I precursori di Lombroso/Frenologi e psichiatri
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Capitolo V.
Frenologi e Psichiatri
1. La fine del 700. — 2. Lavater. - Fisionomia e Cranioscopia. — 3. Gall. - I principî della frenologia. - La criminalità secondo Gall e Lombroso. - Collaboratori e seguaci di Gall. — 4. Il concetto di degenerazione e le scuole psichiatriche. - L’opera di B. A. Morel.
1. — Nella seconda metà del 1700 gli studi fisionomici ed antropologici vennero assumendo uno straordinario sviluppo ed entrarono trionfalmente a far parte dell’insegnamento universitario nelle Scuole di Medicina e di Filosofia. I nomi di Lavater e di Gall debbono essere segnati a caratteri d’oro fra i precursori della Antropologia criminale non solo, ma degli studi positivi in genere; essi riuscirono ad essere dei veri innovatori che hanno gettato un seme fecondo di meravigliose applicazioni, contenente una forza di progressiva evoluzione straordinaria.
Poichè Lavater informò l’opera sua al principio sperimentale dell’osservazione diretta, cui provvedeva una inesauribile energia di lavoro e un entusiasmo d’apostolo, disegnando colla sapiente e infaticabile sua matita un enorme materiale fisionomico, sovra cui eresse il tentativo di classificare gli uomini in diverse categorie, distinguendole l’una dall’altra per mezzo dei caratteri esteriori. E l’aver accennato in modo sicuro all’esistenza dei vari tipi umani e l’aver dato un cospicuo contributo allo studio positivo di essi, è un vanto che gli ulteriori progressi della scienza non gli potranno mai togliere. E che della Antropologia criminale possa e debba essere considerato uno dei fattori, basterebbero le sue idee sugli istinti e sull’educazione, e le sue opinioni sul libero arbitrio, che lo pongono nel cuore della filosofia contemporanea e ne fanno un convinto determinista.
L’opera di Gall, dopo un periodo di successo immenso, generale, dopo aver tenuto per anni lo scettro nella fisiologia cerebrale, parve crollare a completa rovina. L’edificio dei frenologisti, per opera specialmente di Flourens, che aveva creduto dimostrare che tutte le parti del cervello fossero equivalenti nelle loro funzioni e che potessero perciò reciprocamente supplirsi, parve distrutta. Alla fortuna di questa demolizione provvedevano anche le preoccupazioni dei metafisici che salutarono Flourens quale salvatore dell’anima. Ma quanto di vero si conteneva nelle concezioni di Gall rifulse di luce meridiana colle nuove conquiste dell’anatomia patologica e della clinica. Ora è tempo gli sia fatta giustizia e si riconosca in Gall una profonda intuizione.
Perchè Gall dall’anatomia comparata aveva tratto il principio che la tunica cerebrale fosse il substrato anatomico delle funzioni psichiche, e che le fibre dei nervi della sostanza grigia si irradiassero nell’asse cerebro-spinale e nei gangli centrali; d’onde il sistema delle proiezioni, ripreso poi dal Luys e dal Meynert. Gall coll’intuizione del genio trasse la conclusione che i singoli territori corticali potessero essere i substrati anatomici di complicati processi cerebrali. Egli avendo mostrato come i sentimenti, gli atti, l’intelligenza, tutto l’uomo morale si trova localizzato nel cervello, e che ogni facoltà di un essere animato deriva dal suo organismo, va posto fra i più saldi e memorabili precursori della psicologia moderna.
2. — Giangasparo Lavater nacque in Zurigo il 15 novembre del 1741 e vi morì nel 1801. Per aver un’idea del suo carattere, dell’amore alla sua scienza, dell’entusiasmo che egli poneva nelle sue ricerche, basterà riportare quanto di lui lasciò scritto il Foscolo: “Era fra questi preti fanatici il buon Lavater, celebre pel suo librone tutto belle figure della fisonomia: e perchè era bel parlatore e caldo e soave e d’angelico animo verso i poveri, e fantasioso femminilmente e inoltre galante con le signore, s’è acquistato fama di profeta in Zurigo sua patria, ed infamia di impostore. E vidi assai case piene de’ suoi ritratti, e donne, vecchie matrone, che per unica biblioteca avevano da quasi cento volumi di opere del solo Lavater..... Questo innocente entusiasta perì martire del suo buon cuore; perchè quando nel 1799 i russi e i francesi combattevano dentro Zurigo, egli, senza importargli che gli uni fossero papisti e gli altri scismatici e tutti quanti bestie arrabbiate, andava soccorrendo feriti e moribondi, e scongiurando che l’uomo non trucidasse l’uomo, tantochè fu insanabilmente ferito è morì come visse„.
L’opera maggiore di Lavater è la Physionomische fragmente zur Beförderung der Menschenkenntniss und Menshcenliebe (Leipzig 1775), tradotta poi in francese e inglese, ricca di 500 e più tavole, che sono il maggior materiale grafico di fisionomica che sia stato pubblicato.
Il linguaggio usato da Lavater non si può certo dire scientifico, portato come era dal suo temperamento artistico a scrivere, come bene osserva il Mantegazza (Fisonomia e Mimica. Ill. Dumolard, 1889): “coll’amore e colla fede, e il sentimento lo accende tanto da fargli ad ogni passo intuonare inni d’ammirazione per la bocca, che è tanta parte dell’uomo, per Domeneddio, che ha fatto l’uomo così bello, per le donne che sono la benedizione della vita; insomma per ogni cosa che cade sotto i suoi occhi innamorati„.
Ma egli ha pure fissato il costante rapporto tra la forma solida delle parti e le interne disposizioni dell’animo, egli ha pure detto che il corpo umano può esser riguardato come una pianta in cui ogni parte presenta i caratteri del tronco, che ciascuna porzione di un tutto organico porta i caratteri dell’insieme; il dito di un uomo non potrebbe essere accomodato alla mano di un altro; il più piccolo insetto come il più sublime degli uomini è l’opera di un sol getto, e tutte le sue parti sono in mutuo rapporto perchè la natura non fa dei mosaici. Lavater ha per fondamento, e si noti che i detrattori della Antropologia criminale vollero negarlo anche al Lombroso, che lo ha sempre ritenuto come fondamentalmente essenziale, di non trarre gli indizi da una sola parte dell’uomo, ma di esaminarle tutte e di studiarne i rapporti di causalità, di successione, di concomitanza.
Lavater e Lombroso, negli esami fisionomici, si tennero sempre al principio che in un individuo tutto è armonico, omogeneo, e proclamarono come segni patagnomonici di alcune disposizioni quelle forme che, senza alcun preconcetto, videro con una determinata costanza essere offerti da speciali entità psicologiche. L’esperienza guidò l’uno e l’altro, quell’esperienza che il volgo si compiace negare allo scienziato, e di cui però tien calcolo incoscientemente esso pure, poichè sa che non sono chimeriche le differenze che esistono, per esempio, fra la mentalità e la fisonomia di un cretino delle Alpi e Leonardo da Vinci, o fra quelle di un assassino e di un santo.
Un metodo particolare usato da Lavater, forse ora caduto ingiustamente in disuso, fu quello dello studio della Silhouette, ovvero dell’immagine disegnata dall’ombra che proietta un corpo sopra una superficie bianca opposta ad una viva luce. Lavater afferma che gli fu di grande soccorso questo studio della Silhouette, perchè essa è originata dalle parti scheletriche e fisse, eccettuate le labbra. La fronte dà un indizio della capacità intellettuale, il passaggio dalla fronte al naso rivela l’uomo pensatore, il coraggioso, il burbero, ecc.; il naso indica il gusto e certe attitudini passionali, il labbro superiore accenna a tendenze dominatrici del carattere, la bocca intera l’amore, l’odio, la modestia; il collo e la nuca la forza fisica, le inclinazioni brutali, la pieghevolezza o l’inflessibilità. Fig. 32.
Lavater, prima che Camper rivelasse la misura dell’angolo facciale, diede importanza, ad un angolo di profilo tratto appunto dallo studio delle silhouette e costituito da una linea che partiva dalla punta del naso verso l’angolo esterno dell’occhio, e l’altra dalla stessa punta all’angolo della bocca corrispondente al primo molare. Egli trovò che l’acutezza di quest’angolo stava in ragione inversa dello sviluppo intellettivo.
Il cranio, non solo per Gall ma anche per Lavater, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere per la erronea tradizione che ne fece più che uno scienziato, un artista, costituì la parte più importante nello studio fisionomico, e la cranioscopia fu da Lavater ritenuta come un ramo principale della fisionomica.
In questa parte Lavater giunse a determinare Fig. 33.Fig. 34. ciò che venne riconfermato dagli studi ulteriori, che nella parte anteriore e inferiore della fronte si manifestano le facoltà percettive ed intellettuali, che nelle regioni laterali temporo-parietali si possono avere indizi delle facoltà sentimentali e motrici.
Coltivò pure la Fisionomia comparata e lasciò scritto “che la Natura segue leggi invariabili ed ha un sol prototipo per tutte le sue produzioni, ossia si riscontrano sempre le medesime forme in esseri dotati delle medesime forze„.
Lo studio somatico dei bruti, in rapporto alle loro qualità psicologiche, è stato modernamente troppo trascurato, e questa è una lacuna nella abbondante produzione della Nuova Scuola.
Occorrerebbe rifare, con metodo e coi sussidi portati dalle nuove scoperte, tutto ciò che pure dagli antichi fu intravvisto in questo senso. Le Georgiche di Virgilio sono piene di precetti fisionomici per conoscere la bontà dei puledri, degli agnelli, dei cani, ecc. Nel linguaggio comune non è senza significazione quando si dice: Fronte leonina, collo toroso, naso da scimmia, naso aquilino, orecchie asinine, occhi di lince o di grifo, sguardo da civetta, mascella d’asino, pelo d’orso, ventre bovino, gambe da levriero, piede d’oca, ecc. Molte inclinazioni comuni all’uomo ed al bruto si manifestano nelle stesse regioni cogli stessi segni.
Ma Lavater fu dotato sopratutto della precipua qualità che necessita ad un fisionomista: di una penetrazione profonda, rapida, di un’induzione istintiva, per cui un carattere intero è rivelato dalla percezione incosciente di un sintomo, di un segno caratteristico; possedeva quel tatto che Giulio Cesare, Napoleone, ecc., i grandi uomini di azione ebbero in grado eminente a maneggiar gli uomini e trarli al compimento dei loro disegni. Lavater non fu certo uomo d’azione, ma ebbe di questi, collo studio, ad acquistare la sicurezza di giudizio, l’infallibilità nel pronostico delle azioni umane.
Riassumendo l’opera di Lavater, si ha una vera guida all’esame somatico e psichico che può anche oggi servire all’antropologo-criminale od all’alienista, e per quanto imperfetta potrebbe lodevolmente trovar posto in un trattato di Semeiotica moderna.
3. — Gall nacque nel 1758 a Tiefenbrun nel Granducato di Baden, studiò medicina e si applicò con ardore agli studi anatomici e psicologici, e dotato di uno spirito acutissimo d’osservazione, dall’aver egli constatato che a certe forme Fig. 35. di cranio riscontrate nei suoi colleghi ed amici corrispondeva una portentosa memoria, sospettò congenite e dipendenti dalla struttura anatomica le varie facoltà dell’anima umana e si propose di dimostrarlo, perseverando, per molti anni di studio e di ricerche, a determinare le funzioni del cervello in generale e quelle delle sue diverse parti.
Venne alla conclusione che “il cervello non è un organo unico, ma bensì un complesso di tanti organi speciali quante sono le facoltà che si riconoscono agire in un dato individuo„.
La tesi era esposta in modo troppo assoluto e le localizzazioni cerebrali, quali vengono attualmente designate dalla fisiologia e dalla clinica, non hanno certo più nulla di comune con quelle in discorso; ma il principio fondamentale era sano e vitale e resistette sotto i colpi reiterati degli oppositori.
Gall riunì un gran numero di ritratti, di busti, di medaglioni, di crani che appartenevano a uomini dotati di facoltà particolari, di virtù o di vizi, a formarne un vero museo. Sopra questo materiale intraprese un corso di lezioni in Vienna nel 1796. Fig. 36. Ma le sue teorie parvero pericolose e rivoluzionarie agli uomini di governo, per il rapido successo ottenuto, per cui finì collo abbandonare un ambiente troppo conservatore e misoneista come quello di Vienna, e nel 1807 si recò definitivamente a Parigi ove acquistò popolarità grandissima e mosse ammiratori ferventi e critici spietati a combattimenti accaniti.
Cercherò di riassumere, senza dilungarmi nella esposizione dell’intero sistema di Gall, i principî su cui si fondava la Frenologia.
Le circonvoluzioni cerebrali nel loro sviluppo esercitano contro la calotta cranica una pressione che determina la forma che si riscontra all’esterno di essa. Dall’ispezione delle protuberanze si può distinguere qual parte del cervello sia la più sviluppata e conseguentemente quali facoltà debbano ritenersi più attive ed energiche.
La quantità e la disposizione delle circonvoluzioni cerebrali trovate diverse in ogni individuo, sono per Gall un contrassegno sufficiente per ritenere ciascuna di queste circonvoluzioni capace di eseguire per sè stessa la funzione di organo.
Risultando che l’impedito sviluppo di alcune parti di cervello è sempre accompagnato da lesioni variabili nelle funzioni intellettuali e locomotrici, si deduce che tutte queste parti siano realmente destinate a prestare l’ufficio di organi speciali per ciascuna di esse funzioni. Lo sviluppo e la consolidazione del tessuto osseo che protegge il cervello sono del tutto dipendenti dal formarsi e svilupparsi dell’organismo stesso su cui l’ossatura deve modellarsi.
Topograficamente i 27 organi o strumenti delle nostre varie facoltà erano così distribuiti: Da ciascun lato della base del cervello si trovano collocate le tendenze comuni a tutti gli animali, tendenze che sono condizione essenziale all’esistenza dell’individuo ed alla conservazione della specie. Nella parte media temporo-parietale localizzava i sentimenti comuni all’uomo ed a certi animali superiori nell’anteriore o frontale riponeva le facoltà puramente intellettuali.
Non è il caso di dire che tutto questo edificio di localizzazione delle facoltà non si regge, ma fu un portato del tentativo lodevolissimo di voler Fig. 37. dare base anatomica al pensiero, fu l’intravvedere la verità sinteticamente e senza averne ancora i materiali per scendere ad un’analisi coscienziosa. Era del resto giustificato Gall, in questo suo procedimento, dalle scuole imperanti di filosofia, che cogli schemi convenzionali, artificiosi, gareggiavano a sminuzzare la teoria delle facoltà di Wolff fino ad un semplicismo ridicolo, quale però gli alienisti della metà del secolo ed anche più oltre rimisero di moda colle monomanie.
Gall divideva il cervello in altrettante sezioni indipendenti ed autonome, come i filosofi intellettualisti dividevano la coscienza in facoltà che ritenevano vere forze ed energie. Però, come dissi, Gall è grande anche col suo edificio sfasciato, perchè, se non come egli riteneva, certo contribuì valorosamente a diffondere una grande verità che tutto l’uomo morale si trova localizzato nel cervello.
È naturale che Gall abbia riguardata la Criminalità da un punto di vista nuovo e molto vicino a quello della Scuola antropologica. Come per tutte le altre funzioni e facoltà; così per il delitto esistono, secondo Gall, organi e caratteri speciali. Egli osservò e studiò gran numero di criminali, di frequentatori per querele dei tribunali, e credette di avere scoperto l’organo della rissa e della lite. Più specificate sono le sue osservazioni craniologiche sugli omicidi. La differenza fra l’omicida e l’uomo normale si conosce per i medesimi caratteri per cui si può distinguere il cranio di un animale carnivoro da uno erbivoro. Più la parte posteriore del cranio, elevata una perpendicolare dal meato uditivo, supera quella anteriore, più l’uomo avrà istinti da animale carnivoro. Considera il problema della Criminalità colle vedute veramente moderne, anzi Fig. 38. come non sono ancora giunti i legislatori a considerarlo. Nella sua opera si trovano, per es., queste parole “Più le inclinazioni naturali innate e le abitudini offrono resistenza ed ostinatezza e più occorre moltiplicare e rafforzare i motivi, e più bisogna graduare le pene, e più si deve avere perseveranza per combatterle, se non per vincerle, almeno per attenuarle e paralizzarne l’esercizio; perchè non è più qui il caso di una colpevolezza interiore, nè di una giustizia nel senso più severo; qui si tratta del bisogno della società di prevenire il delitto, di correggere i malfattori e di mettere la società al sicuro da coloro che sono più o meno incorreggibili„.
La criminalità dunque per Gall come pel Lombroso è il risultato dell’organismo. E altrove: “La misura della colpabilità e la misura della pena non deve esser presa dalla materialità dell’atto illegale, nè in una punizione prestabilita, ma unicamente nella situazione dell’individuo agente„. Concetto questo che collima precisamente col gran principio della teorica Lombrosiana: si deve studiare e tener conto della temibilità del delinquente e non del delitto come astrazione giuridica.
Innumerevoli sono le osservazioni di fatto che da Gall vennero raccolte e che furono riscontrate poi anche dalla Scuola antropologica. L’insensibilità del delinquente; la divisione in delinquenti trascinati dalla passione e in quelli che delinquono per istinto innato; l’aver distinto fra i briganti, p. es. quelli che sono propensi soltanto ed unicamente al rubare, ed altri invece che uccidono sempre, anche senza necessità. Importante è pure l’osservazione che vi siano di quelli che dopo accessi epilettici si sentono tratti all’omicidio.
Gall non si è fermato a chiarire e dar corpo di teorica ai fatti che osservava intorno ai delinquenti, preoccupato delle ricerche di tutte le localizzazioni delle così dette facoltà, ma è certo che si era messo su una buona strada rispetto a questo problema.
Collaboratore e continuatore di Gall, esagerandolo anche, fu Spurzheim di Longuish, che pubblicò a Londra nel 1826 un’opera col titolo: Phrenology in connexion with the study of physiognomy, nella quale fa l’applicazione delle teorie cranioscopiche a molte teste di personaggi celebri. Fig. 39. Un tentativo di psicologia genetica, come modernamente con vedute più ampie si venne applicando al genio, poichè Spurzheim, dall’esame del cranio di uomini insigni, rilevandone il vario sviluppo delle parti, lo metteva in relazione coi prodotti delle loro intelligenze. Fu lavoro però troppo unilaterale, quantunque egli stesso avesse genialmente espresso il concetto della necessità di tener conto di tutti i caratteri somatici e fisiologici col dire: “che la faccia ed il carattere armonizzano fra loro come le parti di una buona pittura, per la stessa ragione che in un paesaggio, se gli oggetti della spiaggia indicano tranquillità e calma, il mare non può essere in tempesta„.
Giorgio Combe, scozzese, fu pure frenologo intelligente ed appassionato, e si occupò specialmente di rilevare i caratteri, più che sul cranio, nell’uomo vivo.
Gustavo Carus di Dresda, più vicino a noi, continuò lo studio antropologico in relazione alla mentalità e con un nome nuovo e bizzarro: “Simbologia della forma umana„, proseguì la tradizione Galliana. Istituì un museo ove, fra una serie di cranî, di gessi, di stampe, interessanti l’etnografia e la patologia, raccolse i ritratti degli uomini geniali.
Fig. 40. Studiò pure sotto nuovo aspetto i temperamenti Pietro Camper di Leida, che dallo studio dei capolavori greci, confrontato colle teste delle diverse razze umane e degli animali, trasse nel 1786 la importante misura dell’angolo facciale. Contribuì pure a rivelare i rapporti della forma organica collo spirito, e lasciò scritto sul mezzo di rappresentare in modo sicuro le diverse passioni che si manifestano sul volto e sulle analogie fisionomiche che esistono fra i quadrupedi, gli uccelli, i pesci e l’uomo. P. N. Ottin, nel 1834, nel Précis analytique et raisonné du système de Lavater, si propose di diventare nientemeno che l’Euclide della scienza fisionomica. Non è a dire che vi sia riuscito, ma ha certo portato nuova documentazione per l’importanza della osservazione dei caratteri esterni alla conoscenza del morale ed alla previsione delle azioni dell’uomo; previsione nella quale sta riposta, per quanto possa urtare i bigotti della libertà di uccidere e di rubare, la tutela sociale dell’avvenire contro la delinquenza.
E qui mi fermo nel citare i continuatori di Lavater e Gall, perchè non essendo già mia intenzione di fare un lavoro storico completo sulle origini del movimento scientifico e filosofico che ha preparato il terreno alla fioritura degli studi lombrosiani, mi vedrei rubato lo spazio dalle citazioni, in questo campo antropologico e fisionomico, a danno di un’altra parte che pure mi conviene, almeno brevemente, accennare, quella cioè del concetto della degenerazione, applicato con tanta fortuna dal Lombroso e dalla sua Scuola.
E in questo campo troneggia il gran nome di Morel, che nel 1657, col suo “Trattato delle degenerazioni fisiche, intellettuali e morali della specie umana„, apriva una novella êra agli studi psichiatrici e sociologici.
4. — B. A. Morel fu iniziato negli studi psichiatrici quando la scuola somatica tedesca, con Griesinger e Schroeder van der Kolk, reagendo alle esagerazioni dello spiritualismo, cercava già di dimostrare che la pazzia era sostenuta da lesioni fisiche cerebrali e viscerali, e quando Esquirol succedendo a Pinel abbandonava le speculazioni filosofiche per l’osservazione clinica; e quando in Italia, dove pure con Chiarugi si erano spezzate, parecchi anni prima che alla Salpêtrière, le catene degli alienati, si andava formando una valorosa schiera di alienisti quali il Bonacossa, il Bini, il Castiglioni, il Verga, il Biffi, ecc.
Morel, legato d’amicizia a Claude Bernard, trovava nel metodo sperimentale e nel rigore scientifico del grande fisiologo una guida sicura.
La parola stessa di degenerazione era usata per la prima volta a significare un complesso di fenomeni che come tale prima non aveva attirata l’attenzione. Si invertivano i termini. J. J. Rousseau affermava che la vita civile sociale era una depravazione dello stato di natura dell’uomo. Il lavoro, la fatica, la cattiva alimentazione delle classi povere si ritenevano più favorevoli alla salute degli agi dei ricchi. I moralisti della prima metà del secolo non erano certo entrati in uno spedale, nè avevano cognizione che i ricchi hanno una vita media che supera del doppio quella dei poveri e dei lavoratori. Nessuno prima di Morel aveva gettato il colpo d’occhio d’assieme sulla quantità di fatti, di analisi, di statistiche che collo sviluppo dell’igiene, dell’eziologia delle malattie in genere, dell’eredità, si erano raccolti. Non si ammetteva l’eredità patologica che per le affezioni similari. Morel definì invece così la degenerazione: “L’idée la plus claire que nous puissions nous former de la dégénérescence humaine est de nous la représenter comme une déviation maladive d’une type primitif. Cette déviation, si simple qu’on la suppose à son origine, renferme néanmoins des éléments de transmissibilité d’une telle nature que celui qui en porte le germe devient de plus en plus incapable de remplir sa fonction dans l’humanité, et que le progrès intellectuel, déjà enrayé dans sa personne, se trouve encore menacé dans ses descendants„.
E dimostrò che la trasmissione ereditaria di una degenerazione non consiste nella rigorosa riproduzione della deviazione patologica osservata negli ascendenti, ma in certe modificazioni generali dannose alla costituzione, al normale funzionamento dell’organismo psico-fisico nei discendenti. L’eredità patologica specifica della gotta, p. es., della tisi, del cancro, non è la degenerazione morelliana, perchè egli non vede nell’uomo soltanto un essere isolato e sofferente, ma un essere morale e sociale il sintomo patagnomonico della degenerazione è un’inettitudine più o meno grande alla vita sociale, è la incapacità intellettuale, è l’affievolimento morale. Ed è appunto qui il nodo che riunisce i due grandi nomi di Morel e di Lombroso. Entrambi dal seno di queste varietà di degenerati fanno uscire gli assassini, gli incendiari, i ladri, i criminali, insomma tutti coloro che costituiscono un pericolo sociale. E quando Morel dice che coloro che popolano le prigioni “ne sont ni extraordinairs, ni inconnus pour ceux qui étu dient los variétés maladives au double point de vue de l’état physique et de l’6tat moral des individus qui les composent„, si mette già nell’attitudine che deve assumere attualmente il medico dinnanzi al delinquente, quell’attitudine che spaventa tanto i buoni e pacifici borghesi, che si immaginano i seguaci di Lombroso come tanti pazzi pietosi, che abbiano a lasciar scorazzare, liberi di depredare ed uccidere come onda di barbari conquistatori, i delinquenti che cadono sotto il loro esame. No, non spaventatevi, o rigidi amatori delle vecchie formule e della immobilizzazione del diritto penale; come la Scuola Positiva, che nell’interesse della difesa sociale non ha romanticismi e affettività isteriche pci degenerati, così Morel, parlando di delinquenti, dice: “Ces types sont les personifications des diverses dégénérescences de l’espèce, et le mal qui les engendre constitue pour les sociétés modernes un danger plus grand que ne l’était pour les sociétes anciennes l’invasion des barbares„.
Il concetto che non si vuol comprendere, che si rigetta con orrore da tutti gli uomini d’ordine e che per la Nuova Scuola è la bandiera di combattimento, è vecchio di quasi un secolo, e fu intravvisto da una quantità di pensatori prima di Lombroso. Despine parlò di criminali per anomalie morali, per pazzia, per impeto di passione; Dailly nel 1865 sostenne innanzi alla Società medico-psicologica di Parigi che i criminali si dovevano assimilare agli alienati; Maudsley che la criminalità è una varietà di nevrosi; Bruce Thomson che i delinquenti non sono che degenerati ereditari. Virchow stesso proclamava che i degenerati sono criminali in via di formazione. Che più? Vauvenargues, uno dei tanti filosofi e moralisti del principio del secolo, nel suo Traité du libre arbitre, si esprime così energicamente, come neppur ora Lombroso ha creduto apertamente di fare, temendo maggiori ostilità nel pubblico, coll’affermare che bisogna trattare i criminali come ammalati. Udite: “Ma dirà qualcuno, se la delinquenza è una malattia del nostro spirito, non bisognerà trattare i criminali diversamente dei malati. Senza dubbio, nulla è così giusto, nulla è più umano di questo. Non bisogna trattare uno scellerato diversamente di un malato, ma bisogna trattarlo come un malato. Ora, come facciamo con un malato, per esempio, con un ferito che abbia la cancrena ad un braccio? Se si può risparmiare il braccio si salva il braccio; ma se non si può salvare il braccio per il pericolo che ne viene certamente al corpo, lo si taglia; non è vero? Bisogna trattare così con un delinquente se si può risparmiarlo senza pericolo per la società di, cui è un membro, lo si risparmia, ma se la salute della società dipende dalla sua perdita, bisogna che sia sacrificato; ciò è ben evidente„.
Ma ritorniamo a Morel. La materia è così abbondante e i limiti che mi sono prefisso sono molto modesti, sì che non permettono digressioni. Torniamo a Morel, perchè con una brevissima corsa nel suo classico lavoro si convincano coloro che credono l’Antropologia Criminale sorta per la tenacia e l’idea fissa di un sol uomo, quanto fondamento essa abbia invece nei metodi già indicati da un’altra fra le più belle ed equilibrate menti del secolo.
Le cause che conducono alla degenerazione non si trovano per Morel esclusivamente nell’uomo in lesioni delle sue funzioni; egli è sottomesso all’azione di cause generali che sono importantissime a studiarsi, e senza la conoscenza di esse la spiegazione di un gran numero di fenomeni isolati diventa impossibile. Per ricordare solo ciò che può riguardare più da vicino ed in modo diretto applicarsi all’eziologia del delitto, quale venne da Lombroso nella sua ultima edizione dell’Uomo delinquente ampiamente trattata, noterò che, identificando la classificazione degli individui con quella delle cause, il Morel, incominciando dalle intossicazioni, dànno sviluppo grandissimo a quelle alcooliche; considerando le paralisi e le demenze premature degli alcoolizzati, le vere frenosi, gli arresti di sviluppo e le follie similari od indirette nella discendenza; le degradazioni ed i pervertimenti etici che l’abuso dell’alcool può determinare.
Nello stesso gruppo delle intossicazioni il Morel tratta largamente la questione della pellagra, cui dà un’alta influenza degeneratrice, poichè di questa intossicazione le cause sono permanenti ed agiscono su popolazioni compatte e soggette da secoli alla stessa venefica azione.
A proposito delle influenze telluriche, Morel si ferma ad analizzare la malaria, il cretinesimo. Questo per Morel, e di poco possiamo modificare oggigiorno l’opinione espressa dal grande alienista, è una degenerazione della specie dovuta ad un’azione, che un principio intossicante esercita sul sistema cerebro-spinale, e questo principio, la cui tintura anche attualmente ci è oscura per non dire ignota, è determinato sia dalla costituzione geologica del suolo, sia dalla configurazione del paese, dalle condizioni atmosferiche di umidità, di temperatura, ecc.
Le parole poi che egli ha sulle condizioni dell’ambiente sociale, costituiscono una delle più interessanti tesi dell’economia politica contemporanea. Le carestie, l’alimentazione insufficiente, le epidemie, alterano pure la costituzione generale dell’uomo, originano dei temperamenti morbosi di cui si trovano numerosi rappresentanti fra le generazioni che susseguono a quelle che da tali malanni furono più fortemente colpite.
L’altra categoria delle cause degenerative ammesse da Morel comprende, quali fattori essenziali, le industrie, le professioni nocive, la miseria. Senza voler entrare a sviluppare questi argomenti, che l’Igiene sociale è venuta man mano popolarizzando, farò notare soltanto come il Morel, con un intuito straordinario, nettissimo, abbia presentito i risultati che la scienza moderna ha ormai definitivamente assodati. Il genio del grande alienista sintetico, generalizzatore, ha precorso i tempi, dotando di un forte e salutare impulso tutto un movimento scientifico che ha segnato un’epoca gloriosa.
Il terzo gruppo eziologico di Morel è formato dagli stati degenerativi che susseguono a malattie acquisite o dell’eredità patologica. Dimostra la perniciosa influenza dei disturbi patologici sullo sviluppo intellettuale dà un alto valore al sordomutismo, alla cecità congenita e ad altre anomalie per la determinante di una trasmissione ereditaria, di una inferiorità psichica, punto di partenza di una serie degenerativa.
Morel presentì la fortuna che ebbe in seguito la sua geniale concezione, arditamente lanciata in mezzo alle pastoie di una teoria metafisica, dominante ancora al suo tempo la psichiatria, e disegnò il profilo del concetto moderno delle figliazioni degenerative:
“Esistono degli individui che riassumono le disposizioni organiche viziate di parecchie generazioni anteriori. Le condizioni di degenerazione in cui si trovano coloro che hanno ereditato certe disposizioni organiche difettose, si rilevano non solo per caratteristiche tipiche esterne, più o meno facili ad essere notate, come la piccolezza o la mala conformazione del cranio, la predominanza di un temperamento morboso, le deformità, le anomalie nella struttura degli organi, la sterilità, ecc., ma altresì per alterazioni, per divergenze nell’esercizio delle facoltà mentali e dei sentimenti etici„.
L’opera di Morel venne completata, corretta, cesellata, dirò così, dal Lombroso, che applicandola alla delinquenza, allargò il problema della degenerazione, dischiuse coll’atavismo nuovi orizzonti, gettò viva luce sulle scienze filosofiche, giuridiche, sociali, e diede all’Italia il vanto di una Scuola gloriosa.