroglifici intngliati nel logno con mediocre diligenzn; contcngoiio qnesti la solita leggeiula funerale in favore del dofunto saccrilotc Amenemopli, sacro scritlore, nella tomba del quale questo prozioso monumento fu ritrovato, sui colli attigui air aiitica Menfi. Vi si vedono inoltre due maniere di divisionl mcnsurali distinte con niimeri geroglifici, sopra ciascuno de’quali e rappresentafo il simbolo della divinita egiziana clie gli corrispondeva; fra questi il simbolo del Sole occupa il primo luogo, quihdi Gom, ec.
Ma, cio die pii\ importa, questo metro porta seco registrata la propria data nella leggenda reale del Faraone Oro, ottavo Re della dlciottesima dinastia, il quale principio a regnare suU’Egitto cento cinquaniaquattro anni prima del grande Ramesses o Sesostri. Secondo i computi dello storico Manetone, (firesso Etiscbio. Edit. Mediol. i3i8.) il regno di questo conquistatore cominoio mille trecento cinquant’ anni avanti l’ era volgare; ovvcro, segucndo allri computi appoggiali all’ autorila degli antichi astronomi, anclie piCi d’ un sccolo prima di quel tempo, cioe mille quattrocento settantatre anni avanti l’ era suddetta. L’ eta del nostro cubito non sara dun que minore di tre mila quattrocento e piCi anni. La qual cosa pare impossibile a prima Tista se si considera lo stato di siia conservazione, che e tale da non potersi quasi desiderar maggiore. Ke qui v’ ha luogo sicuramente a rinovare, contro l’ antichiia di quest’ umile regoletto, le difficolta che si muovono ogni giorno intorno all’ epoca delle statue, e degli altri magglori monumenti egiziani, cioe a dire, che possono questi essere stati innalzati o scolpiti in tempi molto posteriori all’ esistenza delle persone ricordate da quelli per onorarne la memoria.? Ora, io dico, se un’ epoca si remota non si puo contrastare ad un fragile pezzo di legno, come, in pari circostanze, potremo noi ragionevolmente ricusarla a tanti robustissimi monumenti di granito, di basalte e di altri tali macigni fatli per resistere alle iugiurie di ccnlo secoli! BEL CAT. Dl S. QUINTINO 200
Per cl6 che spetla alia precisa diineiisione di qiiesio cubilo, alle sue va^.ie tlivisioiii, ed alia sua conispondenza con altre misure si anliche clie inoderne, si consullino le profoade cd eiudite Iczioni uccadciniche sullantico metro sessagesimale egizLmo teste publicate da S. E. il Conte Prospero Bulho. lo per me teiigo questo inelro per an semplice moniimeiito sepolcrale fatlo ad iinilazione del vero cubito egizio, oiide ricordaie proijabilmcnle la scienza professata dal defuiilo^ e uon posso crederlo una misura che abbia servito inai agli usi della vita, e molto mcno per un campione deila luisura medesiina. Percliu, considerandolo con altenzione, si .vede che neppure e stato squadi-alo perfettamente sulle sue estremita, e che bea poche delle parti alicjuote, in cui e diviso, sono iva loro d’un egual dimensioue. Incerto adunque sari sempre, se non erro, ogni sistcma di lualcmatica comparazioue che sul medeS-imo si vorrii fondare.
Inlorno ali’autoritu di Manctone sulla quale, benche contrastata da molli, ho creduto dl peter fondare il mio calcolo circa l’ eta del noslro cubilo egizio, non saru fuor di proposito ch’io noti in questo luogo che uon e veraineutc senza molta ragione che fiiio a questi giorni si e tenuto in poco conto il compendio dei libri di quelio Storico, che Giuseppe Ebrco, Eusebio di Cesarea, e Giulio Affricano ci hanno iu pane conservatl nei loro scrilti. Nc-Ua condizione atlualc per altro delle noslre cognizioiii sulle cose anliche dcir Egitlo, sarebbc ingiuslizia il voler ancora rigettare seuza distinzioue tutto cio che ne viene da Manetone, e follia rauimettere come vero tutto quanlo egli asserisce. Pare a me che nclla sua storia cronologica sabbia a fare un’ importante distitizione, vale a tlire che si dcbba separare cio ch’ Cgli ne ha tramandato intonio ai tempi delle quattordici prime diuastie dei Mouarchi eglziani, da cio che ha narrate sulle diciaselle dinastie sussoguenli fino a’ suoi tempi, trecento anni, circa, avanli l’ era volgare.
la qiiatito a quelle prime eta io penso che quaato ne fa scritto da qnello Slorico quasi tulto si dcbba tener per incerto, e fallace. perchè i monumenti di quelle prime dinastie, come lo attesta egli stesso (Cron. Euseb. c. 21. §. 1.), essendo stati distrutti nell’invasione de’ Pastori, egli non ha potuto tramandarci che le mendaci croniche de’ sacerdoti, e le esagerate tradizioni popolari sull'antichità della sua nazione; alle cjuali, forse, egli stesso non dava maggior fede clie noii ne prestasse di poi Tito Livio alle portentose origini del popoio roinano, qtiando le espoucva con tanta eleganza, ed avvertiva con mirabile ingeuuila die quei fatti si narravano da lui: Poeticis magis decora fabulis qiiam incorvuptis rerum gestarum monumcntis. . . Datiir haec venia anliquitati ut, miscendo hurnana dk’inis J priniordia urbium uugusliora faciat. Llv. Dec. i. c. i.
Ma per altra parte io son di parere che Manelone s’ abbia a considerare come verace e diligente scrittore nelle storie che cr ha lasciate delle eta susseguenti, le quali egli ha potuto leggere, e riscontrare facilmente sui monumeiiti contemporanei, non pochi de’ quali sussistono anche oggidi, e fanno fcde della sincerita de’ suoi computi e delle sue narrazloni. Fra quesli tiene il primo luogo r inestimabile tavola genealogica del Re Sesostri, o piuttosto del sue antenato il secondo Ramesses, la quale sussiste tuttora fra le ruine del palazzo d’ Abydos; vengono dopo gli avanzi dell’ antica Tebe, e finalmente i monumenti della cosi detta diciottesima dinastia, e delle seguenti, i quali sono in si gran numero in qxiesta Reale coUezione, e tutti depongono in favore di quello scrittore.
f. face. 262. E appena da credersi la quantita della tela che gli Egiziani impiegavano nello imiialsamare i loro delunti. In una delle mununie sfasciate due anni sono in Parigi dal celebre -viaggiatore sig. Cailliaud si sono trovati da trecento oltanta metri di tela, ridotti in tante striscie di due o tre pollici di larghezza, e da dugencinquanla in trecento metri quadrati di altra tela, i quali equivalgono a ben 2800 piedi parigini similmente quadrati.
Di queste tele sepolcrali non poche sono di cotone, ma la
maggior parte e di lino di vario tessulo e qualila, e per soliio assaiDEL CAV. DI S. QUINTINO
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ben conservate. Ne abbiamo in questo R. museo di quelle tuttora in sì buon essere da non potersi lacerare senza stento. Si facevano talvolta a bella posta per uso degli imbalsamatori, ed allora erano tessute a foggia di bende, ora piCi larghe ora più strette nella stessa loro lungiiczza, aflliiclie potessero meglio adallarsi alle diverse parti de’ cadaveri che con esse si dovevano fasciare.
Quando poi si destinavano a servire di coperta esteriore alle mummie già fasciate, si spalmavano in prima con una mestica di gesso sulla quale si dipingevano poi col pennello que’medesimi emblemi che vediamo sulle casse delle mummie stesse. Oppure erano ornate di simboli e figure a più colori con un particolare artifizio, che a ben esaminarlo si conosce facilmente non essere stato altra cosa che la stampa in legno, che noi usiamo tuttavia per improntare le nostre tele. Di cosi stampati ve n’hanno alcuni pezzi in questa R. collezione, tolti ad una mummia di antichissima data, sui quali vedonsi alcuni di que’ grossolani ornamenti di palme, che in Oriente sono anche oggidì comunissimi sui tessuti ad uso di vestimenta. Ecco dunque l’arte dello stampare le tele essere di un’origine assai più remota che facilmente non si crederebbe.
g. face. a63. Anche in Italia ne’ più antichi terD(,i si mnosceva 1’ uso d’ incoronare i defunti prima di chiuderli nolle tombe. Rtflettendo su qnesto fatlo, non posso ricordare senza rammarico quella ghirlanda d’oro, di squisito lavoro, con iscrizione in lingua osca, hi quale trovata, non sono che pochi lustri, in uu sepolcro nel regno di Napoli, ebbe appena tempo di essere conosciuta in Italia che fu portala in Germania con molte altre cose uniche, o preziosissime, le quali non rivedranno forse mai piCi la loro terra natale.
h. Eacc. 365. In Egiito, ed in gran parte dell’ Asia questo bitume faceva anticamenle l’ uflizio della pece, che i popoll scltcntrionali traevano, e traggouo ancora, dalle pianie resinose. Coo esse gli 0U2 MOMMIA EGIZIANA
Egiziani soleano iatonacare tuUo cio che loro premeva maggiormente tli preservai-e dall’ aria ainbienle, dall’ uniido, e dagli iiiselli. Percio spesso si trovauo cosl spalmate le lele che seivoiio di coperta ai papiii, gli scarajjei sepolcrali, gli amuleli indorali, ed al tie cose assai, di cui non mancano esernpi in questo regio gabinetlo.
II biluiue giudaico e un minerale che facihneule si quaglia al fuoco, ma non si dissolve nell’ alcool come vi si sciolgono generahneute tuUe le altre sostanze resinose. Queslo fa si che liesce malagevole assai il levarlo via dalle cose che non possono esporsi ad uu Iroppo forle calore. Si potra pero in questi casi a\er ricorso all’elere sulforico che lo disciogliera benissiino all’ uopo.
Di quesla sostanza si faceva iiso grandissimo dagli Egiziani nella prepaiazione delle mummie, sia iniettandola sqiiagliata nelle loro viscere, come per impegolarle esternamente; cib che tante volte ho avulo occasione di osservare. Con lutto cio Eiodoto (/ib. n. n.° 86.)^ clescriveudo i metodi coi quali ei dice che s’ imbalsamavano i caclaveri presso quel popolo, nou fa puulo mcuzioue di questa bitume SI comune ed opportuno a quel bisogno. E ne pure e vero cio ch’ egli asserisce, che le maniere di condizionare le mummie fossero tre solamente. Si e uiollo discorso poco fa di una mummia voluminosissima portata a Parigi dal sig. Cailliaud, nella quale nou fu. quasi trovata altra cosa fuorche della segatura di Icguo coUocata con molta arte tra le sue fasce. Ed in questo museo ve n’ erano itlcuue in cui il nudo scheletro fu trovato involto semplicemente nel fango del Nilo, e poi fasciato con molta tela nella solita maiiiera.. Altre ve n’hanno pure nella preparazione delle quali e cosa evidente che furono in copia adoperati dei sali di natura delique- ’ scente, poiche diventauo umide, e si rendono Bessibili ogni qual volta sono tenute in luoghi meno asciulti: ma esposte al sole ritornano alia sodezza loro ordinaria; come io stesso ne ho fatto piu volte r esperimento. Di qui e nata probabilmente l’ opinione di chi orede che i cadaveri egiziani imbalsamati^ anche dopo un’esisteuza ili veuti tienta secoli, ed un soggiorno di piii amii in quest!
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nostr’i cl’iml, sieno liillavia soUoposli a putrefarsi. Abbiamo in rpasi tiitti i musei d’ Europa, ma nel nostro principalmente, moltissimi esempi in ooiUrario, che ci dcbbano rendere slcuri contro iin si falto limore, in qualunquc maniera possano essere stati da principio preparali qnei cadaveri. lo stesso posso citame un esempia doinestico, quello nioe di una mummia portata dall’ Egitto, sono ormai settant’ anni, dall’ Ab. Giulio Cordero mio pro-zio, nel litomo dai siioi eruditi viaggi nel Levante e ncirAfTrica, la quale, comcche non slasi mai adoperata alcuna cautela nel cuslodiria, non ha pero dalo finora alcun segno di deterioramenio, o dl dissoluzionc.
i. fare. 265. Sembra fiior di dubblo clie lo stato stazionario in cui sono rimaste per lo spazio di circa trenta secoli le arli del discgno, e specialmente le figurative presso gli Egizi, piii che da allra causa s’abbia a ripetcre dalle loro massime religiose, e dall.i venerazione che serbavano per gli esempi de’ loro antenali. Ne si potrebbere rendere in altro modo ragione di una tale singolaritJ, anzi di una si manifesta contradizione presso quel popolo d’altrondc ingegnosissimo. Ma l’ autorita di Pialone, autore contemporaneo, che fu in Egitto quattro secoli prima dell’ era volgare, toglie ogni dubbio sopra di cio; ecco come quel sommo filosofo si esprime nel dialogo secondo suUeleggi, parlando delle cose musicali, ossi:i di tutli gli esercizi dipendenti dall’ inspirazione delle! \Iusc, e in generale di tutte le arti presso gli Egiziani: fn Egitto qua/i, e come debbano essere queste cose e stato da loro stabilito neTibvi sacri; cosiche ne at pittori, ne agli aliri artefici o di figura o di qualunque altro lavoro od artificio, era pcrmesso d’ introdurre alcuna cosa nuova, diversa da quelle cost stabilite; ne pure era lecito d’ imagituirne altre fuorche quelle del paese; e la medesima cosa si mantiem anche oggi tanto in queste arti, quanta in tutte le cose dipendenti dalle Muse. (Plat. Op. omn. vol. viii. pag. C3. edit. Bip.)
Esamiuando io pero le diverse opere degli artefici egiziani (anto 3q4di pittura come di scultura, ho avulo luogo di fare le seguenti osservazioni che non mi paiono affatto prive di fondamento.
1.° Ho veduto che nelle figure degli animali, ed in quelle altre cose sulle quali non s’ estendcva l’ impero della legge, o la forza dell’ uso, gli Egiziani sogliono mostrarsi migliori maestri che non sono comunemente nelle loro figure di lorma lunana.
2.° Che talvolta, quando nelle loro statue hanno voluto rapprescntare il vero, le teste superavano di gran lunga in maestria di lavoro, ed in bellezza di contorni il rimanente della figura, che per solito non si scosta da quello stile rigido ed imperfetto di convenzione, che fu tanto famigliare ai loro scultori. La statua colossale del Re Meride che fa si bella mostra di se in questa collezione, è il più bel modello ch’ io m’ abbia mai veduto di questa maniera di modellare, e scolpire le figure.
3.° Ma che quando era mestieri dipartirsi da quelle forme di ronvenzione, e tratteggiare nelle figure umane la natura in tutta la sua verità, gli Egiziani sapevano dar buon saggio di se stessi, e far vedere di chè fossero capaci anch’ essi nell’ esercizio delle arti dipendenti dal disegno. Esempio insigne di questa verità è nel museo di S. M. il Re nostro Signore un simulacro del gran Sesostri, sedente, scolpito in un granito bigio che tende al nero, alquanto più alto del naturale, e munito del proprio nome, e Ieggende; nel qual simulacro sono senza dubbio conformi al vero ed i lineamenti della sua fisonomia, ed il regale suo modo di vestire. La testa, le braccia, i piedi, e quasi ogni altro particolare in quella statua, non ostante la qualita della pietra vetrina e durissima, sono condotti con tanta intelligenza di anatomia, con si belle proporziorni di parti, con un lavoro si finito, cosi vicino alia perfezione dell’ arte, e nel tempo stesso in uno stile sempre tutto egiziano, che reca meraviglia come un’ opera si stupenda possa esser anteriore ad ogni principio di civilta, e d’arte nella Grecia, e preceda di quasi tre secoli la guerra di Troia. Questo monumento, che si pub risguardare fin qui come il capo lavoro della statuaria egiziana,
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arrlvi) tutto in pezzi clall’Egitlo, cost ridotto allre volte dalla violenza cii qualche inccndio; ora io mi do vanto di averlo rcslituito quasi nella primicra sua integrity, all’ ammirazione dcgli Erudilij ed all’ amore dei cultori dcUe baone arli, in modo da far dimenticare Ic sue anticlic miine.
Quaiulo si voltsse pur troTar’ qnalche difelto in questa slatna sUnpemla, si polri riiiipro’venu’c alio seultore di aver troppo ailnngale. le fidangi delle dita, e di aver situate le orecchie, perfetlamente d’altionde lavoratc, alquanto plu in alto di quelle clie pare dovrebbero essere. Ma noi vediaino che qncsta particolarili e comune, senza dhtinzione, a tutte le statue egiziane, sieno elleno lavorate semplicemente di manicra, ovvero secondo le regole migliori dell’ arte. ^! Non potrebbesi dire, per sorte, che quella fosse la vera imitaaioue della nalura qual si mostrava allora in quelle conlrade?
4-’ Che nella pratica della pittura pare che gli Egizi non sieno mai andatl d’ un pari passo come nelle altre arti sorelle; si direbbe anzi che non abbiano mai oltrepassata l’ infanzia dell’ arte. Ma ora noi diflicilmente possiamo dar giudizio sopra di cio, perche i soli dipintt egizianl che ci sono rimasti sono quelli de’sepolcri, i (juali, anziche verc pitturc, vogliono essere considerati come parti accessorie della scritlura sacra, e quindi come pure opere di maniera, eseguite piuttosto dagli ierogrammati o sacri scrivani, . che da veri piltori, l’ esistenza de’ quali in Egitto non saprei dire se sia mai stala ben dimostrata da alcun doeumcnto. Ne io acconsentiro certamenle alio Schow die fosse dipiutore, nel senso propi-io di qucsto vocabolb, qiiel suo. JSs’XXy!; ypalii’jg, Belles pictor, che nel papdro borgiano vediamo impiegare vilmente la giomata come semplice opra ncll’ cscavazione d’un fosso a Tolemaide, confuso coi servi, e con altra gente d’ infima condiztone.
Veramente se si avesse a giadicare del valore degli Egiziani ncir arte del dipingere dalle sole figure rigidamentc rontomate che vediamo sulle urae delle loio mummie, o suUc tavolc e cassette ToMO XXIX. 3<j 3o6 UtM.UlA EGIZIANA
sepolcrall, convcrrebbe credere chc presso di loro nou fosse nolizia alcuna ne della prospettiva, ne dello scorclare, ne del chiaroscuro. Dobbiamo pero auJare molto a rilento nel dar questo giudizio, perclie sui papiri di questa R. coUezione non mancano alcuni saggi di vera pittura, dove i colori digradati si vedono sfumare, e foadersi insieme con assai buon garbo. Si pub quindi ragionevohnente supporre che anclie iu quest’ arte, quando n’ era inestieri, molto pii!i in li s’ estendesse il loro sapere; essendo cosa assai difllcile a comprendersi come un popolo che fu capace di tante opere prodigiose, iiella sola arte del dipingere sia rimasto neiriiifima mediocrila, e stazionario per venti e più secoli.
Della scultura architettonica e di decorazione’, all’incontro, della plastica, e dell’ arte fusoria, ollre i monumenti sepolcrali, si sona conservate moltissime altre opere d’ ogni genere, cioe figure di animali, ornati, armi, strumenti, utensili ec., le quali opere mauifestano abbastanza che in queste arti rimaneva agli artefici assat piu di liberta che non nell’esercizio della staluarla, e della pittura, potendosi quelle piii frequentemente esercitare in lavori destinatii agli usi domestici, affatto iudipendenti dalle leggi, e dalla religione. Anche nella statuaria, paragonandone i monumenti delle diverse eta, si ravvisano chiaramente, nel suo proprio stile, i periodi dello^ splendore, e quelli della decadenza, a seconda delle vicende prospere od awerse della nazione. Nulla pero si puo dire con certezza intorno al valore delle sue prime opere, perche nessuna di esse e giunta fino a noi. Le pii antiche sculture egiziane che si -conoscouo, segnano già per poco l’ apice della maestria cui pole elevai’si quell’ arte sulle sponde del Nilo. Tale e la statua del Re Osimandia, che forma uno de’ piii belli ornamenti di questo reglo museo. In questo colosso pero le estremita inferiori non stanno in proporzione coUe altre parti della figura, come ho già altrove notato. Questo errore non si dee già attribuire all’ignoranza dell’ artefice, che ha dalo si buona prova di se nel rimanente dell’ opera; ma si bene all’ asprezza della pietra iutoUerante di slaccamenti^ e ad un sovcrchio timore di rendere quel monumcnlo, destinato alia perpetuila, meno robuslo e durevole verso la base, assolligliandone maggiormente legambc, e staccandole aflatlo da ambedue gli obelischi, come sai-ebbe state inestieri quando si avesse voluto ridurlc alia giusta misura. Nel die mi pare di scorgere uno de’ caratteri propri delle arti non giunte ancora alia loro maturila, voglio dire la inancanza del necessario ardimenlo nell’esecuzionc de’ particolarl nelle opere grandi e malagevoli; la qual cosa beDissimo si addice coll’ eta di quel monumento.
L’ cpoca migliore delle arli egiziane, e della scultura particolarmenie, si dee cercare nci secoli dei Faraoui che vennero dope r intiero sgombramento de’ Pastori, sotto i Monarchi della diciottesima e diciaaovesima dlnasiia. Nulla in fatti si puo vedere di piA perfetto, in questo stile, che la statua di Amenophis I, fondatore delle mentovate dinastie, e quelle de’suoi successori Thutmosis I, Thutmosis ii, Amenophis in, Oro ec, ma soprattutto il già mentovate simulacro del gran Scsostri, che fanno parte di questa Realc collezione; e lo stesso si puo dire della supposta Iside del Campidoglio, che e probabilmente la figura d’ una prlncipessa egiziaua di que’ medesimi tempi.
Dopo le barbare devastazioni operate in lulto Egitto per comando di Cambise, il genio delle arti, sotto I’impero de’suoi successori, cadde nell’ avvilimento in un colla gloria di quella contrada; ne valsero di poi a restituirlo nello stato primiero ne gli ottimi esemplari de’ Greci, ne quelli de’ Romani.
Generalmente parlando, le scuhure che ci rimangono di tpiei SCColi di straniera dominazione, benche riiraggano già alquanto dal greca stile, manifestano pero anzi I’epoca della decadenza e della corruzione dell’ antica maniera egiziana, che quella del suo raflinamento e della sua perfezione, come dopo Winckelmann si e creduto da molti.
Senza parlare di parecchi altri monumenti di questo museo, che sono pure di quella eta, col mezzo de’ quali potrei avvalorare, Q 3oS MUMMIA V.CIZrAKA
dare autorii^ al mio parere, io proporra in esempio la sola nostra lapide bilingiic che i dogeneri Tebani, ai tempi deiruUinia Cleopatra e di Toloiueo Cesarc figlio di lei, voUero coUocarc ncl loro maggior tenipio, (|iicUo detio era di Karnnc, per onorare la incmoria di un loro benemerito inagistrato. Si giovarovio percio di i«n anticd cippo già dedicato alle principali divinita dclla Tebaidc, Ammone, e iMandu-Ri, ed intagliato con niolta diligcii/.a ne’ migUori tempi deir arte; e radendo dalla sua superficic, alia manicra de’ palimpsesti, e quelle figure che non facevauo al loro intento, e I’ antica scrittura gerogliiica, della quale si vcdono tuttora le tracce, vi soslituirono altre iscrizioni, ed alire figure scolpile sullo stile d’ allora. La rozzezza di quesli secondi inlagii, e lo stile accurato <Je’ più vetusii giovano a fare iu qualclie modo palese il dilFerente stato delle aril nelle due eta.,
Queslo stesso monumenlo ci fa ancora vedere come in tulti 4 tempi, ed in tutli i luoghi gli uomiui trovarono opportune di convertire nei loro bisogni le operc dei loro anlccessori. Cosl i pilt anticlii edifizi di Tebe, e lo stesso gran tempio di Kainiac, vedonsi anch’ oggi costrutti coa materiali che aveano già fatto parte di piA anlichi edifizi, anteriori probabilmente alle mine dei Re Paslori. Cosi i Romani resero magnifica la tore citta cogli obelischi, ed altri moniimenti delle piii celebri dinastie dell’ Egitto, e colle spoglie della Grccia e dell’Asia. II gran Gostantino, in tempi meno da noi i-imoti, innalzava nuovi templi al vero Dio colle mine di cpelii del gentilcsimo. I Goti, e gli architetti italiani de’ bassi tempi non adoprai’ono nella fabbrica dcgli scorretti loro edifizi altri marmi, ed altre colonne che quelle delle eta precedenti; ed a noi pure nan displace talvolta far risparmio d’ opera e di danaro, rovinando g(i avanzi venerandi dell’ antichita, per impiegarli nelle mescbine costruzioni de’ nostri giorni. ( i.)
(1) Non sono passati che pochi Iiislri dacchi^ sullt- spondc dc) ni.ir Tirreno lorrcgg’iaTa aDcora robusU e bcu couscrvaU una piccoki forlczza, iunahata ucU’aniio 1171. dai Cuiualt
P rCL CAT. DI S. QUIMINO ’ 3ofj
k. face 266. Questo vezzo, tultocliu prezioso ass.ii, e pur iiiio dcgli e.seinplari incii belli die abbiamo in questo musco clell’ eccclJcnzA degit aiiticht Egiziuni nell’arte di fare gU smalti, ossia i vetri colorali. Quel popoio clie, dai tempi anteriori ad ogni memoria Hno alia sua cstiiiRionc, j,are che abl)ia falti si pochi passi nell’arte del dipingere, quel J)opolo stesso porlo taut’ oltre la maestria nel lavorare il velro, e nel lingcrlo in piii colori, ora uniti ora screziati, da far arrossire nel paragone i modcrni arleGci, ricchl di tanla scienza naturale, e cliimica dotlrina. Tutti i gabinetti abbondano tli simili Invori egiziani, nessuno possicde pero, come il nostro, una leggenda sepolcrale geroglifica quasi inticra scritta sopra un legno atlricano durissimo con opera di musaico in rilievo, falta con pczzetti di sraalto d’ ogni colore perfettamente commesst, e talvolta minuttssimi. La diligenza e la Onczza del lavoro, e la vivacita de’ colori sono tali da non temer il confront© coi mnsaici pill belli BTitichi e modcrni che conosciamo.
Fra.le operc d’l votro di questo $tesso musco sono pur degni di molta considera/.ione alcuni piccoli spccclii fatli di cristallo sotlilissimo, spalmato da una parte con una vera amalgama metallica, quali li abbiamo noi di presente. UnO dt que’ spcccliietli, quasi volesse dar prora, e logliere ogni dubbio sulla sua originc, sta iacastrato in un disco die una piccola sialua di lavoro egiziano tiene nelle sue mani.
La maniera di preparare gli specchi come li usiamo noi, era dunque conosciula dagli Antichi; ne sono lontano dal credere che fosse cguahneute nota in Grecia ed in Italia, come lo era presso degli Egiziani; e se gli Etruschi, i Greci ed i Romani avessero avuto il dlima delta Tebaide, e sepolcri ediQcati coUa stessa diligenza che quelli dfU’Egilto, sicuramenlc anche di quelle nazidui
del Comunc di Lucca; modcUo rarissimo dcU’ arcliitcttura militirc di que’ Icidpi. lo I’ ho Tcduta geltare al suolo, nc’ passali ^orni del disordino, per giovarsi dri miscro piclramc di cai era costrutla. Per buona sorlc giuusi ancora iji tempo per Icvaruc la piaDta, cUc tcogo preziusa pTCsio di mc. ci sarebbero rimasti non pochi di sì fatti mobili, adoperati in tutti i tempi, e da ogni grado di persone.
Gli Egiziani conoscevano pure il modo d’intarsiar l’oro alla gemina negli altri metalli, come praticavano gl’Italiani ne’ secoli ora scorsi, e come si fa tuttora in Oriente. Non ignoravano neppure l’arte di lavorare il corallo, ne quella di far ia porcellana; un numero grandissimo di scarabei, d’idoli, statuette, e di altri simili piccoli monumenti, tutti coperti di smalti bellissimi, alcuni dei quali anteriori d’età alla stessa diciottesima dinastia, sono fatti di quest’ultima sostanza. Sapevano al par di noi dipingere di smalto fiori, figure, ed altre cose sopra i metalli, e sopra le terre cotte; e le vernici, con cui solevano smaltare le loro stoviglie, e le figuline sepolcrali, possono star a fronte delle migliori opere moderne in tal genere. Di tutte queste cose, che ciascuno potrà verificare se sieno conformi al mio dire, abbiamo in questo gabinetto buon numero di mostre, e di esemplari, su alcuni de’ quali vedonsi registrate delle epoche di trenta, o trentacinque secoli scorsi.
l. facc. 266. In quanto agli scarabei, alle loro diverse categorie, ed all’uso cui erano probabilmente destinati in Egitto sotto il dominio de’ Faraoni, quello cioe di supplire alla moneta, veggasi la mia lettera al ch. sig. Cav. G. B. Vermiglioli, Professore di Archeologia nell’Università di Perugia. Torino 15 gennaio 1825.
m. face. 268. Nella moltitudine de’ sarcofagi di mummie che sono in questo regio museo egiziano, tre soli io ne conosco dai quali la regola qui da me generalmente enunziata riceva eccettuazione, poiche sopra di essi si vede registrato, oltre il nome della madi’C del defunto, anche quello del suo genitore.
Uno di questi sarcofagi e quello pregiatissimo del regio scrlvano Scebamone figlio di Thuthmes e di Seamone, di già mentovato alla nota b; l’altro e il coperchio della cassa mortuale di un sacerdote del tempio d’Animone in Tebe; il terzo e un’urna BEL CAV. DI S. QUINT INO 3lt
^randlssima d’l basallc^ chc per la sua slupenda conservazionc, la Sua integrita, la rai’ita della pietra e la precisione degl’ inlagli e meritamentc Icnuta per una delle cose più helle che si conoscono in questo genere. La sua forma e quclla ordinaria delle mummie egtziaae fatla sui conlorni del corpo umano; le sue dimensioni sono le seguenti: e lungo metri 2,39, ossia piedi parigini 7. 2; e largo metri 0,’j-), o piedi 2. 4j ed e alio, insieme col suo coper chio, metri o,85, ossia piedi a. 9. La sua leggenda, che e scritta in bellissimi caratleri geroglifici, e copre in parte le due facciate di ^ueir urna, c’ insegna che in essa slava altre volte deposto un
sacro-scrittore, e del gran tempio di Buto, nella citta che
avea nome da quella dea nel basso Egitto, delta Letopoli dai Greci. II nome di quel defiinto, qual si legge sul fine d’ ogni linea perpendicolare di quella leggenda, era Orsec; quello di sua madre, posto suUa parte sinistra del detto coperchio, era Ortaut figlia di Netbuto; ed Aufre quello del padre a destra. Sono debitore della
notizia di queslt nonai alia gcntilczza del sig. ChampoUion. Probat
bilmente questo prezioso monumento fu estratio dagli antichi ipogci di MenA, poco distanti dalla mentovata citta di Buto.
n. face. 369. L’ autorita de’ monumenti contemporanei dee ▼prealefe su quella degli scrittori, e dello stesso Diodoro di Sicilia, il quale nolo che: Gli Egiziani consideravano il solo padre come autore delia vita j diccndo che la madre non somniinistrava alia prole altra cosa fuorche il ricovero e l’ alimento. No’3ov d’ avhiva. TMv yevKjSc’vrav vo\).{^vj(si.v, 6v8’ «v i? ixpyupavr,Tou fXTtTpog yevvt^fr y. , otScXou yap urrsiXri^aTt rov ncaipot. {livov airtov v.vv.i r«; yvjizi’^^, rnv St fnn-:ip(x zpo<friv x«t /^jipocv notpi/e^xt rw ^pifei. Diod. Sic. Bibl. I. §■ 80.
o. face. 269. Questo manuscrltto, I’illustrazione del quale fu publicala in Roma nell’anno 1787, era, trent’ anni or sono, il solo papiro egiziano che si conoscesse in Europa. (V. Scho^v Ch. pap. J 12 MUMMIA EOIZIANA
borg. p. XXII.); ora ne contiamo poco meuo di tliigento il’ogni (granlezza, scrittuia e conservazi«ne in quesfa sola Reale ooHezione lorinese. Questi jireziosi documenti si possono dividere in diverse categoric a seconda della lingua, e dci dilFereiiti segni o caratteri cou cui sono scritti; le quali ealegorie io riduco al nuinero di dieci, e soiio \q segiienti:
I." Papiri sepolcrali scritti in lingua egiziana con segni geroglilici; (jiiesta categoria e la piil numerosa dopo la seguente; per lo pill cjucsti mannscrilti sono rololati, e le loro scritture disposte in coloune verticali e paralelle fra loro.
a.’ Papiri sepolcrali, per lo pii!i rQtolali come i precedenti, ma scritti in caratteri ieralici, i cpiali hanno comune la lingua coi pap’u’i gerogliflci, ina nc dilFerisooiw per la forma materiale della scrittui’n, e per la direzione delle loro ^nee, die sono sempre orizzoniali, e conlinuate da destra a sinistra di chi scrive.
Queste due categoric appartengono nnlcamente alia religione, ed ai sepolcri, e, , tranne alcuni pochi della caiegoria seguente, non contengono altra cosa se non che le preci, e le lodi che si olFerivano ai numi in favore dei defunti, nella tomba, e tra le fasciature de’ cpiali erano riposti. Nci piii estesi si trova l’ intiero ritiiale funcreo degli Egiziani, vale a dire il complesso dcUe pvcci suddetle, per vai’ieta e per numei’O inCiiiite, diviso in tre gran parti. Due o tre soli di questi immensi rotoli sono slati portati Onora in Europa, p.er qiianto e a mia notizia, e sono in qiiesto. regio gabinello (Ycdi la n;0ta x). Fra quelli cUe si conoscono aU tfove, il maggiore e queUo del museo di Parigi, gi-a publicato R^Ua grande Dcscrizione delC Egitto, il quale, benche sia lungo circa dieei metri, con tutto cio noa racchiude die una sola parte intiera delle tre principal! che compougono l’ anzidctto rituale, con qualclie fraramento delle altre due. Tutti gli altri minori rotoli di queste due categoric, die sono slati csaminati finora, non contengono parimente die porzioni- più o meno eslese del rituale mcdesimo a seconda della loro ainpiczza. E quantunque le preci DEI. CAV. DI S. <JUlNTIN-0 3l3
sieno sempre le stesse si ncgli uni che negli altii, tutt’i questi manuscrittl non lasciano pcro tU essere preziosi, e ulilissimi per lo studio clelle scrittiire egiziane, a motivo dellc continue varianli che tutti presentano e ne’ caratteri e nellc frasi.
La maggior parte tlei inonumenli papiracei appartenenli allc due mentovate categorie mostransi ornati di scene e figure diverse, altre dipinte a colori, altre delineate a scmplici conlomi: ma tutte sempre risguardanti od i fiituri eventi de’ trapassati, od il passaggio delle auime da quesla all’ altra vita, o finalmenle Ic divinitu nominate in quelle prcgliierc. Que’manuscritti si graiuli die piccoU St vendevano già belli e preparati dai sacerdoti ierogrammati, o dagli amanuensi; at compratore non rimaneva più altro pensiero che quello di scrivere il nomc del defunto negli spazi lasciati vuoti a questo fine: ma non e cosa rara il vedere quel nome dimenticato, e gli spazi tuttora in bianco.
3." Papiri non rotolati, anzi di forma schiacciala, scritti in bei caratteri ieraiici, e distinti sempre col nome diuno, o di più Sovrani dell’ Egitto, i quali possono percio aver nome di papiri sto-rici. Di questi rari e preziosi documenti vc u’ ha circa una ventina in questo regio gabinetto; ne so bene se finora ne sieno stati osservati altrove dei somiglianti. Per quanlo pare questi pregevoli manuscritti non avendo relazione alcuna coi dcfujui, si puo credere che in origine abbiano falto parte di qualclie archivio o publico privato, ma che poscia, a fine di custodirli con maggior caulela, o per altra ignola ragione, sieno stati riposli ne’sepolcri. Tutti sono più o meno laceri, e mal ridotti, perche furono da principio piegati, e non rotolati, come generalmente si praticava coi papiri funerali; e per la maggior parte presentano ad ogni tralto una si grande quantita di cifi-e numerali, scrltle per lo piu in rosso, essendo nero il rimanente della scrittura, che pare abbiano ad essere piuttosto registri, o conti economic! che diplomi, od atti reali, per quanto contengano tutti il nome di uno o di piii Monarchi della diclotlesima, e della dicianovesin.a (linaslia, ToMO x.\ix. ^o 3i4 Mimsnv rcizrANA
principalmente di Meride e di Sesostri, cogli anni de’ loro regni, ed altre date cronologiche.
Fra (picsti fogU uno ve n’ha oltre ogni credere singolare, Ijcnche manclii quasi per mefe’i, e sia ancli’ esso assai inalconcio. Vedesi quivi disegnata con moitissima diiigenza la ptaota geometrica di un vasto ipogco non diverse, per la forma e Ja diramazione delle sue celle e gallerie, da que’sepolcri sotierraiici die si vedono con mcraviglia si ben conservati ancora poco lungi dalle ruine di Tebe, nella valle delta delle tombe dei Re. Avendo io atlentamente paragonala qiiesta pianta con que’ Reali sepolcri, quali li abbiamo disegnati nella grande Descrizione delCEgitto {Antiq. vol. ii. pi. 77e 79, e vol. in. del testo a face. 182. e seg. Ediz. in 8.°), noa r ho trovala conforme con alcuno di essi. Solo in qualche parte pare clie s’ assomigli alquanto all’ ipogeo che servi già di tomba al quarto Ramesses detio Meiamone, penultimo Re della dinastia diciotlesima, ed avolo del raentovato Sesostri. Questo ipogeo e il quinto clie s’ incontra verso levante in quell’ orriJa angusia valle d’ altissime riinembranze.
Ma soprattulto l’ urna di forma ovale, che sul nostro papiro si vede delineata quasi nel mezzo della maggior sala di quel laberinlo sotterraneo, macchiata a foggia di granito rosso, si mostra in tullo simile all’ enorme sarcofago di quel Monarca, che e parimente di granito, e rimane luttavia nella camera centrale di quel suo sepolcro. Anzi le tre figure che nel papiro veggonsi rappresentale sul copei-chio dell’ urna, cioe il Re solto forma di Phtha-Socari fra due divinita tulelari, forse Neilh ed Iside, soiio quelle siesse, sicconie geutilmente me ne fa sicuro il sig. ChampoUion, che sono scolpite snl vero coperchio di quel sarcofago; il quale coperchio essendo stato tolto di la dall’ infelice viaggiatore Belzoni, si conferva ora nella citta di Cambridge, testimonio perenne della sronsigliata umana rapacita. Voglio sperare che dalle molte scritture e cifre numerali che accompagnano que’sto nostro discgno, cd occupauo pure una gran parte della facciala posteriorc del papiro, si potranno un giorno ricavare delle notizie preziose intorno a quell’ipogeo, ed alle misure a norma delle quali quella pianta è stata disegnata. Ecco dunque un vero studio d’architettura, cui non si può negare un’età di circa tiremila e dugent’anni; eppure, io ripeterò di nuovo a chi non è facile ad acconsentire alia maravigliosa antichità delle cose egiziane, questo non è nè un colosso di granito, nè una statua di basalte, ma è un foglio sottilissimo che un poco d'acqua, od un insetto qualunque poteva distruggere in brev'ora.
4° Papiri sepolcrall storici in caratteri geroglifici. Non più di ire io ne conosco finora in qiiesta R. collezione, e sono monuuienli rarissimi ovuiique. Uno di quesli e il grau rituale di cui diro alcuue cose nella nota segueiite. L’ altro e un manuscrilU) funerale di raolto minor estensione, quasi intieramenle coperto di figure, fra le quaii si vede la persona defunta stare in alto di adorazione Jnnanzi al Re Amenofis I, capo dclla mcnLovaia dicioltesima dinastia. Questo grande Monarca, (juivi abbastanza caralterizzalo dal suo prenomc, e dalle divise Reali di cui e fregialo, siede giudiee del Tartaro in luogo d’Osiride. H terzo finalmente si distingue per due grandi anelli Reali, ne’ qnali abbiamo il nomc ed il prcnome del figlio di Sesostri, il seUimo Ramesses.
5.’ Papiri scpolcrali, com’ gli anteC’e<lcnti, seoza alcuna scriltnra, ma coperti splaraente di scene simbolichc o religiose.
6." Papiri scritli, come i precedenti, iu lingua egiziana, ma coa caratteri volgari.
7.’ Papiri rotolali come- gli allri, ed estraUi parimente dalle torabe, ma rimasti adatto in bianco. In questo regio gabineUo ve ne sono pareccbi, urio de’ quali assai grande.
6.° Papiri cofti, vale a dire scritU in lingua egiziana, ma coa caratteri greci; niano di quesli e anieiHore all’ era cristiana.
9." Papiri scritti in lingua greca.
I manuscritli di queste ultiine categoric, coo quelli della lerza, sono tenuti pei più preziosi, contenendo per solito conveiizioni ha !ilG MUMMIA EGIZIANA
persone private, contratti di venilita, quitanze, reglstri, memorie storiclie, ed anche atti forensi; alire volte sono scrittui-e di publica o di privata amministi’azione, qual e il papiro borgiano illustrato dallo Scliow; oppure sono fi-atnineuti di cose letterarie, come quel caato dell’ Iliade trovata, nou ha guari, dal sig. Linant; o finalmente codici religiosi scritti in lingua col’ta ad uso degli antichi cristiani in Egitto. Ma, per mala sorte, quanto sono più frequenti i papiri sepolcrali, altrettanto quest! sono più rari. Fra tutti, senza contare i mentovati codici, ed un numero grandissimo di frammeuti, sono pochi piii di trenla in queslo regio gabiuelto, che ue e pure assai meglio foi-nito d’ ogni allro.
10." Papiri scritti in lingue straniere all’ Egitto, qual e, per modo d’ esempio, un piccolo manuscriito fenicio di quesla nostra medesima R. coUezione.
L’eta di tutti quesii documenti e per lo più incerta, perche sono pocliissimi quelli che presentino qualche data cronologica, principalmente fra i sepolcrali. Nou v’ ha dubbio pero che la carta papiracea era già in uso presso gli Egiziani fin dalle eta piii rimote. Oltre r esempio qui già recato fra i papii-i della quarta categoria, ne siamo fatti certi da un altro piccolo rotolo in lingua ieratica che in questi giorni appuuto si e irovato appeso al collo della mummia del regio-scrivano Scebanione, il quale, come apparisce per le leggende e nomi Reali che vi sono registrati, e per le iscrizioiii del sarcofago, e dello scarabeo che gli sta sul petto, cessb di vivere sotlo il quiuto o sesto Re della diciottesima dinastia (V. la nota 6.), cioe diciasette in diciolto secoli avauti l’ e. v. Parmi che questo solo esempio debba essere sufliciente per correggere, od illustrare quella frase di Plinio oscura ed ambigua, per cui taluno ha ci’eduto che Tuso della carta papiracea non fosse conosciuto in Egillo prima della conquista di Alessandro il Macedone.
Quando poi l’ uso della pcrgamena abbia fatto abbandonare del lulto in Occidente quello del papiro, che le diflicolta di comunicare coir Egiito, invaso dai Saraceni, rendevauo sominamcate cosloso, DEL CAV. DI S. QUINTIKO 3l7
non 6 facile il clirlo con certczzn. Parve al ch. Schow chc gu\ ncl «ecolo X. vi fosse inlierameule dinienlicaio {Ch. pap. borg. pag. xxi.); ma noa v’ha dubbio die anche iu Orienle era giu cosa mollo rara alcuui secoli prima.
p. face. a’^o. Pi’esso gli Egiziani, scrivc DLodoro di Sicilia, i tacerdoti non /lanno che una moglie sola; gli aliri ne sposano quanle piii lore place: Fa^aouji di 7i«p’ Atyu;rr(’o«; oi jjiev Upstq (xtocv, TWK 5’ iXkuv oaa; av r/.«Tcog npoatpnrat. Died. Sic. BiOl. I. §. 80.
(f. face. 2^3. Presso gli Egizi I’anno comiine incominciava ai 2g d’agosto; quindi I’lmp. Adriano essendo salito sul trono imperiale il di 1 1 di agosto dell’anno 1 1 7 dell’cra volg., I’anno prime del suo regno venne ad aver termine col di aS dello slesso mese dagosto, ed il seguente giorno dello slesso mese ed anno incomincio il suo anno secondo; poscia l’ anno lerzo doveite aver avuto principle il d\ 39 agosio dell’anno iiS, nel qual anno naccjue il nostro Petemenofi, che visse in lulto giorni 1712, senza contare il giorno del trapasso.
r. face. 2^4 Alia già recata autorita di Diodoro di Sicilia inlorno alle riforme falte dagli Egiziani in diversi tempi al loro ciilendario, non sai’a superQuo di aggiungere ancora le seguenli, per meglio far vedere come tutta l’ anticliita e concorde su questo particolare.
Abbiamo presso Erodoto. Lib. 11. §. 4; yi^’ere gU Egizi primi degli uomini ritrovalo Vanno dislribuendo in esso il tempo in dodici pfirti, e dicevano avere cid ritrovato dagli astri. E si regolano tanto più sapientcmente dei Greci, a mio parere, in quanta che i Greci per ogni terzo anno inducono V intercalure, a moCwo delle slagioni: ma gli Egizi, facendosi di treiUa giorni i dudici mesi, aggiungono a ciascun anno cinque giorni ollre il numero; ed il circolo delle stagioni girando, al panto mcdesimo loro rilorna. Volgarizzaineulo dell’ otlimo Cav. Andi’ea Slosloxidi. 3l8 JUJMMIA EGIZIANA
SI legge presso Sti-abone. Geogr. lib. wii. pag. 8 1 8. Thebani, ’ maxime sacerdotes, dicuntnr esse astronomi et philosophi. Eorum est dies non ad lunac, sed ad sol’s cursiim nnmcrare, daodecini trigitita dierum mcnsibus adiiciunt, quot armis, dies qiunque. Cum ■vero pavticula quaedam diet cxcurrat ad totius anni complenientiim, ilti periodum tot annorum constitiamt quot particulae excurrerites diem conficiunt.
Etl altrove lo slesso autore scrive clie Eudosso cssemlo in Egitlo con Plalone seppe <Jai sacerdoti che cola s’ aggiungevano: ~a imx^ifp\,icn riij Tiixipa; x«! -/,; vut^zb; (jjpicf. Toag rpic.-A.O’riai? i^rr/.ovTtx nivz; r,jxip«ig ci; zhv £x;:Xvio’j7{, tc.j ivK/vTt’o’j yoovvj. Cioc, Diei ac noctis particuhts supra cccLXr dies ud anni complementam recurrentes. (1. c. p. 8o6.)
Pill chiaramente ancora si espvime Macroblo ne’suoi Saturnali, lib. I. cap. 1 5: /lig-yptii menses tricentim dierum omnes habent; eoque explicilis duodecim mensibus, id est ccclx diebus exactis, tunc inter augustiim aiqa^ ssptembrem rulufttos ipiinque tlt’es anno suo reddunt, adnectentes, quarto quoque anno exaclo, intercalitrem qui ex quadrantibus confit. Ita ut exitu anni quarti epagomenae sint dierum sex post y^ugusti Caesaris tempora.
Gli Egiziani attribuirono al loro Thoth l’invenzione del metodo d'intercalare; i Romani al loro Numa: questo Re, scrive Plutarco nella sua vita: ’isiyayz iij.§o’kt;j.’iy, cioe ad ogni anno aggiunse l'intercalare nel mese di fcbbraio. Gli Ehrei inlercalavano degli inti^n mcsi, cioe sette mesi nel periodo di dicianove anni. Dei Greci si e detto qui Sopra nel luogo citato di Erodoto.,
s. face. 274. A qaesta pietosa apostrofe degli anticlii Egiziani parmi che corrisponda assai bene quella che Virgilio fa pronunziare ad Enea nell’ undcciino dell’Eneide v. g5. 98.
Substitit Aeneas, gemi tuque fiaec addidit alto.
Sah<e aeternnm mihi, maxime Palla,
Aeternumqiie i,ale. vr.x. cAv. Di s. QUisrixo ii<)
Ua altro escmpio <\’i queslu niodcsima aposlrofc, od acclamaz’ione QccpTst, ma Ijcn lUverso di conlrada, si vcdc intaijlialo sonra un sarcofago anlico di gran mole che si coiiscrva nclla chiesa calledrale della cilta di Tortona. Quel prezioso inonumento patrio c tullo coperlo di ornati e di figure gentileschc dislribuite in divcrsi compartimeuli, ed accompngnate da varic aposlroli o sentenze in lingua greca. Lo stile delle sculture, e la forma di quel cassone lianno molla somiglianza coi sarcofagi greci del cjuarto e qiiinto secolo, che sono tullavia in buoii numero nella chiesa di Ravenna; ed a que’ tempi io credo che anche quello di Torlona si debba assolutamente atU’ibuire; tanto piii che non prima del terzo secolo, come ha benissimo osservato E. Q. Visconti (Mus. torn. v. p. xi.), la magnificenza delle tombc inromincio a uiettere in use sarcofagi di una wolc alFalto sproporzionata alia statura del corpo umano; c quest’ uso duri) veramente ancora in Italia ne’ due secoli segucnli.
i. face. 277. II numero dollo lapidi o quadri scpolcrali lanto in pietra come in legno, coperti d’iscrizioni e di figure diverse, in gran parte dipinti a più colori, sono poco meno di dugento iit questo regio gabinetto di cose egiziane; foi-se non ve ne sono altreltanti in tutli i principali musei d’Europa presi insieme. La maniera colla quale scnibra die sieno slali di|)iiili e gcncralmenio colla gomma unita ai colori; ve n’ ha uno pcro la cui pittura e si curameute slata fatta colla cera all’encausto, il quale ci dh una prova non dubbia dell’ antichita di quel mctodo di colorire. Non pochi di tali quadri sono monumcnti storici prcgevolissimi pei nonii degli antichi Monarchi dell" Egilto che vi sono regislrati, i quail possono recar molta luce suUe oscure vicende di quella conirada. (V. la tav. III.) Non mi rislaro mai dal far voli accib una racrolta SI preziosa e nuova nel inondo, sia fatta di publica ragioiie fra noi col mezzo dei disegni e delle stampe, che senza dubbio mollo vanlaggio ne ridonderebbe pe’ buoni studi, e non poco onore alia palria nostra. Ne questo sarebbe certamente l’ ultimo tra i fasti di ■320 MUMMIA EGIZIANA
cut terrebbc conto la Storia nel regno paterno dell’augusto nostro Si"iiore il Re Carlo "Felice.
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u. face. 279. L opinione mollo probabile deirautore della grande iUuslrazione de’Monumenti Elruschi, resimio Cavaliere Francesco iDghirami, che gli antichi vasi sepolcrali dipinti si greci che italiani, si deponessero soltanto nelle tombe dcgli iniziati ai misleri di Bacco, o di altre divinita, per la raglone die non si trovano che nel minor numero delle tombe, quantuncjue molti ve n’ abbiano di pochissimo valore. L’analogia che passa tra que’ vasi e le lapidi sepolcrali figurale degli Egiziani, e l’ essere si gli uni che le altre allusivi al passiiggio dellc anime da questa all’ altra vita, ed alia sorte futura degli nomini, potrebbe, per awentura, far nascere il dubbio che anche in Egitto avesse luogo qiialche iniziazione ai niisteri d" Osiride, e che si mettessero cjuelle misiiche pilturc nelle tombe dei soli iniziati, menlovati percio nelle Icggcnde e ne’papiri come persone adette, od oppartcnonti a c(uclla divinita. Ma per poter aderire a questa opinione converrebbe supporre che anche il nostro giovine Petemenofi fosse già stato iniziato cjuando cesso di vivere, cioe prima dell’ eta di cinque anni; cio che da luUi non si credera si facilmente.
jc. face. 280. Non e facile il dire quanto sia da tenersi caro e prezioso questo immenso rotolo di papiro. Finora non se ne co-nosce alcun allro che gli possa stare per alcun titolo a confronto. Oontiene I’intiero rituale degli Egiziani in pro dei defunti, accompagnato in tntta la sua lunghezza, da figure delineate con molia diligenza, e corrispondenti ai suoi diversi argomenti. E scritto in caraiteri gei’oglifici delta miglior forma, tratteggiati con tanta prerisione che si direbbei-o falti colla stam),a. In quel rituale, o complcsso di tulle Ic infinite preci mortuali, lulta si racchiude la teologia del polileismo cgiziano, l’ esposizione del la quale farebbe vedere quanto sieno fallaci e poco esalle le dollrine che su tal particolare cl hanno tramandate i gi’eci scrittori. II solo cli. sig. CliainpoUioii il ininore e prcseiitemente abbaslanza avaiizato nello Sludiu ilellc aiUiche scritturc egiziaiic per polersi acringere a queslo diflicile ed importantc lavoro; io desidero vivameiite cIi’egLi abbia tempo, e coraggio bastantc per inlraprciiderlo.
La largliezza di quel foglio e poco miiiore di tre decimetri (7. once piemoulesi), rjual e prcsso a poco quella della maggior parte dei manuscritti su papiro; ma non e men lungo di dicianove melri, ossia di Z") piedi di Piemonte circa, che e quanto dire superior© quasi del doppio al maggior papiro egiziano che sia stalo fm qui publicalo. La sua scrittura e distribuita in colonne verticali die si Etendono da un orlo laterale aU’altro del foglio, ciascuna per I’ altezza di diciotto centimetri, ed anche piil, dove non vi sono figure. Per dare poi uu’ idea della larghezza di ciascuna di quelle colonne, e quiudi della proporzione dei geroglifici, diro che se ne richiedono novanta per riempire la misura di un metro.
Ma quel mauusi-iiilo Im uu magj^jior prfgio di cul non v’ ha allro eseuipio in papiri geroglifici, che in quei pochi dianzi recali nella nota o, vale a dire che porta seco la propria data, la quale è falta palese da un prenome Reale, il quale per quanto non sia per anche ben conosciulo, perche il nome proprio del Re, che era distinto, in aulico, con quel prenome, non ci e slato manifcstatu ancora da alcun iiionumento; siamo pero fatti certl dal complesso delle leggende dei Monarchi deH’Egilto che già sono conosciuti, che il regno sotto del quale fu scritlo quel grande rotolo, non puo essere anteriore ai primi successori di Sesostri della dicianovesima dinastia, ne posteriore a Cambise, capo della dinastia vigesima settima, quella de’ Persiani. Quindi I’epoca di questo rituale dee cadere fra i ciuquecento ed i mille dugent’anni prima dell’e. v., vale a dire due mila e cinquecento anni, almeno, prima dell’ cLa in cui viviamo. Eppure, non ostante tanta antichita, questo sottilissimo foglio e tuttoia cos! inliero e ben conservato, così fresche sono ancora le tinte dell’ iiicliioslro, or oero or rosso, de’ suoi 322 ill’MMIA CCIZIASA
gerogliflci, e cleHe sue figure, che si piglicrebbe facilmente per «n’ opera de’ giorni nostri.
E qui mi cade in acconcio di far avvertito chi legge queste carte die nessuna delle epoclie stale finora assegnate ai monumenti egiziani, col sussidio delle nuove scoperte inlorno alia maniera d’ interpretare le loro iscrizioui, nessuna di quelle epoche, io dico, precede più di venli, od al più di veiilidne secoli l’ era volgare; e ch’egli e onuai dimostrato che oltre quel termine si cercheranno invano opere deU’antico Egitto con data certa, per quanlo queila contrada sia stata veramente la prima a dar moto alle arti, a coltivare le scienze, a farsi modello di civilta agli altri popoli. E I’ antichitu di tpie’ monumenti stessi, che la miscredenza, giovandosi dell’oscurita delle loro scritture, ha tante volte lln cpii cercato di esagerare, onde combattere dalle fondamenta le basi della Religione, ridotta ora ne’giusti limiti, merce i progressi che si sono falti in questi studi, viene a rendere anch’ essa omaggio all’ infallibilita de’ libri santi ^ ed » contrlbuU e al unonft) del Vero, unico scopo lodevole d’ ogni dottrina.
J. face. 28 1. Con questo medesimo segno siinbolico della celeste magione di Ammone, chiamata Oph nella teologia degli antichi Egiziani, termina pure il nome proprio d’ uomo che si legge a stento sulla cassa della più volte citata mummia portata a Parigi dal sig. Cailliand. Questa circoslanza aggiunta all’ ahra che, nel facsimile che i stato publicato di quell’ epitafio, si vede un piccolo spazio senza lettere, fi-a il supposto nome di queila mummia, e la particella congiuntlva che gli vien dopo, queste circostanze, dico, mi fanno credere che il vero nome di quel defunto fosse piuttosto Petemenoph o Petemenofi che Petemenone^ come e parso al dotto illustratore degli avanzi di queila iscrizione.
. z. face. 386. Circa i Segni simbolici rappresenianti i giorni ed i mesi nelle leggeade gerogUfiche si puo consultare il famoso cippo DEI. CiV. Dl S. QUIHTINO iai
di Kosetta piiblicalo dalla Societa egiziana di Londra nella pifi voile citata sua raccolta di geroglifici (tav. a6. num. ■y. g. i i. ec), vale a diie il priino raonumeiito bilingue che si sia conosciuto, quello che, medianle i confronti delle sue diverse iscrizioni ha fiiialmeiite squarcialo il velo die copiiva da tanli secoli I’antica scrittura degli Egiziaiii, cd ha somministrato il mezzo di assegiiarc con certezza a ciascuu monumento il siio nome o la sua data, e di circoscrivere una voila ne’suoi giusli coufini lantichitA tanto vantala di quella nazionc.
Si potra pui’ consullare i’unico buon libro egiziano sui gcroglifici che ci sia stato conservato dai Greci, voglio dire l’ opera iroppo poco intesa ed apprezzata Unora che porta il nome d’Orapolline, nel libro i. §.
4a. face. 287. Non e questo il solo escmpio che abbiamo di una lale oinmissione fra i nionumcnti di questo regio museo; senza parlare deile iscrizioni in lingua coftn, lu uc conoeco pnrr»cchi altri sicuramente egiziaiii, benclie scritli in lingua greca. Oltre quello gia riferito alia facciala 276, dove si legge: +€NM’ji5N0HC. MA; evvi pure il seguente scolpito sopra una piccoia tavola di pietra: neiGGVC. AM!M’ji,NIOr. L- NA., cioe Peteeo fglio (f Ammonio, nclVanno cinquaiitutio. E parecchi altri ancora ne potrei addun’e se fosse necessario.
Per dar ragione di si falte ommissioni convien supporre o che quegli anni si riferivano all’ eta della persona nominata hi quelle lapidi, ovvero che il vero valore di quelle epoche fosse allrimenli manifestato dalle circostanze del luogo dove quelle iscrizioni medesime erano collocate.
p. face. 290. Senza visitare tuiti i musei d’Europa, si potianno fare agevolmente i mentovati confronti fi-a i manusciitti speftanti alle diverse epoche della monarchia egiziana, col mezzo dei soli pa))iri che si conservano nel regio gabinetto torinese; per quanlo qui, corac per tuUo altrove, sieno assai pochi i pap’iri die fanno palose in cjiialche piodo la loro eta. Per clu volesse tuttavia occunarsi tU iin tale esame io daro \in cenno di qiielli die vi si potranno a ((iicst’ uopo consixltare, procedendo secondo I’ordine dei tempi.
Primieramente e da osservarsi quel rotolo in segni geroglifici, dove si vcde il Re Ameuofis I, tener le veci d’ Osiride, di cui si e già dalo iin eenno nclla nota o.
2.° Tre manuscritli ieralici die fanno parte di una mummia die porta seco la data del quinto o scsto regno della diciottesima diiiastia, vale a dire di circa diciasette secoli prima dell’era volgare, giusta la cronologia dello storico Manetone. (V. la nota b.)
3." iMolli papiri slorici in caratleri ieratici nei quali si vcde piii volte mentovato Sesoslri ^ con altri Re della sua dinastia. Senza parlare di un nUmero grandissimo di frannmenti d’ altri papiri di simil genere, e di quell’ epora, tutti anteriori alia xk. dinastia, e da prcgiarsi per la serie dei Re d’Egitto, die in essi troviaino <,acennata con Rpali prcnoml n soniigllaiiza del la celebre tavola d’^ (byfos. Ma il numero di questl esscndo grandissimo, ed aiiteriore alia delta tavola, penso die non debba inerilare maggior fcde die le pill anticlie favolose dinaslie di Manetone.
4.° Un intiero prezioso riluale de’ morti scritto in caratteri geroglifici per una mummia d’ uomo, sal quale vedesi regislrato il prenome d’ un Faraone meno anlico di Sesostri, ma anteriore ai tempi di Cambise, spetlante probabilmente alia vigesima seconds dinastia. (V. la nota s.)
5.° Due papiri demotici contenenti non pochi atti di quitanza, fatti in diverse epociie del lungo regno del Faraone Psammetico, primo di tal nome.
6.° Quattro contralti scritti, come i precedenti, in caratteri demotici sotlo la dominazione de’Persiani, probabilmente durante il regno di Dario il grande, figlio d’ Istaspe.
7.° Vari altri contratti parimente demotici; slipulati tluraiite la tlinaslia de’ Greci; due de’ quali coH’amio quarto del Re Tolomeo
DEL CAV. DI S. QDIXTINO Si!)
Alessamlro ii, e tlclla rcgina Bereuice sua sposa e sorella; la qual dala di molta luce alia storia di quel regno tuttavia oscura assai.
8.° Finalmentc i due manuscritti ieratici dell’ anno settimo di Adriano Impcratore, già aderenti al cadavare imbalsamato del nostro bambino Petemenofi.
Dal parngone di lutti quesli documeuli, i qiiali nbbracciano uno Spazlo non minorc di diciolto sccoli, si avra luogo di osservare clie le scritture egiziane conservarono tutta la loro rcgolarili e precisionc fincho l’ Egilto si nianlenne florido sollo i propri Moiiarclii; ma die elle cominciarono a scoslaisene quaudo quel regno cadde solto il doininio degli slranieri, dcclinando scmpre piii fiiiO a tanlo chc la propagazione del Vangelo, e la sci’illura cofia iiou Ic cbbcro fatle inlieramcnte dimenticare.