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Le torpedini marine. 231

— Sicchè volete concludere?

— Che si sia ancorata in qualche seno di quest’isola e che quindi non sia difficile a scoprirla, giacchè un vascello non è già una scialuppa per nasconderlo in una caverna.

— E voi credete?...

— A molte cose ancora, — disse il marinaio.

— Ossia?

— Che vostro fratello e l’ufficiale siano stati trasbordati su quel veliero.

— Il medesimo sospetto è venuto anche al comandante, — disse Sao-King.

— Per ora andiamo a cercare quella nave, — riprese Joe. — Poi troveremo il covo dei banditi ed i vostri due compagni.

— Allora marceremo verso le coste settentrionali dell’isola, — disse Ioao.

— E senza discostarsi troppo dal mare, signore. Ah! Se potessimo servirci della baleniera!...

— Probabilmente non si andrebbe molto lontano, — disse Sao-King. — I pirati ci vedrebbero subito.

— Ebbene signori, in attesa che il giorno spunti, riposiamoci. Mi pare che nessun pericolo ci minacci, almeno pel momento, — disse Joe.

Si sdraiarono fra i cespugli e certi di non essere stati veduti, nè di venire disturbati, si lasciarono prendere dal sonno.

Un chiacchierio assordante fece aprire loro gli occhi.

Il sole spuntava e una banda di quei pappagalluzzi, grossi come le tortore comuni, colle penne gialle e verdi sul dorso e sul ventre e rosse ed azzurre sul capo, chiamati trichoglosus, cicalava proprio sopra le loro teste, salutando i primi raggi di luce.

— Gli uccelli suonano la sveglia, — disse Joe, stiracchiandosi le membra. — È l’ora di andarcene.

Fecero colazione con pochi biscotti e una scatola di carne conservata, poi strisciarono fuori dalla macchia, fermandosi sul margine estremo.

— Vediamo innanzi a tutto se siamo soli, — disse Sao-King. — Vi può essere qualche villaggio nei dintorni. —

Quella parte della foresta pareva invece che fosse deserta. Non si vedevano che gruppi di araucarie immense, di mirti odoriferi, di felci, di ortiche giganti che paralizzano la mano di chi le tocca e di alberi gommiferi dal tronco bianco mescolati a stryngy blach dalla scorza fibrosa.

Splendidi fiori crescevano intorno a quei tronchi enormi, rappresentati da cespugli di magnolie, di pelargonie rassomiglianti alle nostre dalie e da splendidissimi lys reali che reggevano, a dieci metri d’altezza, i loro superbi fiori vellutati della circonferenza di tre piedi.