I solitari dell'Oceano/33. Un bandito in pericolo
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CAPITOLO XXXIII.
Un bandito in pericolo.
Quel pesce, dotato d’una potenza così formidabile, era piatto come tutte le raje alla cui specie somiglia assai, di forma arrotondata come un disco, allargamento dovuto al grande sviluppo delle natatoie pettorali che sono ampie e carnose, ed era fornito d’una coda piuttosto grossa.
Aveva la pelle di colore fulvo, con qualche chiazza più oscura e quantunque avesse delle dimensioni non comuni, non pesava più di sei libbre.
Era una vera torpedine della specie marmorizzata, una delle più terribili perchè può produrre tali scariche da abbattere perfino un uomo e da lasciarlo intorpidito per vari minuti.
Questi strani pesci che sono comuni anche nel nostro Mediterraneo, al pari dei gimnoti che abitano i fiumi dell’America del Sud, sono dotati d’un apparecchio che si può paragonare ad una vera batteria elettrica, composta di dischi di una sostanza speciale, omogenea e semitrasparente.
Nulla manca a quell’apparecchio che ha i suoi poli e le sue correnti regolari le quali però si esauriscono dopo le prime scariche.
Quella batteria è d’una grandissima utilità per tali pesci, perchè essendo cattivissimi nuotatori, difficilmente potrebbero provvedere al loro nutrimento.
Grazie però alla loro potenza elettrica che fulmina a distanza, si rendono subito padroni della preda e si sbarazzano anche dei loro avversari.
— Chi direbbe che in questo corpo così piatto si celi una pila, — disse Ioao il quale guardava con viva curiosità la torpedine.
— E che buona pila! — disse Ioe. — È così potente che toccando questi pesci con un bastone, se ne riceve la scossa.
— Una brutta sorpresa pei pescatori.
— Sì, perchè anche quando vengono presi nelle reti fanno sentire le loro scariche, anzi diventano più intense quando le maglie sono bagnate.
— E dove l’hanno la loro batteria?
— Ai lati della testa, signor Ioao, — rispose il marinaio.
— Mangiandolo non ne sentiremo alcun effetto, spero.
— Oh no, signore. Morto il pesce la batteria non funziona più ed ora ve ne darò la prova. —
Essendosi i tizzoni quasi consumati, il marinaio passò attraverso la torpedine la bacchetta di ferro della sua carabina, poi la mise sulla brace tenendola a due palmi dal suolo mediante due rami biforcuti.
Ben presto un odore appetitoso che faceva venire l’acquolina in bocca al gigante, si sparse all’intorno confondendosi col profumo acuto sprigionato da una magnolia che cresceva a breve distanza.
— Mentre io sorveglio l’arrosto, Sao-King può procurarci della frutta, — disse il marinaio. — Ho veduto delle noci di cocco sul margine della foresta.
— La cosa non sarà difficile, — rispose il chinese. — Farò anzi un giro per accertarmi che nessuno verrà a disturbarci.
— Prendi la carabina, — disse Ioao. — Le precauzioni non sono mai troppe su queste isole. —
Il chinese obbedì e s’allontanò dirigendosi verso la insenatura, dove aveva anche lui veduto degli alberi da cocco carichi di frutta.
Erano trascorsi dieci minuti e la torpedine era già cotta, quando Ioe udì le fronde della macchia agitarsi furiosamente ed un passo velocissimo.
— Signor Ioao, — disse, balzando rapidamente in piedi colla carabina in mano.
— Chi s’avvicina? — chiese il giovane, mettendosi prontamente in guardia.
Un momento dopo compariva Sao-King, ansante, sudato, coi lineamenti sconvolti.
— Presto! Spegnete il fuoco! — esclamò. — I selvaggi!
— Siete inseguito? — chiese Ioe.
— No, non mi hanno veduto, ma stanno prendendo terra nella piccola baia.
— Quanti sono? — chiese Ioao.
— Ho veduto una doppia canoa piena.
— Sei certo di non essere stato scoperto?
— Ero in mezzo ad una macchia e poi molto lontano.
— Che vengano qui? — chiese Ioe, il quale aveva gettato della terra sulla brace per spegnerla.
— Io non lo so, — rispose Sao-King.
— Bisogna sorvegliarli, — disse il marinaio. — Sono già sbarcati?
— No.
— Si dirigevano però verso la baia.
— Non distavano dalla spiaggia che tre o quattrocento passi.
— Signor Ioao, — disse il marinaio, — rimandiamo a più tardi la colazione e andiamo a vedere quale direzione prenderanno quei brutti antropofagi.
Così potremo poi regolarci sulla via da tenere.
— Condivido la vostra idea, — rispose il giovane.
Ioe sospese l’arrosto all’estremità d’un ramo onde qualche bestia non lo mangiasse, poi si mise in marcia seguendo Sao-King e Ioao.
Non vi erano più di trecento metri dal loro campo al margine della foresta, quindi quel tragitto fu compiuto in pochissimi minuti.
Quando giunsero presso gli ultimi cespugli, videro che i selvaggi erano di già sbarcati.
Erano una dozzina, tutti di statura alta e di forme quasi atletiche, colla pelle quasi nera ed una capigliatura abbondante e ricciuta raccolta intorno ad un pettine di legno come usano i vicini abitanti della Papuasia.
Alle anche avevano dei corti gonnellini di stoffa oscura, adorni di frange di fibre di cocco e alle braccia ed al collo monili di scagliette di madreperla, d’argento e di denti forse umani.
Tutti poi erano armati di lance, di mazze e di coltelli di pietra e qualcuno anche d’arco.
Mentre alcuni stavano trascinando sulla spiaggia il loro legno formato da due canoe unite insieme da un piccolo ponte volante e munito d’un albero sostenente una vela triangolare di vimini intrecciati, gli altri si erano diretti verso il bosco mettendosi a raccogliere della legna secca.
— Che siano sbarcati per far colazione, — chiese Sao-King. — Sarebbe una vera fortuna per noi.
— A me pare che non siano nemmeno indigeni di quest’isola, — disse Ioe. — Mi sembrano piuttosto papuasi.
— In tal caso s’imbarcheranno dopo d’aver mangiato, — disse Ioao.
— Lo spero anch’io signore. Ma... toh!... Cosa spingono fuori dalle loro canoe?
— Un uomo legato, — disse Sao-King.
— Un bianco, — esclamò Ioao, con viva emozione. — Non lo vedete?
— Mille fulmini! — mormorò Joe. — Un europeo! Dove hanno preso quel povero uomo?... —
Ad un tratto Sao-King mandò un grido di stupore.
— Io conosco quell’uomo? Signor Ioao guardatelo... guardatelo attentamente!
— No... non è possibile! Il bandito biondo?
— Sì, signor Ioao, quello che ci ha condotti nella caverna? È lui! È lui!
— Non può essere, Sao-King! Quell’uomo deve essersi annegato saltando in mare dalla murata dell’Alcione.
— Eppure somiglia a lui... sì, Sao-King. È il bandito biondo.
— Ma di quale bandito parlate? — chiese Ioe che non capiva nulla.
— Quando abbiamo abbordato l’Alcione dopo la scarica, non avete veduto uno di quei bricconi saltare in mare? — chiese Sao-King.
— Sì, me lo ricordo.
— L’uomo che i selvaggi trascinano è lui.
— Come può essersi salvato quel birbaccione! — esclamò Joe, stupito.
— La spiegazione non mi sembra difficile, — rispose il chinese.
— Avrà preso il largo nuotando sott’acqua come un pesce e sarà stato più tardi raccolto da quei selvaggi.
— Tuttavia compiango la sua sorte, — rispose Ioe. — Mi pare che quei selvaggi si preparino a metterlo allo spiedo.
— E lo lasceremo divorare così, sotto i nostri occhi? — disse Ioao.
— Era già votato alla morte, — rispose Joe. — Appiccato o mangiato mi pare che sia la stessa cosa.
— No, — disse Sao-King. — Quell’uomo può essere più utile a noi che a quei mangiatori di carne umana.
— Ed in qual modo? — chiese Ioe.
— Facendogli confessare dove sono il signor Cyrillo ed il signor Vargas.
— Chissà! Forse non è tanto briccone quanto crediamo e salvandolo potrà esserci riconoscente.
— Hum! — fe’ Ioe, crollando il capo.
— Sì, salviamolo, — disse Ioao. — E poi noi uomini bianchi non possiamo assistere indifferenti a così ripugnante scena.
— Lo volete? — chiese il marinaio.
— Sì, Joe.
— Io sono pronto a fucilare quei bricconi. Vedremo poi se avremo compiuto una buona azione od una sciocchezza.
Mentre discorrevano, i selvaggi avevano accumulata sulla riva una catasta di legna secca ed avevano trascinato verso di essa il bandito, quantunque egli avesse cercato di opporre una disperata resistenza.
Ioe, il giovane peruviano e Sao-King si erano alzati colle carabine in mano, pronti a dare battaglia. Contavano più sulle detonazioni che sulle palle per sgominare quei selvaggi, che forse non avevano alcuna conoscenza colle armi da fuoco.
Già si preparavano, a scendere sulla spiaggia, quando videro uno di quei selvaggi impugnare una mazza e alzarla sulla testa del prigioniero.
Ioe che non perdeva di vista gli antropofagi, puntò rapidamente la carabina e fece fuoco.
Il selvaggio colpito in petto girò due volte su se stesso e stramazzò al suolo.
Udendo lo sparo, gli altri, spaventati, si erano precipitati verso la loro barca guardando da tutte le parti e mandando urla di terrore.
— Fuoco! — gridò Joe.
Sao-King ed il giovane peruviano scaricarono le loro armi.
Era troppo per quei selvaggi, già spaventati dal primo sparo dalla morte del loro compagno.
Senza più occuparsi del prigioniero, il quale dal canto suo si era precipitosamente allontanato per non venire colpito da qualche palla, spinsero in acqua la loro doppia canoa e si allontanarono velocemente, arrancando a tutta forza.
— Ecco una vittoria guadagnata senza troppa fatica, — disse Ioe. — Badiamo ora che il prigioniero non approfitti di questo intervento inaspettato per darsela a tutte gambe.
— Mi pare che non ne abbia alcuna voglia, — rispose Sao-King. — Ci crederà i suoi compagni.
— Vedremo quale faccia farà quando si troverà dinanzi a noi. Deve essere una ben brutta sorpresa per lui. —
Il bandito quantunque avesse le gambe legate, si trascinava verso la foresta dove vedeva ondeggiare ancora le nuvolette di fumo delle carabine.
Certo di essere stato soccorso dai compagni, si avanzava gridando. — Al primo colpo di fucile, vi calo a fondo con una bordata.... (Cap. XXX).
— Non fate fuoco, amici! Sono Dik! —
Ioao attese che fosse giunto a pochi passi, poi uscendo improvvisamente dal bosco, gli disse:
— Ben felice di rivedervi ancora vivo, signor Dik e di avervi salvato da quei bricconi che volevano arrostirvi. —
Il bandito, vedendolo, si era arrestato come fulminato.
— Voi... balbettò. Voi, signore... M’inganno io?
— No, perchè siete sveglio, — disse Sao-King, comparendo a fianco del giovane peruviano. — Anch’io vi do il benvenuto. —
Un sorriso forzato comparve sulle labbra del bandito.
— Grazie pel vostro inaspettato intervento, — disse, — ma non valeva la pena di liberarmi dalle mani di quei selvaggi per appiccarmi dopo, giacchè suppongo che voi non commetterete la stupidaggine di lasciarmi scappare ancora. —
Poi alzando le spalle, disse con filosofica rassegnazione:
— Bah! Era già finita e queste ventiquattro ore di vita non mi spettavano davvero.
Signor de Ferreira, se volete appiccarmi, v’è un albero presso di voi che servirà a meraviglia da forca.
— Per Bacco! — esclamò Ioe. — Questo pirata ha del fegato.
— Mastro Dik, — disse Ioao, — non vi ho già salvato dallo spiedo per farvi ballare all’estremità di un ramo.
In tal caso vi avrei lasciato arrostire e anche divorare dai selvaggi.
— Eh! Dite? — chiese il pirata, al colmo dello stupore.
— Che noi non vi appiccheremo.
— Almeno per ora, — credette opportuno di aggiungere Sao-King.
— È già qualche cosa, — disse il bandito, sorridendo. — Permettetemi però di dirvi che trovo molto strana questa vostra generosità dopo quanto è accaduto.
— Adagio, giovanotto, — disse Ioe. — L’albero non è ancora caduto e potrebbe reggere benissimo il vostro corpo.
— Vorreste dire?
— Che prima d’accordarvi la vita abbiamo da parlare. Vi piacerebbe vivere?
— Ecco una domanda assolutamente inutile.
— Allora maestro Dik sedete e discorriamo un po’. Già i selvaggi non vi minacciano più.
— Liberatemi almeno dai legami che mi martirizzano. Giacchè non mi appiccate, non sono più necessari.
— Ecco fatto, mastro Dik, — disse Sao-King, tagliandoli con pochi colpi di coltello. — Vi avverto però che se tenterete di fuggire vi manderemo all’altro mondo con tre palle nella testa.
— Non ne ho alcuna intenzione. Ora parliamo. —
Ioao stava per aprire la bocca, ma Sao-King con un gesto lo fermò.
— Lasciate fare a me, — disse sottovoce.
Quindi fissando il bandito, riprese:
— Vogliamo che confermiate quanto ci ha narrato mastro Strong.
— A proposito di che cosa?
— Del signor Cyrillo de Ferreira e del signor Vargas. È vero che prima di giungere allo stretto di Torres avete incontrato una delle vostre navi?
— Sì, — rispose Dik, cadendo ingenuamente nel laccio tesogli dall’astuto chinese.
— E che sono stati condotti nel vostro covo?
— Anche questo è vero.
— La vostra vita è salva! — gridò Ioao, non potendo più frenare la propria gioia.
— Non ancora, signor Ioao, — disse Sao-King. — Mastro Dik non ha ancora finito.
— Cosa volete sapere d’altro? — chiese il pirata, con inquietudine.
— Dove si trova il rifugio dei vostri compagni.
— Per sorprenderli?
— No, per salvare mio fratello ed il signor Vargas, — disse Ioao.
— Siete forse stanchi di vivere? — chiese Dik. — Là troverete la morte.
— Questo è un affare che non vi riguarda, — disse Sao-King. — Parlate o noi prepareremo il laccio che vi manderà all’altro mondo.
— Siete spicci voi.
— Non abbiamo tempo da perdere.
— Diavolo! — mormorò il bandito, grattandosi la testa. — Ditemi almeno prima dove si trova la vostra nave.
— È molto lontana da qui, — rispose Ioao.
— Allora Strong non è qui.
— Strong è morto.
— L’hanno appiccato?
— No, si è suicidato.
— Me lo assicurate? Se fosse ancora vivo e riuscisse a sapere che io ho tradito i compagni mi scannerebbe come un vitello.
— Vi ripeto che è morto, — disse Ioao.
— Orsù sbrigatevi, — disse Joe il quale cominciava a perdere la pazienza.
— Noi non siamo già sbarcati per fare una partita di chiacchiere con voi.
O guidarci al rifugio o una corda al collo. Ne ho una di solidissime che mi serve da cintura.
— Vi limiterete a liberare il signor de Ferreira ed il signor Vargas? — chiese il pirata.
— Noi sì.
— Ed il comandante della nave non assalirà dopo il rifugio?
— Noi non possiamo rispondere delle sue intenzioni, — disse Ioe. — Tuttavia voi non verrete ucciso, ve ne do la mia parola.
— Allora accetto.
— Dove si trova questo covo?
— A due o tre miglia da qui, fra le scogliere della spiaggia settentrionale.
— Hanno una nave i vostri compagni?
— Sì, una goletta rapida e bene armata, quella che ha condotti qui il signor de Ferreira e Vargas e che noi avevamo incontrata nel mare del Corallo.
— Che sia ancora vivo mio fratello? — chiese Ioao con voce angosciata.
— Di questo sono certo, perchè il nostro capo aveva delle idee su quei due uomini.
— E quali?
— D’imporre un forte riscatto per la loro liberazione.
— Quanti uomini vi sono nel rifugio? — chiese Ioe.
— Non ve lo posso dire. Dopo il naufragio della nostra nave avvenuto tre mesi or sono nei pressi di Tonga-Tabù io non ho più posto piede su quest’isola. Devono però essere molti e anche bene armati.
— Riusciremo a salvare i prigionieri? — chiese Sao-King.
— Non sarà cosa facile, tuttavia io non dispero conoscendo tutte le entrate del rifugio.
— Mastro Dik, — disse Ioe, con voce grave. — Badate a quello che fate perchè se ci tradite, parola da olandese, vi leverò la pelle pezzo a pezzo.
— Voi mi avete salvato da una morte orribile, vi devo dunque della riconoscenza, — rispose il bandito con un tono di voce che pareva sincero. — Sono forse meno cattivo di quello che credete ed i delitti dei miei compagni cominciavano a pesarmi sulla coscienza.
Io vi dimostrerò che anche un pirata può ritornare un galantuomo e avere ancora una parola.
Signori, disponete di me e non ve ne pentirete.
— Lo vedremo in seguito, — disse Ioe, crollando il capo.
— Dubitate?
— Un poco.
— Avete ragione, — disse il pirata, con una certa amarezza. — Fino a questo momento sono stato un miserabile briccone e avete il diritto di considerarmi ancora tale.
Signori, partiamo; ho fretta di mostrarvi il contrario. —