Il movimento letterario ruteno in Russia e in Gallizia/I
Questo testo è completo. |
Traduzione dall'ucraino di Anonimo (1873)
II | ► |
IL MOVIMENTO LETTERARIO RUTENO
IN RUSSIA E GALLIZIA
I.
Etnografia e Storia.
Crediamo esser nel vero dicendo, che nelle società dell’Europa occidentale la conoscenza dello stato e della storia de’ popoli de’ paesi slavi non corrrisponde nè alla vastità del territorio, occupato dai detti popoli, nè alla crescente importanza delle relazioni fra l’Oriente e l’occidente di Europa. Diciamo di più: sotto molti risguardi i detti paesi sono meno conosciuti nell’Europa occidentale che qualche terra lontana dell’Asia o dell’Affrica, intorno alla quale se alcuno non conosce molto, non s’hanno almeno pregiudizii, nè se ne parla soltanto sopra alcuna di quelle frasi d’effetto, che guidano, per solito il lettore e il giornalista o libellista europeo a parlare della Russia, della Polonia, della Boemia, della Croazia etc.
Qui, come in ogni oggetto, la mancanza delle esatte idee trae con sè non solamente gli errori teoretici, ma spesso anche false nozioni pratiche. Prendiamo un esempio di tempi recentissimi. Non è ancora obbliata la crociata diplomatica, sostenuta dagli stati europei, - eccettuata la Prussia, - sotto la condotta della Francia contro il governo russo in favore degli insorti polacchi nell’anno 1863. Ma agli amici della rivoluzione polacca mancarono allora idee esatte sullo stato civile della Russia e della Polonia, le nozioni di storia e di etnografia de’ detti paesi, — per esempio, dei limiti etnografici attuali fra la popolazione russa e la polacca, delle relazioni fra il popolo e l’aristocrazia polacca, nel proprio territorio polacco (nella regione poco distante all’oriente della Vistola), in Lituania e nella Russia occidentale, dove solamente i nobili sono polacchi, e dove il popolo è o lituano o russo. Questa mancanza delle conoscenze scientifiche su tali riguardi, non solamente presso i compilatori di giornali, ma anche presso i diplomatici condusse la stampa e la diplomazia europea a sostenere non solamente le giuste e legittime aspirazioni de’ partiti nazionali polacchi, ma anche le tendenze medievali del clero ultramontano-cattolico e della aristocrazia polacca, ambiziosa di dominare sul popolo lituano e russo-occidentale, il quale, — non ha cessato di protestare contro la detta dominazione. I risultati di talune informazioni della stampa e della diplomazia europea, — e principalmente della francese, intorno alla questione russo-polacca sono stati nocevolissimi e per i polacchi, e per la Russia e per la Francia medesima. Gli insorti polacchi, sostenuti all’estero non solamente nelle loro aspirazioni giuste, ma anche nelle fantastiche, hanno violato lo stesso principio della nazionalità e del popolo, in nome del quale essi rivendicavano con ragione l’autonomia della loro nazione, e «cercando la proprietà altrui, hanno perduta la loro, hanno allontanato la simpatia de’ circoli liberali russi, che al principio, si manifestava evidente; le esagerate pretese de’ partiti nazionali polacchi, della stampa e diplomazia francese hanno aumentato la forza del partito reazionario in Russia, il quale a proposito della lotta contro l’agitazione separatistica de’ polacchi, ritardò il progresso delle riforme, inaugurate coll’emancipazione dei servi nel 1861. Per la Francia, la campagna diplomatica dell’anno 1863 valse a fondare quell’alleanza politica della Russia con la Prussia, che dovea poi riuscire tanto funesta alla Francia allo scoppiare dell’ultima guerra.
Ora una parte considerevole della stampa francese esprime il pensiero, che, per correggere lo sbaglio commesso nel 1863, e per instaurare le buone relazioni con la Russia, — bisogna, secondo il suo linguaggio, — «sacrificare le umane e cosmopolite simpatie per gli oppressi polacchi all’interesse patriottico francese.» Ma, così spiegata, l’idea dell’alleanza della Francia con la Russia diviene nel suo principio troppo egoistica e impopolare agli occhi di tutti i partiti liberali di Europa, e perciò non promettente alcun lieto avvenire. Perciò, — come rileviamo dagli articoli dell’egregio signor Laveleye nella Revue des deux Mondes, — anche in Francia medesima molti uomini liberali aborrono da tale alleanza e così impediscono di cambiare in modo più favorevole alla Francia le relazioni estere, createle sotto l’impero del Bonaparte.
Ma per la società francese non c’è nessun bisogno di sacrificare le giuste simpatie ai polacchi, quando essa voglia entrare in amichevole relazione con i russi; bisogna solamente sapere discernere che cosa vi è nelle tendenze nazionali polacche di giusto e di reale, e cosa vi è d’ingiusto ed esagerato, — il quale discernimento aiuterebbe anche i polacchi ed i russi a venire più presto ad una costituzione del modus vivendi comodo ed indispensabile ad ambedue. Ma per saper dirigere le simpatie internazionali in questa maniera, bisogna avere più estese conoscenze di storia ed etnografia de’ paesi e popoli slavi, — che, per disgrazia nostra, non ne abbiano generalmente i pubblicisti dell’occidente, non solamente il pubblico commune, ma anche parecchi scrittori di merito che si sono occupati delle cose nostre.1
Questo esordio noi abbiamo trovato indispensabile per dichiarare ai lettori di una rivista internazionale italiana, il motivo per cui scegliemmo per primo tema un soggetto, a primo aspetto non molto importante, la bibliografia di una letteratura provinciale. Ma, non ostante la modesta apparenza del nostro soggetto, speriamo che anche il breve saggio bibliografico della letteratura rutena, potrà servire a gettare un po’ di lume sopra alcune importanti questioni, nelle attuali relazioni che serbano fra loro gli slavi.
Prima di tutto, bisogna spiegarsi sul senso del termine da noi usato — ruteno, tanto più, che su questo punto corrono nella stampa europea idee erronee, propagate da molti opuscoli polacchi e francesi, tra i quali il primo posto occupano gli opuscoli del signor Duchinski: «Nècessitè des rèformes dans l’exposition de l’histoire des Aryas europèens et des Tourans, particulièrement des slaves et des Moskovites» ( Paris, 1864) e «L’introduction à l’Ethnologie des peuples rangès au nombre des slaves» (Extraite des Bulletins de la Sociètè d’Anthropologie, t. II, 2a sèr. 3ª fasc. 1867.) coi quali sembrano accordarsi H. Martin nel libro «La Russie et l’Europe» (Paris, 1866) e il Laveleye ne’ suoi articoli presso la Revue des deux Mondes.2
La «teoria del Duchinski» sostiene, che il vastissimo territorio dei monti Carpazii fino ai monti Urali, cioè la Polonia e la Russia Europea, è occupata da una popolazione slava e mongola e che la slava è esclusivamente la popolazione polacca, alla quale l’autore attribuisce non solamente i polacchi proprii, ma anche tutta la popolazione fino agli attuali governi russi di Vitebsk, Mogilev e Charkov, cioè tutta la popolazione così detta bianco russa e piccolo-russa, la quale l’autore chiama proprio-russa o rutena, e considera come una specie della nazionalità comune polacca, come i napolitani sono una specie della nazionalità italiana (gente-rutheni, natione-poloni). Questi ruteni, o russi proprii, il Duchinski discerne dai moscoviti, ossia dai così chiamati gran-russi, — i quali secondo le sue teorie, sono una nazionalità mongola (il Duchinski dice ancora-nomada, e conta nella Russia Europea la bagatella di 39 milioni di tali nomadi!) che ha ricevuto da’ russi proprii solamente la dinastia regnante nel XII secolo e colla dinastia anche la fede greco-orientale e la lingua slava ma solamente nel XVIII secolo, sotto Pietro I e Caterina II, ha rubato ai russi anche il nome russi. Malgrado la perfetta ignoranza e totale mancanza di metodo critico-scientifico, che mostrano i libri del signor Duchinski, — il quale volendo pur darsi un’aria di uomo esperto, sottoscrivesi pur sempre Duchinski de Kieff, — la capitale dell'antica Russia, — egli ha potuto convertire pur troppo alle sue idee storico-etnografiche molti scrittori e pubblicisti francesi (Martin, Viquesnel, Guigniaut, Laveleye, Delamarre ed altri) e lo stesso già ministro della pubblica istruzione popolare Duruy, il quale prescriveva ai professori di storia e di geografia di attenersi nei loro corsi ai libri del Duchinski. La miglior critica di queste teorie e la miglior soluzione della questione delle relazioni fra i russi occidentali ed orientali vien rappresentata dagli articoli di un illustre storico, appartenente egli medesimo al ramo ruteno, vogliam dire, del prof. Kostomarov, — che anche il Laveleye nomina nel suo articolo sulla Galizia, come uno de’ rappresentanti delle idee nazionali rutene, e perciò, secondo il Laveleve, delle idee antimoscovitiche e polacche, la quale asserzione non ha fondamento. In due de’ suoi articoli pubblicati nella rivista rutena Osnova (Fondamento) del 1861, «Risposta alle invenzioni della Gazzetta polacca Czas (Ora) e della Revue Contemporaine» e «La verità ai polacchi sulla Russia e (la Rutenia),» il Kostomarov critica severamente la teoria, che fa de’ piccolo-russi, o ruteni una specie della nazionalità polacca e de’ gran-russi, o moscoviti dei mongolli. Il prof. Kostomarov in un altro suo articolo nella medesima rivista: «Le due Nazionalità russe» ha dimostrato le differenze etnografico-storiche fra i piccolo-russi e gran-russi, — ma finisce coll’idea, che questi due rami della popolazione russa, provenuti da una stessa fonte, completantisi l’un l’altro, aspiravano sempre ad unirsi e doveano esser uniti, sviluppando ciascuno il suo carattere individuale ed operando l’uno sull’altro. E perchè il Kostomarov ha scontato sotto l’imperatore Nicolò I, il fio delle sue simpatie democratiche e rutene coll’esilio da Kijev, e finora fu spesso attaccato nella stampa russa dai propugnatori della uniformità delle specie nella nazione russa, — il detto professore, uno de’ più assidui e de’ più sapienti studiosi della storia russa e polacca, può essere invocato come un perito nella questione della nazionalità rutena, con maggiore diritto che il signor Duchinski, benchè de Kieff.3 Per chiunque legga sul serio dieci pagine de’ lavori di questo sincero interprete del popolo ruteno, non può restar dubbio sulla nullità dell’asserzione che i ruteni sono una parte della nazione polacca.
Non può esser negato, che la colonizzazione slavo-russa nel nord-oriente abbia assorbito molti elementi della razza finnica o turano-tatara. Questo non è negato neppure dagli storici gran russi (vedi per esempio «I pensieri sulla storia russa» del Kavelin), ed in generale questa assimilazione fra la razza gran russa e le popolazioni finniche e tatare, come anche in minor grado l’assimilazione dei piccolo-russi coi popoli turchi (i
Torchi, i Berendei, Cassoghi, Pecenieghi ed altri), è un oggetto degno d’un serio studio storico-antropologico. Ma non può neppure esser obbliato, che ancora nel IX secolo la popolazione slavo-russa sedeva a Bielosersk (nell’angolo più remoto del governo di Novgorod), che il Nestor-Annalista nomina fra i popoli slavo-russi i Radimici ed i Viatici (nei governi attuali di Mogilev, Orel e Kaluga) dicendo, — un fatto curioso, che questi popoli, senza dubbio i padri della popolazione attuale gran russa, sono venuti anticamente di Polonia, — che già il figlio di San Vladimir nel cominciamento del XI secolo sedeva a Murom sull’Oca, che ancora avanti l’arrivo de’ tatari nel secolo XII la colonizzazione slavo-russa nel territorio gran russo aveva raggiunto il Nishni-Novgorod sul confluente dell’Oca e della Volga. I principati russi di Rjazan, Murom, Suzdale, Vladimir fuori delle selve aranti l’arrivo de’ tatari furono considerati sempre russi nel medesimo grado, che quelli di Kijev, Galice, Vladimir di Volynia ed altri. L’asserzione che troviamo spesso presso gli autori polacchi e francesi, — che il principe di Suzdal Andrea rovinò Kijew nell’anno 1169 — perciocchè era già un turano, un chinese4, — è uno scherzo storico fanciullesco, scherzo che ha il suo compagno nell’osservazione, che il «re polacco Boleslao, entrò a Kijev nel secolo XI come Enrico IV a Parigi,» come dice Lad. Mickievicz. Dunque la storia antica della Russia prova, che già nel secolo XIII tutto il paese centrale della Russia europea, da Smolensk fino a Nishni Novgorod, dove abitava la maggior parte della popolazione dello Stato di Mosca, era slavo-russa come i contorni di Kijev, Volynia ed altri, e che per conseguenza l’assimilazione del popolo slavo-russo del detto paese, nel suo progresso verso il nord e l’oriente, coi popoli finnici e tatari non lo impedì di serbare il suo carattere slavo-russo predominante. E questo carattere non gli era disputato mai ne dagli antichi kijeviani, volyniani ed altri, nè dai loro nipoti, — ai quali il Sr. Duchinski riconosce il diritto d’esser slavi, come i polacchi sulla Vistola, i boemi ecc. Avanti l’invasione de’ tatari nel secolo XIII, per una parte, e de’ lituani, nel secolo XIV, per l’altra, nelle terre russe, gli abitanti di Kijev, Volynia ecc ., veri padri de’ ruleni, non hanno sentito la grande loro differenza de’ loro fratelli di Rjazan, Suzdal ecc., — i padri de’ moscoviti. E dopo molto tempo dalla divisione storica malgrado le assimiliazioni, che gli uni e gli altri hanno subito durante i secoli, nel XVII-XVIII i russi di Kijev, di Cernigov, di Volynia ecc., si sono sentiti più prossimi ai russi di Mosca, ch’ai polacchi di Varsavia. Gli ultimi per i russi occidentali, per i ruteni furono sempre una nazione separata, e non una varietà della medesima nazionalità. Lo prova tutta la letteratura della Russia meridionale, — della pretesa Rutenia, — da Nestore annalista fino ai canti popolari ed ai lavori scientifici, come quelli del professore Kostomarov.
Ma che cosa sono i ruteni? – A parlar propriamente, la espressione ruteni non è corretta, cioè non esprime proprio l’idea della popolazione russo-occidentale, — nel qual senso la detta espressione usasi ora nelle geografie e statistiche dell’Europa occidentale. La parola latina rutheni ha un senso comune, e non parziale, — e, come la parola russi, può essere applicata a tutta la popolazione slavo-russa dai Carpazii fino agli Urali, alla popolazione orientale, come all’occidentale. Ruthenus è trascrizione latina del nome ruçin (plur. — ruçi, russici agget. ruskij) derivato de Rusj, (Rus’) antico nome del paese slavo alla destra riva del Dnieper, intorno alla città di Kijev, un nome, col quale l’uomo russo era già chiamato nei trattati de’ principi di Kijev, (pretesi normanni) coll’impero Bisantino nel secolo X. La detta forma de’ nomi nazionali in in è la forma tuttora amata dal dialetto russo-meridionale, il quale dice: serbo-serb-in, plural. serb-i, agget. — serb-skij. Perciocchè nella lingua greca s fra le due vocali è pronunciato come z, i trascrittori bisantini e poi latini delle espressioni rus’, rus-in, hanno usato due s o th. Dall’ultima transcrizione per th applicato al suffisso russo in ancora il suffisso latino us è derivata la forma barbara per un orecchio slavo ruthenus, plur. rutheni, adjeet. ruthenus o ruthenicus, la quale a popo a poco è passata anche agli estremi rami occidentali della popolazione russa, i più esposti alla influenza latina, — ruçini, ruçinskij, presso ruski. Coll’ampliamento del potere de principi della dinastia kijeviana di San Vladimir e della colonizzazione slavonica da mezzogiorno ed occidente verso il settentrione e l’oriente della grande pianura europea orientale, il nome ruçin, e l’altra sua forma ruski (uomo russo) in principio locale divenne comune a tutta la popolazione slava della detta pianura, per tutta la federazione de’ principati della dinastia russa, o rutena. Questo nome restò comune ai rami della detta popolazione, i quali più tardi, dopo il XIV s. sono caduti sotto la dominazione de’ principi lituani della dinastia del Gedimin (i quali dopo la conquista di Kijev hanno preso il titolo di principi di Lituania e di Russia — Magnus Dux Russiœ) e hanno formato le specie occidentali della nazionalità russa, i bianco-russi e i piccolo-russi, — e al ramo orientale, nel quale fin dal secolo XIV, risiede già lo Stato di Mosca, che verso il secolo XVI ha compreso tutta la specie della Russia grande i cui principi nel XIV secolo hanno già preso il titolo di principi di Mosca e di tutta la Russia (vseja Ruçi). Gli scrittori latini del medio evo e de’ secoli XVI-XVII usavano i nomi russi e rutheni indifferentemente e per la popolazione orientale o moscovitica, e per la popolazione occidentale, che dopo l’elezione, tre volte ripetuta nel secolo XV-XVI, de’ principi lituano-russi al trono di Polonia, era entrata in unione federativa con la Polonia.5 Quando nel secolo XVI la concentrazione della popolazione russo-orientale sotto la dominazione de’ principi di Mosca, continuanti la dinastia di S. Vladimir, toccò la sua fine, e questi principi, liberati dal vassallaggio ai Tatari, presero il titolo di Tzar (Cæsar), — e quando, dopo la unione finale della Lituania e Russia occidentale colla corona di Polonia fatta nell’anno 1569 dalla aristocrazia di entrambi i paesi, e dopo il fine della dinastia di Gedimin il governo della Lituania e della Russia occidentale cominciò a divenire più e più latino polacco per le tendenze e per gli interessi, lo stato di Mosca cominciò ad esser guardato come rappresentatore principale della nazionalità russa e perciò cominciò ad esser nominato La Russia grande. La parte meridionale della Russia invece che restava sotto la dominazione de’ re polacchi e che già sotto i principi lituani si chiamava Ukraina (i confini) ha preso il nome di Russia Piccola, e la parte settentrionale della Russia lituana il nome di Russia Bianca. Quando il popolo della Piccola Russia o Ukraina, condotto dalla sua gente guerriera, dai cosachi di Zaporogie, rialzossi contro l’oppressione del governo aristocratico e del clero gesuitico polacco e voto alla riunione popolare di Prejaslov (1654) la sua adesione allo stato del «re orientale,» allo Stato di Mosca, e quando il re di Mosca, passata tutta la Russia Bianca, entrò nella città principale della Lituania Wilna, e l’hetmano di Ukraina Bohhano Hmelnizki, passata tutta la Gallizia russa, si
fermò sotto le mura di Liublin e spero di compiere il suo voto di «liberare tutto il popolo russo, con l’aiuto delle masse popolari fino alla stessa Cracovia Polacca,» — il re di Mosca Alexej prese il titolo di re di tutte le Russie: Grande, Piccola e Bianca.6 Ma, seguendo il trattato fra la Moscovia e la Polonia, — le ragioni del quale non è qui il luogo di dichiarare, — nell’anno 1667 solamente il territorio alla sinistra riva del Dnieper, due governi attuali russi: quelli di Cernigov e di Poltava, e alla destra solamente la città di Kijev, rimasero sotto la dominazione del regno di Moscovia col nome ufficiale di Russia Piccola. A poco a poco il nome principalmente generale di russi (russkie) era divenuto il sinonimo del nome parziale gran russi, perciocchè la Russia Grande era il nucleo principale dell’impero russo, benchè ancora nel fine del secolo XVIII un compilatore di storia della Russia Piccola, — il preteso Konisskij, — chiamasse le sue opere «Storia dei Russi» (istoria Russov). Quando, dopo l’occupazione per parte dell’impero russo delle rive del Mar Nero, sotto Caterina II, la colonizzazione della Russia Piccola alle steppe meridionali fu liberata dalle rapine de’ turchi e de’ tatari, la popolazione piccolo-russa occupò la maggior parte delle dette steppe chiamate oramai La Russia Nuova.7 Nell’anno 1793 la terza divisone della infelice Polonia, della quale allora la Russia nn aveva preso nessun metro della terra schiettamente polacca, ha compiuto quasi tutto il programma di Hmelnizki e della riunione popolare a Perejaslov: la popolazione dell’Ukraina «della riva destra;» (dei governi attuali di Kijev, Volynia e Podolia) si riunì finalmente con la sua popolazione sorella di Ukraina «della riva sinistra» sotto la dominazione de’ «re orientali.» D’allora i filologi, etnografi e statistici, — i quali cominciarono a studiare scientificamente le masse popolari solamente nel secolo presente, hanno adottato il nome piccolo-russi non solamente per la popolazione delle provincie, che lo portavano il nome uffiziale di Russia Piccola, governo di Poltava e di Cernigov; ma pel popolo del vasto territorio, che costituisce la massima parte della Russia meridionale; perciò questo popolo riceve pure da alcuni scrittori il nome di russo-meridionale. Per ora la statististica etnografica conta nell’impero russo tre specie della nazionalita russa: la prima, i gran-russi, o russi, che in Europa occidentale sono chiamati da alcuni anche i moscoviti, e che anche nella Russia occidentale sono spesso chiamati dal popolo moscali, in numero più di 35 millioni abita nella parte nord-orientale dell’impero e si estende fino alle colonie russe dell’Asia; la seconda i bianco-russi sono in numero minore di 4 milioni nei governi di Vitebsk, Mogilev, Minsk, nella maggior parte del gov. di Grodno e nella terza parte del governo di Vilna; spesso dai russi i bianco-russi sono chiamati lituani (litvini) ma solamente in conseguenza della loro lunga soggezione allo stato lituano, mentre i lituani proprii non sono del ramo slavo e fanno la maggioranza della popolazione ne’ governi di Augustov, Vilno, Kovno, Kurlandia e Livonia. Da alcuni filologi il dialetto bianco-russo è trattato come un sotto-dialetto del gran russo; la terza, — i piccolo-russi, o ukraini, o i russi-meridionali in numero di 12 milioni popolano l’angolo occidentale meridionale dell’impero russo, cominciando approssimativamente verso il nord, da Cholm e Sedlez nel regno di Polonia fino alla parte meridionale de’ governi di Kursk e Voroniez e da questa linea fino al mare di Azof e al mar Nero; piccolo-russi sono anche i «cosacchi del mar Nero» o del Kubanj, da cosacchi discendenti (600,000) di Zoporogie sul Dnieper, i quali sotto Caterina II vennero trasportati alle rive del Kubanj; — (gli altri cosacchi: del Don, dell’Oral, di Terek, di Siberia etc. appartengono al ramo grande-russo.8
Ai tempi della divisione della Polonia un territorio occupato anticamente da popolazione russa, la quale pel suo carattere storico, etnografico e linguistico fa parte della popolazione russo meridionale o piccolo-russa, passò sotto la dominazione dell’impero austriaco. Esso costituisce la parte orientale dell’attuale provincia austriaca, la Gallizia, — la quale in lingua ufficiale chiamasi Konigreich von Galizien und (V) Lodomerien mit dem Fürstenthume von Krakau. Questo titolo uffiziale è il resumè della storia e della etnografia di questa curiosa provincia. Il confluente della Vistola San la divide in due parti storico etnografiche, della quale solamente la parte occidentale, chiamata ai tempi del regno di Polonia la Polonia Piccola, è schiettamente polacca; nella parte orientale come in tutta la Russia occidentale, polacchi sono solamente i nobili e alcuni cittadini delle più grandi città, principalmente in Lvov (Leopoli, Lemberg). La parte orientale della Gallizia, — la Gallizia propria, — apparteneva fin dal secolo X. alla federazione degli antichi principati russi, i quali avevan lor sede a Kijev. — sotto il nome di Russia-Rossa. Le città di questa Russia-Rossa: Peremysl (Przemysl), Terobovl (Trembowla) sono antiche città russe, come Kijev, Cernigov, Novgorod ed altre. Nel secolo XIII, la Russia Rossa, che dalla sua città principale Galice, cambiò il suo nome in Gallizia, dopo l’unione con la Volynia (avente per città capitale Vladimir, ora una piccola città nel gov. russo di Volynia, onde il nome austriaco Königreich Galizien und Lodomerien) — ha preso il titolo di regno.9 Nella metà del secolo XIV dopo il fine della dinastia principale in Gallizia il re polacco Casimiro il grande, parente degli ultimi principi di Russia Rossa, occupò la Gallizia e la unità al regno di Polonia sotto il nome di Russia.10
Nell’anno 1772, Maria Teresa reclamò per sè tale provincia, fondandosi sui diritti deila corona di Ungheria, gli antichi re della quale erano stati in parentela colla famiglia regnante della Russia Rossa.11 «Tituli gratia» il nome russo di Gallizia e Wladimeria fu applicato a tutta la nuova provincia austriaca compresavi la Polonia piccola. La popolazione di Galizia, come tutta la popolazione de’ confini occidentali russi, ha conservato finora la forma antica del suo nome nazionale ruçin (plur. ruçini, agget. ruskij, e non rusinski), — e col tempo il termine latino rutheni (in tedesco die Ruthenen) è stato applicato parzialmente a cotesta popolazione russo-austriaca, per differenziarla della popolazione dell’impero russo, — russi, die Russen. Ma come veramente la popolazione della Galizia non è che una parte del vasto gruppo etnografico, al quale appartiene anche il popolo della Russia piccola o Ukraina, — i filologi ed etnografi slavo-occidentali e tedeschi, e poi altri, hanno anzi trasportato il nome ruteni (rutheni, die Ruthenen, les routhènes, the ruthenians) anche ai piccolo-russi , ed alcuni anche ai bianco russi. — cioè a tutti i russi occidentali i quali hanno appartenuto allo stato Lituano Russo e poi allo stato di Polonia fino al 1772, riservando il nome di russi, (die Russen, les russes, the russians) solamente alla popolazione della Russia grande.
Una tale storia dei termini, ruteni e russi, che noi abbiamo creduto indispensabile di esporre, spiega come, senza certe conoscenze speciali, uno straniero possa agevolmente cadere in qualche grave errore intorno alla classificazione etnografica della popolazione russa, nel suo passato e nel suo presente. Per evitare qualsiasi equivoco sarebbe meglio, lasciando l’applicazione alle parti separate della razza russa, de’ termini generali come russi e ruteni, servirsi de’ termini: gran-russi, piccolo-russi e bianco russi, corrispondenti alle tre divisioni della nazionalità slavo russa (russi), che la filologia ed etnografia scientifica riconosce dopo lo studio del linguaggio, degli usi e della vita popolare nell’Europa orientale, benchè le relazioni fra le stesse tre specie, cioè il grado della differenza e della somiglianza fra le stesse, non sia ancora finalinente determinato per la scienza. I così detti ruteni austriachi, — i quali salgono a 2,315,000 in Gallizia (1867), di 165,000 in Bucovina (nella parte settentrionale fino a Cernoriz) e di 487,000 in Ungheria (in un angolo fra i monti Carpazi ed i fiumi Tissa e Pobrad) — un totale di oltre 3,100,000 ab., sono niente altro che una parte della specie piccolo-russa, come la popolazione di Volynia, Poltava ecc.12
Note
- ↑ Avevamo scritto queste parole, quando ci cadde sott’occhi un articolo della Revue des deux Mondes sull’incontro dei tre imperatori a Berlino, scritto dal S. Renè-Taillandier, il quale è uno de’ scrittori francesi meglio informati sull’Europa orientale. Ed il signor S. R. T. dice, che le provincie Baltiche in Russia sono tedesche per lingua e nazione, ma russe per sentimento, come l’Alsazia è francese d’anima, essendo tedesca di razza. — «Nè ricca nè bella!» — come dice la Margherita a Fausto. Che cosa siano le provincie baltiche in Russia lo prova la loro statistica, la quale, per evitare ogni sospetto di parzialità, prendiamo da un libro tedesco per eccellenza: nel «Conversations-lexicons di Brockhaus (Supplement, 16 Heft, 313, 1872) leggiamo, che tutta la popolazione de’ governi di Livonia, Estonia e Kurlandia è di 1,910,740 uomini, dei quali i russi sono in numero di 64,170, i tedeschi 131,073, gli esti (della razza finnica) 704,650, i letti e lituani 832,850.
- ↑ Vedi anche il libro di Ladislao Mickievicz: La Pologne et ses provinces mèridionales (Paris, 1863) ed un opuscolo di Casimir Delamarra sotto il nome curioso: Un peuple europèen de quinze millions oubliè devant l’histoire. Pètition au sènat de l’empire demandant une rèforme dans l’enscignement de l’histoire (Paris, 1869), tradotto anche in tedesco. Non nominiamo gli opuscoli, scritti in polacco, negli ultimi 20 anni.
- ↑ Oltre i molti volumi di documenti storici e letterari tratti dal professore Kostomarov dagli archivi di Pietroburgo, Mosca e Varsavia, egli ha pubblicato XIII volumi di monografie storiche, tra le quali le più importanti sono: Le due nazionalità russe; Il carattere della storia popolare russo-meridionale; Russia occidentale-meridionale nel secolo XVI e l’unione di Brest (unione delle chiese latina e greca, che il partito gesuitico in Polonia ha fatto (1596) con un partito del clero nella Russia occidentale contro la volontà di una gran parte della nobiltà nazionale e principalmente contro la volontà del popolo ruteno, ragione, per la quale il popolo di detto paese, il quale, nel medesimo tempo, cominciò a soffrire della supremazia feudale de’ signori russo-polacchi, ha inaugurato il periodo delle guerre nazionali e della rivoluzione contro la dominazione de’ polacchi e de’ signori); Giovanni Svirgovski, hetmano ukraino del secolo XVI (un tentativo dei cosacchi di Ukraina in unione con i rumeni di Moldavia per provocare una rivoluzione de’ popoli cristiani contro i turchi, una, per così dire, inaugurarazione, spontanea e popolare nella Russia meridionale, della questione orientale, la quale fu sollevata nell’Impero russo solamente dopo la riunione dello Stato Moscovitico colla Russia meridionale). Hetmano Bohdan Hmelnizki, (3 volumi di storia del più importante periodo della rivoluzione del popolo piccolo-russo contro i signori e preti polacchi e della unione della Piccola Russia con lo Stato della Russia Grande o Moscovitico nel secolo XVII); Storia delle repubbliche settentrionali russe (Novgorod, Pskov e Hlynov o Viatka). I tempi tumultuosi nello stato di Mosca (al principio del secolo XVII). La sollevazione di Stefano Rasin (la sollevazione dei cosacchi del Don e del Volga e de’ paesani della Russia orientale contro i signori nel secolo XVII). Gli ultimi anni di Polonia (qui è raccontata, oltre la storia diplomatica delle divisioni della Polonia, anche la storia delle masse popolari in Russia occidentale in questo tempo, principalmente la storia delle sollevazioni contro i signori polacchi e contro il clero cattolico della popolazione dell’Ukrania verso gli anni 1768-1769) ecc. Quasi tutte le monografie del prof. Kostomarov sono scritte non solamente con profonda erudizione ma anche con un’arte narrativa, degna di Macaulay. Dai soli titoli dei lavori del prof. Kostomarov si vede, che egli cerca di scrivere la storia del popolo e non solamente quella delle relazioni ufficiali.
- ↑ Andrea è nominato Kitaj in alcuni documenti, abbastanza sospetti, essendovi i grammati monastici, provanti i diritti d’un monastero sulle terre; ma anche questa coincidenza col nome russo di China, (Kitaj), della quale i russi hanno ricevuto le notizie molto più tardi, è totalmente occasionale. Il Kitaj è una antica parola russa per paesino, della quale anche ora è restata la parola Skit, — e se Mosca ha una parte intitolata Kitaj-gorod, presso Kijev vi è pure un paese Kitajev. — Il re Boleslao venne per alcun tempo Kijev per aiutare il suo genero Svjatopolk, il Maledetto (l’uccisore de’ tre suoi fratelli) contro Jaroslavo il Sapiente (1015-1054), un fatto, per cui il re polacco può esser comparato con qualche Carlo VIII, che entrasse a Firenze, ma non mai con un Enrico IV entrante a Parigi «pour régner sur la France, par droit de plus fort, par droit de naissance.»
- ↑ Prendiamo, per esempio, uno de’ più precisi descrittori stranieri della Russia antica, il Barone Herberstain, il quale era ambasciatore dell’Impero Germanico a Mosca, e scrisse il suo libro (Rerum Moscoviticarum commentarii. Russiæ brevissima descriptio et de religione eorum varia inserta sunt. Chorographia totius imperij Moscici et vicinorum quorundam mentio. Antrerpiae M. D. LVII), quando il popolo russo era diviso fra lo stato Lituano-polono e lo stato di Mosca. — Nella sua prefazione l’Herberstain dice: «Moscoviam mihi descripturo, quae Russiae caput est suamque ditionem per Scytiham longe lateque extendit..... etiam Slavonicae lingue (quae cum Rhutenica et Moscovitica eadem est cognitione benefitioque adiutum...» — Alla pag. 21 leggiamo: «Sed undecunque tandem Russia (cioè tutta la pianura europea orientale, Scythia) nomen acceperit, certe populi omnes, qui lingua slavonica utuntur ritum ac fidem Christi græcorum more sequuntur, gentiliter Russi, latine Rhuteni appellati ad tantam multitudinem excreverunt ut omnes intermedias gentes aut expulerint, aut in suum vivendi morem pertraxerint: adeo ut omnes nunc uno et communi vocabulo Rhuteni dicantur.» — Parlando de’ mosci, come d’una nazione, l’autore sempre li nomina Ruteni; ved. p. es. pag. 91, 101: (complures Rutheni, qui in Moscoviae depopulatione in hostium manus devenerant...» et passim. — Lo stesso vocabolo usa l’autore e per la popolazione russa nello stato Lituano-polacco, pag. 111: «Circassi (cosacchi sul Dnieper della loro città capitale Circassy) Borysthenis accolae, Rutheni sunt...... (pag. 2) quae duae provinciae (Lithuania et Samogithia) licet Rhutenis intermixtae sint, ae proprio idiomate rituque Romano utantur, earum tamen incolae ex bona part sunt Rhuteni.» Descrivendo Vilna, capitale della Lituania, l’Herberstain dice (pag. 113): «Multo plura tamen sunt Ruthenorum templa in ea, quam Romanae obedientiae.» Sarà curioso citare ancora il titolo del lavoro di un illustre storico polacco del XVI secolo Stryjkowski: kronica polska, litewska, zmudzka i wszystkiej Rusi kijowskiej, moskiewskiej, siewierskiej, wolynskiej podol skiej, ecc. (Könisberg, 1582) civè chronica polona, lituana, samogitiana, e di tutta la Russia: kijeviana, moscovitica, sieveriana (di Cernigov). volyniana, podoliana, sottomontana (sotto i Carpazii) e podlaçiana (contorn di Sedlez nell’attuale Regno di Polonia).
- ↑ Gli scrittori della scuola del Duchinski passano sopra un fatto così importante nella storia del mondo slavo, come l’unione di Perejaslov, o ne vogliono pigliare a distruggere il carattere vero, dicendo che i cosacchi della Piccola Russia erano anche una gente tatara e per conseguenza ostile agli slavo-polacchi ed amichevole ai turano moscoviti. — Domanderemmo allora perché i certissimi tatari di Kazan abbiano tanto lottato contro i moscoviti! — Qualunque sia la derivazione del nome cosacchi (ne sono varie le spiegazioni) — è vero, che nel XVI-XVII secolo i cosacchi della Ukraina furono russi, piccolo-russi; vedi Herberstain, vedi Beauplan Description de l’Ukranie (Rouen, 1660) e tutta la letteratura storica de’ medesimi polacchi del XV-XVII secolo. (Bielski, Starovolski, Paprozki, Piasecki ecc.) Paprozki, scrivendo il suo ditirambo ai ryz eri della Russia, ai quali appartenevano i figli delle più gloriose famiglie russo-lituane, i Lanzkoronski, i Vishnevezki ecc., che come hetmani de cosacchi conducevanli nelle guerre contro tatari e turchi, non ha pressentito, che nel XIX secolo, questi cosacchi sarebbero chiamati tatari. Nel tempo della rivoluzione del Hmielnizki ai cosacchi d’Ukraina appartenevano, oltre i cosacchi proprii, o la milizia nazionale piccolo-russa, ancora una parte della inferiore nobiltà rurale, offesa dalla persecuzione della fede greco-russa, e quasi tutto il popolo di Ukraina, sulla posizione del quale nello stato polacco diceva uno straniero contemporaneo in un libro, dedicato al re polacco, le seguenti parole: «les paysans y sont tout a fait misérables.., ha noblesse polonnoise, qui vivent comme en un Paradis et les paysans comme s’ils estoient en un Purgatoire.» (Description d’Ukranie, qui sont plusieurs provinces du Royaume de Pologne, contenues depuis les confins de la Moscovie jusques aux limites de la Transilvanie. Par le Sieur de Beauplan. A Rouen. M. DC. LX. pp. 7-8). Il Beauplan dice sempre: Rus ou cosaques. Ai lettori, che non possono leggere i lavori del prof. Kostomarov, — consigliamo di prender l’Herberstain e il Beauplan per esser in stato di verificare le asserzioni del Duchinski, Mickevicz, Delamarre ecc.
- ↑ I governi di Ekaterinoslav, — dove ancora, dopo il secolo XVI, era l’avamposto guerriero della colonizzazione piccolo-russa, la celebre Sice dei cosacchi di Zaporogie (cioè oltre le foci del Dnieper), — di Kherson, di Tauride.
- ↑ I seguenti dati statistici sul Regno di Polonia e la Russia Occidentale dimostrano le relazioni della popolazione rutena colle altre nazionalità nelle provincie. Nel Regno di Polonia su 2,116 miglia quadrate geogr. sonvi 5,319,363 abitanti; ne sono polacchi 3,450,000, russi (in maggior parte piccolo-russi) 600,000, tedeschi 289,000 lituani 284,000, ebrei 693,000. Nelle Provincie Nord-Occidentali: gov. di Vilna di 899,993 uomini ne sono polacchi 143,288, russi 174,905, lituani 473,562, ebrei 104,007. — Gov. di Vitebsk. totale 776,739, russi 502,736, polacchi 40,725, lituani 162,021, ebrei 70,520. — Gov. di Grodno tot. 894,194, russi 694,632, polacchi 89,853, lituani 3,012, ebrei 99,473. — Gov. di Kovno tot. 1,052,164, russi 24,487, polacchi 30,871, lituani 870,249, ebrei 111,214. Gov. di Minsk totale 1,001,335, russi 781,602, polacchi 117,748, ebrei 98,462. — Gov. di Mogilev tot. 921,322, russi 772,545, polacchi 26,115, ebrei 122,662. Nelle Provincie Meridionali-Occidentali: Gov. di Kijev tot. 2,012,095, russi 1,686,806, polacchi 71,639, ebrei 250,804. — Gov. di Volynia totale 1,602,715, russi 1,229,329, polacchi 172,405, ebrei 194,803. — Gov. di Podolia tot. 1,868,857, russi 1,383,758, polacchi 233,647, ebrei 205,165.
- ↑ Il principe Danilo (1237-1266), dominante in Galice ed in Kijev, era chiamato rex Russiae illustris. La città Galaz in Moldavia è la Colonia di Galice, fatto che mostra i fini ed il potere antico del principato di Gallizia.
- ↑ Il Casimiro ha preso il titolo Dominus et haeres Russiae (1340). Anche dopo la riunione dello stato Lituano-russo colla corona di Polonia la Gallizia era nominata Palatinalus Russiae.
- ↑ Questi diritti furono spiegati nel libro: Vorläufige Ausführung der Rechte des Königreiches Hungarn auf Klein oder Roth-Reussen und Podolien ecc. 1772, Wien.
- ↑ I statistici austriaci spesso scrivono: die Ruthenen, oder die Kleinrussen. Die Kleinrussen si chiamarono i rappresentanti de’ ruteni di Gallizia nelle loro memorie alla Dieta austriaca nel 1848. (Confr. il titolo sopra citato del libro uffiziale del 1772). Le divisioni che fanno alcuni, p. es. Lad. Mickievicz, della Rutenia (Roussie in differanza della Russie!!) in Roussie polonaise (Ruthenie) e la Petite Roussie ou Roussie Moscovite non ha nessun valore etnografico. Checchè siano i ruteni di Galizia, di Podolia, di Kijev, di Poltava ecc., siano essi les rousses o les russes etnograficamente sono sempre il medesimo.