Il filosofo di campagna/Nota storica
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NOTA STORICA
Nella quaresima del 1754, mentre le compagnie comiche si preparavano a partire da Venezia per le solite recite nei teatri di terraferma, il Goldoni stava scrivendo con tutta la velocità possibile un nuovo libretto per il Galuppi (vedi l’avvertenza che precede la stampa dello Speziale), anche questo strappatogli probabilmente da qualche antico protettore a cui non poteva dire di no. Nella stagione comica finita allora, uno strepitoso trionfo aveva riportato a S. Luca la Sposa Persiana (vol. XXIV), ma infinite polemiche a furia di satire martelliane e di sonetti avevano diviso il buon pubblico veneziano in due ardenti fazioni, dei chiaristi e dei goldonisti. La lotta culminò durante le recite del Filosofo inglese del Goldoni (vol. X: v. Nota storica), seguito poco dopo dal Filosofo veneziano dell’abate Chiari. Per difendersi da alcune critiche il dottor Carlo dovette in soli cinque giorni, con audace sforzo, scrivere i cinque atti del Festino in versi martelliani (vol. XI). Le satire e le maldicenze lo amareggiavano da tempo, più che non volesse confessare. L’ingratitudine dei concittadini lo faceva pentire di essersi consacrato con tanto entusiasmo e con tanta fatica alla ristorazione del teatro italiano. Cominciava a sentirsi triste e stanco: lo riassalivano certe malinconie giovanili. A distrarlo capitò nel marzo di quell’anno il fratello del quale da molti anni non aveva più notizie, con due nipotini ai quali si affezionò subito come un padre.
Della malattia nervosa che doveva tormentarlo a Modena e a Milano, nulla traspare nel Filosofo di campagna, che riuscì uno dei suoi più felici drammi giocosi e superò in fatti ogni altro scritto fino allora, per l’immensa fortuna che incontrò in Italia e fuori. Questo era il terzo filosofo che saliva sui teatri veneziani nel 1754. Non dobbiamo stupire di ciò in pieno Settecento, in un secolo che si vantò filosofico per eccellenza, in cui il filosofismo trionfava in tutti i libri e nei salotti di moda. Gli stessi filosofi dell’antica Grecia erano trascinati per forza a fare le smorfie sul palcoscenico (nel ’55, a Venezia, il Socrate del Grisellini, nel ’56 i Filosofi pazzi del Chiari, ossia Eraclito e Democrito). Voltaire scriveva le Lettere filosofiche e il Dizionario filosofico. Prévost cominciò nel ’31 a raccontare le avventure del Filosofo inglese: poichè tutta questa filosofia veniva per gran parte d’Inghilterra: ivi si era formato sulla fine del Seicento il vero filosofo (v. le Lettres sur les Anglois et les François di Béat de Murait, ed. 1725). A Venezia si rinfantocciava lo Spettatore di Addison sotto le spoglie del Filosofo alla moda (1728-29). Invano il conte ab. Cataneo nel ’53 criticava l’invadente Filosofismo delle belle, chè l’anno stesso l’ab. Chiari iniziava coi tre volumi della Filosofessa italiana la serie infinita de’ suoi romanzi. Intanto nel teatro comico francese Saint-Jory (le Philosophe trompé par la nature, 1719; da uno scenario del Riccoboni), Saint-Foix (le Philosophe dupe de l’amour, 1726) e Destouches (le Philosophe marié, 1727 e les Philosophes amoureux, 1729) facevano innamorare cotesti severi filosofi (v. Nota storica del Filosofo di Goldoni, vol. XXVI); e Palissot aguzzava la satira contro la setta filosofica (les Originaux, 1756 e les Philosophes, 1760). In Italia il padre Buonafede osava scrivere Commedie filosofiche (i Filosofi fanciulli, 1754: v. Frusta del Baretti, n. 18). Nei nostri teatri d’opera passavano buffamente in ridda filosofi ipocriti (Silvani, 1730 e ’35) immaginari (Bertati, 1772 e Galiani, 1775), confusi (Da Ponte, 1780), impostori (m. Chiavacci, 1784). Una commedia intitolata il Falso filosofo aveva composto il Maggi a Milano (st. 1701); un’altra, il Filosofo immaginario, presentò il Chiari nel 1771 al concorso di Panna; e un Arlequin philosophe inventò nuovi lazzi in uno scenario del Goldoni (1763-64).
Il buon Nardo goldoniano non appartiene alla schiera de’ filosofi enciclopedici, più o meno immersi nello studio delle scienze naturali (Natali, Settecento, Milano, 1929, I, 201), bensì ci rappresenta il cosidetto filosofo nella vita comune, cioè l’uomo di carattere (sul modello più o meno inglese), dall’animo calmo, superiore alle passioni e allo stesso entusiasmo, dallo spirito pronto e dalla soda ragione, di cui qualche lineamento ci aveva già offerto il Goldoni stesso, oltre che in Jacobbe Monduill (Fil. ingl.), nel Cavaliere di buon gusto (1750, vol. V), e ci darà poi nel Cavaliere di spirito (1757, vol. XIV) e nell’Apatista (1758, vol. XV). Questo filosofo onesto di campagna, contadino benestante e non più, che non si vergogna della sua nascita e si adatta volentieri a sposare la cameriera di don Tritemio, la Lesbina, sebbene più innamorata del suo denaro che della sua filosofia, non ha nulla da vedere con quello dell’Intermezzo giovanile scritto nel ’35 (voi. XXVI). Non è un solitario, nè un rustego, nè uno scemo: anzi è anch’esso della simpatica famiglia dei cortesani e lo rivediamo con piacere sulla scena: rappresenta anch’esso il buon senso goldoniano e fa coraggiosamente la sua lezione ai signori barnaboti, agli "affamati con parrucca e spada", a tutti quei cattivi cittadini dei quali “È maggiore l’uscita dell’entrata” (I, 6). Cos’è la nobiltà?”Per me sostegno e dico, - Ed ho la mia ragione, - Che sia la condizione un accidente”. Lesbina è una serva: e per questo? “Se non è nata nobile, - Che cosa importa a me? ecc.” (II, 14). Se ha bellezza e virtù, viva anche la serva! “Servetta graziosa, - Sarai la mia sposa ecc.”. Qui culmina la filosofia sorridente del Settecento; e le note del Galuppi l’accompagnano con una gioia arguta piena pure di sorrisi e di grazia. - Per certe audaci affermazioni il Goldoni ci fa ricordare la Contessina (vol. XXVI), la Pamela (vol. V), i Portentosi effetti della madre natura (vol. XXVIII) e altre note commedie che colpivano di acute punte la vecchia società, prima della censura teatrale (v. L. Falchi, Intendimenti sociali di C. G., Roma, 1907: ma vi è dimenticato il nostro Filosofo).
Personaggio umoristico, o piuttosto macchietta gustosa nei due colloqui con Rinaldo, è anche don Tritemio, padre cocciuto ed egoista che per paura di spendere è pronto a sacrificare od assassinare la propria figlia, come si dice a Venezia. Carina l’aria con cui senza rispondere si sbriga del giovine innamorato: La mia ragione è questa ecc. (I, 3); e l’altra: Io son di tutti amico ecc. (II, 5). La scena nella quale Rinaldo fa conoscere i suoi titoli (II, 4), ci ricorda pure la Contessina. - Anche in questa farsa per musica domina e trionfa Lesbina, una delle cento adorabili servette di Carlo Goldoni: essa salva la padroncina Eugenia, tiene a bada coi suoi vezzi il vecchio don Tritemio e sposa il ricco filosofo. Ci richiama da vicino la Rosina dei Bagni d’Abano e Argentina, la Cameriera brillante, uscita allora allora sul palcoscenico (voi. X), e Corallina, la Gastalda, (aut ’51, vol. VII). Le canzonette sul ravanello e sulla cicoria che sussurra all’orecchio del vecchio padrone, nella seconda scena, sono certo di origine popolare. Arguta la scena decima, dove si sostituisce a Eugenia, quale promessa sposa, e canta graziosamente: Compatite, signor, s’io non so ecc.; e così la scena del contratto nuziale, in fine dell’atto secondo: scena arcinota nell’antico teatro, che ricorre tante volte nel Goldoni (rammentiamo di recente i Bagni d’Abano), ma qui ringiovanita con nuovo spirito. Pure il notaio Capocchio merita un posto d’onore fra i suoi innumerevoli confratelli, anche se non parla in latino maccheronico. - Svenevoli e arcadiche le scene serie, cioè la prima con cui s’apre il Filosofo e la nona del III atto, dove Lesbina e Nardo cantano d’amore. Insulso l’inizio dell’atto terzo. L’argomento poi è dei più comuni, dopo Molière, ma dei più cari al Settecento: la solita ribellione, con l’aiuto dei servi, a un matrimonio forzato. Le sciatterie consuete del verso e del linguaggio impediscono a questo geniale componimento di teatro di vivere nella letteratura.
Del Filosofo di campagna, sia della poesia, sia della musica, il Della Corte fece qualche anno fa una minute e avveduta analisi critica. Notò che “le strofette destinate alle arie, raramente generiche,... quasi sempre fioriscono con grande spontaneità dal discorso, con una più gradita coerenza col recitativo”. Ai due personaggi seri, Eugenia e Rinaldo, il Galuppi”dette una musica di andamento serio, di tono retorico, con vocalizzi pomposi”. A Nardo "aggiunse un tono pittoresco auai prezioso, e spesso Galuppi superò Goldoni nell’efficacia della rappresentazione”. Don Tritemio ha pure "parecchie felici battute e, nella sua collera, è efficacemente comico”. Loda pure la sc. 3, fra don Tritemio e Rinaldo, "che presenta il dialogo goldoniano in una scioltezza e vivacità preziose ed inusitate nella librettistica comica del tempo”. Anche le canzonette di Lesbina nella sc. 2 "presentano molto graziosamente” la servetta "gentile e furba, e concorrono a delineare scenicacamente don Tritemio”. Nella sc. 6, in cui zio Nardo vuol dare un contadino per marito alla Lena, costei canta "una mestissima aria, con echi di patetica melodiosità pergolesiana (in qualche punto ricorda assai l’Olimpiade);... un’aria veramente bella e commossa”. Nel II. a., sc. 14, l’aria di Nardo Se non è nata nobile ecc. "è veramente riuscita; nella grazia della frase, nell’intenzione ironica, nel mutamento dell’accento secondo le tre strofe, è perfetta, ed è certo fra le più squisite pagine del settecento comico”. "Nella stessa battuta della cadenza c’è una sorpresa; mutato il tempo pari in dispari, fiorisce una frasuccia elegante, tenera, vezzosa: Servetta graziosa ecc. L’aria che si ripete da capo, con opportune variazioni dell’accompagnamento, è graziosissima; versi e musica sono squisiti”. Nel III a. "la commedia goldoniana decade in puerilità, verso lo scioglimento consuetudinariamente banale". Solo Tritemio "sopraggiunto in cerca della figliuola canta una buona aria comica". "A parte la fine, il libretto è condotto con sobrietà, con eleganza insolita. E la musica vi si è attagliata, costituendo una delle opere comiche più garbate, più tornite, se non sfavillante di spirito e di trovate, di quel periodo” (L’opera comica italiana nel ’700, Bari, 1923, vol. I, pp. 152-167).⁂
Il Gradenigo ne’ suoi Notatorj così ricorda, in modo assai modesto, la prima recita ch’ebbe luogo la sera del 26 ottobre 1754, inaugurandosi la stagione autunnale: “Nel Teatro a S. Samuel lo si recitò il nuovo Dramma Bernesco in Musica intitolato il Filosofo in campagna composto da... Nap..., in cui rappresentò simile carattere Francesco Baglioni il Comico, detto Comachja”. Strano ch’egli ignorasse l’autore d’un’opera che suscitò tanti applausi ed ebbe tanto grido in tutta Europa. Ma ancora più è strano che il Goldoni tacesse nelle Memorie di questo che i coetanei giudicarono il capolavoro comico di Pasquale Galuppi. Curiosissima poi la notizia che si legge nel Diario inedito di Domenico Galeati, presso la Biblioteca Comunale di Bologna, in data 19 agosto 1754: “Nel Teatro Formagliari si recitava l’Opera giocosa in musica intitolata Il Gran Arcifanfano re de’ Matti, poi si recitò il Negligente et il Filosofo in villa. Il Biglietto era soldi 15 e soldi 5 la banzola [panchetta circolare con spalliera: Ferrari, Vocab.]. Finì li 3 ottobre” (vol. XXVIII, p. 63). Pare dunque che il Filosofo sia stato recitato a Bologna, prima che a Venezia. Non mi riuscì tuttavia di trovare la stampa del libretto bolognese, nè quella dell’Arcifanfano, bensì potei vedere quella del Negligente (vol. XXVII, p. 418).
Il libretto veneziano reca la seguente lettera di dedica dell’impresario:
Nobilissime Dame. - Su una giusta e fondata considerazione di quanto l’E. E. V. V. con animo veramente grande e generoso degnino benignamente detta validissima loro Protezione (a solo oggetto di beneficare) chiunque a quello con vera confidenza, e sommissione ricorre: mi sono proposto far uscire su le scene sì la presente giocosa operetta, che sei altre, che la seguiranno tutte di differenti Caratteri nel corso dell’Autunno presente, e Carnovale venturo, sotto i benignissimi auspicj dell’E. E. V. V. Se potessi colla mia insufficienza esprimere quei sentimenti di venerazione ed ossequio che mi obbligano verso l’E. E. V. V., sono securo che acquisterebbero qualche preggio nella generosità del nobilissimo animo loro. Non ostante spero almeno di riportarne dalla generosità dell’E. E. V. V. perchè vorranno degnarsi riflettere die non ho risparmiato nè studio, nè fatica, nè spesa, per fare che il divertimento che viene all’E. E. V. V. dedicato riesca, se non degno di loro, almeno sia un testimonio del vivo desiderio che nutro di moltiplicare gl’atti del mio ossequio e venerazione. Sarà dunque della generosità dell’animo grande dell’E. E. V.V. il patrocinare queste Operette come cosa loro propria, giacchè onderanno gloriose per il nobile Frontespicio che le adorna, che nè più sublime, nè più luminoso, e per merito, e per grandezza, potea darsele del rispettabilissimo nome di V. V. E.E.. Confido ancora che dalla generosità inseparabile dal loro animo Nobile saranno agraditi gl’attestati del mio profondo ossequio col quale mi umilio.
Di V. V. E. E.
Umiliss. Devotiss. Obb. Oss. Serv. |
Fra gli esecutori troviamo Francesco, Giovannina e Clementina Baglioni: tutta una famiglia di cantanti, ricordata anche da Fétis. Abbiamo già conosciuto il primo a S. Moisè, nel carnovale del ’50, quando cantò nel Mondo della Luna (vol. XXVII), e lo ritroveremo ancora a S. Samuele nell’anno 175758: avea fama a Venezia fin dal ’43. Nell’estate 1746 cantava a Milano nella Vedova accorta, col Pertici, con la Rossignoli, con Anna Tonelli; nell’autunno ’52 a Parma, nell’Arcifanfano; nell’autunno ’54 a Bologna, nel Negligente; nell’estate ’55 a Modena, nell’Arcifanfano e nello Speziale; nel carnovale ’56 ancora a Bologna, nel Filosofo di campagna e nel Mondo alla roversa, nella primavera ’59 a Firenze, nell’Arcifanfano, e nell’autunno a Torino, ancora nel Filosofo. Furono il Baglioni e il Carattoli, fedeli goldonisti, che nel ’52, trovandosi il Goldoni a Bologna, lo indussero a scrivere lo Speziale (v. pref. del libretto). - Giovannina Baglioni faceva la sua prima comparsa sui teatri di Venezia dove cantò sempre nelle parti serie, a S. Samuele negli anni 1754-55 e 1757-58, a S. Moisè nel 1762-63 e nel 1770-71, e a S. Cassiano nel 1765-66. Nel ’52 la vediamo a Parma neìl’Arcifanfano, nel ’54 e nel ’56 a Bologna nel Negligente, nel Filosofo e nel Mondo alla roversa, nel ’59 a Firenze, pure nell’Arcif. (insieme con Vincenza e Clementina) e a Torino, pure nel Filosofo di c. (con le stesse), e nel ’62 a Milano, ancora nel Filos. (con le stesse). Credo che la Giovanna Baglioni che il Bumey ammirò e lodò nel 1770 a Milano e a Firenze, dove cantava con la sorella Costanza, sia proprio la nostra Giovannina (Viaggio musicale in Italia, ed. Sandron, 1921, pp. 27 e 139). - Quanto a Clementina, cantante buffa, si presentava pure al pubblico veneziano per la prima volta; dopo l’anno teatrale 1754-55 a S. Samuele, ricomparve negli anni 1760-61 e 1761-62 a S. Moisè e di nuovo nel 1764-65 (insieme con Vincenza e Anna); sposò poi il cantante Domenico Poggi, forse napoletano (v. Cametti, Critiche e satire teatrali ecc., estr. dalla Rivista Mus. It., 1912, pp. 8-9), ma tornò a S. Moisè, prima buffa nell’anno 1775-76 e poi col marito nel 1777-78. Cantò pure nel ’54 e nel ’56 a Bologna (con Giovanna e Francesco: v. sopra) e nel ’59 a Firenze e a Torino (v. sopra) e nell’estate ’62 a Milano (v. sopra). Vicenza o Vincenza, detta "romana” (Cosentino, Un teatro Bolog. del sec. XVIII, Bol., 1900, p. 101) e Costanza e Anna e Rosa e, più tardi, Camilla Baglioni cantarono pure sui teatri veneziani del Settecento. Erano sei sorelle, tutte cantanti: bolognesi le crede Bumey (I. c., nota a p. 27).
Conosciamo Francesco Carattoli fin dal Negligente e dal Mondo della Luna (voli. XXVII, pp. 418 e 546). Qui aggiungo che nell’estate del 1751 cantava a Bologna nella Vedova accorta, insieme con la Rossignoli, divenuta già sua moglie (l. c., 546); nel carn. ’52 era a Lodi con la moglie (voi. XXVII, p. 418) e nell’autunno a Parma (Arcifanfano: v. Ferrari); nell’estate ’55 a Modena (Arcif. e Speziale: v. Gandini, I, 103); nel carn. ’56 ancora a Bologna, col titolo di virtuoso del Duca di Modena (Mondo alla roversa). Il Burney lo udì a Milano, nel 1770, e dice che "divertì il pubblico per il suo recitare e il suo carattere... e proprio per le ragioni per le quali in Inghilterra non sarebbe piaciuto” (l. c., p. 28). Miglior attore, dunque, che cantante. - Giacomo Caldinelli cantava per la prima volta a Venezia. Compiuto l’anno 1754-55 al S. Samuele, tornò a cantare l’anno 1758-59 a S. Moisè, come vedremo, e ricomparve molti anni dopo a S. Samuele, nel 1771-72. Nella state del ’55 era a Modena coi Baglioni e col Carattoli. - Di Angela Conti romana, detta la Taccarina, che a Venezia cominciò a cantare nell’autunno del 1750 a S. Cassiano, nel Mondo alla roversa, ho già parlato (voi. XXVIII, p. 182). Bella e “ben fatta”, ma “grassetta” e “tondetta” la descrive il Goldoni nella sc. 2, a. II, della Mascherata, vestita da Silvio (c. s., 220). Cantò a Napoli nel 1747 al S. Carlo con Gioacchino Conti detto l’Egiziello, col Manzoli e con Vittoria Tesi (Croce, I teatri di Napoli ecc., Nap., 1891, pp. 425 e 428). Sposò nel 1754, o poco prima, il cantante Giovanni Leonardi. - Anna Zanini non apparve a Venezia che nell’anno 1754-55, a S. Samuele; passò anch’essa coi compagni a Modena nell’estate ’55 (Gandini, I, 103). - Quanto all’Antonia Zamperini, che doveva sostituire la Taccarina, aveva cantato a S. Samuele nell’Ascensione di quell’anno; cantò poi a lunghi intervalli: nel 1755-56, pure a S. Samuele, nell’aprile ’61 a Murano (nella Buona figliuola del Goldoni), poi nell’anno 1771-72 a S. Moisè (insieme con Anna Maria Zamperini), nell’Ascensione ’76 a S. Benedetto, e infine nel carn. ’77, ancora a S. Moisè (con l’Anna).
Fra i ballerini del teatro di S. Samuele incontriamo in questa stagione la famosa Zanetta (Giovanna) Griselini soprannominata la Tintoretta dal padre tintore, come avverte il Casanova. Quando salì la prima volta sulle tavole del teatro? Il Wiel non la ricorda prima del carnevale 1753, a S. Cassiano. In una riferta del 14 giugno 1753 il confidente G. B. Medri informa gli Inquisitori d’una lettera diffamatoria che circola nei caffè e nelle conversazioni contro Mad. S. Giorgè (o Mad. 5. Giorgio: vedi pag. 11, e v. vol. XXVIII, 573) e suo marito. “Questa ò inteso sia stata fatta in Casa delle Tintorette Ballarine da S. E. Marino Giorgi [Zorzi] unito con un certo Sig. Dottor Reghellini [Giano Reghellini, autore delle Osservazioni ecc. lodate dal Baretti nella Frusta, n. IX: è il medico Reghellini ricordato più volte dal Casanova, Mém.es Garnier, III, 129, 135 ecc.] ambi morosi [amanti] delle sud.”Tintorette” (Riferte dei Confidenti, busta n. 616, presso l’Arch. di Stato di Venezia). Nel carnevale ’54 la Zanetta danzò nel teatro Rangoni di Modena con la sorella Margherita (Gandini, I, 100). In altra riferta del Medri, 10 Aprile 1755, si legge: “Sabato sera veniente partivano per Reggio la Zanetta Griselini detta la Tintoretta, e la Galli, ed altri per operare in quell’Opera che anderà in Scena alli primi di Maggio, e la sud.a Tintoretta Ballerina viene trattata da S. E. Nicoletto Foscari ni, quale ci spende dietro qualche cosetta” e vuol recarsi colà a vederla con Marino Giorgi. Nel cam. del ’56 la troviamo al Formagliari di Bologna (vol. XXVIII, 184). - Probabilmente il Casanova ci parla nel 1742 non di lei, bensì di Margherita, sua sorella maggiore, detta pure la Tintoretta, “danseuse médiocre, ni belle ni laide, mais fille d’esprit”, la quale aveva allora due protettori a un tempo, il principe di Waldeck e il nobile Lin. Si dava le arie d’una principessa, fingeva amare la poesia e parlava francese. “Elle était amoureuse d’un jeune médicin plein de ménte, nommé Righelini” (Mem.es Garnier, I, 153-155). Nel ’47 fu invitata a Napoli dove l’accompagnò il nobile Vincenzo Cappello: danzò nel teatro di S. Carlo ed ebbe 1284 ducati, benchè l’impresario non fosse di lei molto contento. Il Croce racconta d’una zuffa col direttore Grossatesta e d’un amoruccio con don Giuseppe Grillo, figlio del duca di Mondragone (l. c., 425-426). - Il Gradenigo ricorda in data 14 febbraio 1757: "Nel Teatro di S. Benetto dall’alto de’ Palchi si gettarono al Popolo quantità de Sonetti stampati coll’accompagnamento de vivi cotorni, fasani e colombi per il valore di duecento Ducati, il tutto a merito di... Grisolini, detta la Farinetta [sic] celebre Ballerina, auspiciata da S. E. Gerolamo Mocenigo”, Era questa, credo, la Zanetta, che nel ’59 troviamo pure a Napoli, al S. Carlo (è detta Anna invece di Giovanna: Croce, 488).
⁂
Immensa fu la fortuna del Filosofo di campagna. Fin dal 1755 lo vediamo nel giugno a Dresda (per un patto che il Goldoni aveva con quel teatro: v. lett. al co. Arconati - Visconti, 22 ott. 1751), nell’estate a Milano e nell’autunno a Firenze; poi nel genn. ’56 a Bologna, nell’estate a Siena a Civitavecchia a Mannheim, nell’autunno a Venezia ancora e a Genova; nel cam. ’57 a Roma (ridotto a semplice Intermezzo) a Bergamo a Novara, e nel marzo a Berlino; nel cam. del ’58 a Modena e a Loreto (?), nella primavera a Parma e l’anno stesso a Pistoia e a Pietroburgo; nel ’59 a Bruxelles e a Torino, nel ’60 a Reggio e a Madrid, nel ’61 a Bologna e a Londra, nel ’62 a Praga a Milano a Dublino a Londra, nel ’64 a Francoforte, nel ’65 a Como e a Treviso, nel ’67-68 a Londra, nel ’69 a Stralsunda, nel ’70 a Belluno e a Bologna, nel ’70-71 a Parma, nel ’71 a Schwetzingen, nel ’77 a Ratisbona a Revai e a Riga, e finalmente nell’80 a Stoccolma: ma tante altre recite sfuggirono certamente finora agli studiosi (v. Piovano, B. Galuppi, in Rivista Mus. It., 1907, pp. 342-343). Il titolo del dramma fu spesso alterato e trasformato, insieme col libretto, nella Serva astuta, nel Tutore burlato, nel Tutore e la pupilla e nel Filosofo ignorante di campagna.
Il Burnmey assistette alla rappresentazione che si fece nel King’ s Theatre di Londra, nel 1761, con aggiunte e varianti del maestro Cocchi, e ne parlò con entusiasmo. "Questa burletta sorpassava in merito musicale tutte le opere buffe che si diedero in Inghilterra sino alla Buona figliuola" (A general history of music ecc., London, 1789, t. IV, pp. 474-475: tolgo la cit. al Piovano, l. c., 344). Molto gli piacque la buffa Paganina (Maria Angiola Paganini, moglie di Carlo) nelle vesti di Lesbina, e la Eberardi nell’aria della Lena: La pastorella al prato (II, 16).
Venne esumato il Filosofo nel 1907 a Venezia, in occasione del secondo centenario della nascita di Carlo Goldoni e fu eseguito tre volte nel Liceo Benedetto Marcello, con profondi tagli e mutazioni, sotto la direzione del m. Wolf-Ferrari, futuro autore delle Donne curiose e dei Quattro rusteghi. Dopo la prima recita, così scriveva Mario Pascolato nella Gazzetta di Venezia (1 marzo): "Dopo un fresco preludio, agile e snello, la tela si alza su un delizioso quadretto... La musica, tutta grazia, tutta sorriso di melodia, colpisce subito gli ascoltatori come una dolce sorpresa. Mezzo secolo prima di Mozart, a Venezia, si scriveva dunque così? E l’osservazione che prima s’impone è quella della perfetta corrispondenza della veste musicale colla parola. Subito, nel canto sconsolato di Eugenia: L’afflitta padroncina [nel testo goldoniano è l’aria della Lena, a. I, sc. 6], quale esattezza di espressione, quale scrupolosa accentuazione, qual chiarezza di pensiero melodico!... E il senso di lietà meraviglia cresce e si propaga: sono le gaie strofette del ravanello, della cicoria, dell’insalata, è l’aria veramente rossiniana di don Tritemio: La mia ragione è questa, è la robusta e appassionata invettiva di Rinaldo: Anima vile ingrata! [non appartiene quest’ultima al primitivo testo del Goldoni]”. "Il melodramma del Galuppi si svolge intanto semplice e sereno e perfetto. Equilibrati gli atti, svelte le scene, e sempre migliore e più robusta la musica. La dolcezza squisita dell’a due degli amanti: Se voi mi amate... [anche quest’aria non è nel testo goldoniano] come leggiadramente contrasta colla bonaria semplicità dall’entrata del filosofo! come indovinato il pizzicato che lo annuncia e che interrompe con tanto effetto il recitativo! E la civetteria di Lesbina come arguta e appassionata insieme, nelle grazie sospirose dell’arietta: Compatite, signor... - Ed ecco, in questo second’atto [il quale corrisponde alla seconda parte del I atto goldoniano], il primo esempio di finale complesso e robusto: ecco tutta una scena veramente mirabile per scioltezza e vivacità, sostenuta con brio inesauribile per una non breve vicenda di equivoci leggiadri e chiusa con efficacia e grandiosità da operista di polso. Il terz’atto, che si apre con la pacifica aria serena del buon filosofo [a. II, se. 12 del testo di Goldoni], contiene le pagine più deliziose dello spartito: quel duetto Nardo-Lesbina che è tutto un incanto di grazia ispirata. Un capolavoro di espressione è la professione di fede (chiamamola così) del protagonista: Se non sei nata nobile... [a. II, sc. 14] - E nell’enumerazione delle doti della donna il canto ha accenti e figure e sospensioni di inimitabile efficacia. Poi la musa lirica ha il sopravvento e i due sposi sospirano una melodia dolcissima [a. III, se. 9], e l’orchestra, nella semplicità de’ suoi mezzi, trova impasti e colori di freschezza incantevole. Poi, contrasto efficacissimo e felice, il finale si stacca su un ritmo inarcatissimo pieno di vita, per distendersi appassionato nelle preghiere degli amanti: Ah, genitor, perdono... finchè il brio di Lesbina riappare nel malizioso conforto: Nonno sarete presto... [non è del Gold.], e ravviva l’ultimo insieme delle cinque voci”.
Anche il cronista musicale dell’Adriatico (1 marzo 1907) rimase sedotto da "tanta semplicità di arte” e "da tanto estro”, da "questa forma di bellezza, lanciata con un impeto di creazione ove non è ombra di inquinamento, ma tutto è vero e sincero”.
Poco tempo dopo, così scriveva il maestro G. G. Bernardi: "Anche la sinfonia del Filosofo di campagna è composta di due allegri e di un andante. L’istrumentale comprende violini primi e secondi, viole (quasi sempre col basso), bassi, due oboi, talvolta sostituiti da due flauti, e due corni. Gli istrumenti accompagnano le arie e i pezzi d’assieme; i recitativi sono invece, secondo l’uso del tempo, accompagnati sempre dal clavicembalo sul basso numerato. Anche in questo spartito le arie rappresentano la parte principale, talchè sono in numero di 22 sopra 28 pezzi ch’esso comprende”. Il compositore trattò le parti di Eugenia e Rinaldo "naturalmente come nell’opera seria, cioè con grandi arie d’espressione e di bravura, con passaggi acutissimi, lunghi vocalizzi, ripetizioni di parole, e il suo bravo posto per la cadenza perchè l’artista potesse sfoggiare tutto l’arsenale dei suoi artifizii musicali. Sono precedute sempre da lunghi ritornelli istrumentali, inutili sempre e talvolta inverosimili... Ma quanta verità invece in tutta la parte buffai quanta grazia e malizia nella semplicità melodica della parte di Lesbina! Per es. le due ariette, il ravanello e la cicoria... La rustica filosofia di Nardo non potrebbe avere miglior espressione che nell’aria Se non è nata nobile ecc. dove, dopo aver enumerato i requisiti che deve avere la donna, conclude in un allegro minuetto: Se non è nata nobile ecc. La burbera ostinazione di don Tritemio è resa in modo insuperabile nell’aria con la quale risponde a Rinaldo: La mia ragione è questa ecc. Efficacissimi sono poi i concertati che formano i finali, cioè i quartetti dell’atto I e del II e il sestetto del III. - Insomma la musica giustifica pienamente i clamorosi successi ch’ebbe quest’opera ad ogni sua comparsa, e si capisce com’essa abbia potuto, dopo un secolo e mezzo dalla sua creazione e davanti un pubblico tanto diverso, sollevare ancora il più schietto entusiasmo" (Il teatro musicale veneziano del secolo XVIII, Mantova, 1913, pp. 28-29).
La partitura ms. del Filosofo di c. si trova a Milano nell’Archivio Ricordi, a Vienna nella Bibl.ca Palatina, a Dresda, a Parigi nel Conservatorio, a Londra nel British Museum (una copia di questo ms. è dal 1907 nella Bib.ca Marciana di Ven.), e altrove: Piovano, l. c., 1907, p. 342 e Eitner, Biographisch Bibl. Quellen-Lexikon der Musiker, Leipzig, 1901, vol. IV, p. 140.
Sul Galuppi si veda lo studio tante volte citato del Piovano, nella Rivista Musicale Italiana (1906-1908), e la Nota storica dell’Arcadia in Brenta (vol. XXVII, 359-363). Le più belle lodi del Goldoni al Buranello si trovano nelle Ottave in dialetto veneziano che il nostro commediografo compose nel 1760 per le nozze Minelli-Baglioni (a proposito della replica dell’Adriano in Siria, nel Teatro di S. Salvador o S. Luca: vedi il I tomo dei Componimenti diversi, 1764; e Piovano, l. c., 1906, pp. 696-697). - Più volte, di recente, rivendicò il merito del Galuppi Fausto Torrefranca (vedi, p. e., Per un catalogo tematico delle sonate per cembalo di B. Galuppi detto il Buranello, in Riv. Mus. It. 1909, f. 4). Piacemi sul maestro veneziano riferire anche queste parole di Francesco Vatielli:
“L’opera comica veneziana, quale nella produzione del Galuppi si rivela, ha caratteri per molti riguardi diversi di quella coeva dei maestri napoletani. E più accurate, più fine, più polite e nei suoi mezzi tecnici più complessa. L’aderenza così immediate dell’espressione musicale con quella del testo, che risultava tento evidente nella migliore opera pergolesiana, troppo spesso manca. La melodia del Galuppi porte accentuate le stigmate dell’estemporaneità e dell’improvvisazione: piuttosto che ricercare una penetrazione psicologica, mira a compiacere con la vivacità dei ritmi e con la semplicità elegante dell’Aria, qualità codeste che il Galuppi aveva manifestato già in modo così singolare nelle sua produzione cembalistica. Altra sua caratteristica consiste nell’uso dell’orchestra come elemento integrativo del dramma. La relativa difficoltà dell’esecuzione strumentale fu non ultima causa degli scarsi riflessi che la sua musica ebbe nella scuola napoletana” (Materia e forme della musica, Bologna, 1928, vol. II, pp. 240-241).
Dalla Gazzetta di Venezia del 1907 (25 febbraio), dove Mario Pascolato loda le innovazioni del Galuppi nell’orchestra e nei finali degli atti die “irrobustisce e arrotonda” e dove fa notare ch’egli nacque 43 anni prima di Cimarosa e 35 prima di Paisiello, e ch’egli precede di mezzo secolo Mozart e un quarto di secolo Haydn, ricopio l’umile cenno sui funerali del grande maestro, tolto dal Registro della Chiesa di S. Vitale in Venezia:
A di 4 gennaio 1785 - Fun.e del q. m. Baldissera Galuppi spettante alla Ducale Basilica: ma sepolto nella n.ra Chiesa coll’intervento del r.mo Capitolo al quale restò Torzi quattro per la tumulazione. - Penello del Ss.mo L. 2 - Capitolo L. 31 - Terzo e quarto prete L. 4 - Chierici n.o 5 L. 3 - Invito L. 1 - Nonzolo per suonar le campane L. 4 - Aste del Ss.mo L. 6-4 - Luminaria del Ss.mo L. 6.4 - Messe n. 20 L. 40 - Arca L. 6.4 - Summa L. 103.12. - Candele n. 6 per Aste e Penello - n. 4 per Aste del SS.mo - n. 7 per il Capitolo - n. 1 per il Cappellano - per li Altari n. 16 spettanti al Cap.lo di S. Marco.
G. O.
EDIZIONI PRINCIPALI
IL FILOSOFO | di | CAMPAGNA | dramma giocoso per musica | DI POLISSENO FLGEJO | pastor arcade | DA RAPPRESENTARSI | nel teatro grimani | di s. samuel | L’Autunno dell’Anno 1754 CCC. | in venezia, mdccliv | Presso Modesto Fenzo. — pp. 60, in-12 (Vedi frontespizio).
IL | FILOSOFO I DI CAMPAGNA. | Dramma giocoso | per musica, | da rappresentarsi | in Dresda | l’anno mdcclv. — der land-mann ein philosoph ecc., Dresden, Stoesselin und Johann Cari Krausen, pp. 158, in-12. - La prima recita nello Zwingertheater fu il 13 giugno 1755. La trad. tedesca ha di fronte il testo italiano. Si legge nel libretto il nome del Galuppi, non quello del Goldoni. Qualche aria fu cambiata. (Tolgo queste notizie dal Catalogo generale della Raccolta drammatica it. di L. Rasi, Firenze, 1912, p. 405 e dal Catalogue of Opera librettos printed before 1800 prepared by Oscar George Theodore Sonneck, Washington, 1914, vol. I, p. 507; v. pure Francesco Piovano, B. Galuppi, in Rivista Musicale It., 1907, p. 342).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA ecc. da rappresentarsi nel R. Ducal Teatro di Milano nell’estate dell’anno 1755: Milano, R. Malatesta, 1755, pp. 55, in-12 (v. Spinelli, Bibliografia Goldoniana, Milano, 1884, p. 184 e Piovano, 1l. c.).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA ecc. da rappresentarsi in Firenze, nel teatro in via del Cocomero nell’autunno dell’anno 1755 (v. Piovano, l. c.).
IL FILOSOFO | di | campagna | Dramma Giocoso per Musica | di polisseno fegejo | p. arcade | DA RAPPRESENTARSI | nel teatro formagliari | Il Carnovale dell’Anno MDCCLVI. || In Bologna, per il Sassi Successore del Benacci | Con licenza de’ Superiori - pp. 72, in-12. — Personaggi. Parti serie: Eugenia Giovanna Baglioni, Rinaldo Violante Masi. Parti buffe: Nardo Francesco Baglioni, Lesbina Clementina Baglioni, D. Tritemio Frane. Caratoli (sic) Virtuoso di Musica di S. A. S. il sig. Duca di Modena, Lena Anna Zannini, Capocchio Giacomo Caldinelli. Sono gli stessi cantanti che interpretarono per la prima volta il Filosofo a Venezia: solo sostituita la Masi alla Taccarini, "La Musica è del celebre Sig. Baldassare Galuppi detto Buranello". - Balli inventati e diretti da Monsieur Giovan Michele Costa; eseguiti da Giovanna Grisellini detta la Tintoretta, Elena Buttali, Lucia Lolli detta la Bergamasca, Anna Goresi, Marianna Valsecchi, Monsieur G. M. Costa, Gaetano Pacini, Giovanni Belmonte, Petronio Cenerini (il futuro attore), Francesco Pacini. - Il testo segue il libretto originale del 1754: solo vedi un’aggiunta alla fine della sc. 9, a. I, e abbreviata la sc. 14, a. II. - L’imprimatur ha la data del 30 dic. 1755.
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA, Dramma giocoso per musica da rappresentarsi alla Corte elettorale Palatina... l’anno 1756, Mannheim, Stamperia elettorale, pp. 173, 16em — Libretto ridotto da Matteo Verazzi; musica di Ignazio Holzbauer. (Tolgo da Sonneck, l. c., p. 508 e da C. Musatti, I drammi musicali di C. G., Venezia, 1902, p. 25).
IL | FILOSOFO | DI CAMPAGNA | dramma giocoso | per musica | di Poliseno Fegejo Past. Arc. | Da rappresentarsi in Civita Vecchia | Nell’Anno 17561 In occasione delle solite Feste ecc. ecc. || In Roma, nella Stamperia del Zempel. - cm. 15.5 X 8.5, pp. 60. — Personaggi: Eugenia G. B. Uccelli milanese, Rinaldo Gius. Giustinelli di Orvieto, Nardo Bernardo Ciaranfi di Firenze, Lesbina G. B. Vasquez milanese, Lena, Frane. Pieri, Capocchio Franc. Cicconi romano. Musica del Galuppi. (Libretto presso la Bib.ca Vitt. Emanuele, a Roma. Comunicazione del dott. Uld. Rolandi).
IL FILOSOFO | di | CAMPAGNA | dramma giocoso per musica | di polisseno fegejo | pastor arcade | DA RAPPRESENTARSI | nel teatro grimani | di s. samuele | L’Autunno dell’Anno mdcclvi. || in venezia, mdcclvi. | Appresso Modesto Fenzo, | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. - pp. 58, in-12. — Personaggi. Parti serie: Eugenia Bianca Riboldi, Rinaldo Ferdinando Compassi. Parti buffe: Nardo Giovanni Lovatini, Lesbina Anna Tonelli Bambini (v. vol. XXVIII, p. 369), D. Tritemio Antonio Rossi, Lena Caterina Tonelli, Capocchio Giuseppe Barbarossa. "La Musica è del Sig. Baldassare Galuppi". Balli inventati da Bartolomeo Priori; vestiario di Natale Canziani. - Alcune arie furono cambiate, pare, dallo stesso Goldoni: vedasi Appendice, pp. 209-210.
IL FILOSOFO | di campagna | dramma giocoso per musica | da rappresentarsi nel Teatro | Di Cittadella di Bergamo. | Nel Carnovale 1757. | DEDICATO | a sua eccellenza | il signor | sebastian | venier | capitanio, e v. podestà. || in bergamo, mdcclvi. | Per Francesco Traina. | Con Licenza de’ Superiori. - pp. 60, in-12. — Personaggi. Parti serie: Eugenia Anna Dechè, Rinaldo Angela Leonardi detta la Taccarini. Parti buffe: Nardo Giovanni Leonardi, Lesbina Lavinia Guadagni, Lena Marianna Brivio, Capocchio Francesco Moro. Ballerini: Margherita Morelli, Marianna Nicolini, Annamaria Salomoni, Gio. Battista Nichili, Giulio Salomoni inventore e direttore, Luigi Luchisino. - Il testo corrisponde fedelmente a quello del libretto originale di Venezia, 1754. (Il libretto si trova presso il Museo Civico Correr di Venezia).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA, dramma giocoso per musica, da rappresentarsi nella città di Novara in Casa Pettazzi nel Carnevale dell’anno 1757, dedicato a Sua Eccellenza il Signor Marchese Don Giuseppe Maria de’ Marchesi del Carretto... Governatore della città e contado dell’alto e basso Novarese. Milano, Stamperia Carlo Ghislandi, s. d. [1757], pp. 68. (Tolgo da G. Bustico, Drammi, cantate, intermezzi musicali di C. Goldoni, estr. dalla Rivista delle Biblioteche ecc., A. III, 1925, p. 33).
IL FILOSOFO | DI CAMPAGNA | Dramma giocoso per Musica | di pousseno fegejo p. a. | Il Carnovale dell’Anno I 1758. || in modena, | Per gli Eredi di Bartolomeo Soliani | Stampatori Ducali, | Con licenza de’ Superiori. - pp. 57, in-12. L’imprimatur è del 21 dic. 1757. — Attori. Parti serie: Eugenia Anna Favelli, Rinaldo Francesco Liberati. Parti buffe: Lesbina Violante Masi, D. Tritemio Gabriele Messeri, Nardo Domenico Bonifazi, Lena Agata Ferretti, Capocchio Giacomo Tibaldi. Ballerini: Gaspare Caccioni, compositore e direttore, Anna Paccini, Angelo Lolli, Lucia Lolli detta la Bergamasca, Vincenzo Monari, Geltrude Coradini, Giuseppe Filippini, Elisabetta Lolli. - "La Musica è del Celebre Maestro Sig. Baldassare Galuppi detto Buranello”. - Il libretto corrisponde alla prima stampa originale di Venezia, 1754, e alla ristampa di Bologna, 1756, ma ha una scena di più, la 12 dell’atto II: Lena sola canta "Quanto s’inganna - Chi pensa e crede ecc.". Mutate le arie della sc. 2 ("T’amerò, sarò costante") e della sc. 6 ("S’io avessi anche un tesoro”) dell’atto III. (Trovasi il libretto nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).
IL FILOSOFO | DI CAMPAGNA | dramma giocoso | DI POLISSENO FEGEJO | pastor arcade | DA RAPPRESENTARSI | nel teatro di s. a. serenissima | IL SIGNOR | principe di carignano | Nell'Autunno Dell'Anno mdcclix. || Torino, | Presso giacomo giuseppe avondo Stampatore | e Librajo della Società de’ Signori Cavalieri. [ Vicino al Senato vecchio. - pp. 57, in-12. — Attori: Nardo Giovanni Lovatini. Lena Giovanna Baglioni, Lesbina Clementina Baglioni, D. Tritemio Francesco Ceratoli virtuoso di S. A. S. il Duca di Modena, Eugenia Vincenzia Baglioni, Rinaldo Gaspare Savoj, Capocchio Francesco Baglioni. Musica del Galuppi. - Il libretto segue fedelmente la prima stampa di Venezia, 1754. (Trovasi presso la Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA, dramma giocoso per musica di Polisseno Fegejo pastor arcade, da recitarsi nel Teatro dell’illustrissimo Pubblico di Reggio il carnovale dell’anno MDCCLX. In Reggio, per Giuseppe Davolio - pp. 60. — Attori: Eugenia Margherita Parisini, Rinaldo Barbara Ghirelli. Nardo Anastasio Massa, Lesbina Lucia Frigieri, virtuosa di S. A. S. la Principessa d’Armstat (sic), D. Tritemio Petronio Maselli, Lena Giuliana Naldi, Capocchio Petronio Vecchi. (Vedasi G. Crocioni, in Modena a C. Goldoni, Modena, 1907, p. 349).
LA | SERVA ASTUTA | O SIA | IL FILOSOFO IN CAMPAGNA | INTERMEZZO IN DUE PARTI | a cinque voci | L’Autunno dell’Anno MDCCLXI. | IN VENEZIA, | Presso il VALVASENSE | CON LICENZA DE’ SUPERIORI pp. 24, in-12. — Attori: Lesbina Maria Mercanti, Capocchia (sic) Domenico Occhiluppi, Nardo Domenico Negri, D. Tritemio Domenico Pesci, Fiorillo Giovanni Nicolini. "La poesia è del Sig. Dottor Goldoni. La Musica è del celebre Sig. Baldassar Galuppi detto Buranello". - Parte I. Sc. I: Lesbina, poi D. Tritemio (L. canta le canzonette sul ravanello, sulla cicoria e sull’insalata). Sc. 2: D. Tritemio e Capocchia. Sc. 3: Capocchia solo (brevissima). Sc. 4: Nardo col chitarrino e due villani. Sc. 5: Lesbina e Nardo. Sc. 6: Nardo e D. Tritemio. Sc. 7: Fiorillo e detti, poi Lesbina. Parte II. Sc. I: D. Tritemio e Lesbina. Sc. 2: Capocchia con comparsa da cavaliero e D. Tritemio. Sc. 3: D. Tritemio solo. Sc. 4: Nardo e Lesbina. Sc. 5: P. Tritemio e Lesbina. Sc. 6: Lesbina, Nardo, Capocchia, poi D. Tritemio. E sbagliata nella stampa la numerazione delle scene. (II libretto si trova presso il Civico Museo Correr).
IL FILOSOFO | DI CAMPAGNA | Dramma giocoso per Musica | DA RAPPRESENTARSI | nel regio ducal teatro | Nell’Estate del corrente anno 1762. | Dedicato | A Sua Altezza Serenissima | il signor | Regio (sic), Mirandola ec. ec. | amministratore, | Della Lombardia Austriaca ec. ec. || in milano, | Nella Stamperia di Giovanni Montano. | Con licenza de’ Superiori. - pp. 64, in-12. — Dice Giuseppe Galeazzi nella dedica: "Per secondare, Altezza Serenissima, il piacimento della generosa Nobiltà Milanese, che desidera nuovamente vedere sopra queste Regie Ducali scene il Filosofo di Campagna, non ho tralasciata veruna diligenza ecc. Fu questo Dramma giocoso altre volte, A. S., di vostro geniale intertenimento ecc. ". - Personaggi: Eugenia Clementina Baglioni, Rinaldo Gasparo Savoy, D. Tritemio Francesco Caratoli, Lesbina Giovanna Baglioni, Nardo Giovanni Lovatini, Lena Vincenza Baglioni, Capocchio Giacomo Caldinelli. “La Musica del Sig. Baldassar Galuppi”. Compositore dei balli Pietro Bernardo Michel, virtuoso di S. A. S. la Sig. Principessa Ereditaria di Modena. Il libretto corrisponde quasi del tutto alla prima stampa di Venezia, 1754, e alla prima di Bologna, 1756. (Trovasi nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).
IL FILOSOFO | DI | CAMPAGNA | drama giocoso per musica | di Poliseno [sic] Fegejo | Pastor Arcade | Da rappresentarsi | sul Teatro Dolifin di Treviso | l’Autunno dell’anno 1765. | Dedicato a S. E. | Domenico Balbi Podestà e Capitanio. || In Trevigi, MDCCLXV | Presso li Fratelli Pianta. Con Licenza de’ Superiori. - cm. 14 X 8, pp. 55. — Personaggi. Parti serie: Eugenia Maria Coronati, Rinaldo Dom. Friggeri. Parti buffe: D. Tritemio Ant. Marchesi, Lesbina Angela dalla Tavola, Nardo G. B. Rosi, Lena Rosa Dei, Capocchio Gaet. Simonetti. Balli di Dom. Ricciardi e di Franc. Martini. Musica di B. Galuppi. (Il libretto fa parte della ricca collezione del dott. Ulderico Rolandi, al quale come a prezioso collaboratore esprimo tutta la mia riconoscenza).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA, Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegejo P. A., da rappresentarsi nel teatro di Belluno il cara, dell’anno 1770, umiliato a S. E. il Sig. Conte Pietro Crotta. Belluno, Tissi, pp. 41, in-16. (Vedi Bibliografia Bellunese di A. Buzzati, Venezia, Merlo, 1890).
IL FILOSOFO) | di | CAMPAGNA I Dramma giocoso per Musica | DI POLISSENO FEGEJO | DA RAPPRESENTARSI | NEL TEATRO | MARSIGL1 ROSSI | Il Carnevale dell’Anno 1770. | dedicato | Agl’Ill.mi, ed Eccelsi Signori | signor || In Bologna nella Stamperia del Sassi | Con licenza de’ Superiori. - pp. 68, in-11. La dedica degli impresari è in data 17 febbraio 1770. — Personaggi: Lesbina Angela Davia di Parma, virtuosa di S. A. S. il Langravio d’Assia Cassel, Nardo Gio. B. Brasa di Venezia, D. Tritemio Antonio Tcmasini d’Urbino, Lena Margherita Parisini di Roma, Capocchio Petronio Vecchi di Bologna, Rinaldo Francesco Fariseli, Eugenia Maria Baccarini. - Musica del Galuppi. - Balli d’invenzione e direzione di Lodovico Ronzio, eseguiti da: Teresa Cacciari, Maria Biseseghi detta la Vicinelli, Francesco Vicenzi, Gennaro Borazini, Antonio Cipriani, Giorgio Ronzi. Reimprimatur in data 14 febbr. 1770. - II testo corrisponde alla prima stampa di Venezia 1754 e di Bologna 1756: cambiate poche arie. (II libretto si trova nslla Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).
IL | FILOSOFO | di CAMPAGNA | Dramma | giocoso per musica | da rappresentarsi | nel Regio Teatro | di Corte | Il Carnevale MDCCLXXII. || In Parma | Nella Stamperia Reale - cm. 18.5 X 12.5, pp. 72. — Personaggi: Nardo Benedetto Bianchi, Lesbina Geltrade Allegretti Falchini, D. Tritemio Vincenzo Focchetti, Lena Teresa Montanari, Capocchio Gioacchino Cirri, Eugenia Antonia Zaccarini, Rinaldo Francesco Crespi. Balli di Giacomo Romolo. Musica di B. Galuppi (Libretto nella collezione Rolandi: v. sopra).
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA ecc. nel t. V delle opere drammatiche giocose del sig. dott. C. G., MDCCLXX, presso A. Savioli.
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA ecc. nel I tomo delle | OPERE | drammatiche giocose | DI | CARLO GOLDONI | avvocato veneto | appresso guibert, e orgeas, pp. 1-50.
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA ecc. nel tomo XLIII (L 9, classe IV delle OPERE TEATRÀLI | del sig. avvocato | CARLO GOLDON1 veneziano. || venezia, , pp. 63-122. A p. 63 porta questa strana indicazione: "Rappresentato a Madrid l’anno MDCCLX".
Delle recite di Siena (1756), di Genova (1756), di Roma (Intermezzo in 2 parti, a 5 voci, col titolo di Serva astuta, nel teatro Valle, cara. 1757: v. Piovano, l. c., 342), di Berlino (Kgl. Schlosstheater, 27 marzo ’57: cantato da Marianna e Ottavia Gherri: v. Piovano, I. c., 343), di Parma (1758), di Pistoia (1758: A. Chiapelli, Storia del teatro di P. ecc., Pistoia, 1913), di Pietroburgo (1758: v. Piovano), di Bruxelles (1758: Int.° a 5 voci, col titolo di Tutore burlato: A. Wotquenne, B. G., in Riv. Mus. It., VI, 1899, p. 574 e Piovano), di Madrid (1760), di Bologna (1761: Ricci, Teatri di Bol., p. 478), di Londra (1761-62 a 1767-68: Wotquenne e Piovano), di Praga (1762: Piov.), di Dublino (1762, col titolo di The Guardian Trick’ d: v. Wotquenne, Il. c., 575 n.), di Francoforte sul Meno (1764: Piov.), di Como (1765: Piov.), di Stralsunda (1769: Pio v.), di Schwetzingen (1771: Piov.), di Ratisbona, Revai e Riga (1777: Piov.), di Stoccolma (1/80, col titolo di Filos. ignorante di camp.: Piov.) non potei vedere i libretti, nè aver sufficienti notizie. Nel libretto st. a Venezia nel 1907, per le recite nel Liceo Musicale B. Marcello, i personaggi sono ridotti a cinque: e formano i tre atti le principali scene combinate insieme (v. p. 220).