Il piccolo focolare/Capitolo sesto. Le carni

Capitolo sesto. Le carni

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CAPITOLO SESTO




LE CARNI.


1. Il lesso. — Si fanno lessare le carni nell’acqua per corvertire questa in brodo mediante i sughi che ne escono durante la cottura. Ad onta di ciò le carni restano mangiabili, anzi spesso gustose specie se si mettono a cuocere nell’acqua già bollente.

Si fanno lessare a preferenza il manzo (coscia, culaccio, filetto), il vitello (spalla, petto, testina), le galline e i piccioni vecchi.

Per cuocere bene il manzo occorrono ore 2½-3 di fuoco regolare, per il vitello ore 1½-2, per i volatili ore 1-3 secondo il caso.

Prima di farla bollire laverete diligentemente la carne e gli ossi guardandovi però di lasciarli giacere nell’acqua. Se il manzo fosse di qualità dura vi converrebbe batterlo prima col mazzuolo. Alla testa di vitello vanno levati gli occhi e i peli che per caso vi fossero rimasti; i volatili si preparano come per cuocerli arrosto (vedi più oltre) tolto il lardo. Per ogni chilogr. di carne di manzo pesata con gli ossi, calcolerete sei litri d’acqua che vi daranno poi tre litri di brodo (se v’aggiungeste degli ortaggi potreste abbondare di più col liquido); per le altre carni ne occorre un po’ meno, se si tiene conto della minor durata della cottura e perciò della diminuita evaporazione.

Durante la bollitura schiumerete con diligenza il brodo, senza portar via il grasso che si leva più tardi e si ripone, mentre la schiuma è roba di scarto da dare al gatto o alle galline. Le carni lesse si gustano con gli erbaggi e la polenta, o con la polenta e una salsa. [p. 62 modifica]

L’uso fa legge.


2. Maniera di adoperare gli avanzi di manzo lesso.

Freddo o caldo, cioè riscaldato, colle salse. N. 1, 3, 5, 7, 10, 12, 14, 15, 16, 18 (vedi Cap. V.).

Alla gratella. — Mettete in un piatto un po’ d’olio, il sugo di mezzo limone, un cucchiaio di prezzemolo e uno d’erba cipollina (santigola) molto bene pestati insieme, pepe e sale, involgete in questo composto, che avrete mescolato, le fette di manzo lesso freddo, spolverizzatele di pangrattato e collocatele alcuni minuti sulla gratella.

Arrostito, colla salvia. — Tagliate il lesso a fettoline, unitevi alcune foglie di salvia e mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, arrostitelo pochi minuti a fuoco ardente, bagnatelo, se non lo gradite secco, con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo. Potete frammezzarvi anche delle fette di polenta o di patate cotte. Al burro potete sostituire lo strutto o l’olio, ma in questo caso lascerete riscaldare il grasso, prima di unirvi il resto, col sale necessario e con un po’ di pepe, se vi piace. Potete anche soffriggere delle cipolle e qualche erba nel grasso.

In tegghia colle patate, colle cipolle e col pomodoro. — Stendete in una tegghia uno strato di cipolle pestate, disponetevi sopra delle sottili fette di manzo cotto, poi uno strato di patate cotte e tagliate a fette, un altro strato di manzo e uno di pomidori lavati, dimezzati e puliti dai granelli. Versate su questo composto alcuni cucchiai d’olio, senza dimenticare il sale e il pepe, cuocetelo poi coprendo la tegghia ore 1 ½ circa sia nel forno sia sulla brace. Se occorre lo bagnerete con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo.

Rifatto in umido. — Tagliate il manzo a quadratelli, mettetelo in un soffritto di burro (un pezzetto), olio (3-4 cucchiai), cipolle trite (3-4), prezzemolo pesto (un cucchiaio), lasciatelo rosolare alcuni minuti, bagnatelo con mezzo bicchiere d’acqua o di brodo, unitevi poi alcuni cucchiai di salsa di pomodoro e, dopo averlo lasciato sobbollire un buon quarto d’ora sull’angolo del fornello, portatelo in tavola come companatico della polenta.

Rifatto in agro dolce. — Sciogliete in un tegamino un pezzetto di burro, mescolatevi un buon cucchiaio di farina e fatela rosolare finché manda un grato odore. Arrossate intanto in una padellina due cucchiai di zucchero senz’acqua, versatevi mezzo [p. 63 modifica]bicchiere d’aceto bollente e, quando lo zucchero è sciolto, bagnate con questo composto la farina unendovi anche se occorresse un po’ d’acqua. Quando la salsa, che sbatterete un pochino, è liscia e morbida (dev’essere quasi colante), unitevi le fettine di manzo col sale necessario e con un po’ di pepe e lasciatele sobbollire mezz’ora sull’angolo del fornello.

In insalata. Tagliato a pezzi sottili, misto con cipolle crude e patate cotte tagliate a fette, con indivia, lattuga, denti di leone, cicoria, pomidori ecc. ecc. condirlo con olio, pepe e sale.


La catena non teme il fumo.


3. Manzo in umido colle cipolle. — Mondate e trinciate alcune cipolle, tante che vi bastino per farne un suolo compatto sul fondo d’una cazzarola, unitevi alcuni fiocchetti di burro, poi un pezzo di coscia frolla di manzo o di culaccio bene battuti, salati e infarinati (dopo averne, che s’intende, levati gli ossi e le pelletiche), chiudete la cazzarola con un coperchio esatto, tenendovi sopra un peso, e cuocete la carne adagio 2-3 ore secondo la sua grandezza, bagnandola di tratto in tratto con un po’ d’acqua.

4. Manzo in umido col lardo e col pomodoro. — Coprite il fondo d’una cazzarola di sottili fette di lardo, collocatevi sopra un pezzo di coscia frolla o di culaccio di manzo preparato come sopra, fatelo rosolare bene da tutte le parti, unitevi un piccolo cucchiaio di farina, e quando questa ha preso colore, un po’ d’acqua o di brodo che rifonderete di tratto in tratto per ottenere il sugo. Aggiungetevi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro. Cottura due ore circa.

5. Manzo in umido col burro e colle erbe. — Preparato che abbiate il manzo come sopra, mettetelo in una cazzarola con un pezzetto di burro, con due cipolle mondate e divise a metà, una carota affettata, qualche fetta di porro, di radice di sedano, un po’ di prezzemolo e di maggiorana, se l’avete pronta, e rosolata bene ogni cosa, bagnate la carne, che avrete debitamente salata, con acqua fresca o con brodo aggiungendovi anche da ultimo, se vi piace, la conserva di pomodoro. Due prese di pepe non faranno male all’umido, un paio di cucchiai d’aceto o un cucchiaio d’acquavite lo [p. 64 modifica]renderanno ancora più morbido. Ore di cottura 2-2 ½ secondo la qualità del manzo.


Da chi ti dona guardati.


6. Manzo in umido col soffritto di strutto. — Mettete al fuoco in una cazzarola un pezzetto di strutto della grandezza di mezz’uovo (per ogni 400 gr. di carne) e un battutino fino di cipolla, di carota e di sedano; quando il composto ha preso colore adagiatevi sopra un pezzo di manzo frollo e ben battuto soffregato diligentemente con sale e pepe, aggiungetevi, se vi piace una presina di cannella e cuocetelo a calore moderato non meno di due ore bagnando, quando è bene rosolato da tutte le parti, con acqua o con brodo, da ultimo colla salsa di pomodoro. Un pezzetto di burro aggiunto allo strutto rende quest’umido migliore.

7. Manzo in umido col soffritto d’olio. — Mettete al fuoco in una cazzarola 3-4 cucchiai d’olio per ogni 500 gr. di carne, un mazzetto di prezzemolo trito e una fesina d’aglio pestata. Quando questo battutino ha preso colore procedete come dice la precedente ricetta, omettendo tuttavia la cannella e il pomodoro. Un pezzetto di burro unito all’olio dà all’umido un sapore più delicato.

8. Manzo in intingolo. — Tagliate il manzo a quadrettini (s’intende che colla parte del culaccio o del filetto l’intingolo diventa migliore, tuttavia in genere s’adoperano le carni meno morbide a questo scopo) e collocatelo in un tegame con un battuto di lardo, di cipolla e d’aglio, questo se vi piace, 2-3 cucchiai d’olio e un pezzettino di burro, fatelo soffriggere adagio; quando ha preso colore bagnatelo con acqua o con brodo e fatelo cuocere adagio circa due ore aggiungendovi anche da ultimo la salsa di pomodoro.


La lingua unge e il dente punge.


9. Gulasch. — Collocate sul fondo d’una cazzarola uno strato di lardo fresco, uno strato di cipolle trinciate e uno strato di patate crude, mondate e tagliate a pezzi piuttosto grossi, finalmente uno strato di carne di manzo ridotta a dadolini e ben pulita dal grasso e dalle pelletiche, spolverizzando di sale quanto ne occorre e di paprica (peperone rosso in polvere) in grande abbondanza. Mettete la cazzarola coperta al fuoco e quando il lardo è [p. 65 modifica]rosolato, rimestate con riguardo il composto, riempite la cazzarola d’acqua e lasciate cuocere adagio circa 2 ore rifondendo l’acqua se occorresse. Lo stesso piatto si può ammannire col vitello, coll’agnello, col castrato e col maiale.

10. Manzo arrosto. — Per fare il manzo arrosto occorre un pezzo di filetto o di culaccio oppure un pezzo di coscia molto bene infrollita e battuta. Il sistema più breve è questo; fate dei tagli lunghi e stretti entro la carne e introducetevi con un coltellino una fettina di lardo involta nel sale e nel pepe. Questi tagli devono essere regolari in modo che tutto il pezzo ne appaia egualmente lardellato. Compiuta quest’operazione, collocatelo in un pentolino ove stia stretto e versatevi sopra alcuni cucchiai di aceto forte. Mezz’ora o tre quarti d’ora prima di portarlo in tavola, mettetelo in una cazzarola con un pezzetto di burro (in mancanza di questo vi farete rosolare alcuni cucchiai d’olio) e cuocetelo in fretta a fuoco ardente. Il manzo si può cuocere anche al forno o sulla brace semplicemente con del burro, o con burro e olio misti, voltandolo di tratto in tratto, ma preparato in questa guisa esso esige 1½-2 ore di cottura. Per cuocerlo allo spiedo occorrono pure circa due ore. Ben salato che sia si fa continuamente girare bagnandolo di quando in quando con un po’ di burro puro o d’olio caldo che si raccolgono poi nella leccarda. Se è lardellato, come indica la presente ricetta, guadagna in sapore. In molti paesi uniscono al manzo da cuocersi arrosto (non allo spiedo) qualche odore, come il ramerino, il prezzemolo, l’origano, la persa, la salvia, a scelta e a discrezione.

11. Le bistecche. — Le bistecche si fanno sempre col filetto di manzo, che si taglia a grosse fette dopo avergli levato l’osso e le pelletiche. Queste fette un po’ battute si collocano sulla gratella, si voltano quando hanno preso appena un po’ di colore e voltandole si salano. Quando si tagliano, esse devono mandare un sugo roseo ed essere per metà crude.

Le bistecche si possono anche bagnare, dopo cotte, con un po’ di burro fuso e misto di prezzemolo trito.

Bistecche al latte. Preparate le fette di filetto come sopra, copritele di latte e fatele poi cuocere in un tegame finchè il latte è assorbito. Sale e pepe alla fine. [p. 66 modifica]

Bistecche pestate. Queste bistecche si possono fare con qualunque qualità di manzo purchè sia buono e un po’ grasso. La carne si sminuzza colla macchina oppure si pesta insieme a un pane bagnato nel brodo e spremuto (per 500 gr. di manzo 30-40 gr. di pane), poi si sala e, aggiuntovi un po’ di pepe, si riduce in forma di piccole bistecche regolari. Di molto le avvalora un battutino di lardo fino e d’erbe. Panate che siano si fanno cuocere 8-9 minuti in un soffritto di olio, burro e cipolla, poi si levano dal fuoco e si servono col loro sugo diluito con brodo e pomodoro e poi condensato, dopo avervele fatte bagnare un minuto a moderato calore.


Chi non può sempre vuole.


12. Polpettone. — Il polpettone si fa con la carne di manzo, di vitello e di maiale, possibilmente mista. Se non disponete d’una macchina per sminuzzare la carne, potete pestarla con la mezzaluna, o ricorrere alla macchina dei salumieri. La carne per il polpettone dev’essere ridotta come una poltiglia. Nello sminuzzarla vi unirete, per ogni chilogr., 100 gr. di grasso di rognone o di lardo, un pane bagnato nel brodo o nel latte, una cipolla, sale e pepe a discrezione e un cucchiaio o due di formaggio. Quest’ultimo però non è necessario. Mescolate ogni cosa entro una terrina, poi formate colle mani un grosso salsiccione come un salame, infarinatelo e mettetelo in un tegame basso con un bel pezzetto di burro o con 3-4 cucchiai d’olio e alcune fegliette pestate di ramerino. Cuocete il polpettone tra la brace, o nel forno ore 1½-2 secondo la grandezza.

13. Lingua di manzo. — La lingua fresca non è molto gustosa o per lo meno ha bisogno di troppe manipolazioni per pigliare un sapore gradevole. La lingua salata e fumata si mette in molle nell’acqua la sera per la mattina e si cuoce (secondo la grandezza) 5-6 ore a lento fuoco. Quando la pelle si stacca, cioè in 2-3 ore, si monda delicatamente e si rimette nella pentola finch’è morbida, per tagliarla poi a fette e gustarla coi cavoli. Se la lingua fosse salata di fresco e non fumata, non occorrerebbe metterla in molle.


Il buon giorno comincia dalla mattina.


14. Cervello di manzo. — Lasciatelo giacere 24 ore nell’acqua, mutando questa spesso, scottatelo nell’acqua bollente, te[p. 67 modifica]nendolo in un ramaiolo forato entro la pentola, mondatelo dalle pellicole che lo avvolgono, mettetevi sale, pepe e sugo di limone, poi tagliatelo a pezzetti. Questi pezzetti s’avvolgono nella farina, poi in un ovo intero bene sbattuto e diluito all’occorrenza con un po’ di latte, da ultimo nel pangrattato, e si fanno rosolare come polpettine a fuoco allegro nel grasso bollente, sia esso burro animale o vegetale, strutto od olio.

15. Polmone di manzo in intingolo. — Fate bollire alcune ore il polmone di manzo nell’acqua, gettatelo nell’acqua fredda, tagliatelo a fettoline, riscaldate dell’olio o dello strutto in un tegame, gettatevi il polmone infarinato e rosolatelo in fretta a fuoco ardente, unendovi poi un po’ di brodo e di salsa di pomodoro. Sale e pepe alla fine.

16. Cuore, arnioni e fegato di manzo. — Gli arnioni e il cuore di manzo si possono preparare come quelli di vitello, soltanto vanno lessati prima alcune ore. Il fegato si adopera per fare brodi e minestre.

Vitello lesso (petto e testina). (Vedi la ricetta N.° 1).

17. Testina di vitello ai ferri. — Cotta che abbiate un paio d’ore la testina, tagliatela a fettine e involgete queste in un battutino di cipolla, aglio e prezzemolo, poi nel pangrattato e collocatele sulla gratella, salandole quando sono fumanti e portandole in tavola subito.

18. Testina di vitello colla salsa agrodolce. — Fate soffriggere un abbondante cucchiaio di farina in un pezzetto di burro liquefatto, arrossate pure in una padellina due cucchiai di zucchero, diluite con mezzo bicchiere piccolo di aceto bollente; quando lo zucchero è sciolto versate il composto entro la farina che avrete riposta sull’angolo del forno, fate bollire ogni cosa sbattendo col frustino, unitevi da ultimo un po’ di sugo di limone, poi la testina ben cotta a lesso un paio d’ore e tagliata a fette. Lasciate sobbollire un pochino il composto e portatelo in tavola colla polenta. Se il dolce non vi fosse gradevole omettete lo zucchero e l’aceto e diluite l’intinto di farina con acqua o con brodo. [p. 68 modifica]

19. Cervello di vitello fritto. — Come quello di manzo. (Vedi ricetta N.° 14). Il cervello di vitello è più fino di sapore ma non molto economico.


Chi ha l’onore è un signore.


20. Cervello di vitello in umido. — Preparato il cervello come indica la ricetta N.° 14 e tagliato a pezzettini, fatelo rosolare in una cazzarola dove avrete già soffritte delle cipolle nel burro (quattro piccole cipolle per ogni cervello intero), spolverizzatelo di farina e quando questa ha pure preso un po’ di colore versatevi del brodo a cucchiai e mezzo bicchierino di vino, ricordandovi il sale e il pepe.

21. Polpettine di cervello. — Mettete al fuoco, in una padella, un pezzetto di burro della grossezza di due noci; quand’è sciolto unitevi due cucchiai di farina, rimestate bene e diluite il composto, sempre sul fornello, con un bicchiere di latte tanto da farne una densa pappina che salerete a dovere, rifondendo il latte finch’essa si stacca dalla padella. Unitevi allora il cervello, che avrete preparato come sopra, pestato e passato allo staccio. Quando avrete ottenuto un composto liscio, gettatelo di nuovo sul tagliere che stavolta avrete avuto cura di cospargere di pangrattato e, colle mani ben pulite e infarinate, stendetelo dell’altezza di 1 cent. Cospargetelo di pangrattato, poi con un coltello infarinato tagliatelo in tanti pezzetti quadrati che farete soffriggere nello strutto bollente. Se avete molte ova a disposizione, potete involgere i pezzi in un ovo sbattuto e poi panarli e cuocerli nel burro a fuoco vivo.


Da uom dabbene non hai che bene.


22. Fegato di vitello alla barcarola. — Riscaldate dell’olio in una padella (per 500 gr. di fegato ne prenderete ¾ di bicchiere), fatevi soffriggere 2-3 cipolle, secondo la loro grossezza, tritate minutissime. Quando hanno preso colore unitevi il fegato ben lavato, spellato e tagliato a fettoline sottili e della grandezza d’una moneta da 20 cent., rimestatelo in fretta 3-4 minuti sul fuoco vivo, salatelo da ultimo e portatelo in fretta in tavola colla polenta.

23. Fegato di vitello fritto. — Tagliate il fegato (dopo avergli levata la pelle) a fette della grossezza di mezzo cent. e [p. 69 modifica]mettetele nel latte. Trascorsa mezz’ora o più, se v’aggrada (il latte sempre rammollisce il fegato), involgete le fette nella farina bianca, poi nell’ovo sbattuto e nel pangrattato finissimo e friggetele nuotanti nell’olio bollente salandole appena cotte.

24. Fegato di vitello rosolato nel burro. — Preparate il fegato come nella precedente ricetta, tenendo invece le fette molto sottili e bagnandole più o meno nel latte. Asciugatele, involgetele nella farina o nel pangrattato e fatele cuocere in fretta nel burro che avrete fatto fumare. Salatele prima di portarle in tavola. Per 500 gr. di fegato vi occorreranno 60-70 gr. di burro.


Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia tu mi sembri una badia.


25. Fegato di vitello all’ungherese. — Fate sciogliere e riscaldare un bel pezzetto di burro, rosolatevi un paio di cipollette trite, aggiungetevi un pizzico di paprica (peperone rosso pesto) o un pezzettino come due centesimi di peperone rosso, unitevi le fette di fegato preparate come nella ricetta N.° 23 e lasciatevele soffriggere mettendovi alla fine il pepe e il sale. Versatevi da ultimo anche un po’ di salsa di pomodoro e, se v’aggrada, alcune patate lesse tagliate a spicchi.

26. Fegato di vitello alla gratella. — Tagliate il fegato a fette piuttosto grosse, disponetele in un piatto grande e spargetevi sopra il seguente composto; 2-3 cipolle pestate fine, un mazzetto d’erbe odorose trite (salvia, basilico, maggiorana ecc. ecc., anche prezzemolo se vi conviene), pepe e una presina di garofani, 3-4 cucchiai d’olio secondo l’occorrenza. Lasciate giacere le fette 2-3 ore in questa miscela che si chiama marinata, voltandole di quando in quando. Procuratevi tanti pezzetti di carta bianca quante sono le fette di fegato, involgetevi la carne dopo averle unte leggermente con un po’ d’olio, collocate gl’involtini sulla gratella e lasciatevi cuocere il fegato adagio, salandolo alla fine e spruzzandovi un po’ di limone.

27. Fegato di vitello al forno. — Lardellate 500 gr. di fegato di vitello con filettini di lardo (se non avete l’ago apposito vi servirete d’un coltellino), mettetelo in un tegame con un pezzetto di burro crudo della grandezza di mezz’uovo, e postolo nel [p. 70 modifica]forno, lasciatelo rosolare un poco da tutte le parti, avendo cura di voltarlo. Copritelo quindi di latte e tiratelo a cottura in 30 m. circa, salandolo alla fine.

28. Polmone di vitello in intingolo. — Se si tratta d’un vitello giovane, ben lavato che sia il polmone lo scotterete semplicemente, immergendolo un momento nell’acqua bollente, prima di adoperarlo; se il vitello fosse grande vi converrebbe meglio far lessare il polmone 30-40 m. Tagliatelo quindi a sottili fettine, mettetele in un tegame dove avrete sciolto un pezzetto di burro o dell’olio fino (per 500 gr. di polmone un pezzetto di burro come un piccolo uovo, oppure 4-5 cucchiai d’olio), fatevelo rosolare alcuni minuti, spolverizzatelo di farina e, quando questa è scomparsa, bagnatelo a poco a poco con acqua o con brodo sciogliendo ciò che s’attacca sul fondo del tegame per ottenere un buon sugo. Sale alla fine, pepe a piacimento.


La vicinanza è mezza parentela.


29. Polmone di vitello salato. — Lessato o scottato che sia il polmone, come dicemmo nella precedente ricetta, tagliatelo a minuti dadolini e postolo a fuoco ardente in un tegamino basso, dove avrete soffritto del burro, cuocetelo 5-6 minuti in fretta, muovendolo vivacemente colla paletta di ferro.

30. Arnioni di vitello. — Gli arnioni si puliscono bene dalle loro pelli e si lavano due o tre volte, mutando sempre l’acqua. Il grasso va pure levato via e serve come ottimo condimento per altre cose sciolto in una cazzarolina con un po’ di latte. Se volete cuocere gli arnioni alla gratella sulla brace, prima di collocarveli li taglierete a metà per il lungo e li lascierete giacere mezz’ora su un piatto versandovi sopra dell’olio buono mescolato con un po’ di pepe e d’aglio trito finissimo, o con delle cipolle pure tritate. La cottura varia secondo la grossezza degli arnioni dai 15 ai 25 m. Il sale si mette alla fine.

Se bramate cuocerli a fettine li taglierete in questo modo appena sono lavati e li farete rosolare nel burro bollente, unendovi anche una sardella diliscata e pestata e qualche goccia di sugo di limone o d’aceto. Sale alla fine, se occorre. Potete anche omettere la sardella e il limone e rosolarli semplicemente nel burro bollente [p. 71 modifica]dove avrete già soffritto un po’ di cipolla e di prezzemolo. Finalmente gli arnioni si possono friggere come il fegato (vedi ricetta N.° 23-24).

31. Piedi di vitello. — I piedi di vitello, molto bene puliti e diligentemente rasati dal pelo con un coltello tagliente nell’acqua calda, si fanno cuocere col lesso circa due ore, quindi si gustano in insalata o preparati ai ferri come la testina (vedi N.° 17).

32. Cuore di vitello. — Il cuore si prepara in genere come gli arnioni. Esso gradisce molto di essere steccato col lardo. Marinato, cioè messo in fusione con una miscela bollente composta di mezzo bicchiere di vino, mezzo bicchiere d’aceto, una cipolla, un paio di chiodi di garofano e un pezzo di limone, e voltato ogni dì, dopo 3-4 giorni esso può fornire un umido eccellente, cotto sia col burro, sia coll’olio, al forno o sul fornello.


Poca brigata vita beata.


33. Trippa di vitello in umido. — Lessate le trippe come se voleste farne una minestra (vedi ricetta N.° 23 pag. 19), tagliatele a sottili listarelle e preparato un soffrittino di strutto, cipolla e carota, o di olio, burro e cipolla, fatevele lentamente rosolare bagnandole di quando in quando con brodo o con acqua e aggiungendovi alla fine un po’ di salsa di pomodoro e, prima di portarle in tavola, come companatico della polenta, il formaggio grattato.

34. Costolette di vitello. — Le costolette di vitello si fanno tanto colla parte della lombata, cioè coll’osso, o con altre parti, senz’osso, vale a dire colla fesa, colla noce, colla coscia ecc. ecc. Se si scelgono coll’osso, quando sono bene pulite e lavate si battono col mazzuolo per dar loro una forma regolare. Le semplici fette di carne si assottigliano invece con la lama d’un largo coltello, assecondandone le fibre.

Fatta con diligenza quest’operazione, s’involge ciascuna costoletta nella farina fina poi nell’ovo sbattuto con una forchetta e debitamente salato, finalmente nel pangrattato finissimo. Intanto avrete sciolto in una padella bassa e larga un pezzo di burro conveniente alla quantità delle costolette (se il burro è buono potete calcolare 15-20 gr. per ogni costoletta) e, quand’esso è fumante, vi [p. 72 modifica]adagerete con cura le costolette una accanto all’altra per voltarle poi diligentemente appena hanno preso un bel colore dorato. Prima di metterle in tavola cospargetele col sale necessario.

Un ovo intero bene sbattuto in un piatto vi basterà per 3-4 costolette, secondo la grandezza. Se ne aveste di più, potreste aggiungervi un po’ di latte. Se volete farle alla milanese, lascerete da parte la farina e, cotte che siano le costolette e disposte ben croccanti sul piatto, scioglierete ancora qualche pezzettino di burro nella padella staccandone il sugo rappreso e glielo verserete sopra servendole col limone.

Badate che è utile mettere il pane l’ultimo momento, altrimenti s’inumidisce troppo e s’attacca alla padella.

Se volete usare economia di burro, impiegate una parte di strutto buono facendolo liquefare per il primo e solo nella padella.

V’è chi usa spolverizzare le costolette di formaggio, prima di panale. Certi vi mettono anche il pepe.

35. Costolette di vitello pestate. — Procuratevi della coscia di vitello, levatene via gli ossi, le pelletiche ecc., lasciandovi, se ve n’è, un pochino di grasso. Pestate bene la carne colla lunetta e unitevi il sale necessario. Formate poi delle costolettine rotonde, dell’altezza di un centimetro circa (potete calcolare 100 gr. di carne per ogni costoletta), involgetele nella farina, poi nell’ovo sbattuto e da ultimo nel pangrattato, e, sciolto un pezzetto di burro in una padella bassa, disponetevele le une accanto alle altre facendole arrossare sotto e sopra, a fuoco ardente. Queste costolette si possono fare anche col manzo, col castrato e coll’agnello.

36. Costolette di vitello ai ferri. — Preparate delle costolette come indica la ricetta N. 34, senza dorarle o panarle. Bagnatele invece con un po’ d’olio misto di sale, pepe e prezzemolo trito, collocandole in un piatto che avrete prima previamente soffregato con l’aglio. Trascorsi 30-40 minuti mettete la gratella su di uno strato di brace e disponetevi le costolette, avendo cura di voltarle appena hanno preso un leggero colore. Servitele fumanti.


Il ferro lima il ferro.


37. Bracioline di vitello o di manzo in umido. — Fate un soffritto d’olio, burro, prezzemolo e aglio a discrezione, [p. 73 modifica]rosolatevi delle fettine di vitello o di manzo molto bene pestate, aggiungete sale e pepe, un po’ di salsa di pomodoro, se vi piace, bagnatele con acqua o con brodo e lasciatele cuocere a lento fuoco ore due se si tratta del vitello, tre ore se si tratta del manzo, spolverizzandole fine col formaggio.

38. Bracioline fritte di vitello. — Tagliate il vitello a sottili fette, pestatele con la lama del coltello, assecondandone le fibre, involgetele nell’ovo sbattuto e salato, poi nel pangrattato assai fino, e gettatele nello strutto o nell’olio bollente badando che prendano un bel colore. Prima di portarle in tavola spargetevi sopra un pochino di sale. Se gradite che le bracioline riescano più morbide mettetele appena fritte in un tegame basso e rammollitele a poco a poco con latte, o brodo, o vino bianco, e salsa liquida di pomodoro.

39. Scaloppine di vitello al pomodoro. — Preparate delle fettine di vitello come nella precedente ricetta senza dorarle e panarle, mettetele al fuoco in una cazzarola bassa il cui fondo avrete coperto di cipolle bene trinciate aggiungendovi alcuni fiocchetti di burro. Lasciate rosolare il composto a fuoco ardente finché la carne ha preso un po’ di colore, ritirate quindi la cazzarola sull’angolo del fornello, collocatela con un trepiede sulla brace e copritela bene, badando di bagnare di quando in quando le scaloppine con un po’ di brodo o d’acqua fredda. Trascorsi 3/4 d’ora circa, mettetevi ancora il sale necessario e un po’ di salsa di pomodoro e lasciatele cuocere adagio 15 m. circa, dopo di che le servirete colla polenta.

Se ometterete il pomodoro, che non è indispensabile, farete delle scaloppine semplici.

40. Scaloppine di vitello al latte. — Preparate delle fettine di vitello e bene battute che siano colla lama del coltello, involgetele nella farina. Disponetele quindi in una padella bassa frammezzandovi dei pezzettini di burro e fatele cuocere a fuoco non troppo vivo. Quando hanno perduto il colore della carne cruda e che la farina è quasi scomparsa, spargetevi sopra un cucchiaio o due di prezzemolo pesto e copritele di latte buono, lasciandole sobbollire 30-40 m. a lento fuoco, sollevandole spesso e voltandole colla paletta. Il sale da ultimo. Queste scaloppine devono restare quasi bianche. [p. 74 modifica]

Gabbato è sempre quel che più si fida.


41. Uccelli scappati di vitello. — Procuratevi un bel pezzo di coscia di vitello, tagliatela a fettine quadrate che abbiano la grossezza di mezzo centimetro circa, battetele col coltello, salatele un pochino, spargetevi sopra una miscela composta di foglie di salvia, di lardo e di grani di ginepro pestati (per sei fettine 70 gr. di lardo, 12 foglie di salvia e 4-5 bacche di ginepro), rotolate le fettine in modo da farne uno specie di salsicciotto, e legatele in cima e in fondo con un filo bianco, strettamente. Fate sciogliere un pezzetto di burro in un tegame, disponetevi i finti uccelli con altre 5-6 foglie di salvia, fateli arrossare a fuoco ardente, tirateli quindi a cottura sull’angolo del fornello o sulla brace, tenendoli coperti e bagnandoli, di quando in quando, con un po’ d’acqua fredda. Se ne avete a disposizione, potete sciogliere il fondo del tegame con un po’ di salsa di pomodoro. Prima di mettere in tavola gli uccelli scappati con la polenta abbiate cura di levar via le legature di filo.

Gli uccelli scappati si possono fare anche col manzo fino oppure col fegato di vitello guerniti d’un ripieno di prosciutto o salame tagliati a fettine, di lardo e salvia. Particolarmente gustosi riescono colla cottura allo spiedo, squisiti se s’involgono nella rete di maiale.

42. Intingolo di vitello. — Procuratevi un pezzo di coscia di vitello, pulitela bene dalle pelletiche, dagli ossi e dal grasso, e (dopo averla lavata in fretta) tagliatela a dadi, della grossezza circa d’una piccola noce. Disponete sul fondo d’una cazzarola uno strato di cipolle trite, collocatevi sopra i dadi di vitello con qualche fiocchetto di burro e fate rosolare ogni cosa a fuoco ardente. Quando le carni hanno preso colore salatele, ritirate la cazzarola sull’angolo del fornello o sulla brace, badando di tenerla coperta, e bagnate di quando in quando l’intingolo con qualche cucchiaio d’acqua fredda. Se vi piace il pomodoro, potete aggiungervi alla fine anche un po’ di salsa. Per fare quest’intingolo vi occorreranno ore 1 1/2- 2, secondo la quantità. Potete calcolare ogni 100 gr. di carne 10 gr. di burro.

48. Intingolo di vitello alla tedesca. — Preparato il vitello come indica la precedente ricetta, fate sciogliere il burro (10 gr. per ogni 100 gr. di carne) in un tegame, e appena comincia a friggere unitevi le carni, rimestandole colla paletta. Quando hanno [p. 75 modifica]preso bel colore, versatevi sopra un po’ di farina fina che avrete intrisa con l’acqua pura formandone una specie di pappina colante e liscia (per ogni 100 gr. di carne mezzo cucchiaio circa di farina), mescolate bene ogni cosa, aggiungendo sale e pepe, e lasciate cuocere a fuoco lento ore 1½.

44. Intingolo di vitello con patate. — Preparate un intingolo di vitello come quello indicato al N.° 42, lessate contemporaneamente alcune piccole patate, tenendole di scarsa cottura. Quando l’intingolo è quasi cotto, unitevi le patate e lasciate il composto ancora una quindicina di minuti al fuoco, finché le patate siano morbide e bene involte nel sugo, che dev’essere abbondante.


Chi più guarda meno vede.


45. Intingolo di vitello colle verdure. — Preparate un intingolo di vitello come indica la ricetta N. 42, lessate pure varie specie di verdure, come patate, carote (rape gialle), fagioli, broccoli, rape, una radice di sedano, un porro ecc. Le cipolle, in quella quantità che v’aggrada le unirete ben mondate ma crude e intere all’intingolo quando lo mettete al fuoco, le altre verdure le aggiungerete di mano in mano secondo la loro consistenza, in modo da formare una miscela omogenea.

46. Vitello in umido. — Preparate un pezzo di coscia di vitello, levandogli gli ossi, le pelletiche, ma non tutto il grasso. Lavatelo bene, salatelo soffregandolo con le mani e involtolo nella farina, mettetelo al forno in un tegame fondo, circondandolo di pezzettini di burro (per ½ chilogr. di carne 50-60 gr. di burro). Quando ha preso colore da tutte le parti, cominciate a bagnarlo di tratto in tratto coll’acqua o col brodo freddo pillottandolo ogni volta, cioè versandovi sopra con un cucchiaio, l’unto che tramanda.

In capo a ore 1½-2 secondo la proporzione della carne, potete servirlo.

Se lo gradite più forte di sapore, potete collocarlo da bel principio su uno strato di cipolle trite, miste di ramerino pestato, aggiungendo anche un pochino d’aglio. Potete anche sostituire a una metà del burro il lardo pesto.

A quest’umido si aggiungono qualche volta alcune piccole patate lesse, o altre verdure cotte. [p. 76 modifica]

47. Vitello arrosto. — Il migliore arrosto di vitello si ottiene collo spiedo, pillottando continuamente la carne coll’olio o col burro caldo che si raccoglie poi nella leccarda, ma pochi posseggono gli arnesi indispensabili per questo genere di cottura; è quindi necessario supplire con altri metodi egualmente buoni.

Si può cuocere arrosto tanto il petto come la spalla, la coscia e la lombata di vitello. Il petto e la lombata, essendo più grassi, abbisognano d’una quantità minore di burro. Al burro si può in parte supplire col lardo, ma rende ottimi servigi anche lo strutto buono e l’olio, quando s’abbia cura di non mettervi le carni prima che non siano bollenti. Se la carne fosse magra si potrebbe lardellarla. In Romagna usa guernire il tegame d’un battutino d’aglio e di ramerino. Il vitello si colloca al forno in un arnese dall’orlo basso, a ciò pigli bel colore, e si pillotta di quando in quando col suo sugo. Due ore di cottura. Se si tratta di cuocere arrosto la parte del petto e della lombata, non si leva degli ossi che la parte sporgente e inutile.


Chi non è savio, paziente e forte, si lamenti di sè non della sorte.


48. Vitello cotto col latte. — Mettete in una cazzarola 500 gr. di vitello, lavato, pulito, salato, versatevi sopra un piccolo bicchiere (1 quinto) di latte buono e collocatelo al forno. Quando il liquido è stato assorbito ripetete l’operazione e così altre tre volte finché avrete consumato 5 quinti di latte, ciò che accadrà in due ore circa. A questo punto il vitello sarà cotto. Se prima di cominciare a versarvi il latte rosolerete il vitello da tutte le parti con un pezzettino di burro esso diverrà ancor migliore.

49. Castrato o montone lesso. — Come il manzo, impiegando la coscia. Qualche volta si trovano castrati gustosissimi, il brodo che danno è tuttavia assai inferiore a quello del bove. Per lessare bene un pezzo di castrato vi occorreranno come per il manzo circa tre ore di regolare cottura. S’intende che il brodo va schiumato e digrassato. La schiuma si dà col becchime ai polli o colla polenta agli animali domestici, il grasso si ripone per varii usi. Durante la cottura si possono aggiungere al castrato le verdure preferite che poi si servono intorno al lesso. [p. 77 modifica]

V’è chi gradisce il castrato poco cotto e sanguinoso nel mezzo. In questo caso lo metterete al fuoco con una quantità minore d’acqua tanto che vi stia, per modo di dire, a suo agio. L’acqua deve essere bollente e, prima d’immergervi la carne, la dovrete salare. Alla carne, ben lavata, avrete tolto il grasso.


Il giuoco è guerra.


50. Castrato o montone in umido. — Tagliate a pezzi una parte della coscia di castrato, lasciandovi una porzione del suo grasso. Mettetela al fuoco con un pezzetto di burro e un pezzetto di lardo pestato, una fesa d’aglio, due cipollette e un paio di chiodi di garofano. Quando la carne ha preso un po’ di colore, riempite la cazzarola di brodo o d’acqua aggiungendo sale e pepe, copritela e lasciate sobbollire il composto un paio d’ore adagio rifondendo il brodo ove occorresse.

51. Castrato o montone in intingolo. — Come quello di vitello, vedi il N.° 42.

52. Castrato o montone a uso “Gulasch„. — Come quello di manzo, vedi il N.° 9.

53. Castrato o montone stufato. — Sciogliete in una cazzarola un cucchiaio di strutto, unitevi un pezzetto di burro e, quando questo è pure fumante, un battutino di due cipolle, una carota, un pezzo di porro, un pezzo di radice di sedano, un mazzolino di prezzemolo, erbe e radici che in Toscana si chiamano “odori „.

Fate soffriggere il composto, quando ha preso colore disponetevi sopra un pezzo di coscia di castrato tagliata a pezzi grossi, rimestando bene il composto e unendovi un po’ di pepe, il sale necessario e una presa di cannella. Bagnate quindi il castrato con acqua o brodo e tiratelo lentamente a cottura (in un paio d’ore circa) versandovi da ultimo un po’ di salsa di pomodoro.

54. Castrato o montone arrosto. — Pulite bene un pezzo di coscia di castrato dagli ossi, dalle pelletiche e da una parte del suo grasso, lavatela, salatela, legatela con un filo forte come una grossa salsiccia, mettetela in una cazzarola fonda con due cipolle, due chiodi di garofano, una carota, un pezzo di radice di sedano, un [p. 78 modifica]pezzo di porro, uno spicchio d’aglio e un mazzetto d’erbe odorose; copritelo d’acqua e cuocetelo un paio d’ore col recipiente chiuso, rinnovando un po’ d’acqua se l’avesse ritirata tutta prima del tempo.

Fate sciogliere intanto in un’altra cazzaroletta un pezzo di strutto, unendovi quando sarà caldo un pezzetto di burro, versate questo grasso bollente sulla carne asciutta dopo averne levato via le verdure e cuocete il castrato un’altra ora, voltandolo spesso e bagnandolo col sugo.

Si può cuocere il castrato arrosto come il vitello avendo cura prima di lardellarlo, ma è di gran lunga inferiore al precedente e quando l’economia non ci soffre, sovra tutto per coloro che posseggono un orto e delle verdure proprie, val la pena di prendersi anche qualche piccola cura.


La notte è madre dei consigli.


55. Castrato nel sugo di cipolle. — Vi tornerà facile allestire questa vivanda se disponete d’una stufa, in cui vi siano brace durante parecchie ore, e d’una cazzarola con un coperchio che chiuda ermeticamente.

Disponete sul fondo della detta cazzarola uno strato di 2 cent. di cipolle mondate e tritate, collocatevi sopra un pezzo di coscia di castrato, pulita dagli ossi, dalle pelletiche e dal grasso, bene lavata e salata e anche steccata con qualche filetto di lardo, spargetevi sopra una presina di polvere di garofani, chiudete bene il recipiente e affondatelo nella brace fina lasciandovelo 5-6 ore secondo la quantità della carne.

56. Coscia di castrato al forno. — Se vi convenisse di allestire una coscia di castrato intera per numerosi commensali, badate prima di tutto di farla infrollire 2-3 giorni e anche più secondo la stagione. Preparate alcune fese d’aglio, pestatele e fate penetrare tutto questo battuto mediante un coltellino nelle carni e fra la carne e l’osso. Collocatelo in un tegame basso, bagnatelo con burro fuso 100 gr. circa, o con sugo d’arrosto e cuocetelo al forno, pillottandolo spesso e non più di ore una e 10 minuti.


Oggi in canto, domani in pianto.


57. Costolettine di castrato e di montone. — Preparate le costolettine sopprimendo una parte dell’osso in cima e in fondo e una parte del grasso. Battete la carne col mazzuolo per darle [p. 79 modifica]una forma rotonda; preparate pure un soffritto come quello del castrato stufato N.° 53, bagnandolo con qualche cucchiaio d’acqua, adagiatevi sopra le costolettine lavate e salate, badando che piglino colore, e quando questo è accaduto, ritiratele sull'angolo del fornello o sulla brace, bagnate le costolettine con acqua, vino o brodo, tenetele coperte e tiratele a cottura in ore 1½ circa, cioè lentamente. Se vi piace potete aggiungervi l’ultimo quarto d'ora un po’ di salsa di pomodoro.

Si può fare un piatto consimile con fettine bene battute di coscia di castrato. La carne di castrato dev’essere sempre molto frolla.

58. Costolettine di castrato ai ferri. — Preparatele come le precedenti, poi cuocetele come quelle di vitello. (Vedi N.° 36).

59. Costolettine di castrato alla spiccia. — Preparatele come le precedenti, mettetele al fuoco con un pezzo di burro solito o di burro di cocco crudo (il burro di cocco non va mai rosolato prima di mettervi le carni), cuocetele in fretta alcuni minuti a fuoco ardente, salandole nel voltarle. Unitevi da ultimo un po’ di vino bianco e, se vi piace, la salsa di pomodoro.

60. Spalla d’agnello cotta nel latte. — Procuratevi una spalla d’agnello, lavatela bene, infarinatela, salatela e mettetela al fuoco in una cazzarola dove avrete sciolto un pezzetto di burro badando che prenda colore da tutte le parti. Bagnatela poi, di quando in quando, con 2-3 cucchiai di latte rifondendolo quando lo ha ritirato. Cottura ore 1½-2

61. Agnello arrosto. — L’agnello si cucina molto bene allo spiedo, ma per chi non ne possedesse può servire benissimo il forno, o il tegame sulla brace. Dev’essere vostra cura di levargli il cattivo odore ch’esso talvolta conserva. Lo farete quindi marinare, cioè giacere alcune ore in un composto di olio, sale, pepe, ramerino pesto e un cucchiaio d’aceto, voltandolo di tratto in tratto e punzecchiandolo con una forchetta o con un lardatoio a ciò la marinata possa penetrare bene.

Lo metterete quindi al fuoco in un tegame colla marinata stessa, avendo cura di pillottarlo spesso. Un cosciotto d’agnello si cuocerà in ore 1½ circa; un pezzo più piccolo domanda una cottura più breve. [p. 80 modifica]

62. Agnello fritto. — Come i pollami fritti, cioè lessato in parte, tagliato a pezzi, dorato, panato, fritto nuotante nello strutto o nell’olio bollente.


Ogni cuore ha il suo dolore.


63. Agnello alla cacciatora. — Fate riscaldare dello strutto in una padella, unendovi, se vi conviene, anche un po di burro, rosolatevi quindi alcune cipolle mondate e tagliate a fette, quando hanno preso colore adagiatevi sopra l’agnello tagliato a pezzi e lasciatelo soffriggere qualche tempo aggiungendo il sale necessario, pepe e cannella a discrezione, e bagnandolo con acqua o con brodo.

64. Agnello alla cacciatora colle patate. — Si prepara come il precedente, soltanto da principio si fanno rosolare nello strutto le patate crude e tagliate a fette che si levano prima di mettere il burro e si riuniscono all’agnello al momento di mandarlo in tavola.

65. Abbacchio. — L’abbacchio, che si mangia specialmente a Roma, non è che un agnello molto giovane e bene nutrito. Esso si allestisce in parecchie maniere e anche con tutte le ricette indicate per l’agnello.

66. Maiale bollito. — Potete prendere un pezzo del dorso, o della spalla, o del petto, e metterlo al fuoco (ben lavato) in una cazzarola fonda con 3-4 cipolle affettate, 2 foglie d’alloro, alcuni grani di pepe, un bicchiere d’aceto, coprendo poi ogni cosa con l’acqua pura. Se il maiale è giovane, tenero e frollo, esso impiegherà per cuocere da ore 1 1/2 a 2. Trascorso questo tempo, levate fuori il maiale dal recipiente, e condensate il sugo, che poi digrasserete e verserete sopra la carne prima di portarla in tavola. Un po’ di rafano grattato si addice a questo piatto.

67. Maiale in umido. — Cuocete un pezzo di maiale come indica la precedente ricetta, aggiungendovi anche un bicchierino di vino bianco e due o tre fette di limone. A due terzi di cottura, digrassate il sugo, poi lasciatelo ritirare dalle carni quasi per intero e servitelo con un contorno di patate lesse. [p. 81 modifica]

Chitarra e schioppo fanno andar la casa a galoppo.


68. Maiale colle erbe. — Procuratevi un pezzo di spalla di maiale, battetela bene col mazzuolo e soffregatela col sale pestato insieme a due fesine d’aglio.

Tagliate due cipolline a fette, tritate una carota, un pezzetto di radice di sedano, una radice di prezzemolo, un mazzetto di prezzemolo e di erbe odorose, collocate tutte queste verdure in una cazzarola dove avrete fatto riscaldare 4-5 cucchiai d’olio, fatevele rosolare, versatevi un bicchiere d’acqua e lasciatele cuocere adagio 30-40 m. Trascorso questo tempo unitevi la carne e coprite la cazzarola rimettendola al fuoco. Se si tratta d’un pezzo di media grandezza, la cottura deve effettuarsi in due ore circa. Durante questo tempo non mancherete di versare di tratto in tratto sulla carne qualche cucchiaio d’acqua e un cucchiaio o due d’aceto forte.

69. Maiale col pomodoro. — Tagliate la carne di maiale a pezzetti e, dopo averla bene lavata e salata, infarinatela e collocatela in una cazzarola dove avrete soffritto nello strutto bollente 4-5 cipollette tritate. Badate che la carne pigli bel colore nel soffritto e, quando ciò è avvenuto, versatevi alcuni cucchiai di salsa di pomodoro (vedi pag. 57); rimestate bene e coprite il composto d’acqua o di brodo lasciando sobbollire fino a completa cottura, cioè ancora un’oretta circa.

70. Maiale a uso “Gulasch” — Riducete a quadrettini minuti un bel pezzetto di lardo e alcune cipolle mondate, collocateli in una cazzarola e fateli bene rosolare. Disponetevi sopra della carne di maiale ben battuta e tagliata a dadi, versatevi un bel cucchiaino di pepe e alcune prese di paprica secondo il piacer vostro, più 4-5 cucchiai d’aceto forte, coprite il composto d’acqua o meglio di brodo, lasciatelo cuocere ore 1½ lentamente, salatelo quindi e unitevi dei pezzi di patate cotte, oppure di polenta non freschissima, ma però cotta da poco e pure ridotta a dadi, e portatelo in tavola.


Cavallo scappato da sè si castiga.


71. Maiale arrosto. — Il miglior modo di cucinare un arrosto di maiale è di prepararlo allo spiedo, bene lavato, soffregato [p. 82 modifica]con un battuto di sale, aglio e ramerino, bagnandolo di quando in quando col sugo che scola entro la leccarda. Cottura ore 1½-2 secondo la quantità.

Per chi non dispone d’uno spiedo, sarà opportuno cuocerlo in tegame, con alcuni cucchiai d’olio, un po’ d’aglio e di ramerino, spruzzandovi qualche cucchiaino d’aceto di quando in quando tende che la carne dev’essere bene infrollita, battuta lavata e salata. Se non fosse molto frolla vi converrebbe coprirla d’acqua (questo quando è un po’ rosolata) e lasciarla bollire qualche tempo finchè ha ritirato tutto il liquido. Cottura ore 2-2½.

Potete anche involgere il maiale in un pezzo della sua rete e diminuire la quantità dell’olio, oppure, strofinare la carne con un battutino di ramerino, aglio, prezzemolo, maggiorana e timo e involtala nella rete lasciarla giacere un giorno sotto un forte peso, per cuocerla poi in tegame bagnandola alternativamente con latte e con aceto. La parte del maiale che si cuoce comunemente arrosto è il lombo.

72. Braciole di maiale ai ferri. — Le braciole devono essere molto frolle e ben battute, oltre a ciò le farete marinare, cioè giacere alcune ore in un piatto versandovi sopra per ciascuna un cucchiaio d’olio misto di prezzemolo trito, sale e pepe. Trascorso il tempo dovuto le collocherete sulla gratella, avendo cura di voltarle appena hanno preso colore e di spruzzarvi un po’ d’aceto o di sugo di limone. Se le volete poco grasse sopprimete una parte del loro lardo.

Oppure, volendo farle alla semplice, le cuocerete senza condimento ai ferri, salandole alla fine.


Casa sua vita sua.


73. Braciole di maiale col vino. — Preparate le braciole come indica la precedente ricetta, lasciando loro tutto il grasso, e ben battute che siano le porrete senz’altro condimento in un tegame sul fornello lasciandole cuocere un’oretta adagio e bagnandole di quando in quando con un po’ di vino bianco. Sale alla fine.

74. Braciole di maiale colle erbe. — Mettetele in tegame, con un pezzo di burro e una guernizione di verdure a scelta, sedani, rape, porri, carote, patate, pomidori, aglio e pepe, e fate [p. 83 modifica]soffriggere ogni cosa ore 1½ adagio, bagnando di tratto in tratto con acqua o con brodo. Sale alla fine.

75. Costolette di maiale colla polenta. — Fate soffriggere parti eguali di strutto e di burro in una tegghia bassa, adagiatevi delle fette di polenta grosse un centimetro e nel tempo stesso le braciole ben preparate, e fate cuocere ogni cosa adagio ore 1½ circa, salando alla fine.

76. Costolette di maiale alla romagnola. — Ben preparate che siano, mettetele in tegame con un cucchiaio d’olio per ciascuna, o poco strutto, pepe e aglio a discrezione, e cuocetele adagio ore 1½, salandole alla fine.

Oppure: Cuocetele ai ferri, senz’alcun condimento salandole alla fine, servitele fra due fette di pane.


Buona compagnia mezza la via.


77. Orecchie di maiale. — Le orecchie di maiale bene pulite si fanno bollire nel brodo o nell’acqua con verdure diverse, poi si bagnano coll’olio o col burro sciolto, si panano, si fanno friggere nello strutto e si gustano colla senapa o colla salsa di rafano.

78. Piedi di maiale. — Comperate dei piedi di maiale bene puliti e finite di levar loro il pelo abbrustiandoli sulla fiamma, metteteli quindi al fuoco in un recipiente largo, coprendoli d’acqua e aggiungendovi una cipolla, una fesa d’aglio, una carotina (rapa gialla), un pezzo di radice di sedano, un mazzetto d’erbe odorose. Cuoceteli a lungo finchè sono morbidi e lasciateli freddare nel recipiente stesso se non è di rame, altrimenti in una catinella insieme alla loro broda. Levateli poi, tagliateli a meta per il lungo, bagnateli con un po’ di burro fuso, panateli e cuoceteli alla gratella, oppure dorateli, panateli e friggeteli nuotanti nello strutto.

79. Fegato di maiale alla contadina. — Coprite il fondo di un tegame di cipolle mondate e tritate, collocatevi sopra il fegato tagliato a fettine e alcuni pezzetti di burro, lasciate rosolare ogni cosa adagio sul fornello per un’ora circa. Pepe e sale alla fine. Gustate il fegato colla polenta fresca.

80. Fegato di maiale nella rete semplice. — Tagliate a fette piuttosto sottili il fegato ben lavato, involgetelo nella rete pure ridotta a prezzi, collocatelo in un tegame basso dove avrete sfatto [p. 84 modifica]del burro o un pezzetto di strutto e lasciatelo cuocere adagio, versandovi sopra qualche cucchiaio d’acqua per ottenere un po di sugo. Sale e pepe alla fine. Se v’aggrada, fate soffriggere nello strutto o nel burro un po’ di cipolla pestata. Allo strutto e al burro potete sostituire con vantaggio l’olio. Cottura un’ora circa.


I danari non bastano, bisogna saperli spendere.


81. Fegato di maiale colla salvia o coll’alloro. — Preparato il fegato di maiale come sopra, prima d’involgerlo nella rete, mettetevi un pizzico di salvia triturata o una foglietta d’alloro. Cuocetelo quindi come indica la precedente ricetta. Sale alla fine.

82. Fegato di maiale col pangrattato. — Involte che siano le fette di fegato nella rete come indica la ricetta N.° 80, involgetele nel pangrattato misto di pepe e di un battutino di salvia e mettetele subito a cuocere nell’olio bollente, avendo cura di bagnarle con qualche cucchiaio d’acqua o di brodo. Sale alla fine. Il sugo di limone s’addice molto al fegato.

83. Fegato di maiale col pomodoro e col ramerino. — Sostituite alla salvia della precedente ricetta un battutino di ramerino; quando il fegato ha preso colore, cuocendo adagio nell’olio (aggiungete se vi piace anche un po’ di cipolla), bagnatelo con buona salsa di pomodoro (vedi pag. 57) che avrete mescolata con una presina di paprica. Un pezzetto di peperone rosso forte può sostituire la paprica. Cottura ore 1¼ circa. Sale come sempre alla fine.

84. Fegato di maiale ai ferri. — Involte che abbiate le fette di maiale nella rete come indica la ricetta N.° 80, intingetele nell’olio e lasciatevele giacere alcun tempo, cuocetele in fretta alla gratella, spolverizzandole alla fine di sale e di pepe e spruzzandole di sugo di limone.


È un gran medico chi conosce il suo male.


85. Arnioni di maiale alla gratella. — Si possono cuocere ai ferri tagliati a fette come il fegato della precedente ricetta, tanto colla rete come senza rete; prima tuttavia occorre lavarli bene e, quando hanno riposato un’ora, dividerli a metà e tornarli a lavare a ciò perdano il sapore ripulsivo. [p. 85 modifica]

86. Arnioni di maiale in tegame. — Preparati gli arnioni come indica la precedente ricetta e allestito pure un soffritto con alcuni cucchiai d'olio e un battutino di aglio e prezzemolo misto di pepe, li farete cuocere (sempre tagliati a fettine) 15-20 m. in questo soffritto bagnandoli col brodo prima, poi colla salsa di pomodoro.

Volendo farli “triffolati„ rosolerete alcune cipolle trite nell'olio, poi vi aggiungerete gli arnioni tagliati a fettine e li farete “saltare„ a fuoco ardente per pochi minuti, mettendovi da ultimo il sale e un buon cucchiaio di prezzemolo trito.

87. Pancetta di maiale. — La pancetta si fa cuocere due ore circa (ben lavata) in mezzo ai cavoli acidi (vedi pag. 99) e si gusta colla polenta.

88. Salsiccia fresca di maiale. — Le salsicce generalmente si lavano bene, si involgono nella farina e si mettono a cuocere in un tegame basso, senz'altro condimento, bagnandole di quando in quando con un po’ d’acqua o di brodo. Mezz'ora o poco più di cottura; sale se occorre. In certe regioni d’Italia usa frammischiarvi durante la cottura grani d’uva bianca, in altre fette di mela con un po’ d’acqua. La salsiccia si gusta colla polenta, anzi qualche volta si leva dal budello per stratificarne le fette (vedi pag. 41 N.° 4).


I terreni non diventan mai vecchi.


89. Salsicce (lucaniche) a uso salamini. — Quando sono fresche si lavano bene e si cuociono un paio d’ore sia nell'orzo, sia nei cavoli dolci o acidi come la pancetta (vedi sopra). Secche si mangiano a fettine come il salame. V’è chi usa dividere a metà e cuocerle un pochino ai ferri. Ciò dipende dal gusto. Esse servono quasi sempre di companatico alla polenta.

90. Cotichini, bondiole, zampetti, ecc. ecc. — Questa carne più fina e insaccata di maiale va cotta lentissimamente e sempre involta in un pezzo di tela. Il tempo della cottura varia secondo il peso. Uno di questi salami che pesi 400 gr. si cuoce circa due ore, mentre un pezzo da due chilogr. esige quattro ore per essere al punto. Conviene regolarsi secondo questa norma. Ricordate in ogni modo di metterli sempre al fuoco nell'acqua fredda. [p. 86 modifica]

91. Lucanichette (Würste) alla tedesca. — Ben lavate che siano si mettono al fuoco nell’acqua fredda e, appena essa comincia a bollire, si ritirano e si portano in tavola coperte da un tovagliolo a ciò si mantengano calde. La stessa regola vale per le lucanichette di manzo e di vitello. Le piccole lucanichette di solo maiale si cuociono nei cavoli.


La roba sta con chi la sa tenere.


92. Lingua di maiale salata. — Come quella di manzo, ben lavata che sia si cuoce, secondo la sua grandezza 5-6 ore nell'acqua, adagio. Quando si può levarle la pelle (conviene provare) si fa quest’operazione, poi si rimette al fuoco. La lingua si gusta colle verdure e colla salsa di rafano (vedi pag. 59).

93. Carne salata di maiale (carnesecca). — Si fa lessare un paio d’ore o meno secondo la sua dimensione nell'acqua poi si tira a cottura entro i cavoli. Nello stesso modo si allestiscono le altre carni salate. La carnesecca si cuoce qualche volta anche nell orzo.

94. Capretto arrosto. — Esso si può cucinare tanto sul fornello, come sulla brace o al forno; nel forno diventa tuttavia più gustoso. Il capretto si compera bell’e preparato. La parte di dietro è la più conveniente per cuocersi arrosto; colla parte davanti si può allestire un buon intingolo. Il capretto da cuocersi arrosto si lava in fretta, si asciuga, si sala e s’infarina tanto intero, come tagliato a prezzi, poi si mette in un tegame con parti eguali di burro e di lardo (in tutto 15 gr. per ogni 100 gr. di capretto) e si cuoce ore 1 1/2 al forno bagnandolo di quando in quando col suo intinto.

Per fare l’intingolo colla parte davanti procederete nella stessa maniera, soltanto lo bagnerete con acqua o brodo e con un po’ di salsa di pomodoro.


In casa stringi, in viaggio spendi e in malattia spandi.


95. Capretto in umido. — Preparato il capretto come indica la precedente ricetta e messolo al forno, quando ha preso colore lo si bagna di tratto in tratto con brodo freddo o con acqua aggiungendovi da ultimo la salsa di pomodoro. Se v’aggrada, potete unirvi un po’ di cipolla e di ramerino pestati. Volendo poi farlo alla romana lo metterete in tegghia con 4-5 cucchiai d’olio, 40-50 gr. di [p. 87 modifica]lardo pestato, due fese d’aglio, sale e pepe e una presina di noce moscata, nonché con un finocchio tagliato a fettoline. Quando ha preso colore lo bagnerete col brodo, a due terzi di cottura leverete l'aglio, cioè in un’ora circa.

96. Capretto alla cacciatora. — Come l’agnello. Vedi N.o 68.


Nei campi si vive e in casa si muore.


97. Capretto fritto. — Tagliate il capretto a pezzetti, fate bollire questi una trentina di minuti nel brodo a cui avrete aggiunto delle erbe, involgeteli nell’ovo sbattuto e nel pangrattato e friggeteli nell’olio bollente o nello strutto.

98. Coratina di capretto. — La coratina o frittura di capretto, cioè il cervello, il polmone e il fegato bene lavati si tagliano a fettoline e infarinati si gettano in una cazzaroletta dove si avrà sciolto del burro, e si fanno saltare a fuoco ardente in pochi minuti, cioè muovendoli di continuo con un mestolino e salandoli alla fine. Il cuore, che è più duretto, si fa bollire un pochino nell’acqua o nel brodo.

99. Maniera di spellare il coniglio. — Come la lepre (vedi più sotto N.° 106), soltanto non si leva la seconda pelle.

100. Coniglio lesso (per il brodo). — Il coniglio lesso dà buon brodo. Esso impiega per cuocersi bene ore 1 1/2-2, secondo l’età. Le carni si fanno poi rosolare in un soffrittino di cipolle, lardo, prezzemolo e erbe odorose, ma è bene unire anche all’acqua in cui si cuoce un condimento rosolato di burro e cipolle, nonché prezzemolo, grani di pepe, timo, alloro e un po’ d’aceto.

101. Coniglio in umido. — Tagliatelo a pezzi convenienti e salatolo e infarinatolo, lo disporrete in una cazzarola dove avrete sfatto un bel pezzetto di burro o di strutto misto col burro, aggiungendovi una fesina d’aglio che poi leverete e un cucchiaio di ramerino pestato; quando, cuocendo ha preso colore, coprite il recipiente e bagnatelo di tratto in tratto coll’acqua o col brodo freddo per ottenere un po’ di sugo. Se vi piace, versatevi da ultimo un po' di salsa di pomodoro. Potete anche rosolare, da principio, col grasso, 3-4 cipollette, un po’ di prezzemolo, di sedano e una carotina tritati [p. 88 modifica]insieme, ciò per accrescere il sapore del coniglio. Un po’ di vino nero non gli nuoce. Allo strutto e al burro potete sostituire l’olio. Cottura ore 1 1/2-2.


Chi sa far fuoco sa far casa.


102. Coniglio cotto col latte. — Sciogliete in una cazzarola un bel pezzetto di burro, fatevi soffriggere alcune fettoline di lardo, disponetevi il coniglio tagliato a pezzi, salato e infarinato. Quando la carne ha preso colore, copritela di latte e lasciatela cuocere due ore adagio unendovi anche qualche presina di pepe. Se vi piacciono le spezie non dimenticate uno scrupolo di garofani o di cannella in polvere. Potete scarseggiare col sale e mettervi una sardella o due ben pulite con mezzo limone, il quale alla fine della cottura si leva via.

103. Coniglio marinato. — Tagliate un coniglio a pezzi, collocate questi in una pentola di terra e versatevi sopra la seguente marinata che avrete fatta bollire mezz’ora e lasciata intiepidire:

Un bicchiere di vino nero, un bicchiere d’aceto, due cipolle, mezzo limone, una carota, una radice di sedano, una fesa d’aglio, tre chiodi di garofano, due bacche di ginepro.

Voltate il coniglio ogni dì e in capo a 2-3 giorni cuocetelo arrosto o in umido come indicano le ricette del capretto N.i 94 e 95.

104. Coniglio arrosto. — Come il capretto (vedi N.° 94).

S’intende che tanto il coniglio come il capretto riescono bene allo spiedo, bene lardellati e bagnati con un po’ di burro. Per il coniglio farete bene d’aggiungere un po’ di cipolla.

105. Coniglio a uso “Gulasch„. — Come il manzo (vedi N.° 9), tagliato a pezzi regolari.

106. Maniera di spellare la lepre. — Paté un taglio circolare nella pelle intorno alle zampe, staccatela dalle coscie, dal dorso e dal ventre aiutandovi con un coltello e badando di non ferire la carne, rovesciatela come un guanto e fatela uscire dalla testa a cui avrete reciso gli orecchi.

Recidete quindi le zampe e la testa col collo fin dove cominciano i filetti del dorso e, se non avete intenzione di allestire la [p. 89 modifica]lepre ripiena, asportate le costole del petto e la pelle del ventre senza estrarre i rognoni e mettetele da parte colle zampe posteriori ben pulite.

Questi cascami di lepre generalmente si marinano per farli poi cuocere in umido, ma hanno poco valore. Il rimanente si allestisce nelle più svariate maniere.


Il vento non è buono che a mandar navi e mulini.


107. Lepre arrosto. — Quando la lepre è bene spellata, avrete cura di levarne diligentemente le pelletiche con un coltellino fino senza guastare la carne, poi la guernirete qui e lì di filettini di lardo, introducendoveli con un coltello (se non possedete il lardatoio) e la metterete allo spiedo colle gambe posteriori incrociate. (In genere si lascia da parte il pezzo davanti che serve per fare un umido). Poi la farete girare sulla brace viva che val meglio del fuoco di legna, la salerete a metà cottura abbondantemente e la bagnerete tre volte a intervalli regolari con burro fuso. La durata della cottura dipende dall’età dell’animale. S’esso fosse vecchio converrebbe fargli subire prima la stessa marinatura del coniglio (vedi N.° 103). Un leprotto si cuoce in poco più di mezza ora, una lepre adulta ha bisogno d’una buona ora. In ogni modo occorre che la lepre sia molto bene infrollita.

Volendo invece allestirla al forno, la preparerete nello stesso modo e la cuocerete entro una cazzarola ovale disponendovi sotto un battutino di lardo e alcuni fiocchetti di burro. Cottura ore 1 1/4 circa.

108. Coratina di lepre. — Colla coratina della lepre, cioè col cuore, coi polmoni e col fegato si può allestire una buona salsa da gustarsi colla polenta o colla pasta. Anzi tutto conviene marinarli (se non si ha già marinata la lepre, nel qual caso si mettono nella stessa pentola) con un po’ d’aceto. Trascorsi un paio di giorni si passano allo staccio e si mettono poi in una cazzarolina dove si avrà soffritto in un pezzetto di burro un po’ di cipolla e di prezzemolo bene tritati, aggiungendovi un amaretto e alcune bacche di ginepro bene schiacciate, pepe e sale. Il composto va diluito col sugo della lepre o con un po’ di brodo buono misto di vino bianco. La salsa deve poi bollire lungamente (circa ore 1 1/2) e molto adagio. La coratina si fa anche rosolare nel burro alla semplice. [p. 90 modifica]

Chi ha l’arte ha ufficio e beneficio.


109. Polli, capponi, galline, piccioni, lessi. — I polli si pelano in genere appena scannati mentre sono ancora caldi; se sono freddi sommergono due tre volte nell’acqua bollente, badando di tenerveli appena un paio di secondi a ciò non si scottino. I piccioni in genere sono sempre bagnati perchè usa affogarli. Nel pelare tutti questi volatili abbiate cura di non romperne la pelle. Accostateli poi alla fiamma rivoltandoli spesso per abbrustiarne le ultime pennine che vi fossero rimaste. Quindi per vuotare i volatili grandi taglierete loro la parte inferiore del becco e fatta una incisione nel collo, verso il dorso, estrarrete la lingua, il gozzo, l’esofago e i polmoncini liberandoli con due dita dai filamenti che li fanno aderire internamente al petto. Voltato quindi l’uccello sul dorso gli farete un’incisione non troppo lunga dal basso all’alto presso la coscia destra, badando di non ferire l’intestino, ed entrando con due dita nel vano, estrarrete prima di tutto il grasso, se ve n’è, e lo metterete nell’acqua fresca.

Afferrerete quindi per di dietro lo stomaco tirando fuori tutto l’intestino colle interiora e guardandovi bene dal rompere il sacchetto del fiele che comunicherebbe un cattivo sapore alle carni. Questo sacchetto, i polmoncini, gl’intestini (a meno che non si voglia aprirli e pulirli), la cui estremità si recide, vanno gettati via: lo stomaco si apre, si vuota e si fa poi bollire nel brodo, per unirlo più tardi ai così detti fegatini, che sono il fegato e il cuore e che formano assieme alla cresta e ai granelli dei galli le così dette rigaglie.

Per poter godere gl’intestini dei polli li aprirete con un coltello o con l’apposito fusetto di legno e, lavatili diligentemente, li cuocerete insieme al volatile stesso, o a parte con burro, sale e pepe bagnandoli con poco brodo.

L’operazione del vuotare un volatile o un altro animale si chiama sbuzzare.

Quando il volatile è così preparato gli mozzerete le zampe, le ali (la testa non si porta in tavola) per cuocerlo a lesso. A questo scopo farete bollire dell’acqua col sale necessario e con l’aggiunta di quelle erbe che più vi piacciono, siano radici o piantine odorose, e quand’è bollente v’immergerete il volatile facendolo cuocere a norma della sua grandezza e qualità tre quattro ore, se si tratta [p. 91 modifica]d'una gallina vecchia, due e mezzo d’un cappone, due d’un pollo, uno dei piccioni.

La piccola ménagère che avesse dell’abilità potrebbe rendere il lesso più vantaggioso preparando i polli con un ripieno di noci. Per far ciò le necessiterebbe allestire un composto del genere che segue e, dopo averlo introdotto nel volatile tanto dalla parte del collo (sopprimendo sempre la testa) che dalla parte dell’intestino, cucire il taglio con un filo forte, e involgere l’animale per la cottura in un pannolino.

È un’operazione abbastanza complicata, ma, se si trattasse di un giorno di festa, anche una semplice operaia, cui la buona sorte concede un certo largo, non deve rifuggire dal lavoro quando ciò serve al suo tornaconto e a soddisfazione della famiglia.

Ripieno. — Inzuppate nel latte o meglio nel brodo, se vi fa comodo, 200 gr. di pane passandolo poi allo staccio con una cinquantina di noci grattate, coi fegatini del pollo, e il suo grasso se ne aveva, oppure 80 gr. di midollo di manzo, un ovo intero, un po di noce moscata e di cannella, se v’aggrada. Rimestate un momento il composto sul fuoco, in una padella, bagnandolo con latte o con brodo se fosse troppo asciutto, e servitevene quand’è freddato.


Il mondo senza pace è il denaro del soldato.


110. Pollo arrosto. — Sbuzzato che abbiate il volatile come indica la precedente ricetta, lo soffregherete internamente col sale, poi lo adagerete in una tegghia mettendogli intorno qualche fiocchetto di burro e lo collocherete al forno, voltandolo spesso, salandolo quando comincia a fare la schiuma e irrorandolo col suo grasso. Se nou fosse grasso vi converrebbe aggiungere un po’ di lardo pestato. Il pollo deve prendere un bel colore dorato pur restando morbido. Se vi piace di allestirlo col ripieno e se avete delle castagne a disposizione, ne cuocerete una cinquantina al forno, e pestatele con un po’ di mollica di pane (30 gr. circa) bagnata nel brodo o nel latte, coi fegatini del pollo, due tre belle fette di salame o di salsiccia, sale, pepe, prezzemolo e noce moscata, e legatele con un uovo, ne riempirete il pollo come indica la precedente ricetta per poi cuocerlo al forno. S’intende che la cottura allo spiedo lo rende ancor migliore, ma pochi possiedono quest'arnese e un focolare adatto. [p. 92 modifica]

Non metter bocca dove non ti tocca.


111. Pollo in umido alla cacciatora. — Sciogliete dello strutto in un tegame, fatevi soffriggere alcune cipollette mondate e tritate, collocatevi sopra il pollo tagliato a pezzi, lasciatelo rosolare un pochino, poi versatevi della salsa di pomodoro e tiratelo lentamente a cottura salandolo a metà di essa.

112. Pollo in intingolo. — Tagliatelo a pezzi, infarinate questi dopo averli bene salati e metteteli a fuoco vivo con alcuni pezzetti di burro crudo; quando coloriscono bagnateli con brodo o con un po’ di vino bianco alternativamente o con semplice acqua, rallentando il calore. Cottura ore una circa. Se vi gradisse, potreste aggiungervi un paio di cipollette intere e una presina di paprica; ciò lo renderebbe più piccante.

118. Pollo colle verdure. — Mettete un pollo intero in una cazzarola grande dove avrete sfatto del grasso (strutto o strutto e burro misti) e lasciatevelo rosolare un quarto d’ora; contornatelo quindi di tutte le verdure di cui disponete: cavoli, rape, cavolfiore, cipollette, carote, sedani, finocchi, porri, patate, pomidori; coprite il composto d’acqua o meglio di brodo e lasciatelo cuocere adagio ore 1½ circa. Le verdure più delicate o che si sfanno facilmente le metterete da ultimo.

114. Pollastri alla gratella. — Tagliate i pollastri (dopo averli bene sbuzzati) per il lungo, dalla parte del dorso, schiacciandoli bene col mazzuolo, e preparato un composto di erbe odorose trite, pepe, sale e olio fateveli giacere un paio d’ore prima di collocarli ai ferri. Appena sono rosolati da una parte li volterete, mettendovi, se occorresse, ancora un po’ di sale.

115. Pollastri fritti. — Lessateli fino a metà cottura (sempre dopo averli preparati come indica la ricetta N. 109), tagliateli a pezzi, involgeteli nell’ovo sbattuto e nel pangrattato e friggeteli nuotanti nello strutto o nell’olio bollente.

116. Piccioni. — I piccioni pelati, lavati e sbuzzati come i polli si possono cuocere tanto a lesso colle erbe, come in umido o alla gratella. Le ricette indicate per i polli servono anche per i piccioni. [p. 93 modifica]

Le buone parole ungono e le cattive pungono.


117. Tacchino lesso. — Il tacchino si cuoce pure lesso; le parti più adatte a questo scopo sono il petto e le ali, tuttavia potete metterlo al fuoco intero (dopo averlo debitamente vuotato; vedi N.° 109). Se fosse vecchio, vi converrebbe farlo bollire parecchie ore. e non senza l’aggiunta (oltre le solite erbe, vedi ancora N.° 109) di un battutino di lardo.

118. Tacchino arrosto. — Come il pollo, soltanto lo cuocerete più a lungo secondo la grandezza dell’animale, dalle due alle tre ore.

I tacchini giovani si possono cuocere ai ferri come i pollastri e i più adulti anche in umido seguendo sempre le stesse regole del pollo.

119. Folaghe. — Le folaghe sono grandi uccelli acquatici che si possono gustare anche nei giorni di magro in umido o arrosto come i polli. Esse hanno un sapore alquanto nauseante, conviene quindi marinarle, 3-4 giorni, con mezzo bicchiere di vino, mezzo bicchiere d’aceto e mezzo d’acqua che avrete fatto bollire insieme a una cipolla, mezzo limone, tre chiodi di garofano, una fesa d’aglio, cinque bacche di ginepro e una carotina. Questa marinata, cioè questo liquido, compresi i suoi ingredienti, si versa tiepida sull’uccello pelato e sbuzzato.

120. Oca lessa. — Come il pollo, tanto intera come a pezzi, con molte erbe e droghe a piacere. Cottura dalle due alle quattro ore secondo l’età dell’uccello.


L’ubbidienza è santa.


121. Oca arrosto. — Usa spesso cuocere l’oca al fuoco con un ripieno di mele crude tagliate a fettoline finissime e miste con un po’ di zucchero. Regolatevi secondo la ricetta N.° 109 per la maniera di mettere il ripieno.

122. Anitra lessa. — Come l’oca. Le anitre selvatiche hanno qualche volta un sapore disgustoso che si toglie colla marinata come alle folaghe. Vedi ricetta N.° 119. [p. 94 modifica]

123. Anitra arrosto. - Sciogliete del burro in una cazzarola, fatevi soffriggere due cipollette e un cucchiaio di prezzemolo pestato. Adagiatevi sopra l’anitra preparata secondo la regola del pollo (vedi N.° 109) badando però di salarla e d’infarinarla tutta. Quando ha preso un bel colore da tutte le parti nel forno, versatevi sopra un po’ di zucchero e, quando questo si è sciolto e arrossato, 3-4 cucchiai d’aceto e continuate a bagnarla col suo intinto. Cottura ore 1½-2 secondo la grandezza.


Uccello che non canta non dà augurio.


124. Uccellini allo spiedo. — Preparate gli uccellini, pelandoli secondo la regola, recidendo loro le zampine e senza vuotarli, infilzateli in uno spiedo fino dividendoli con due fettine di lardo separate alla lor volta da una foglia di salvia e girate lo spiedo in fretta dinanzi ad una fiamma leggera di sarmenti, bagnandoli di quando in quando con burro fuso. Quando cominciano a fare la schiuma, salateli, poi spolverizzateli di pangrattato finissimo, tirateli quindi a cottura sulla brace viva finchè sono rossicci senza riescire troppo croccanti. Potete anche omettere il lardo, e aumentare un pochino la quantità del burro, che si raccoglie in una cazzaroletta e si versa sulla polenta la quale si serve cogli uccelli. Cottura 25-30 m.

125. Uccellini in tegghia. — Infilzate gli uccellini a due a due in piccoli stecchini di legno, dividendoli e guernendoli dalle parti colla salvia e col lardo, se esso vi conviene, collocateli in una tegghia con alcuni pezzetti di burro e fateli rosolare sul fornello, salandoli e cospargendoli di pangrattato quando cominciano a fare la schiuma. Quando li levate dalla tegghia, asciugatene l’intinto con fette di polenta. Cottura 30 m.

In questo modo si cucinano anche gli uccelli più grossi, come le quaglie, i tordi, le cesene, ecc. ecc.; soltanto questi in parecchi paesi si vuotano per mettervi un ripieno di lardo e di salvia.

Nell’Italia media usa cuocerli coll’olio invece del burro e farli in umido colla salsa di pomodoro.