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236 | Capitolo Trentaduesimo. |
— I selvaggi potrebbero vedere il fumo e venire a guastarci la digestione. —
Il chinese e l’olandese si armarono di due bastoni e tornarono sul banco, avanzandosi però lentamente per non ricevere altre scosse.
Giunti là dove erano caduti, cominciarono a sollevare le sabbie ma appena aperto un buco provarono entrambi una scossa, quantunque piuttosto lieve.
— Le torpedini sono nascoste qui sotto, — disse il marinaio. — Scaviamo. —
Allargarono rapidamente il buco e subito videro dibattersi un pesce piatto, lungo quasi un metro.
Sao-King alzò il bastone; il marinaio fu pronto a trattenerlo.
— Adagio, — disse. — Vi prenderete una scossa.
— Una più una meno poco importa, — rispose il chinese.
— Possiamo evitarla. —
Estrasse il coltello e con una destrezza meravigliosa da invidiare un basco, lo lanciò contro la torpedine passandola da parte a parte.
Il pesce si dibattè un istante agitando la coda e le pinne e scaricando inutilmente la sua batteria elettrica, poi s’irrigidì.
— Ne abbiamo abbastanza, — disse Ioe. — Ne avanzeremo anche per la cena. —
Afferrò il pesce per la coda e si mise a trascinarlo pel banco, finchè raggiunse Ioao il quale aveva già acceso il fuoco in mezzo ad una macchia di araucarie gigantesche.
— Ecco la colazione, — disse Ioe. — Se non basta possiamo trovare altre torpedini sotto le sabbie.
— Ah! Vediamo! — esclamò Ioao, guardando con viva curiosità la preda. — È proprio uno di quelli che ci mandarono a gambe levate?
— È una vera torpedine, signore, — rispose il marinaio. — Me ne intendo io di pesci. —
CAPITOLO XXXIII.
Un bandito in pericolo.
Quel pesce, dotato d’una potenza così formidabile, era piatto come tutte le raje alla cui specie somiglia assai, di forma arrotondata come un disco, allargamento dovuto al grande sviluppo delle natatoie pettorali che sono ampie e carnose, ed era fornito d’una coda piuttosto grossa.
Aveva la pelle di colore fulvo, con qualche chiazza più oscura e quantunque avesse delle dimensioni non comuni, non pesava più di sei libbre.