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DEL CAV. DI S. QUINTINO

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ben conservate. Ne abbiamo in questo R. museo di quelle tuttora in sì buon essere da non potersi lacerare senza stento. Si facevano talvolta a bella posta per uso degli imbalsamatori, ed allora erano tessute a foggia di bende, ora piCi larghe ora più strette nella stessa loro lungiiczza, aflliiclie potessero meglio adallarsi alle diverse parti de’ cadaveri che con esse si dovevano fasciare.

Quando poi si destinavano a servire di coperta esteriore alle mummie già fasciate, si spalmavano in prima con una mestica di gesso sulla quale si dipingevano poi col pennello que’medesimi emblemi che vediamo sulle casse delle mummie stesse. Oppure erano ornate di simboli e figure a più colori con un particolare artifizio, che a ben esaminarlo si conosce facilmente non essere stato altra cosa che la stampa in legno, che noi usiamo tuttavia per improntare le nostre tele. Di cosi stampati ve n’hanno alcuni pezzi in questa R. collezione, tolti ad una mummia di antichissima data, sui quali vedonsi alcuni di que’ grossolani ornamenti di palme, che in Oriente sono anche oggidì comunissimi sui tessuti ad uso di vestimenta. Ecco dunque l’arte dello stampare le tele essere di un’origine assai più remota che facilmente non si crederebbe.

g. face. a63. Anche in Italia ne’ più antichi terD(,i si mnosceva 1’ uso d’ incoronare i defunti prima di chiuderli nolle tombe. Rtflettendo su qnesto fatlo, non posso ricordare senza rammarico quella ghirlanda d’oro, di squisito lavoro, con iscrizione in lingua osca, hi quale trovata, non sono che pochi lustri, in uu sepolcro nel regno di Napoli, ebbe appena tempo di essere conosciuta in Italia che fu portala in Germania con molte altre cose uniche, o preziosissime, le quali non rivedranno forse mai piCi la loro terra natale.

h. Eacc. 365. In Egiito, ed in gran parte dell’ Asia questo bitume faceva anticamenle l’ uflizio della pece, che i popoll scltcntrionali traevano, e traggouo ancora, dalle pianie resinose. Coo esse gli