Il Governo Pontificio o la Quistione Romana/Capitolo 4

Capitolo 4

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CAPITOLO IV


Sudditi dello Stato temporale.


Il 14 maggio 1856, il signor di Rayneval, ambasciatore di Francia in Roma, tenero oltremodo dei cardinali e nemico a oltranza de’ loro sudditi, cosi definiva il popolo italiano:

«Nazione profondamente scissa, in preda di ambizioso talento, scema delle doti che fanno grandi e potenti le altre, svigorita, senza spiriti guerreschi e disgregata, inscia del rispetto che alle leggi ed alle sociali autorità si debbe.»

Il signor di Rayneval sarà canonizzato fra cento anni, se mutamento non avvenga, per avere si cavalleresca difesa assunta a pro degli oppressi.

Nell’infrattanto non escirò di carreggiata, [p. 24 modifica]parmi, provandomi a rifare cotesto ritratto; avvegnadiochè i sudditi papalini sieno Italiani come gli altri, simiglianti agli altri, nė la penisola racchiuda che una sola nazione, Differenza di climi, prossimità di stranieri, tracce d’invasioni ponno modificare il tipo, cangiar l’accento; variare le forme del linguaggio; ma dall’Alpi al Lilibeo gl’Italiani sono gli stessi da per tutto, e la classe media, il fior delle popolazioni, pensa nel modo stesso da Torino a Napoli.

Belli, robusti, aitanti, purché l’incuria dei reggimenti non abbandonili agli influssi della mal'aria, gli Italiani sono di spiriti elevati fra tutti gli Europei. Il signor di Rayneval, che non si lascia ire al piaggiare, loro concede «intelligenza, penetrazione e comprensione di tutte cose.» Per essi cultura delle arti e cultura delle scienze non si dispaiono; i primi passi in qualvuoi carriera dischiusa allo spirito, sono oltre misura rapidissimi; e se molti fra di essi s’arrestano a mezzo, devesene la colpa a deplorabili ragioni che loro asserragliano quasi sempre la via. Nelle private bisogne e nelle pubbliche e’son cime di maestri per accorgimento e sagacia. Niuno può gareggiare con essi nel compilare e nel discuter leggi, principi che sono in legislazione e giurisprudenza; chè l’idea della legge ha germogliaio in Italia dalla fondazione di Roma, ed è il più dolce frutto di cotesto prodigioso suolo. Inoltre, posseggono più che altri la facoltà di bene governare; [p. 25 modifica] sendochè l’arte del governare è nata in casa loro quando conquistarono il mondo: e i più grandi amministratori di che è orgogliosa la storia, Cesare e Napoleone, sono usciti di stirpe Italiana.

Dotati per cotal modo da natura, ei sanno di valere, e questa notizia li fa fumare talora d’orgoglio. Il natural desiderio di adoperare le avute facoltà degenera in ambiziosi propositi: ma se avessero le mani libere, nè l’uno nè gli altri darebbono materia di sberteggiare. Per lunga serie di secoli sono stati come incastonati in angusti confini di piccioli governi dispotici. L’impossibilità di mirare a grandi cose, ed il bisogno di azione che gli martella, hannoli talora balestrati a lacerarsi da una parte e dall’altra per municipali risentimenti. Negherem per questo ch’ei possano fondersi in un sol corpo di nazione? Mainò nol credo. E per fermo, si uniscono già per implorare il re di Piemonte e plaudire al conte di Cavour. E se a questa pruva non istate contenti, prendetene voi stessi esperienza. Atterrate le barriere che li separano; e do il capo a tagliare, s’eglino non si uniscono in men che non balena. Ma le grandi barriere sono il re di Napoli, il granduca di Toscana, l’Austria, il Papa, ecc.: vorranno eglino dare il primo colpo di scure?

Ignoro quali sieno a le qualità che formano la grandezza e la potenza delle altre nazioni; a mo’ d’esempio, della nazione Austriaca;» questo bene so, che poche [p. 26 modifica]qualità fisiche, intellettuali e morali mancano agl’Italiani. Sono svigoriti, secondo il signor di Rayneval; secondo me la vigoria trasmoda in essi i limiti della moderuzione. L’assurda1, ma vigorosa difesa di Roma contro di noi è storia di popolo che non procede ajato, ma vigoroso e fiero. Diremo che un esercito francese fu tenuto in iscacco per due mesi da uomini svigoriti? La nostra modestia trapasserebbe ogni confine. Le pugnalate che costi spesseggiano come gragnuola, accusano per avventura la fiacchezza della polizia, ma non chiariscono fiacchezza negli abitanti. Ho letto in una Statistica officiale che nel 1853 i tribunali romani han punito 609 crimini contro la proprietà, 1344 contro le persone. Di che è pronto il vedere dall’un canto che il popolo non è scevro di difetti, e dall’altro che potente è in lui la fiera energia de’ sentimenti. Nell’anno stesso la Corte delle Assise in Francia giudicava 3719 individui accusati di furto, e 1921 prevenuti di crimini personali. Proporzion rovesciata, i ladri sono in maggior numero appo noi: eppure in fatto di energia non vogliamo competitori.

Se cotali sono gl’Italiani, e ’ non occorrerà il trentadiavoli per farne buoni soldati. Il signor di Rayneval assicura con faccia tosta ch’eglino mancano compiutamente di quello spicchio che è lo spirito militare; e l’avrà [p. 27 modifica]udita da qualche cardinale, che la è propria da tre cotte. Ma, in fè di Dio, i Piemontesi in Crimea ebber difetto di spiriti marziali?

E qui il signor di Rayneval e i cardinali ve la mandano buona per ciò che concerne il coraggio dei Piemontesi; ma, dotti in geografia ed etnografia, sodano che il Piemonte non è in Italia, e gli abitanti metà Svizzeri, metà Francesi. «Italiano non è loro linguaggio, nė Italiani i costumi, di che è malleveria lo spirito militare e monarchico sconosciuto al resto d’Italia.» A questa stregua saria pronto dimostrare che gli Alsaziani ed i Bretoni punto non sono Francesi; quelli, avvegnadiochè sieno i più gagliardi soldati dello imperio, e poi ogni quando diciam noi monsieur, dicono dessi meinherr; questi perché sono monarcofili oltre il segno, ed appellano butum ciò che noi tabac. Ma Piemonte non è caserma di tutte le itale milizie; che il re di Napoli ha buon nerbo di truppe; il granduca di Toscana ha le sue, e i piccioli ducati di Modena e Parma non ne son senza, Lombardia, Venezia, Modena e buona parte dello Stato pontificio han dato eroi alla Francia. Napoleone ne fe’ memoria a S. Elena: in quelle memorie è scritto, nè si può stingere.

Che se spirito di associazione faccia difetto negl’Italiani, davvero non so di quai popoli sia inquilino. E per fermo, associazione governa il mondo cattolico; associazione sperpera la pecunia de’ poveri Romani; [p. 28 modifica]associazione incetta il loro fromento, la canapa, gli olii. Chi fa si mal governo delle foroste dello Stato? Chi scorrazza per le vie maestre arrestando diligenze, predando viandanti, se non associazioni? Ultimamente, l’agitazione e le congiure di Genova, Livorno e Roma non emergono dal partito mazziniano collegato di sottecchi in secreta associazione?

Non niego che i Romani procedono poco riverenti verso le leggi; ma ciò avviene, perchè leggi non sono nel loro paese. Bene professano piena osservanza al Codice di Napoleone, che chieggono a mani giunte; ma fannosi beffe dei capricci officiali de’ loro padroni, e n’han donde. Amico dell’ordine, non so acconciarmi al pensare che un ghiribizzo, una fantasia del cardinale Antonelli, scombiccherata sur un foglio, abbia ad avere potenza di legge per lo presente e per lo avvenire; e pronto mi è l’intendere perché i Romani, tali ordini legislativi avendo a vile, apertamente sberteggino.

Per quello che riguarda la sociale gerarchia, gl’Italiani ne son per avventura troppo teneri. Basta per una mezz’ora andare a zonzo per le vie di Roma, perchè l’uom persuadasi che un principe romano, per quantunque ligio del blasone, non potrebb’essere circondato da maggior rispetto; tanto può nei cittadini l’abitudine! Se meco vi piacesse risalire alla sorgente di alcune famiglie venute in grande stato, scommetto un dente che dareste di piglio a’ randelli o ai ciottoli delle [p. 29 modifica]vie per onorare a modo gli aristocratici dai colmi forzieri. Ebbene, i Romani, abbarbagliati dal luccicar degli scudi, fan di berretto ai ricchi, che se ne tengono: quanto rileva? La nazione italiana non ha sodato per coteste anomalie, che, in fin delle fini, sono frivolissimi nonnulla. Aggiungiam di vantaggio che se è agevol cosa tirar pel collo gl’Italiani fuor carreggiata, è a pezza più pronto il ricondurli in sul retto sentiero: passionati, corrivi ad andar in bizza, ma perdio, non malvagi; e basta un atto cortese, perchè ei pongano in non cale gli èmpiti della collera.

Concludendo, diciamo che la dolcezza del clima non li ha accasciati cosi da far loro detestare il lavoro: e parla all’avventata il viaggiatore che, dall’aver visto un facchino sdraiato all’ombra degli aranci a Mergellina, o della cupola di Brunelleschi, meriggiare dormendo, racconta all’Europa che questi popoli russano da mane a sera, e che avendo poche occorrenze, a quelle satisfatto, se ne stanno beatissimi con le mani in mano. Imperciocchè mostrerovvi or ora campagnuoli induriti al lavoro, come i villici nostri, ma flagellati da ben altro sole; vedrete massai preveggenti e ammisurati siccome i nostri, più ospitali però e più caritatevoli dei nostri, e questo per giunta. Nè lascerebbersi andare alla ignavia, alla sprecatura, all’accattare ( e diciamo dei più, chè di tristi è dovunque tale abbondanza da darne tre per coppia ), se non sapessero a menadito che, per fare che [p. 30 modifica]facciano, ogni loro conato non arriva a provvederli ve del bisognevole, nè a trarli dall’altrui soggezione. Scoraggiamento non è ignavia, come povertà non corrisponde ad ozio.

I sudditi del Papa sono tre milioni cenventiquattromila seicensessant’otto; abbiamolo detto, se non falla memoria, parecchie volte. Or tutto cotesto popolo è spartito a ventura sul suolo. Le provincie dell’Adriatico spesseggiano di abitatori almeno due tanti più delle rivierasche del Mediterraneo, propinque alla capitale, sotto gli occhi del Santissimo.

E gli economisti ascetici, pe’ quali tutto va di portante nel più sacre dei governi, non rifiniranno di dire:

«De’ meglio popolati d’Europa è lo Stato nostro, avvegnadiochè sia dei meglio governali. La media della popolazione in Francia é 67 1|2 per ogni chilometro quadrato; nello Stato romano aggiunge a 75 71|0! Ondeche, se l’Imperatore di Francia venisse a scuola d’amministrazione da noi, egli aumenterebbe sopra ogni chilometro 8 abitanti e 2|10: vi garba?

«La provincia d’Ancona, che è occupata da Austriaci e amministrata da preti, novera 155 abitanti in ogni chilometro: il quarto spartimento di Francia, il Bas-Rhin, ne ha soli 129. Si fa dunque evidente che il Bas-Rhin sarà dell’anconitana provincia da meno, finché non sia governato dai preti, invaso da Austriaci. Ragioni queste che non fanno neppure una grinza. [p. 31 modifica]«La popolazione del felice nostro paese, fra il 1816 e 1853, nel lasso di 37 anni é in aumento del terzo. Or cui debbesi cotesto avventuroso risultamento se non se all’amministrazione senza pecche del Padre-santo e alle predicazioni di trentottomila trecenventi preti e frati, i quali guardano l’adolescenza dagl’influssi deleterii delle passioni? 2

«Sapete voi dirmi perchè mai gl’Inglesi sieno cosi irrequieti nei luoghi di loro dimora, di qualità che eglino cangiario domicilio e contea, come altri camicie? Senza fallo, perchè insalubre è la loro patria e amministrata a traverso. Nell’Eldorado affidato alla nostra sollecitudine contansi soli censettantotto mila novecentoquarantatré, i quali sloggino d’una provincia per prendere stanza in altra; prova palmare che il benessere sta di casa da noi.»

Nè non dirò che l’eloquenza delle cifre arrecate non abbia buon peso. Ma è naturale che in un paese dovizioso, posto nelle mani di popolo agricola, sieno 75 abitanti per ogni chilometro quadrato, sotto qualvuoi reggimento: piuttosto è a stupire che non ne abbia di vantaggio. E per fermo ne avrà maggior numero, tosto che sia retto con ordini migliori.

La popolazione dello Stato è aumentata di un terzo in 37 anni; cel sappiamo e sappiamo [p. 32 modifica]pure che in soli anni 21 la Grecia, pessimo dei reggimenti (siccome è altrove chiarito), ha triplicato la propria. Aumento di popolazione dimostra vitalità delle razze, non sollecitudine di amministratori; che non mi accosterò a credere che 700,000 fantolini sieno nati nei 37 anni per intervento di preti; si crederò che gl’Italiani vigorosi e costumati amano il maritaggio, nè sono affatto sfiduciati nell’avvenire.

Da ultimo, se i soggetti del Papa si stanno immobili nelle loro dimore, non potrebbesi conghietturare ciò addivenire, perchè malagevoli sono le comunicazioni, i passaporti difficili ad ottenere, e perché, preti, giudici, amministratori e pesi trovansi dovunque dello stesso calibro?

Sopra tre milioni cenventiquattro mila seicensessantotto individui, lo Stato romano conta meglio che un milione di pastori e agricoltori. Gli artieri sono dugencinquantotto mila ottocensettantadue: i servi, alquanto in maggior copia, trenta migliaia di più. Al commercio, alla banca, agli affari ne rimangono ottantacinque migliaia.

Sono i proprietari duecentoseimila cinquecencinquantotto, un quindicesimo della popolazione, numero minore che in Francia. E mentre le romane statistiche officiali ci dicono che, se i beni fossero con equa lance partiti fra tutti i possidenti, ciascuno dei suddetti 206,558 godrebbe un capitale di 17,000 lire, ommettono a bello studio di [p. 33 modifica]notare, che avvi taluno signore di 22,000 ettare, tal altro di poche zolle di ciottoli.

Notiamo, per iscrupolo di coscienza, che la partizione delle proprietà, come ogni cosa lodevole, cresce al crescere dei chilometri dalla metropoli. La provincia di Roma conta sopra 176,002 abitanti 1956 proprietarii, ossia uno su novanta. Quella di Macerata, volta all’Adriatico, sopra 243,104 abitanti 3964 possidenti, un sopra sei. In nostro linguaggio ciò s’addimanda mostrare il morto sulla bara.

«L’Agro romano, che Roma duro più secoli a conquistare, è anco al presente proprietà di 113 famiglie e di 64 Corporazioni 3

  1. (1) Lo scrittore è francese. Nota del Traduttore.
  2. (1)Prefaz. della Stitist. offic. del 1853, p. LXIV
  3. Studi statistici sopra Roma, pel conte di Tournon