Il finto principe/Atto I
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ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Appartamenti di Rosmira.
Roberto e Rosmira.
Rosmira. Fermati, oh Dio! Crudele.
Tu mi lasci?1 Perchè?
Roberto. Da me che brami?
Già con nuovi legami
Il tuo cuor, la tua fede,
Altrui porgesti in dono;
E se mia più non sei, più tuo non sono.
Rosmira. Legge fatal del genitor crudele
Tu il mio primiero amore,
Tu l’ultimo sarai:
Sempre t’adorerò qual t’adorai.
Roberto. Quest’inutile affetto
Forzati, o bella, a discacciar dal seno!
Oggi il prence s’attende,
Che a te destina il padre tuo in consorte;
Segui pur la tua sorte,
Il nuovo sposo adora,
A me più non pensar; lascia ch’io mora.
Rosmira. Roberto, oh dio! Roberto,
Mal conosci il mio cor, se così parli.
Pria ch’esser d’altri, che di te consorte,
Sposa, lo giuro al Ciel, sarò di morte.
Roberto. Ma il genitor...
Rosmira. Ma il genitor, che giace
Sulle piume languente, egro ed antico,
Di me invan disporrà.
Roberto. Ma il tuo germano?
Rosmira. Cleante ama Dorinda:
Questa germana tua può far ch’ei voglia
Sol col nostro voler.
Roberto. Ma se già date
Son le fedi tra voi, che dirà il mondo
Della tua debolezza?
Rosmira. Io non ascolto
Che le voci del cor.
Roberto. Ferrante stesso
Giunger qui dee, pria che tramonti il sole.
Rosmira. Giungavi. Tornerà là donde ei viene.
Roberto. Rosmira, ah non conviene
Per un debole amor tradir l’onore.
Rosmira. Di’ che non senti amore,
Barbaro, tu per me; che un bel pretesto
La nera infedeltà. Vanne, se brami
Spezzato il nostro laccio:
Dello sposo novel già corro in braccio.
Roberto. Ferma.........
Rosmira. Da me che vuoi?
Roberto. Pietà.
Rosmira. Il tuo core,
Che a me nega pietà, pietà non chiede.
Roberto. Quest’è un dolor ch’ogni dolore eccede.
SCENA II.
Lesbina e detti.
Rosmira. Che rechi?
Roberto. Estinto è forse
Il principe Fernando?
Lesbina. Oh, peggio, peggio.
Rosmira. Cleante, il mio germano,
Forse a caccia restò da belva offeso?
Lesbina. Peggio vi dico, mille volte peggio.
Rosmira. Parla.
Roberto. Presto, che fu?
Lesbina. Quando il saprete,
Tutti due piangerete.
Rosmira. Ma tu mi fai penar. Ma tu mi sdegni,
Se parlar differisci anche un istante.
Lesbina. Morto è per viaggio il principe Ferrante.
Roberto. Lo sposo di Rosmira?
Lesbina. Quello, quello.
Rosmira. Dici il vero?
Lesbina. Pur troppo; e quel ch’è peggio,
Il di lui cameriere,
Sarà indietro senz’altro ritornato.
Rosmira. Dici il ver?
Roberto. Non m’inganni?
Lesbina. In questo punto
Un messaggiero è giunto,
Che la nuova portò, purtroppo vera.
Al vostro genitor che si dispera.
Rosmira. (Più felice novella
Aver io non potea).(da sè
Roberto. (Sembra che il fato
Sorrida all’amor mio).(da sè
Rosmira. (Non vuò svelare
A Lesbina il mio cor).(da sè
Roberto. (Costei non sappia
Del nostro amor l’arcano).(da sè
Lesbina. Ma a un caso così strano,
A una nuova sì trista e dolorosa,
Io non vi veggo lagrimar gran cosa.
Rosmira. Non piango, e non mi lagno.
Perchè meco il tuo labbro è menzognero.
Morto lo sposo mio? No, non è vero.(parte
SCENA III.
Roberto e Lesbina.
Cospetto! A me un tal torto?
A me, che in vita mia
Non so mai d’aver detta una bugia?
Roberto. Quetati, sai che il core
Spera ognor quel che brama, e si lusinga
Che sia falso di fama il triste annuncio.
Lesbina. Ma come mai la principessa ha tanto
Io so che quando il padre
Le propose tai nozze,
Ella il capo menava per dispetto.
Non so come sia nato un tale affetto.
Roberto. Nacque in lei da virtude.
Lesbina. Oh, signor caro,
Questa virtù d’amar per complimento,
Dalle donne non s’usa.
Io son un po’ furbetta,
Conosco il di lei core, e giocherei
Che il principe Ferrante,
Ora che non v’è più, le dà conforto,
E a lei non è piaciuto altro che morto.
Roberto. Ma perchè dici questo? E di chi credi
Arda il cor di Rosmira?
Lesbina. Io non lo so:
Ma aspettate un pochino e lo saprò.
Lasciate eh! io vi miri. Oh come rosse
Vi vengono le guanciel Oh come sbatte
Tremula di quegli occhi la pupilla!
Ecco, ecco, già leggo
Su quella fronte il ver scritto e spiegato:
Roberto di Rosmira è amante amato.
* Se col labbro vi dicon gli amanti
Che in amore son fidi e costanti,
Folli siete se voi gli credete,
V’ingannate se pur li ascoltate:
Quanto vario dal labbro hanno il cor!
Troppo rare quell’anime sono
Che in amore palesino il vero.
V’è chi tiene celato l’ardor2. (parte
SCENA IV.
Roberto, poi Cleante e Dorinda.
Nei confini del cuore.
Cleante. Amico, è morto
Il principe Ferrante. Il passo avea
Ver Sorrento addrizzato. Audace turba
D’indegni masnadieri
L’assalì, pose in fuga i servi amanti,
Lo rese inerme e solo,
E con colpi crudei lo stese al suolo.
Roberto. Misero prence, il suo destin mi spreme
Dagli occhi il pianto.
Dorinda. Il suo destin dovrebbe
Consolarti, o german.
Roberto. Perchè?
Dorinda. Tu sei
Amante di Rosmira.
Cleante. E puoi, se brami,
Conseguir la sua mano.
Roberto. Se l’accorda il germano,
Posso seco sperar d’esser felice.
Cleante. Sperarla a te non lice
Che per una sol via.
Roberto. Deh me l’addita.
Tutto, tutto farò.
Cleante. Tu ami Rosmira,
Ed io Dorinda adoro.
Con Rosmira godrai tu lieta sorte.
Se Dorinda di me sarà consorte.
Roberto. Dorinda all’amor tuo darà ristoro,
Quando io stringa al mio seno il bel che adoro.
Dorinda. Dunque morte crudele,
Quattr’alme innamorate oggi consola.
Roberto. Il piacer che in petto io sento
Sempre più maggior si rende,
Nel mirar che sia contento
Il mio core e l’altrui cor.
Penerei nel mio diletto,
Non sarei felice appieno,
Se mirassi in egual petto
Sfortunato eguale ardor3. (parte
SCENA V.
Dorinda e Cleante.
Che langue in sulle piume
Presso al fin della vita,
Vo4) per le doppie nozze
L’assenso ad impetrar.
Dorinda. Se il vostro affetto
Egli vien a scoprir, darà il congedo
A noi, ch’ospiti siam da sì gran tempo.
Cleante. Non temer; io son figlio, io tutto posso
Sul di lui cor. Morto Ferrante, invano
S’opporrà di Rosmira
Agli imenei col tuo german Roberto;
Applaudirà delle due suore al cambio;
Congiunti diverran due prenci amici,
E noi lieti sarem, sarem felici.
* Pien d’ardir, costante e forte,
Non pavento alcun cimento;
Il rigor d’avversa sorte
Son avvezzo a disprezzar.
Del mio bene il caro oggetto,
Della sorte anco a dispetto
Saprò tutto superar5. (parte
SCENA VI.
Dorinda sola.
Già mi rende felice, e già mi scordo
Gli amorosi tormenti.
Gli sperati contenti
Pon ristorar il danno
D’ogni passato doloroso affanno.
* La speranza di quest’alma
Mi promette ogni contento,
Ed allor che più pavento,
Mi ritorna a lusingar.
L’amor mio con esso vive,
E per lui soffre costante
Quelle pene che un’amante
È costretta a tollerar 6. (parte
SCENA VII.
Sala remota.
Floro, vestito da Cavaliere sotto il nome di Ferrante, e Crocco.
Crocco. Eccellenza.
Floro. Bravo! che ti pare?
Dillo da galantuomo;
Una faccia non ho da gentiluomo?
Crocco. Voi somigliate tutto
Voi avete il suo viso,
Tutta la sua andatura;
Avete il suo parlar, la sua statura.
Floro. E quest’abito poi, ch’è un di quelli
Ch’egli portar solea, questa parrucca
Ch’era fatta per lui, più facilmente
Il principe farà ch’io sia stimato.
Crocco. È Ferrante, diran, risuscitato.
Floro. Buon fu per noi, ch’essendo
Gli ultimi de’ suoi servi,
Andar di dietro a tutti ci toccò,
E la vita e la roba si salvò.
Crocco. Ma che pensate far, caro fratello?
Non vorrei che il cervello
Aveste, come il viso, ereditato
Dal padron, ch’era pazzo ispiritato.
Floro. Vuò veder se mi riesce un colpo bello.
Sai che il prence Ferrante
Venia a sposar la principessa, ed io
Sposar dovea Lesbina. Or, se mi riesce
La padrona ingannar, la vuò per me;
E la serva, se vuoi, sarà per te.
Crocco. Uh, uh, che diavol dite:
Sposar la principessa?
Commettere volete un sì gran fallo!
Quest’è un spropositaccio da cavallo.
Floro. Tenti invan sconsigliarmi;
Voglio imprincipessarmi;
E giacchè principesco
Mi ha fatto aver il viso la mia sorte,
Voglio una principessa per consorte.
Crocco. Ma se scoperto siete,
Per lo men ve n’andate
Con cento principesche bastonate.
Che cosa importa a te?
Crocco. Basta che non bastonino ancor me.
Floro. Non dubitar, vien meco:
A parte tu sarai di mie fortune.
Se scoperti saremo,
Pigliaremo la dote, e se n’andremo.
Crocco. Quest’è miglior partito
Che della principessa esser marito.
Floro. Ci cambiaremo nome.
Chiamami tu Ferrante,
Floro ti chiamerò.
Direm che fu creduto
Il principe da ognun di vita privo;
Che Floro è il morto, e che Ferrante è vivo.
Crocco. Lo dirò con un patto,
Che se vien brutto tempo, io me la batto.
Floro. Seguimi, e non temer, che anderà bene.
Spirito in questo mondo aver conviene.
Guardami in volto,
Guarda che brio,
Tutto son io
Grazia e beltà.
Con le madame;
Piango e sospiro
Con chi m’offende,
Sbuffo e deliro.
L’aria di nobile
Bene mi sta. (parte
SCENA VIII.
Crocco, poi Lindora in abito da pellegrina'.
Incontrar non vorrei qualche malanno.
S’acquista la galera; ed io, che sono
Degno campion del valoroso Marte,
Avrò della galera la mia parte.
Lindora.
Chi m’aiuta, per pietà?
Chi mi fa la carità?
Son da tutti abbandonata,
Pellegrina sventurata.
Crocco. Ecco la nuova moda.
Tutte le parigine
Si veston oggidì da pellegrine.
Lindora. Amico, favorite.
Crocco. Eh la sbagliate.
Non ho un soldo, sorella, e se ne avessi,
Vi giuro in fede mia,
Che non vorrei con voi buttarlo via.
Lindora. Siete della città?
Crocco. Son forastiero.
Lindora. È lecito saper di dove siete?
Crocco. Di Taranto son io.
Lindora. Il paese ch’è vostro, è ancora il mio.
Mi conoscete voi?
Crocco. No certamente.
Lindora. Io son quella Lindora,
Ch’esser sposa dovea di certo Floro,
Che del prence Ferrante è cameriere.
So ch’egli è qui venuto
Per sposar altra donna;
Ond’io, che lo pretendo per marito,
Con il bordone in man l’ho qui seguito.
Crocco. Oh povera ragazza!
Siete venuta in pessima occasione.
Lindora. Perchè?
Crocco. Perchè... mi viene
Lindora. Ma cos’è stato?
Lindora. Ditelo, per pietà.
Crocco. Floro...
Lindora. Mo via,
Crocco. Floro... se lo dirò, voi piangerete.
Lindora. Dite su, che a ogni evento
Ho il core preparato.
Il mio Floro che fa?
Crocco. L’hanno ammazzato.
Lindora. Dite il vero?
Crocco. Pur troppo!
Lindora. Oh me meschina!
Crocco. Povera pellegrina,
Mi fate compassion. Se voi volete
Pellegrinar con me...
Lindora. No, non fia vero.
Morto è il mio caro Floro,
È morto il mio tesoro.
Morto è l’idolo mio,
Voglio morir anch’io. Deh, chi mi porge
Un ferro per pietà? Chi mi dà morte?
Chi mi toglie da un duol sì crudo e forte?
Crocco. (Vuò veder se costei dice da vero).
Io son tanto pietoso
Che non posso veder penar nessuno.
Voi siete disperata,
Voi volete morir, voi domandate
La morte per pietà? Su via, prendete:
Ammazzatevi pur quanto volete. (le dà uno stile
Lindora. M’ho d’ammazzar?
Crocco. Non siete disperata?
Lindora. Sì, ma non ho coraggio
Di vibrar di mia mano il colpo fiero.
Crocco. Date qua, che anco in questo
Con le mie proprie man v’ammazzerò. (finge ferirla
Lindora. Ahimè, che mal v’ho fatto,
Che morta mi volete?
Crocco. Ah, ah, pentita siete.
Il vostro gran dolore inver si vede:
Quanto è pazzo quell’uom che a donna crede.
Vagabonda pellegrina.
Nel variar clima e paese,
Addolcir sa l’Alemano,
Divertirsi col Francese,
E dar spasso all’Italiano.
Con quel dire languidetta:
Meiner schene corsomerdiner7.
E con questo assai più fina:
D’une pauvre fille honteuse
Ah mon cher, ajè8 pitié.
Con quell’altro: Bel visetto9,
Questo cor vi donerò:
Il mio caro coccoletto,
Non mi fate più penar.
E alle donne voi credete?
Cari matti, nol sapete?
Hanno l’arte d’ingannar. (parte
SCENA IX.
Lindora sola.
Del gracchiar di costui: sarei ben pazza,
Se uccider mi volessi
Per un che più non vive.
Ma di vita per lui, no, non mi privo.
Un altro amante
Mi troverò;
Giovine, o vecchio,
Lo prenderò.
Basta ch’egli abbia
Molti quattrini.
A me non piacciono
Certi zerbini,
Che innamorati,
Sono affamati,
E altro non fanno
Che sospirar.
Non son di quelle
Che fan l’amore.
Vuò maritarmi
Per accasarmi,
Per non avere
Da sospirar10. (parte
SCENA X.
Camera.
Rosmira, Roberto, Cleante e Dorinda.
Sarai mio sposo. Il genitor approva
Le nozze fortunate.
Roberto. Oh me felice
Per sì lieta fortuna! E tu, Cleante,
Di Dorinda potrai stringer la mano.
Cleante. Bella, se non la sdegni,
T’offro la mano e il core.
Dorinda. Dono gradito! fortunato amore! 11
SCENA XI.
Lesbina e detti.
Rosmira. E che sarà?
Roberto. Qualch’altro caso inaspettato e strano?
Lesbina. Il prìncipe Ferrante è vivo e sano.
Rosmira. (Misera me!)
Roberto. Che sento?
Cleante. Donde sapesti ciò?
Lesbina. Lo vidi io stessa
Ora smontar dalla carrozza, e poi
Or ora lo vedrete ancora voi.
Cleante. Vattene, non ti credo.
Rosmira. Derìdermi tu vuoi.
Roberto. Ma se fu ucciso,
Come vuoi ch’egli vivo a creder s’abbia?
Lesbina. Eccolo ch’egli vien, per farvi rabbia. (parte
SCENA XII.
Floro, sotto il nome di Ferrante, e detti.
Roberto. Pur troppo è desso,
Lo conosco pur troppo agli atti, al viso.
Ah che m’opprime il cuor duolo improvviso!
Dorinda. Cleante, che sarà?
Cleante. Dir nol saprei.
Roberto. Interrotti fra noi son gl’imenei.
Floro. Principi, principesse,
Eccomi alfin per grazia della sorte
Fuggito dalie branche della morte.
Rosmira. Ne godo.
Roberto. Mi rallegro.
Cleante. Mi consolo.
Destinata in mia sposa?
Principessa vezzosa, (a Rosmira
Ditemi, siete voi? Non rispondete?
Dunque quella non siete.
Sarà quest’altra, è ver? Voi siete, o bella,
La cara mia consorte? Oh questa è vaga!
Appena l’ho vedute.
Pel grande amor son diventate mute.
Ma voi, principi amici,
Ditemi voi qual sia
La principessa mia.
Oh questa è ben gustosa!
Nessuno mi risponde?
Ciascuno si confonde?
Pare ognuno di stucco?
Ditemi: cosa sono? Un mamalucco?
Roberto. (Non lo posso soffrir). Meglio è ch’io parta. (parte
Floro. Servitor obbligato.
Cleante. (Pria che mostrarmi irato,
Meglio è di qui partir). (parte
Floro. Buon viaggio a lei.
Dorinda. (Non ponno gli occhi miei
La sua vista soffrir). (parte
Floro. Si serva pure
Senz’altre cerimonie.
Rosmira. (Ed io qui resto?
Misera! Che farò?)
Floro. Vuol anche lei
Favorir di piantarmi?
Rosmira. Ad altro tempo
Ci rivedrem.
Floro. Padrona; meraviglio.
Ma deb, mi faccia grazia,
Giacchè ritrovo in lei più cortesia,
Rosmira. Ite, non vi curate
Di saper chi son io. Se qui sperate
Trovar pace ed amor, siete in errore:
Questa è terra del pianto e del furore12.
* Voi che il mio cor bramate,
Voi che il mio labbro udite.
Fuggite, sì, fuggite.
Qui legge non s’intende,
Qui fedeltà non v’è.
Ancor vorrete, e ancora,
Senza mercede amarmi?
È vano il lusingarmi,
Sperar amore e fè 13.
(parte
SCENA XIII.
Floro, poi Lesbina, poi Crocco.
Credo che questi siano quattro matti.
Lesbina. Serva sua, mio signor.
Floro. Bella ragazza,
Venite qua.
Lesbina. Che mi comanda lei?
Floro. Saper da voi vorrei,
Quale di quelle due
Che sono andate via,
La principessa, la mia sposa sia.
Lesbina. È l’ultima, signor, che se n’è andata.
Floro. Quella che disse d’esser disperata?
Oh mi vuole un gran ben, se a prima vista
Si dispera per me!
Perdoni; non vorrei...
Floro. No, no, parlate.
Lesbina. Dirò, se sua eccellenza mi perdona.
Floro. Dite, un principe son fatto alla buona.
Lesbina. Floro, suo camerier, non è venuto?
Floro. Lo conoscete voi?
Lesbina. Non lo conosco,
Ma deve esser mio sposo.
Floro. Siete forse...?
Lesbina. Sì signore, Lesbina.
Floro. (Costei quant’è bellina!
Mi spiacerebbe assai,
Per causa del mio finto principato,
Perdere un bocconcin sì delicato).
Lesbina. Floro dov’è?
Floro. Mi spiace darvi, o bella,
Una triste novella.
Lesbina. Forse Floro infedel m’ha fatto torto?
Floro. No, che Floro è fedel, ma Floro è morto.
Lesbina. Come? Oh povera me!
Floro. Fu preso in fallo
Per la persona mia. Era il suo viso
Tanto al mio somigliante,
Che fu preso ed ucciso per Ferrante.
Lesbina. Povero Floro mio! E somigliava
Dunque a vostra eccellenza?
Floro. Tutto, tutto.
Dite, non era brutto?
Lesbina. Oh cosa dice!
Anzi egli era bellino.
Poverin! Poverino!
Floro. Vi sarebbe piaciuto?
Lesbina. E come!
Floro. Udite:
Consolarvi potete.
Lesbina. E come mai?
Floro. Se Floro al vostro cor sarà piaciuto,
Perchè aveva la faccia
Simile a questa mia,
Fate conto, mio ben, che Floro io sia.
Lesbina. Eccellenza, mi burla.
Floro. No davvero,
V’amo da cavaliero;
Da principe ch’io son, vi voglio bene.
Lesbina. Anch’io m’esibirei... ma non conviene.
Floro. Senza tanti complimenti
Vuò facciamo un po’ all’amore.
Lesbina. Io son serva, e lei signore.
Non conviene, non si può.
Floro. Siate buona per pietà.
Lesbina. Floro, Floro, dove sei? (Crocco esce
Crocco. Chi mi chiama? Eccomi qua.
Floro. (Maledetto!)
Lesbina. Chi è costui? (a Floro
Crocco. Io son Floro, mia signora.
Floro. (Va in malora.)
Crocco. E lei chi?
Lesbina. Son Lesbina.
Crocco. La mia sposa!
Oh bellina, oh graziosa!
Lesbina. Sua eccellenza m’ha ingannato.
Floro è qui risuscitato.
Foro. Non é ver. (Va via, birbante).
Crocco. (Quando Floro più non sono,
Voi non siete più Ferrante).
Lesbina. Ma di voi chi mi tradisce?
Floro. È costui che vi schernisce.
Crocco. Io non sono, e lui non é...
Crocco. Chi son io?
Floro. Tu sei Floro.
Crocco. Padron mio,
Questa dunque è sol per me.
Lesbina. Non mi piaci.
Floro. Non ti vuole.
Lesbina. | a due | Puoi andarti a far squartar. | |
Floro. |
Che m’ha fatto innamorar.
Fine dell’Atto Primo.
Note
- ↑ Ed. Zatta: Fermati, oh Dio! Crudele, - Tu mi lasci? ecc.
- ↑ Quest’aria fu soppressa nell’ed. Zatta, ma si trova in tutte le edizioni precedenti.
- ↑ La seconda strofetta di quest’aria, che si legge in tutte le stampe precedenti, fu soppressa nall’ed. Zatta.
- ↑ Zatta: vuò.
- ↑ Anche quest’arietta, che si legge nelle edizioni precedenti, fu soppressa nell’ed. Zatta.
- ↑ Anche quest’aria sparì nell’ed. Zatta.
- ↑ Così nelle edizioni Fenzo (1749), Tevernin (1753)’e in altre. Nelle ristampe Guibert e Orgeas di Torino (1777) e Zatta di Venezia (1794) leggesi: cors meinher.
- ↑ Così in tutte le stampe del settecento.
- ↑ Le edd. Tevernin, Zatta ecc. stampano: Con quell’altro bel visetto.
- ↑ L’ultima strofetta fu soppressa nell’ed. Zatta.
- ↑ Zatta: Dono gradito e fortunato amore!
- ↑ Zatta: di pianto e di furore.
- ↑ Anche quest’aria fu soppressa nell’ed. Zatta.