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232 Capitolo Trentaduesimo.

— Non vedo che alberi e fiori, — disse il marinaio, dopo d’aver guardato attentamente in tutte le direzioni.

— E pappagalli, — aggiunse Sao-King.

— Od i selvaggi dormono ancora nelle loro luride capanne o non frequentano questi paraggi.

— Tanto meglio, Joe, — disse Ioao.

— Andiamo a dare uno sguardo al mare, — consigliò Sao-King.

— L’idea è buona, — disse Joe. — Forse i pirati hanno incominciate le loro scorrerie. Anzi dubito che la Groninga sia sfuggita alla loro vigilanza.

— L’avrebbero assalita.

— Hum! È un boccone un po’ grosso, signor Ioao. E poi una nave da guerra s’indovina subito, anche se nasconde i suoi cannoni e fa abbassare la fiamma della maistra. —

Armarono le carabine e si diressero verso il mare, passando di macchia in macchia.

Dinanzi a loro fuggivano numerosi volatili che si tenevano nascosti fra i cespugli, dove avevano probabilmente i loro nidi.

Ora era una coppia di superbi argo, uccelli grossi come un tacchino più per l’abbondanza di penne che per la mole del corpo, e che rassomigliano ai pavoni quantunque non ne abbiano le tinte; ora invece era qualche memura chiamato anche uccello lira perchè le penne della coda raffigurano precisamente questo istrumento; oppure dei kakatoe colle penne candidissime sul dorso rosee, sotto il ventre ed un bellissimo ciuffo scarlatto cadente da un lato.

Fuggivano però senza manifestare troppa paura, segno evidente che quella parte dell’isola non era molto frequentata dagl’indigeni e dai pirati.

Dopo pochi minuti il marinaio ed i suoi due compagni giungevano in vista del mare, il quale si distendeva a perdita d’occhio verso l’ovest non essendovi da quel lato alcuna terra in vista.

Joe si era avanzato d’alcuni passi per osservare la costa che saliva verso il settentrione, quando una esclamazione gli sfuggì:

— Lo avevo detto io!... I birbanti! —

All’estremità d’una lunga scogliera che fiancheggiava le spiagge dell’isola verso il nord-ovest, s’avanzava lentamente un piccolo veliero, di forme svelte.

Era una graziosa goletta, di forse centocinquanta tonnellate, colla prora quasi tagliata ad angolo retto, la quale scivolava con sicurezza attraverso a quei pericolosi frangenti, passando da un canale all’altro.

La distanza non permetteva di distinguere il suo armamento, nè gli uomini che la montavano, ma Joe non aveva alcun dubbio che appartenesse agli Avoltoi dello stretto di Torres, ai compagni di Strong.

Ed infatti quale nave poteva percorrere quel pericolosissimo stretto che non offre alcuna risorsa ai velieri e che la espone, senza