I solitari dell'Oceano/32. Le torpedini marine
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CAPITOLO XXXII.
Le torpedini marine.
L’oscurità favoriva l’approdo dei tre audaci, senza esporli al pericolo di essere veduti o dai selvaggi o dagli Avvoltoi dello Stretto.
La luna era già tramontata da qualche ora e le stelle, seminascoste da un legger velo di vapori provenienti dalle coste settentrionali dell’Australia, non si riflettevano che debolmente sulla superficie del mare.
La baleniera, spinta dai quattro remi vigorosamente maneggiati dal marinaio e da Sao-King, in pochi minuti raggiunse le prime scogliere che coprivano le coste dell’isola, cacciandosi in uno stretto passaggio dove le onde si rompevano con violenza, muggendo cupamente.
— Adagio, — disse Joe, misurando col remo la profondità dell’acqua. — Non esponiamo la nostra baleniera al pericolo di farsi sventrare. Questi maledetti coralli sono irti di punte dure come l’acciaio.
— Il passo mi sembra sgombro, — disse Sao-King, il quale si era alzato per vederci meglio.
— E la spiaggia deserta, — aggiunse Ioao.
— Purchè invece non andiamo in bocca ai lupi, — osservò il marinaio. — Non sappiamo dove abbiano il loro covo e perciò potrebbe anche essere più vicino di quello che noi sospettiamo.
— Approderemo senza far rumore, — rispose Ioao.
Ripresero i remi e si inoltrarono nel canale fiancheggiato da piccole scogliere traforate e sventrate dall’eterno urto delle onde, tenendo gli sguardi fissi sulla spiaggia, la quale si delineava a meno di trecento metri.
Usciti da quel caos di rocce madreporiche che li minacciavano da tutte le parti, sostarono un momento per accertarsi di non essere stati seguìti da nessuno, poi si spinsero celermente innanzi arenando la baleniera sulla sabbia del lido.
Stavano per prendere le armi e correre sotto gli alberi che in quel luogo erano numerosi, quando Joe trattenne i compagni, dicendo:
— Per Bacco, noi stavamo per commettere una imprudenza imperdonabile.
— E quale Joe? — chiese Ioao.
— Se i selvaggi ed i pirati trovano qui la baleniera, comprenderanno che degli europei sono sbarcati e si metteranno in caccia per scovarci.
— È vero, Joe.
— Prima di cacciarci in mezzo ai boschi cerchiamo un nascondiglio per la baleniera.
— La quale ci è necessaria per attraversare lo stretto e raggiungere la Groninga, — disse Sao-King.
— E dove trovarlo questo nascondiglio? — chiese Ioao. — La costa non ha alcuna baia.
— E poi non servirebbe, — aggiunse il chinese.
— Questi scogli hanno delle caverne, — disse Joe. — Ne ho vedute parecchie.
— Cerchiamone una, — concluse Ioao.
Spinsero la baleniera in acqua e con pochi colpi di remo raggiunsero il canale, radendo le scogliere.
Non fu difficile trovare una caverna marina sufficiente a contenere l’imbarcazione, essendo tutte quelle rocce più o meno traforate.
La legarono solidamente onde la marea non la portasse via, poi presero le armi, le munizioni ed i viveri e s’arrampicarono sulla scogliera per cercare di raggiungere la costa senza essere costretti a gettarsi a nuoto.
— Vedo laggiù un banco di sabbia che si prolunga fino alla spiaggia, — disse Sao-King, che aveva la vista più acuta di tutti. — Non ci bagneremo che i piedi.
— Affrettiamoci, — rispose il marinaio. — Da un momento all’altro possiamo venire scoperti. —
Percorsero rapidamente la scogliera e giunti presso il banco, lo attraversarono immergendosi solamente fino alle ginocchia.
— Ci siamo, — disse il marinaio, slanciandosi sulla spiaggia. — Ecco laggiù un bosco che ci offrirà un asilo sicuro, almeno pel momento.
— Che non ci siano dei selvaggi accampati sotto quelle piante? — chiese Sao-King.
— Procederemo con precauzione, — rispose Ioao. — Appena trovato un luogo folto ci accamperemo per attendere l’alba.
— E terremo consiglio, — aggiunse il gigante, armando la carabina.
Una zona sabbiosa, larga un centinaio di metri, li divideva dalle prime piante.
Assicuratisi di essere soli, si spinsero risolutamente innanzi, raggiungendo felicemente il margine della boscaglia formato da querce australiane, da pini marittimi e da acacie gommifere, ricche di foglie.
Non volendo troppo scostarsi dal mare per paura di trovarsi improvvisamente dinanzi a qualche accampamento di selvaggi, si arrestarono dinanzi ad un gruppo di eucalipti turchini alti oltre settanta metri e presso i cui tronchi crescevano dei cespugli foltissimi di mimose.
Il marinaio fece prima il giro della macchia, poi interamente rassicurato raggiunse Sao-King, dicendo:
— Per ora non abbiamo nulla da temere, quindi possiamo tenere consiglio senza venire uditi da chicchessia.
— Vi ha informato il comandante dei nostri progetti? — chiese Ioao.
— Sì e sono stato io a pregarlo di scegliere me per accompagnarvi. Si tratta di cercare il covo dei pirati innanzi tutto.
— Tale è la nostra intenzione.
— E assicurarci se vostro fratello e l’ufficiale si trovano nelle mani di quei bricconi.
— Sì, Joe.
— La cosa non sarà facile, tuttavia abbiamo otto giorni di tempo e si può fare molto.
— Dove credete che quei pirati abbiano il loro covo?
— Da un marinaio mio amico, naufragato su queste spiagge alcuni anni or sono, ho udito parlare di certe caverne meravigliose che si troverebbero sulle coste settentrionali dell’isola e mi è venuto il sospetto che i banditi le abbiano scelte per loro rifugio.
— Ah! — fece Ioao. — Vi ha raccontato questo?
— Sì, signore e poi io ritengo che non sia difficile trovare il luogo ove si celano quegli Avoltoi per un altro motivo.
— Spiegatevi meglio, Joe.
— Non vi ricordate della nave che precedeva il vostro Alcione?
— Sì.
— Io sono certo che apparteneva ai banditi.
— Che cosa ve lo fa supporre?
— La sua misteriosa scomparsa. Se fosse stata una nave mercantile, noi l’avremmo di certo veduta all’estremità dello stretto o nel golfo di Carpentaria.
— Sicchè volete concludere?
— Che si sia ancorata in qualche seno di quest’isola e che quindi non sia difficile a scoprirla, giacchè un vascello non è già una scialuppa per nasconderlo in una caverna.
— E voi credete?...
— A molte cose ancora, — disse il marinaio.
— Ossia?
— Che vostro fratello e l’ufficiale siano stati trasbordati su quel veliero.
— Il medesimo sospetto è venuto anche al comandante, — disse Sao-King.
— Per ora andiamo a cercare quella nave, — riprese Joe. — Poi troveremo il covo dei banditi ed i vostri due compagni.
— Allora marceremo verso le coste settentrionali dell’isola, — disse Ioao.
— E senza discostarsi troppo dal mare, signore. Ah! Se potessimo servirci della baleniera!...
— Probabilmente non si andrebbe molto lontano, — disse Sao-King. — I pirati ci vedrebbero subito.
— Ebbene signori, in attesa che il giorno spunti, riposiamoci. Mi pare che nessun pericolo ci minacci, almeno pel momento, — disse Joe.
Si sdraiarono fra i cespugli e certi di non essere stati veduti, nè di venire disturbati, si lasciarono prendere dal sonno.
Un chiacchierio assordante fece aprire loro gli occhi.
Il sole spuntava e una banda di quei pappagalluzzi, grossi come le tortore comuni, colle penne gialle e verdi sul dorso e sul ventre e rosse ed azzurre sul capo, chiamati trichoglosus, cicalava proprio sopra le loro teste, salutando i primi raggi di luce.
— Gli uccelli suonano la sveglia, — disse Joe, stiracchiandosi le membra. — È l’ora di andarcene.
Fecero colazione con pochi biscotti e una scatola di carne conservata, poi strisciarono fuori dalla macchia, fermandosi sul margine estremo.
— Vediamo innanzi a tutto se siamo soli, — disse Sao-King. — Vi può essere qualche villaggio nei dintorni. —
Quella parte della foresta pareva invece che fosse deserta. Non si vedevano che gruppi di araucarie immense, di mirti odoriferi, di felci, di ortiche giganti che paralizzano la mano di chi le tocca e di alberi gommiferi dal tronco bianco mescolati a stryngy blach dalla scorza fibrosa.
Splendidi fiori crescevano intorno a quei tronchi enormi, rappresentati da cespugli di magnolie, di pelargonie rassomiglianti alle nostre dalie e da splendidissimi lys reali che reggevano, a dieci metri d’altezza, i loro superbi fiori vellutati della circonferenza di tre piedi.
— Non vedo che alberi e fiori, — disse il marinaio, dopo d’aver guardato attentamente in tutte le direzioni.
— E pappagalli, — aggiunse Sao-King.
— Od i selvaggi dormono ancora nelle loro luride capanne o non frequentano questi paraggi.
— Tanto meglio, Joe, — disse Ioao.
— Andiamo a dare uno sguardo al mare, — consigliò Sao-King.
— L’idea è buona, — disse Joe. — Forse i pirati hanno incominciate le loro scorrerie. Anzi dubito che la Groninga sia sfuggita alla loro vigilanza.
— L’avrebbero assalita.
— Hum! È un boccone un po’ grosso, signor Ioao. E poi una nave da guerra s’indovina subito, anche se nasconde i suoi cannoni e fa abbassare la fiamma della maistra. —
Armarono le carabine e si diressero verso il mare, passando di macchia in macchia.
Dinanzi a loro fuggivano numerosi volatili che si tenevano nascosti fra i cespugli, dove avevano probabilmente i loro nidi.
Ora era una coppia di superbi argo, uccelli grossi come un tacchino più per l’abbondanza di penne che per la mole del corpo, e che rassomigliano ai pavoni quantunque non ne abbiano le tinte; ora invece era qualche memura chiamato anche uccello lira perchè le penne della coda raffigurano precisamente questo istrumento; oppure dei kakatoe colle penne candidissime sul dorso rosee, sotto il ventre ed un bellissimo ciuffo scarlatto cadente da un lato.
Fuggivano però senza manifestare troppa paura, segno evidente che quella parte dell’isola non era molto frequentata dagl’indigeni e dai pirati.
Dopo pochi minuti il marinaio ed i suoi due compagni giungevano in vista del mare, il quale si distendeva a perdita d’occhio verso l’ovest non essendovi da quel lato alcuna terra in vista.
Joe si era avanzato d’alcuni passi per osservare la costa che saliva verso il settentrione, quando una esclamazione gli sfuggì:
— Lo avevo detto io!... I birbanti! —
All’estremità d’una lunga scogliera che fiancheggiava le spiagge dell’isola verso il nord-ovest, s’avanzava lentamente un piccolo veliero, di forme svelte.
Era una graziosa goletta, di forse centocinquanta tonnellate, colla prora quasi tagliata ad angolo retto, la quale scivolava con sicurezza attraverso a quei pericolosi frangenti, passando da un canale all’altro.
La distanza non permetteva di distinguere il suo armamento, nè gli uomini che la montavano, ma Joe non aveva alcun dubbio che appartenesse agli Avoltoi dello stretto di Torres, ai compagni di Strong.
Ed infatti quale nave poteva percorrere quel pericolosissimo stretto che non offre alcuna risorsa ai velieri e che la espone, senza frutto, agli assalti di quei feroci isolani e alle formidabili punte corallifere che lacerano le carene meglio costruite?
— La vedete? — aveva chiesto il marinaio.
— Sì, — aveva risposto Ioao.
— Appartiene agli Avvoltoi, ne sono sicuro.
— Che sia quella che precedeva l’Alcione? — chiese Sao-King.
— Certo, — rispose Joe.
— Che vada a spiare l’ancoraggio della Groninga?
— Vorrà assicurarsi della direzione presa dalla nostra nave. Quei birbaccioni non dovevano essere tranquilli.
— Viene dalle coste settentrionali, è vero? — chiese Ioao.
— Sì, — rispose il marinaio.
— Allora il covo dei pirati deve trovarsi lassù.
— Vediamo prima dove va quella goletta, — disse Sao-King.
Si nascosero dietro un cespuglio, seguendo cogli sguardi il piccolo veliero, il quale continuava ad inoltrarsi nello stretto approfittando della fresca brezza mattutina.
Il suo equipaggio aveva spiegate le due rande e le controrande e una vela di pappafico sopra la crocetta del trinchetto, imprimendo alla goletta una velocità straordinaria.
— È una vera nave da corsa, — disse Joe, che la seguiva attentamente. — Ed ha sulla sua tolda della gente che manovra perfettamente. Se la Groninga vorrà darle la caccia, avrà molto da fare per raggiungerla.
— Rimarrà indietro, — disse Sao-King, che ne sapeva quanto il marinaio. — Il vostro vascello è troppo pesante.
— È vero, chinese.
— Che mio fratello ed il signor Vargas siano a bordo di quel legno? — disse Ioao, con voce commossa.
— Si troveranno nel covo di quei banditi, guardati a vista, — rispose Joe. — Quella goletta sta eseguendo una semplice perlustrazione e cerca la Groninga. Guardate! Sta già per virare di bordo di già.
La goletta spintasi al largo tre o quattro miglia per meglio dominare lo stretto, era tornata verso l’est descrivendo un ampio semicerchio attorno ad un gruppetto d’isole che si vedeva in quella direzione.
Per qualche ora scomparve dietro quelle minuscole terre, poi si mostrò ancora una volta verso la punta settentrionale di Mera, quindi, dopo d’aver imbrogliata la sua randa di maestra ed il pappafico, si celò fra le scogliere.
— Il covo dei banditi si trova in quella direzione, — disse Joe. — Camminando velocemente, questa sera possiamo accamparci sulla punta settentrionale dell’isola.
— E forse non lontani dal luogo ove quei ladroni si nascondono, — aggiunse Sao-King.
— Partiamo, — disse Ioao, risolutamente.
Rientrarono nella foresta e si misero in marcia tenendosi però a poche centinaia di passi dal mare onde, nel caso che venissero assaliti dai selvaggi, poter rifugiarsi sulle innumerevoli scogliere che ingombravano la costa.
La foresta, che pareva coprisse tutta quell’isola, non era così folta da impedire la marcia ai tre audaci.
Vi erano bensì macchie foltissime composte di banani selvaggi e di rododendri, ma qua e là gli eucaliptus, le aranciarie, i blood wood o legni di sangue ed i pini giganti lasciavano dei passaggi sufficientemente ampi, non essendovi nelle isole dello stretto di Torres quegli ammassi di liane, di rotang e di gomuti che ingombrano le foreste della vicina Papuasia.
Di quando in quando da quelle macchie balzava fuori, saltellando come un gigantesco topo, qualche sariga oppure qualche macropos fasciato dal pelame somigliante ad uno scoiattolo, o qualche frotta di piccoli porci selvatici.
Il marinaio però, quantunque avesse ben desiderato un arrosto di carne fresca dopo tante settimane di navigazione, si guardava bene dal lasciarsi tentare dalla gola.
Un colpo di fucile avrebbe potuto attirare l’attenzione dei selvaggi e fors’anche dei pirati compromettendo il buon esito della spedizione.
Avevano così percorse tre miglia, procedendo sempre con infinite cautele, quando improvvisamente si trovarono dinanzi ad una profonda insenatura la cui estremità era coperta da banchi sabbiosi.
— Se facciamo il giro perderemo un paio d’ore, — disse Joe il quale si era arrestato. — Se approfittassimo di questi banchi per abbreviare la via?
— Non vi vedo alcun inconveniente, — rispose Ioao. — Questa insenatura mi pare deserta.
— Ed i banchi sono così uniti che appena appena ci bagneremo le punte delle scarpe, — aggiunse Sao-King.
— Saltiamo, — concluse Joe.
Scesero la riva e s’inoltrarono attraverso a quei banchi che la bassa marea aveva lasciati quasi a secco.
Si erano però avanzati di soli pochi passi quando Joe che precedeva i compagni cadde di peso mandando un grido di dolore.
— Fulmini! — gridò.
Sao-King si era subito slanciato per aiutarlo a rialzarsi, quando a sua volta si sentì rovesciare a terra da una forza misteriosa ed intorpidire le membra.
— Signor Ioao! — esclamò, facendo una smorfia dolorosa. — Che diavoleria si nasconde sotto queste sabbie? —
Nel medesimo istante anche il giovane peruviano che sprofondava i piedi in quelle sabbie poco resistenti, si sentì proiettato innanzi da una scossa formidabile che si propagò in tutto il suo corpo come la scarica d’una batteria elettrica.
Ioe si era rialzato bestemmiando, ma subito era ricaduto mandando un nuovo grido di dolore.
Le sabbie si agitavano sotto i suoi piedi e pareva che una forza strana si scatenasse fra quelle miriadi di corpuscoli quasi invisibili.
— Fuggite! — gridò ai compagni. — Le torpedini!
Ioao e Sao-King, tenendosi per mano, si erano slanciati verso la riva per riguadagnare la boscaglia, ma le scosse non per questo cessavano, quantunque diminuissero d’intensità.
I loro muscoli sussultavano e si contorcevano ed a ogni passo minacciavano di venire sbalzati da una parte all’altra.
Con un ultimo sforzo però riuscirono a lasciare il banco, rifugiandosi fra gli alberi.
Joe, sempre imprecando e capitombolando li aveva seguìti stropicciandosi energicamente le membra indolenzite.
— Che il diavolo si porti tutte le torpedini del Pacifico! — disse, lasciandosi cadere al suolo.
— Le torpedini! — esclamò Ioao. — Sarebbero scoppiate e a quest’ora noi non saremmo certamente nel numero dei viventi.
— Non sono già le torpedini che hanno usato gli americani nelle loro guerre di secessione, signore, — rispose Ioe, ridendo. — Sono marine.
— Marine!
— Sì, signore, dei pesci indiavolati, somiglianti alle raje e che hanno in corpo una vera batteria elettrica.
— E dov’erano nascosti questi pesci?
— Nelle sabbie, signore. Quando l’acqua si ritira hanno la pessima abitudine di celarsi nei banchi in attesa della marea che le rimetta a galla.
— Sicchè i disgraziati che le toccano...
— Saltano come presi dal ballo di S. Vito, — rispose Joe.
— E non sono cattive a mangiarsi, — disse Sao-King. — Ne ho pescate parecchie nei mari della China.
— E non potranno per ora farci gran male, — aggiunse il marinaio, — devono aver esaurita la loro potenza elettrica.
— È quasi mezzogiorno, — disse Ioao, guardando l’orologio, — cioè l’ora della colazione; che ci fermiamo qui o più innanzi, è tutt’uno.
— Allora possiamo permetterci il lusso d'un arrosto, — disse Ioe. — La punta settentrionale non è molto lontana ed io preferisco raggiungerla dopo il tramonto del sole per non farci scoprire.
Sao-King, se non avete paura delle scosse, andiamo a snidare la colazione.
— Io intanto accenderò il fuoco, — disse Ioao.
— In mezzo a qualche folta macchia, — consigliò il marinaio. — I selvaggi potrebbero vedere il fumo e venire a guastarci la digestione. —
Il chinese e l’olandese si armarono di due bastoni e tornarono sul banco, avanzandosi però lentamente per non ricevere altre scosse.
Giunti là dove erano caduti, cominciarono a sollevare le sabbie ma appena aperto un buco provarono entrambi una scossa, quantunque piuttosto lieve.
— Le torpedini sono nascoste qui sotto, — disse il marinaio. — Scaviamo. —
Allargarono rapidamente il buco e subito videro dibattersi un pesce piatto, lungo quasi un metro.
Sao-King alzò il bastone; il marinaio fu pronto a trattenerlo.
— Adagio, — disse. — Vi prenderete una scossa.
— Una più una meno poco importa, — rispose il chinese.
— Possiamo evitarla. —
Estrasse il coltello e con una destrezza meravigliosa da invidiare un basco, lo lanciò contro la torpedine passandola da parte a parte.
Il pesce si dibattè un istante agitando la coda e le pinne e scaricando inutilmente la sua batteria elettrica, poi s’irrigidì.
— Ne abbiamo abbastanza, — disse Ioe. — Ne avanzeremo anche per la cena. —
Afferrò il pesce per la coda e si mise a trascinarlo pel banco, finchè raggiunse Ioao il quale aveva già acceso il fuoco in mezzo ad una macchia di araucarie gigantesche.
— Ecco la colazione, — disse Ioe. — Se non basta possiamo trovare altre torpedini sotto le sabbie.
— Ah! Vediamo! — esclamò Ioao, guardando con viva curiosità la preda. — È proprio uno di quelli che ci mandarono a gambe levate?
— È una vera torpedine, signore, — rispose il marinaio. — Me ne intendo io di pesci. —