Interpretazione e confronto di una bilingue iscrizione che sta sopra una Mummia Egiziana nel Regio Museo di Torino/Capitolo II

Capitolo II

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Capitolo I Note


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Capitolo II.

Iscrizioni egiziane della mummia di Peteménofi.


Non tutte le cose che si sono dette intorno ai greci epitafi i quali si trovano qualche volta sulle mummie d’Egitto, possono egualmente convenire alle scritture egiziane tanto geroglifiche come sacerdotali, che si vedono, non solo sulle mentovate casse di forma quadrala, ma generalmente su tutte le mummie d’ogni eta, sulle lapidi sepolcrali {l), e sulla maggior parte de’ manuscritti che in quelle inuminic si trovano talvolta rinchiusi. Perclie queste leggeude, dettate unicamente da spirilo di religione e di pieta verso gli estinti, non erano altra cosa se non che lodi, od invocazioni rivolte agli dci tulelari di essi, ovvero misteriose esposizioni di cio che la relinione insegnava intorno alla sorte fulura de’ trapassati. Doveano percio quelle leggende essere necessariamente esposte in lingua nazionale, e con caralteri consacrali dall’uso e dalla religione; ne sarebbe stalo permesso di scriverle in lingua slraniera.

L’origine di queste sacre iscrizioni si perde nell’oscuriti dei tempi; il loro iiso fu universale non solamente in Egitto, ma nella Nubia, nell’Etiopia, e presso lutti i popoli dimoranli nella valle immensa del Nilo; ne ebbero fine se non col trionfo della religione di Cristo, e col finire delle auticliissime superstizioni di quelle nazioni sorelle. E di cio rendono aperta testimonianza i papiri trovati da noi sulle mumuiie contemporanee ai primi Monarchi della diciottesiina dinaslia, non meuo che il sarcofago che serve d’ argomento a queste noslre considerazioni, e gli altri della medesima epoca, trovali, con csso nel medesimo sepolcro, tutti posteriori di venti secoli a que’ manuscritti.

Non dobbiamo quindi aspettarci di ritrovare nella leggenda geroglisica della mummia di Petemenosi, ne sui papiri che le sono uniti, un’iutiera ripetizione o volgarizzamento di cio che si e letlo [p. 278 modifica]«7"5 MOMMU EC12UKA

iieir epitafio greco; perche essendoue il fine diverse, diflerente pure dee esserne il conlenuto. Esamiuando peri) altentamente quelle Icggeiulc, ho avuto il coiiforlo di vedero clie liitle si riferiscono al mcdesimo defunlo; che in ciascuna si trova ripctulo il nome di lui, con alcuui de’ parlicolari esposti nel testo greco, e oUc -dal loro confronto iililissiine cousegucnzc si possono trarre per jiiaggiorinenle coufermare reccclleiiza della nuova maniera di leggcrc siinili scriltiirc, e per accelleraruc i progressi.

E primicrameut-e, per cio che spetta alia nostra leggenda in segni geroglifici, dcbbo avvcrtire che per quanto ella sia scritta, come ho già dello, sojira la parte piii eminente della cassa in una linea sola; per agcvolarne l’ intcrpretazione io la presentero divisa in cinque coloune nella qui unita tavola ii, nelle quail saranno notati con numeri arabici que’ segni che mi sembrano dover essere particolarmente considerati.

Dir6 ancora, che per non entrare in tediose ripetizioni di cose elementari già dette ed insegnate da altri, suppongo in chi legge la cognizlone di cio che si e publicato finora tanto in Francia come in Inghilterra sul modo d’ inlcrjjretare le diverse serif ture egizie, ma soprattutlo del Sistema geroglijico degli antichi Egiziani, opera esimia del ch, sig. ClianipoUion, la quale onora il nostro secolo", e sola puo servire eli guida in questi studi.

Nella prima e seconda colonna di quella leggenda altro io non so scorgere che uu omaggio religioso alle divinita tutelari dcll’Egitto e del defunto. Queste vi si vedono accennate sul principio; quindi e rappresenlato il cielo era simbolicamente, ora colla figura stessa della dea TPE, I’Urania degli Egiziani; e poco dope ev^i flgurato Io siesso defunto come persona che glace. II che, per avveulura, potrebbe averc qualche relazione colle opinion! astroiogiche dominanti in Egitto in quel lorno, siccome per la mummia della collezione del sig. Cailliaud, e pei zodiaci tanto vantali, e slalo dimoslrato ad evidenza. Ma nel primo gruppo della terza colonna, procedendo dall’ alto [p. 279 modifica]in basso, e da destra a sinistra, si legge chiaramente il nome dell'estinto Peteménofi, quale sta registrato nella corrispondente greca iscrizione. I segni geroglifici di cui è composto quel gruppo altri sono fonetici, altri simbolici, ed altri figurativi; cosi che in questo solo nome abbiamo un’imagine di tutta la misteriosa scrittura degli antichi Egiziani, ed mi escmpio delle tie dilTerenii maniere ecu cui essi, scrivendo, soleano glovarsi promiscuamenle de’ segni geroglifici onde spiegare allnii i lore concetti. Si vede da prima la figura d’ Osiride, dio supremo dell’Amenli, ossia del Tartaro egiziano, dove Ic animc degli estinti sul)ivano il loro giudizio al cospello di (piclla diviiiita; il uomc della quale si vede quasi sempre unito a quello dei defunti, e li precede per solito nelle isciizioni sepolcrali. Non e facile il dar ragionC diquesl’uso; forse que’ morti si uomini che donne, si iiduiti chc bambini; die di tutti vc n’lianno escmpi, dal moinenlo del loro trapasso crano ripulati appartenere particolarmente a quel iitime(M), ed esser fatti una cosa stessa con lui. Ovvero eosi s’adoperava per tulti gU estinti a raoilo d’invocazione, in quella guisa che s’intilnlava della formola: Dis Manibus, o D. M. la maggior parte delle lapidi funeral i presso i Romani.

Ma qualiinque sia slato il molivo di una tale pratica, e cosa degna d’ osservazione che presso gli Egiziani el la era tutta propria delle leggende mortuali scritte ncl loro idioma nazionale, e che finora non ve n’ha esempio nelle iscrizioni in lingua greca; e cio, Senza dubbio^ perche qrueste essendo semplici fasti famigliari c raemorie private, non era rnestieri che prendcssero norma dalla religione, ne dalle formole da essa Consecrate.

Per lo più in si fattc leggende il nome d’Osiride si trova rapprcsentato non già colla sua stessa figura, come nel caso noslro, ma simbolicamente col mezzo d’un occhio. In tal modo, per citarne pure un esempio, quel nome si vede moltissiine volte ripeluto nel p’lh grande manuscritto papiraceo di qnesta regia collezione, dove al solilo e coUocato avanli al nome di un defunto [p. 280 modifica]a80 MUMMIA EGIZIANA

chiamato Aiifon, alia imiinmia del quale tpell’ immenso rotolo anparleneva. {x)

II noma di Petcmenofi, clie sla scrilto nel riinaucnte di quel gnippo, e composto di otto caratteri geroglifici, fra i quali ve ne sono sette che fanno parte dell’ alfabeto de’ geroglifici fonetici, ed tino, cioe quello distinto nella tavola prima coUa eifra i, e intieramente simbolico. Ecco il valore di ciascuiio di essi.

i.° Un Segno corrispondente alia lettera latina p, alquanto somigliante per la forma ad un telto, o copercliio di qualche cosa.

2.° II segmento del circolo, t.

3.° La ),iuina o foglia, a ovvero e, come piacera meglio.

4-° II paralellogrammo deutalo, m.

5.° La linea retta, n.

6." II sopra descritto segno simbolico rapprescntante la casa o dimora celeste di Ammone chiamata Oph ovvero Op nel rituale egiziano, il cui valore fonetico dovrebbe essere quivi figuralo con una piuma o foglia O, e con un quadrato striato ph ovvero p: ma nel caso nostro questa sua rappresentazione Jfouetica e staia ommessa per una di quelle abbreviature die s’ incontrano si sovenle iielle scrilture gcrogliliclie.

7.° ed 8.° I due caratteri fonetici corrispondenli alia lettera t, ed al dittongo ei. Questo secondo segno ha talvolta il valore di una semplice vocale, oppure di un dittongo: ma altrevolte e adoperato in modo simbolico per rappresentare un vocabolo intero, il quale nella lingua cofta od egiziana lia il significato di casa o dimoraIn questo luogo il suo uflizio e di deterrainare il valore del gerogiifico che gli sta innanzi, cioe di farci sapere che quel siniboio e posto la per rappresentare l’ idea della dimora celeUe di Ammone chiamata Oph; e nel gruppo che stiamo esaminando si dee appunlo leggere Of, ullima sillaba del nome proprio Pelemeiiofi.

In molte guise usarono gli Egizi di csprimere coi gerogliCei questa sillaba finale, si frequente nei lonti loro nomi propri derivati dal die Ammone. Ecconc alcuni cscinpi; [p. 281 modifica]DEL CAV. Dl S. QCWTIN’O 28 1

1." La rapprescnlaiono il più delle volte col solo segno simboKco sopra mcntovato (V. tav. i. colonna i. n.° i.), lasuiando sottintendere al lettore i tre caralteri fonelici e determiualivi die la dovrel)bero accompagnare. Cost, per modo d’ escmpio, qucsta termiaazione sla sci’itta sopra parecchi monumenti di qiieslo regio tuuseo, e singolarmente nella mummia atrecassc, ivi distinla col numero i, ncl nome proprio del defunto Amenoph.

3." La scrissero non di rado tutta intiera come si rede nei due esempi chc prescnto nella lay. ii. sotto le lettere c, d; il prime de’ ((ii:ili sta registralo nel papiro ieratico n.° xvn. di questo regio gabiaelto, e i’ altro sopra la lapide sepolcrale ivi pure esislente sotto il numero lxxix.

3.° Tralasciarono altre volte il segno simbolico della delta dimora O/jfi del dio Ammone, scrivendo in vece la foglia o piuuia, O; il "quadrato, f, ovvero p; el’ anzidetto segno determinaiivo della casa, EI; cosi la vediamo di fatto nel nome del defunto Amenemoph, che sta scolpito sopra il cubito egiziaao di questo regio gabiiielto.

4-° Scrissero finalmente quclla stessa terminazione col deito segno simbolico della dimora celeste, accompagnato soltanto dal segno della foglia, 0, e dall’ articolo femminino, t; dimenticando il vocabolo lettera, Er. In tal modo appunto io irovo scritto il nome proprio di Amenoph sopra una piccola lastra di terra cotta smaltata di color tarchino, la quale fa parte egualmente di questa regia coUezione.

Ne stanno forse qui tutte ancora le dilTcrenti maniere con cui fu espressa questa frcquente sillaba finale; si puo quindi giudicare da cio qaanto fosse libera e varia l’ antica scritlura egiziana; io ho credulo convenieiUe di accennarne alcune, tratleuendomi in questi tediosi particolari; , per glustificare la lezionc che, nel caso nostro, mi e parsa la sola da doversi adoitare. (j)

Ora se nei gruppi geroglifici che ne danno il delto nome di Petemenofi, fin qui a parte a parte esaminato, noi aggiungeremo ToMo XXIX. 3G [p. 282 modifica]ai segni o lettere alfabetiche consonanti dl cui è composto le vocali tralasciate nell'originale, secondo l'indole deile lingue orientali, e dell'egiziana particolarmente; e daremo di poi al segno simbolico n.° 1. il suo valore fonetico sottinteso, noi avremo il nome del nostro defunto non diverso da quello che già si è letto nel suo greco epitafio, cioe Pelemenoph, ovvero Petemenofi; il quale si puo tradurre per cohti che appartiene alia celeste diniora. di Ammone; appellazione questa coinunissima press© gll Egiziani, ma in Tebe sopratutto, dove Ammone, siccome divinita tutelare della Tebaide, era particolarmente veiierato.

Immediatamente dopo questo primo gruppo ne viene un secondo composto di due soli geroglifici, i quali ci presentano, in forma d’ abbreviatura, il primo e I’ultimo di quei quattro o cinque segni che accorapagnano quasi sempre i nomi delle persona estinte, e vogliono essere iuterpretati defunto. La qual foi-mola starei per dire che corrisponda nei monumenli sepolcrali egiziani della sigla dei Greci, oppure alle voci fu o quondam, di cui noi pure sogliamo far uso in simili casi.

Ma dopo tutto cio resta ancora a sapersi se l’ Essere defunto ivi nominato era una divinita, oppure se apparteneva alia specie umana, e qual era il suo sesso. Per manifestarlo gli Egizi usavano di accoppiare a ciascun nome proprio o la figura d’un nume, ovvero quella d’ un uomo, o d’ una donna. Questo spediente sempre utile per dar chiarezza a quella intricata maniera di scrivere, riusciva indispensabile quando la natura di quegli Esseri non era fatta dagli aggiunti abbastanza palese.

Veramente in questa nostra leggenda non si vede alcuna figura d’uomo: ma qui non era pun to necessario che V ierogrammate o sacro scrittore si desse pensiero di segnarla, perche la condizione di Petemenofi era qui gi;i fatta bastevolniente manifesta e per cio che precede il suo nome, e per le cose che gli vengono subito dopo, come vedremo.

Fra i segni geroglifici che fanuo parte del dello uorae e ancora [p. 283 modifica]da notarsi quello che ho detto aver forma di un telto, ovvero d’un coperchio. Questo segno nellc scritlure in caralteri sacri e per lo pill adopcratq come simbolo del cielo; ed in questo senso vcdesi pure impiegato pii d’ una volla nella prima colonna di questa stessa nostra ieggenda. Non v’ ha dubbio pero che, come iniziale delia voce egixiana II€, cielo, esso non prenda lalvoUa anche il valore fonelico della lettcra lalina p; e quantunque non si veda ancora annoverato nell’ alfabeto fonetico del ch. sig. Champollion, egli stesso ce ne somministra pero un esempio nel nome proprio Psametig (t), ed un altro parimente nel nome della dea tpe, ossia nel nome del cielo presentato sotto forme umane. (2)

Fassiamo ora all’ esame della quarta colonna, che dividero nuovamente ia due parti, onde agevolarne sempre più la spiegazione. Nella prima io veggo espressa in tre gruppi la figliazione del fanciullino Peteme’nofi, non più derivala dal padre alia maniera dei popoli occidentali, come abbiamo veduto nel suo greco epitafio, ma dalta madre, secondo il metodo più ordinario di sua nazione.

II primo gruppo e formato di tre caratteri fonetici, corrispondenti alle tre lettere latiiie m. s. n; le due prime, come tutti sanno, leggonsi mas o mes, che e quanlo dire nato\ la terza equivale alia preposizione da; quindi la frase: ruito da.

II secondo gruppo e formato primieramente da quatlro caratteri fonetici anch’essi, cioe dalla borsa, t; dal vaso con manico, CH ovvero c; dal lituo, u; e dalle due lineette verlicali, i; i quali caratteri ml danno il nome proprio Tacui.

I tre geroglifiei che tengono dietro a questi, nella linea inferiore, formano il terzo gruppo, il cui udizio e quello di determinare il valore della parola rappresentata dal gruppo precedcnte. Vi e di fatto nel mezzo il segno figuralivo di specie donna, \l quale serve a manifestarci che in quel gruppo si racchiude il nome

(i) Precis du syst. hierogL Planches, et tableau general etc. D." 190. (a} Panihion Esjrpt. Siplicatiou a la f Uacb« D.<, ao. [p. 284 modifica]384 WUMMIA EdlZUNA

propi-i« di una donna, U quale fu madre dell’ estinto Petemenod mentovato pifi sopra.

Rimaneva a diisi se quests madre per nome Tacni fosse ancora m Vila quando moii il suo figlio; anclie qiiesla particolarita ne vien fatta palese da quel geroglifico che precede la figura di lei, distiiito nella stessa quarla colonna colla cifra 2. Qiiesto segno e puramenle simboUco, e semhra essere l’ emhlema della sanita e del ben essei’e nelle iscrizioni del cippo di Rosetta. Noi avre^no qiiindi la frasc: donna benestante, vale a dire che Tacui era tuttora in vita quando Peteinenofi fu posto in sepollura.

Per chi e avvezzo, come noi, ad un favcliai-e sonoro, tondo, armonioso parra sicuramente strano per una fcmmina il nome di Tacui. S l\(a sono eglino forse meno aspri i nomi delle donne Tphut, Saraput, Senchonsis e Philut, che vedonsi registrati in buoni caratteri greci sui loro stessi sarcofagl, trovati tutti col nostro nel medesimo sepolcro? Una lingua piena di monosillabi, di consonant! e di aspirazioni qual era l’ egiziana, rade volte oifre vocaboli di questi più gentili, o pii\ dolci ad ascoltarsi.

Nella seconda parte di questa medesima quai’ta colonna, noi abbiamo l’ eta del defunto; cosa molio rara a trovarsi in simili leggende, e tan to più preziosa nel caso nostro, che, mostrandosi perfettamente d’ accordo col testo dell’ epitafio greco, ci somministra una nuova dimoslrazione di cio che già si e imparato dal mentovato cippo di Rosetta, e da pochi altri monumeuli si fatti, circa il modo con cui solevano gli Egiziani scrivere l’ elk dei trapassati, gli anni, i mesi, i giorni, ed in generale le date cronologiche.

L’ eti che avea il giovine Petemenofi quando cesso di vivere e quivi segnata iu due diverse maniere; da prima col mezzo dell’asta ricurva, indice degli anni, accompagnata dal disco, suo proprio segno determinntivo, e dalla croce col manico, simbolo della vita. Su quellasta s’alzano cinque denli o foglic, Ic quali, com’e noto, rapprescntano cinque auui, e ne iiisegnano clic il figlio di Tacui, quando mori, era nell’aBno quinto deil’eli sua. Qui, alia maaiera [p. 285 modifica]degli Egiziani, l’anno incominciato, anche da pochi giorni, si dh come compilo, quaiitunque, a tlir vcro, Pcleinenofi non conlasse piilk di quHttro anni, oUo mesi e dicci giorni^ come e nolalo nella greca iscrizione.

Ne divcrsamente si vedc pralicato nella Icggenda funebre della giovine Tpliut anz’ulclta (i), dove quelTasla o sccUro annuale prcseiita pure selte foglie, ossia selle anni compili, nicnlre si rileva dair cpigrafe grcca die ie sta accanto, die quella fanciulla, il d\ dclla sua merle, non avea p’lii di sei anni, due mesi e diciotlo giorni. Lo stesso sistema fu pur semprc tenulo sulle moneic imperiali alessandriae nel segnare gli anni de’ Principi in cui furono baltute.

Ma il sacro scrittore cui spettava delincare col penneilo qnelli leggenda sul nostro sarcofago, quasi temesse di non aver aljbastanza manlfestala in tal modo Tela vera del defunlo, yoUe nuovamente segnarla con maggior precisione in altra maniera. A questo fine egli scrisse, dalla parte sinistra dello scettro medesimo, quattix) unita, le quali, per la prescnza di cpiel segno stesso, ricevono il valore di altrettanti anni. Sotto questi ha inoltre delineato il nolo simbolo geroglifico dei mesi solari, cioe la luna crescente, accompagnata dal suo solito carattere determinativo, vale a dire il disco solare coUa linea vcrlioale accanto. Ma di più quel simbolo vedesi quivi rovesciato, per indicare, come ne insegna Orapolline (3), che i mesi accennati aveano giii toccalo il loro Gne. lu fatli egli e sulle fasl lunari che ne’ primi tempi i mesi erano regolati: ma gli Egiziani non tard^irono mollo a prendere il solo corso del sole per norma di lutti i loro periodi cronologici (3); quindi al numero de’mesi aggiunsero pure il segno del sole, e lo

(i) Hieroglyphics collected by the egypt. society. London 1823 pl. 35 — Letronne Observ. citate. (2) Horapolline. Hieroglyphica. lib. 1. §. 4. (3) Erodoto. lib. 11. n.° 4. [p. 286 modifica]386 MUMMIA EGIZIANA

accompagnarono colla linoa verticale, perche in questo luogo e adopei’ato per simbolo, e iioii in inodo figurativo.

Solto il delto simbolo dci mesi, alia sinistra del disco, vedonsi due aUri segui siinili fra lore, e qtiivi distinli colla cifra 3, la forma de’ quali uon e diveisa dalla lettera latina corsiva q, ne Iontana dalla cifra 4- Finora, ch’ io mi sappia, non e stalo ancora prodollo alcun esempio di geroglifici numerali cosi falii, e cpii per Ja prima volla possiamo conoscerne il valore; poichc, sapendo per la greca iscrizione che il nosti-o Petemenofi vissc altri otto mesi dopo i qualtro anni, egli e evidcnte che ciascuno di que’ segni, delerminato dall’ anzidetto carattere simbolico dei mesi, dee rapprcsentare il numero qualtro; e la lore somma ne dara appunto il numero di mesi otlo, quale, fatto il deito confronlo, dovevamo aspettarci di trovare dopo i quattro anni sovraccennati. Quindi ora potremo aggiungere questo miovo segno geroglifico numerale all’altro figurato a guisa di ferro da cavallo, che, già da parecchi anni, il dotto accademico francese il sig. Jomard ha trovato essere r equivalente del numero dieci. Da questa nuova scoperta dei’iveranno senza dubbio utilissime consegaenze.

Dopo tulto cio per avere l’ eta intiera del defiinto, qual e descritta nell’ anzidetta iscrizione in lingua greca, mancano tuttavia i giorni dieci: ma questi pure veggonsi quivi accennati, sotto il Tiumero dei mesi, dalla mentovata figura del ferro da cavallo, la quale, benche sia ora in parte cancellata, si riconosce tuttavia assai bene. Questa figura e qui parimente accompagnata dal solito gruppo simbolico del disco del sole colla linea verticale; i quali segni, per quanto pare dai tre esempi che qui ne abbiamo, debbono essere i caratteri determinativi d’ ogni geroglifico destinato ad esprimere l’ anno solare coUe sue divisioni. (z)

Tutte queste notizie sono veramente preziose, perche scarse sono ancora le nostre cognizioni suUa maniera di numerare, e di calcolare degli antichi Egiziani {w), e rari i monumenti geroglifici conosciuti finora, i (pali portino con sc alcuna data crouologica [p. 287 modifica]DEL CAV. ni S. QUIN’TINO 387

altrimeiul che col solo nome del Principe regnante. Tre soli ne ho vediiti Giiora in questo regio museo: uno, cioe, sopra una bella e grande lapide sepolcralc, intagliata in pietra bianca, lenera, simile a quella delle veluslissime cave AcW Arab-el- Matfouni, ossia della provincia deirantico Abjrdos, suUa qual lapide, in piima linea, ed isolato, si legge I’anno xlvi, scrilto coi geroglifici seguenli. la primo luogo, a destra, l’ asta ricurva indice dell’ anno, col solito disco solare, e col segnaento del circolo che lo accompagna quasi sempre. Questo indice ha qiiivi una sola tacca o risalto; ne puo esscre altritncnti, perche cola non isla ■da se, ma fa parte della data che vien dopo. In secondo luogo la figura del ferro da cavallo replicata quatlro volte, vale a dire cpattro voile il numera dieci, ossia quaranta. Finalmente sei lineette verlicali, scriite di seguito r una dopo l’ allra, le quali corrispondono a sei nnita. H tutto ne dara I’anno xlvi, che non e ben chiaro se debba riferirsi air eti del defunto mentovato su quel sasso, ovvero agli anni del Principe allora regnante. («)

L’ altro monumenlo di questa R. collezione munito di un’ epoca cronol6gica segnata con geroglifici numerali, e una piccolissima tavola sepolcrale di legno, che stava probabilmente appesa al coUo di qualche mummia; sui due lali di essa, quasi per omamento, veggonsi delineali due scettri annuali, i rptali, essendo ventisei volte intaccati, rappresentano sicuramente I’anno ventesimo sesto del regno del Faraone Amenofis I, capo della diciottesima dinastia dl Manetone, qiiivi nominato nel bel mezzo di essi ne’suoi cerchietti Reali (i); il qnal anno, che fu quello di sua morte, corrisponde, giusta la prescntt’ opinione degli Eruditi, all’ anno mille seltecento scssantanove avanti l’ era volgare.

La terza data numerica in lingua sacra I’abbiamo in un piccolo

(i) Si Tcda ncl Vol. x\lx. dcJIc Memorie della fieale Accadem’a di Torino pag 83. la bcUa ed crudita disscrlazioac del cb. roio collega il j)rorcssorc di Filosofia Costaiizo Gazzera intorno ai monunicuti slorici <li questo rcgio musco, Iclta ucll’Accadcuia ucdciijBk il di & di maggio i8a4. [p. 288 modifica]2Sd JIUMMU EGIZIANA

scarabeo di porcellaua smaltato in verJe (serie xxiv. n." i5.), dove, soUo r auello prenome del Re Meride, vedesi scolpiio in egual maniera l’ anno iindecimo del regno di lui sopra due sornigliaiiti asle ricurve. Questo prezioso scarabeo, meno anlico di sessantasei anni della meniovata tavolcUa, appaniene dunque all’ anno iijSo. avanli l’ era nostra suddetta.

Alcunc altre iscrizioni con note cronologiche non diverse da queste si conoscono pm’e in Parigi ed altrove; senza parlare delle altre quantita sempliccmente numerali, scritle pure con segni geroglifici, le quali s’ incontrano qualche volta sui papiri, e su allri monupaeiili sepolcrali. Le quali cose tutte confcrmano a meraviglia I’ accennala inia maniera d’ intcrpretarle.

Finalmente, per ritornare al nostro argomento, il descritto gruppo, destinato a manifestare l’ etii dell’ estinto bambino, ha fine coUa figura di specie d’ uoino giacente, la quale da compimento alia fi’ase, e serve ad indicarne il soggetto.

Qui pure hanno fine le parti della nostra leggenda che coincidono coUe cose descritte nell’ epitafio greco, e che possono quindi paragonarsi fra loro; cio che ne rimane, essendo estraneo al mio assunto, non me ne daro piii pensiero.

Da tutie le cose fin qui esposte, ne segue che, giovandomi deir alfabeio fonetico del ch. sig. ChampoUion, e delle recenti scoperte intorno alia maniera d’ interpretare i geroglifici egiziani, io ho letto nella iscrizione in lingua sacra, che sta sopra la cassa deilo imbalsamato Petemenofi, le fi-asi seguenti: V uomo defunto apparlenente, od iniziato ad Osiride, Petemenofi, nato da Tacui, il quale mori neltanno quinto della sua eta, essendo vissuto anni quatlro, mesi otto e giorni died. Le quali frasi non sono certamente diverse da quelle che abbianio vedute nell’epitafio greco della medesitpa mummia, cioe: Sepolcro di Petemenofi, il quale ’visse quattro anni, otto mesi e died giorni.

Ora se alcuno vi fosse ancora che volesse mettere in dubbio la veritst delle moderne teorie suU’ interpretazionc delle diverse [p. 289 modifica]DKL CAV. DI S. QUINTINO 289

scritture adoper.ite in antico dagli Egiziani; o, non ayendole for^e ben ponderate, non ne fosse ancora inlierainente conviiito, io potrci con ragione invilarlo a rinnovare il confronto die ho fatio io stesso delle due mentovate iscrizioni, ed a trarne in buona fede le consegucnze clie neccssariamente nc derivano.

Ma anchc dall’ esame dei due manuscrilli ieratici sopra paplro, i quali, come notai da principio, furoiio trovati fra le fasce esteriori di (piel cadavcre inibalsamalo, si possono cavare nuovi argomenti d’ evidenza in favoi-e delle sopraddette dottrine, se pure ne abbisognano ancora. Tulii sanno ormai come la lingua ieratica o sacerdotale, in cpianio al valore de’ vocabali ed alle lore inflessioni, non e punto diversa dalla lingua sacra: ma che diireriscc raoltisslmo da quclla per la forma e (jualita de’ suoi caratteri piii corsivi, nieno figurali e simbolici de’ geroglifici. La conoscenza del loro alfabelo e deriyata dalla scoperta dell’ alfabeto geroglifico; siccome siamo dcbltori di (piesto ai paragoni che si sono potuti fare sul cippo di Roseita fra le iscrizioni egiziane di esso ed il teslo greco ioro corrispondcnte. Ora cgli e appunto con nuovi e successivi confronli che noi dobbiamo giustiGcare sempre piii la verita e I’esattezza de’risultamenli che già si sono ottenuli, ed e queslo appunto Io scopo delle presenli mie osservazioni, ed il vantaggio che se ne puo trarre.

Se dunque in que’ monumenti ieratici, che, al pari di lutti gli altri papiri sepolcrali, non debbono contenere altra cosa fuorche lodi od invocazioni alle divinila tutclarl dei defunti, noi leggeremo ancora, col mezzo dell’ alfabeto sacerdotale, il nomc medcsimo di Petemenofi cou altri suoi particolari, quali gii li abbiamo trovati nelle epigrafi dianzi esaminate, io bramerei sapere come si poIranno ancora muoverc dubbi ragionevoli sulla sincerita di un sistema gi^ cimentalo con tante prove, ed ora nuovamente confermato dal triplice accordo di queste nostre scritture.

Io leggo di fatto, fin dal primo verso di que’ due papiri, somigllaati fra loro ma uoa identici, le medesime pargle che abbiamo [p. 290 modifica]200 tll’HMIA fO(21ANA

g)4 veilule nelleaUre duo iscjlxioui, cioii! PHemdiwfi uomo defuiito, oppavtcnentQ ud Osiride, nato da Tacid ma inadre^ Senza ch’ io entri qui in nuovi esaini analilici, polru ciascuuo farli da per se slesso su que’ aianuscriui nei piincipio delle priuie linee che prcseiHo a quest’ uopo nella tavola ii, solto le letlere a, e n. Nii solamente per queslo titolo sono pre/iasi que’ dooumenli, jna ancora per ia certezza die abbiaino dclla eta in cui furouo scritti. Questa nolizia pu6 riuscire molto opportuna per esaminare la condizione della scrittura egiziana negU uUimi suoi periocU, e paragonarla cou quella de’ papiri pii\ antichi, contemporanei ai primi regni della dicioltesima diuastia, onde eonoscere le vai’ iazioui cui essa, dopo taiili secoli, aiido soggelta nella forma, nella cleganza e nella disposizione de’ suoi caraltcri. Di queste cose potra intanto giovarsi la Paleografia (j3): io, nel dar conto di tutlo tlo clie alia mummia dell’ egiziano PetemenoG apparteneva, sarti contento di averle acceunale.

Note