I solitari dell'Oceano/31. La morte del pirata
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CAPITOLO XXXI.
La morte del pirata.
Non volendo abbandonare l’Alcione che rappresentava ancora una bella fortuna, quantunque avesse bisogno di molte riparazioni, il signor Wan Praat fece passare sulla nave quindici uomini ed un ufficiale, dando loro l’ordine di cercare un ancoraggio presso il capo York e di attendere il suo ritorno.
Il bravo comandante era ben deciso di andare fino a fondo e di scovare gli Avoltoi dello stretto di Torres nel loro rifugio, prima di abbandonare quei paraggi pericolosi. Prima però voleva sapere che cosa era accaduto dei due disgraziati compagni di Ioao e di Sao-King, così misteriosamente scomparsi.
Mentre l’Alcione riprendeva lentamente il largo, puntando verso la costa australiana, e la Groninga s’avanzava verso lo stretto correndo brevi bordate, il comandante diede l’ordine di condurre in coperta Strong, il quale era già stato chiuso in una delle cabine della stiva e messo ai ferri.
Quando il bandito ricomparve sulla tolda, fra due marinai armati e vide l’Alcione già al largo, aggrottò la fronte e fece un gesto di rabbia.
— Perdere quella nave quando già era mia e quasi al sicuro! — esclamò, coi denti stretti. — Tante fatiche perdute in un solo momento!
— Siete stato davvero sfortunato, mastro Strong, — disse il comandante, con voce ironica. — Eravate già in porto!
— Ma tutto non è ancora finito, — rispose il bandito, con un sorriso sinistro. — Forse invece d’una nave ne prenderemo due.
— Voi!
— Io o gli altri, poco monta.
— La Groninga non è già il Tescer e nemmeno la Schelda.
Udendo quelle parole, il bandito trasalì, poi impallidì.
— Il Tescer! La Schelda! — esclamò con voce sorda. — Che ne sapete voi?
— So molte cose, mastro Strong, sulle imprese degli Avoltoi dello stretto di Torres. —
Una bestemmia sfuggì dalle labbra del bandito.
— Ioao e Sao-King ci hanno traditi, — disse con sorda ira. — Stupido! Dovevo conservare il segreto! Ma sono ancora in tempo per vendicarmi.
— Provatevi, mastro Strong.
— Lo vedrete.
— Ed in quale modo?
— Perchè mi avete fatto chiamare? — chiese invece il pirata.
— Per chiedervi che cosa avete fatto del signor de Ferreira e del suo compagno.
— E credete che io ve lo dica?
— Guardate, i miei marinai hanno preparato già un laccio per appiccarvi.
— La mia morte non vi sarà d’alcuna utilità, perchè la mia lingua rimarrà per sempre muta.
— Sia pure, ma prenderò sui vostri compagni di Mera una terribile vendetta.
— Sono più forti di quello che crediate e poi se la caveranno come potranno. Nemmeno da essi saprete che cosa io ho fatto del signor de Ferreira e di Vargas.
— E se a voi facessi dono della vita? — chiese il comandante.
— Rifiuterei la grazia. Il signor Ioao e Sao-King ci hanno traditi e pagheranno.
— Strong, — disse Ioao, avanzandosi verso il pirata. — Se tu avessi avuto un fratello nelle mani del ladri di mare, non avresti fatto tutto il possibile per salvarlo?
— Non lo so, — rispose evasivamente il bandito, volgendo gli occhi altrove per non incontrare lo sguardo supplichevole del giovane.
— Io ho sfidata la morte per strapparlo dalle vostre unghie.
— Me l’ero immaginato. Voi avevate approfittato di quel colpo di mare per raggiungere questo dannato vascello.
— E ti sei vendicato su mio fratello e su Vargas.
— Non posso rispondere a questa vostra supposizione.
— Tu che hai commessi tanti delitti, un giorno devi essere stato onesto e forse anche tu hai avuto dei fratelli. Compi almeno una buona azione. —
Una rapida commozione si diffuse sui lineamenti del bandito, ma subito si dileguò.
— Sì, un giorno anch’io sono stato onesto, — disse con voce rauca. — Ora... bah!... Sono trascorsi tanti anni da quell’epoca e sono diventato malvagio perchè... Che importa a voi il saperlo?... Il mio passato è morto e non rimane di me che l’Avoltoio dello Stretto di Torres.
— In nome di tua madre che un giorno devi aver adorata al pari di me, parla...
— Silenzio! — ruggì il bandito. — No, appiccatemi, gettate il mio cadavere ai pesci-cani, datelo agli antropofagi, non parlerò... no... non parlerò...
— È la vostra ultima parola? — chiese il signor di Wan Praat.
— L’ultima.
— Lo si riconduca nella sua cabina e che non gli si dia nè una goccia d’acqua, nè un pezzo di pane.
— Volete farmi morire di fame? — chiese il pirata, atterrito.
— Sì, se non vi deciderete a parlare. —
I marinai ad un cenno del comandante afferrarono Strong e lo condussero via, mentre Ioao soffocava un singhiozzo.
— Finirà per cedere, mio giovane amico, — disse Wan Praat, posando una mano sulla spalla del povero peruviano. — E poi mi è venuto un dubbio.
— E quale, signore? – chiese Sao-King.
— Pensavo a quella nave che precedeva il vostro Alcione.
— Vorreste dire?
— Che appartenesse agli Avoltoi dello Stretto di Torres.
— Sicchè? — chiese ansiosamente Ioao.
— Ho il sospetto che vostro fratello ed il signor Vargas siano stati imbarcati su quel veliero.
— Che le due navi si siano incontrate al largo? — chiese Ioao.
— Sì e Strong, per tema che riuscissero a fuggire, li avrà consegnati ai suoi compagni, — disse Wan Praat.
— Allora bisognerebbe raggiungere quel veliero.
— Lo troveremo a Mera, non ne dubitate, ammesso che appartenga agli Avoltoi dello Stretto.
— Avete intenzione d’assalire l’isola, signore? — chiese Sao-King.
— E subito, mio bravo chinese.
— E non uccideranno mio fratello? — chiese Ioao, impallidendo.
Il comandante non rispose. Era probabile che i banditi, vedendosi assaliti, trucidassero i due prigionieri per disfarsi di due pericolosi testimoni delle loro bricconate, ma d’altronde, non vi era alcun mezzo per evitare quel pericolo.
— Orsù, — disse il signor Wan Praat, dopo un lungo silenzio, — non disperiamo ancora. E poi chissà che Strong non si decida a parlare ed in cambio della vita c’insegni un modo qualsiasi per salvare vostro fratello ed il signor Vargas.
Non giungeremo a Mera prima di due giorni non volendo impegnarmi subito fra quelle isole pericolose ed in quarant’otto ore possono accadere molte cose.
Intanto cercheremo di raggiungere quel veliero, per accertarci se si è diretto su Mera o se ha continuata la sua corsa attraverso lo stretto.
— Sarà già molto lontano, — osservò Sao-King.
— Questi paraggi sono troppo pericolosi, perchè una nave vi si venturi a piene vele e perciò non avrà percorsa molta via, — rispose Wan Praat. Basta e mettiamoci in caccia.
La Groninga doppiava allora la punta d’York, avanzandosi, colle dovute precauzioni, attraverso quel pericolosissimo stretto ingombro d’isole, di scogliere e di bassifondi sabbiosi.
Anche oggidì, malgrado i numerosissimi rilievi fatti dalle navi inglesi dell’Australia, lo stretto di Torres presenta tali ostacoli, che la maggior parte dei velieri preferiscono fare il giro della Nuova Guinea, piuttosto che cacciarsi entro quel ginepraio.
Sono sempre i polipi, quegli infaticabili costruttori, che rendono lo stretto difficilissimo perchè modificano continuamente le coste delle isole e ne creano delle altre. Dove trovano un buon fondo vi si posano, si moltiplicano in modo spaventoso e da un anno all’altro portano le loro costruzioni formidabili alla superficie del mare.
Le navi quindi si possono trovare, da un momento all’altro, dinanzi a quelle scogliere di cui non suppongono l’esistenza ed infrangersi con grande soddisfazione degli antropofagi che sono sempre pronti ad accorrere per banchettare coi cadaveri dei poveri marinai.
Il comandante della Groninga però conosceva molto bene lo stretto ed i suoi pericoli, perciò aveva fatto imbrogliare gran parte delle vele e mettere in acqua una baleniera onde precedesse la nave e scandagliasse il fondo.
Le isole del Principe di Galles si mostravano all’orizzonte, disseminate su un vasto spazio e circondate da fili di scogliere contro le quali il mare doveva rompersi con estrema violenza.
La nave invece non si scorgeva in alcuna direzione. Aveva cercato un rifugio nel vasto golfo di Carpentaria o si era nascosta fra le isole?
Era quello che si chiedeva il signor Wan Praat. Credeva però più alla prima supposizione, essendo convinto che quel misterioso veliero appartenesse agli Avoltoi dello Stretto di Torres.
— Bah! Lo ritroveremo, — aveva detto a Ioao che lo interrogava. — Abbiate un po’ di pazienza e vedrete che nell’attesa nulla perderemo.
Fingiamo per ora di dirigerci verso il golfo di Carpentaria per non allarmare i pirati; questa sera andremo ad incrociare nelle acque delle isole.
— Ma noi non sappiamo precisamente dove si trova il covo dei pirati, — disse Sao-King.
— Questo è vero e non sarà cosa facile a saperlo.
— Signore, da qualche ora mi frulla pel capo un progetto.
— E quale, mio bravo chinese?
— Di farmi sbarcare a Mera per cercare il rifugio di quei pirati.
— Vi sono anche degli antropofagi in quell’isola.
— Si possono evitare.
— Il vostro progetto è buono ed era venuto in mente anche a me, però presenta troppi pericoli e ci tengo a non esporre la vostra vita.
— Comandante, — disse Ioao, — io appoggio la proposta di Sao-King non solo, ma anch’io vi pregherei di lasciarmi sbarcare a Mera.
— Giovanotto mio, possedete un coraggio invidiabile, — disse Wan Praat, stupito.
— Allora lasciateci sbarcare. La vostra nave d’altronde non si terrà molto lontana e potremo facilmente raggiungerla in caso di pericolo. —
Wan Praat lo guardò in silenzio, senza rispondere.
— Decidete, signore, — insistette Ioao. — Scoperto il rifugio degli Avoltoi, sarà un’impresa facile per voi distruggerlo e catturare tutti i suoi abitanti.
— E forse noi potremo salvare il signor Cyrillo ed il signor Vargas, — aggiunse Sao-King.
— Andiamo ad interrogare Strong, — disse finalmente il signor Wan Praat. — Dopo vedremo.
— Credete che si decida a parlare? — chiese Ioao.
— Forse. —
Chiamò un mastro d’armi, fece accendere una lanterna e scese nella stiva assieme a due marinai, a Ioao ed a Sao-King.
La cella dove era stato rinchiuso il bandito si trovava sotto il quadro, in modo che nessun raggio di luce vi poteva penetrare.
Il comandante fece aprire la porta e spinse innanzi la lampada, ma tosto indietreggiò mandando un grido.
Un acre odore di sangue gli era giunto al naso.
— Che si sia ucciso? — si chiese.
Abbassò la lampada e guardò al suolo.
Strong giaceva disteso sul dorso, coi lineamenti sconvolti, e gli occhi sbarrati, schizzanti quasi dalle orbite. Una bava sanguigna gli orlava le labbra contratte da un ultimo spasimo.
— Morto! — esclamò il signor Wan Praat.
Si curvò su quel corpo che ormai non dava più segno di vita e vide, dal lato del cuore, infisso fino alla guardia, un pugnaletto.
Il bandito, prevedendo già la sua morte, si era fatto giustizia da sè, piantandosi nel petto quell’arma che forse aveva tenuta nascosta sotto la cintura.
— Ci eravamo dimenticati di perquisirlo, — disse il comandante. — D’altronde non ha fatto che prevenire la sua condanna di morte.
— Ma ha portato nella tomba ciò che volevamo sapere, — disse Sao-King.
— Non avrebbe parlato, — rispose il comandante.
— Ora non vi resta che accordarci il permesso di sbarcare a Mera, — disse Ioao.
— Siete risoluti?
— Sì, comandante, — rispose il giovane, con voce ferma.
— Anche voi, Sao-King?
— Io seguo dovunque il signor Ioao, — disse il chinese.
— Questa sera sbarcherete, e vi darò un buon compagno che saprà difendervi nel caso che i selvaggi vi assalgano. Sarà forse un’imprudenza quella che commettete, nondimeno io ammiro il vostro coraggio e mi troverete sempre pronto a soccorrervi.
— Ed è la soluzione migliore, signor comandante, — disse Sao-King, — perchè noi non sappiamo ancora di quali mezzi dispongano gli Avoltoi dello Stretto, nè dove si nascondano.
— È vero, — rispose Wan Praat. — Questa sera prenderemo gli accordi necessari per la buona riuscita della nostra impresa. —
Quando risalirono in coperta, la Groninga veleggiava già nel golfo di Carpentaria, immensa insenatura formata dalle coste orientali della Terra d’Arnheim, e da quelle occidentali della Terra di Torres e racchiudente nel suo seno parecchie isole fra le quali quella di Grot e di Pelew che sono le più importanti.
La costa occidentale, che forma la punta estrema del continente australiano, appariva deserta. Si vedevano solamente degli enormi alberi gommiferi i quali lanciavano le loro cime a quaranta ed anche cinquanta metri dal suolo, ma nemmeno una di quelle miserabili capanne formate di scorze d’albero, nè alcuna colonna di fumo che indicasse la presenza di qualche famiglia.
La Groninga bordeggiò fino alla sera senza troppo scostarsi dal I selvaggi, spaventati si precipitarono giù dalla rupe urlando. (Cap. XXIX). capo York, poi, appena calate le tenebre rientrò nello stretto veleggiando rapidamente verso Mera.
Il capitano aveva già fatta armare una piccola baleniera mettendovi dentro tre carabine, delle munizioni e viveri per otto giorni.
Alla mezzanotte la Groninga incrociava di già a meno di due chilometri dall’isola, non osando spingersi più innanzi per tema di urtare contro le scogliere corallifere che dovevano essere numerose anche in quel luogo.
— Mio giovane amico, — disse il comandante, avvicinandosi a Ioao il quale aspettava che i marinai calassero in acqua la piccola imbarcazione. — Avete bene ponderato ai pericoli che vi aspettano su quell’isola?
— Sì comandante, — rispose Ioao.
— Siete sempre deciso?
— Sempre.
— Allora intendiamoci.
— Vi ascolto comandante.
— Onde la vostra spedizione possa avere qualche probabilità di riuscita, è necessario che i pirati ignorino la mia presenza. Se si accorgessero delle mie intenzioni, potrebbero fuggire e riparare forse molto lontano, togliendoci la speranza di liberare vostro fratello ed il signor Vargas.
— È vero comandante, — disse Sao-King, il quale assisteva al colloquio.
— Quindi, — riprese il signor di Wan Praat, — la Groninga incrocerà nel mare di Carpentaria affinchè non venga scoperta ed i banditi si allarmino. Vi è oltre il capo York una piccola rada, bene nascosta, che mi servirà di rifugio e che il marinaio che ho incaricato d’accompagnarvi, ben conosce. Quando avrete ottenuto il vostro scopo, verrete a raggiungerci in quel luogo.
— Sì, comandante, — rispose Ioao.
— Siate prudenti e non esponete le vostre vite.
— Lo saremo.
— Se poi fra otto giorni non vi vedrò ritornare, farò sbarcare parte del mio equipaggio e andrò io stesso a cercare il covo degli Avoltoi.
— Spero di venirvi a raggiungere prima, — disse Ioao.
— Ve lo auguro, mio giovane amico, — disse Wan Praat stringendogli vivamente la mano. — Andate e che Dio vi protegga.
Ioao e Sao-King scesero la scaletta che era stata abbassata e balzarono nella baleniera dove li attendeva il marinaio che doveva accompagnarli nella pericolosa spedizione.
Era questi un vero gigante, alto quasi sei piedi, con spalle da ercole e braccia poderose, un compagno certamente prezioso data la sua forza che doveva essere straordinaria.
— Andiamo, signore, — disse il marinaio, rivolgendosi verso Ioao. — Una passeggiata a terra la desidero ardentemente e se quei brutti musi color della cioccolata vorranno disturbarci farò loro sentire il peso delle mie mani, parola di Joe Helton.
— Conto su di voi, Joe, — rispose il giovane peruviano. — Se però riusciremo ad evitarli sarà meglio.
— Allora mi riserbo pei pirati.
— Più tardi, Joe; per ora non possiamo nulla tentare perchè è l’ordine del comandante.
— Aspetteremo.
— E nell’attesa non perderete nulla.
— Va bene; Sao-King, diamo dentro ai remi.
Ioao fece un ultimo saluto al signor Wan Praat che stava guardandoli dall’alto del ponte di comando, poi diede il comando d’avanzare.
Nell’istesso momento la Groninga virava di bordo, dirigendosi nuovamente verso il golfo di Carpentaria.