I fioretti di Sancto Francesco/Capitolo LV
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Cap. LV.
Tra quali il detto messere Orlando, toccato nello cuore da Dio per la maravigliosa predicazione di sancto Francesco, si pose in cuore d’ordinare e ragionare con lui dopo la predica de’ fatti dell’anima sua. Onde compiuta la predica, elli trasse da parte sancto Francesco e dissegli: Padre, io vorrei ordinare teco della salute della anima mia. Rispose sancto Francesco: — A me piace molto; ma va istamane, et onora gli amici tuoi che t’anno invitato alla festa e desina con loro, e dopo desinare parleremo insieme quanto ti piacerá. — Vassene dunque messere Orlando a desinare, e dopo desinare torna a sancto Francesco, e sí ordina e dispone con sancto Francesco de’ fatti dell’anima sua piena mente. Et in fine disse questo messere Orlando a sancto Francesco: — Io ò in Toscana uno monte divotissimo, il quale si chiama il monte della Verna, lo quale è molto solitario e salvatico, et è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri il donerei a te et a’ tuoi compagni, per salute della anima mia. Udendo sancto Francesco cosí liberale proferta di quella cosa ch’elli desiderava molto, ebbe grandissima allegrezza, e lodandone e ringraziandone prima Iddio e poi messere Orlando, sí gli disse cosí: — Messere, quando voi sarete tornato a casa vostra, io manderò a voi de’ miei compagni, e voi mostrerete loro quello monte; e s’egli parrá loro atto ad orazione et a fare penitenzia, infino a ora io accetto la vostra caritativa profferta. — E detto questo, sancto Francesco si parte, e compiuto ch’elli ebbe il suo viaggio, si tornò a Sancta Maria delli Angioli; messere Orlando simigliantemente, compiuta la solennità di quello corteo, si ritornò allo suo castello, che si chiamava Chiusi, il quale è presso alla Verna a uno miglio. Tornato adunque sancto Francesco a Sancta Maria delli Angioli, e’ sí mandò due de’ suoi compagni al detto messere Orlando. I quali giugnendo a lui, furono con grandissima allegrezza e carità da lui ricevuti; e vogliendo elli mostrare loro il monte della Verna, si mandò con loro bene da cinquanta uomini armati, acciò ch’elli gli difendessono dalle fiere salvatiche. E cosí accompagnati, questi frati salirono in sullo monte e cercaronlo diligentemente; et alla perfine vennono a una parte dello monte molto divota e molto atta a contemplazione, nella quale parte si era alcuna pianura; e quello luogo iscelsono per loro abitazione e di sancto Francesco, et insieme collo aiuto di quelli uomini armati ch’erano in loro compagnia feciono alcuna celluzza di rami d’albori; e cosí accettarono e presono, allo nome di Dio, il monte della Verna, e lo luogo de’ frati in esso monte; e partironsi. E tornando a sancto Francesco, e giunti che furono a lui, sí gli ricitarono come et in che modo ellino avieno preso il luogo in sullo monte della Verna, attissimo alla orazione et a contemplazione. Udendo sancto Francesco queste novelle, si rallegrò molto, e lodando e ringraziando Iddio parla a questi frati con allegro viso e dice cosí: — Figliuoli miei, noi ci approssimiamo alla quaresima nostra di sancto Michele arcangiolo; io credo fermamente che sia volontà di Dio che noi facciamo questa quaresima in sullo monte della Verna, il quale per divina dispensazione ci è istato apparecchiato a ciò che a onore et a grolia di Dio e della sua madre groliosa vergine Maria e de’ santi angioli, noi con penitenza meritiamo da Cristo di consecrare quello monte benedetto. — Et allora, detto questo, sancto Francesco si prese seco frate Masseo di Marignano d’Asciesi, il quale era uomo di grande senno e di grande eloquenzia, e frate Agnolo Tancredi d’Ascesi, il quale era molto gentile uomo et era istato cavaliere nello secolo, e frate Lione, il quale era uomo di grandissima semplicità e purità, per la quale sancto Francesco molto l’amava e quasi ogni suo segreto gli rivelava. Con questi tre frati sancto Francesco si pose in orazione, e poi, finita l’orazione, raccomandando sé et i sopradetti compagni alle orazioni delli frati che rimaneano, si mosse con quelli tre nello nome di Gesú Cristo crocefisso per andare allo monte della Verna. E movendosi, sancto Francesco chiamò uno de’ tre compagni, cioé frate Masseo, e sí disse cosí: — Tu, frate Masseo, sarai nostro guardiano e nostro prelato in questo viaggio, mentre che noi andremo et istaremo insieme e sí serveremo la nostra usanza, cioè, o che noi diremo ufficio, o noi parleremo di Dio, o noi terremo silenzio e non penseremo innanzi dello mangiare, né dello dormire; ma quando sarà l’ora d’albergare, noi accatteremo un poco di pane e si ci staremo e riposeremo in quello luogo che Dio ci apparecchierà. — Allora questi tre compagni inchinarono i capi, e facendosi il segno della croce andarono oltre. E la prima sera giunsono a uno luogo di frati, et ivi albergarono; la seconda sera, tra per lo mal tempo e perché erano istanchi non potendo giungere a niuno luogo di frati, né a castello o villa niuna, sopraggiungendo la notte col mal tempo, ricoverarono ad albergo in una chiesa abbandonata e disabitata, et ivi si puosono a riposare. E dormendo i compagni, sancto Francesco si gittò in orazione, e perseverando in orazione, eccoti in sulla prima vigilia della notte venire una grande moltitudine di dimonj ferocissimi con rumore et istropiccío grandissimo, e cominciarono a dargli forte battaglia e noia; onde l’uno lo pigliava di qua e l’altro di là; l’uno il tirava in giú e l’altro in su; l’uno il minacciava d’una cosa e l’altro gli rimproverava un’altra; e cosí in diversi modi s’ingegnavano di sturbarlo della orazione; ma non poteano, però che Iddio era con lui. Onde, quando sancto Francesco ebbe assai sostenuto queste battaglie de’ dimonj, cominciò a gridare ad alta voce: — O ispiriti dannati, voi non potete niente, se non quanto la mano di Dio vi permette; e però dalla parte dello onnipotente Iddio io vi dico che voi facciate nello corpo mio ciò che è permesso da Dio, conciò sia cosa ch’io il sostengo volentieri; imperò ch’io non è maggiore nemico che lo corpo mio; e però, se voi per me fate vendetta dello mio nemico, voi mi fate troppo grande servizio. — Allora i dimonj con grandissimo impito e furia sí lo presono e cominciaronlo a strascinare per la chiesa, et a fargli troppo maggiore molestia e noia che prima. E sancto Francesco allora cominciò a gridare et a dire: — Signore mio, io ti ringrazio di tanto amore e carità quanta tu mostri inverso di me; imperò che è segno di grande amore quando il Signore punisce bene tutti i suoi difetti in questo mondo, acciò ch’elli non ne sia punito nello altro; et io sono apparecchiato a sostenere allegramente ogni pena et ogni aversità, che tu Iddio mi voli mandare per li miei peccati. Allora i dimonj, confusi e vinti della sua costanzia e pazienzia si partirono, e sancto Francesco in fervore di spirito esce della chiesa et entra in uno bosco ch’era ivi presso, e quivi si gitta in orazione, e con prieghi e con lagrime e con picchiar di petto cercava di trovare Jesú, isposo e diletto dell’anima sua. E finalmente trovandolo nello segreto dell’anima sua, ora gli parlava reverentemente come a suo signore, ora il pregava come padre, ora gli ragionava come ad amico. In quella notte et in quello bosco i compagni suoi, poi che s’erano desti et istavano ad ascoltare et a considerare quello ch’elli faceva, sí lo vidono et udirono con pianti e con voci pregare divotamente la divina misericordia per gli peccatori. Fu ancóra da loro veduto et udito piagnere ad alta voce la passione di Cristo, come s’egli la vedesse corporalmente. In questa medesima notte il vidono orare colle braccia raccolte in modo di croce per grande ispazio sospeso e sollevato da terra et attorniato da una nuvola risprendente. E cosí in questi santi esercizi tutta quella notte passò sanza dormire, e poi la mattina, conoscendo i compagni che per la fatica della notte e per lo non dormire sancto Francesco era troppo debole dello corpo, e male arebbe potuto camminare a piè; si andarono a uno povero lavoratore della contrada, e sí gli chiesono per l’amore di Dio il suo asinello in prestanza per frate Francesco loro padre, il quale non poteva andare a piede. Udendo costui raccordare frate Francesco, sí li domanda: Sete voi de’ frati di quello frate Francesco d’Ascesi, dello quale si dice cotanto bene? Rispondono i frati che sí, e che per lui veramente elli addo mandano il somiere. Allora questo buono uomo con grande divozione e sollecitudine apparecchiò l’asinello e menollo a sancto Francesco, e con grande reverenzia ve lo fece salire suso e caminarono oltre, e colui con loro dietro allo suo asinello. E poi ch’elli furono iti oltre un pezzo, disse il villano a sancto Francesco: — Dimmi se tu se’ frate Francesco d’Ascesi. — Rispose sancto Francesco che sí. — Or ti ingegna dunque, — disse il villano, d’essere cosí buono come tu se’ tenuto da ogni gente, perciò che molti anno grande fede in te, e però io t’ammonisco che in te non sia altro che quello che la gente ne spera. Udendo sancto Francesco queste parole, non isdegniò d’essere ammonito da uno villano e non disse tra sé medesimo: — Che bestia è costui che mi ammonisce, siccome direbbono oggi molti superbi che portano la cappa; ma immantanente si gittò in terra dello asino, et inginocchiossi dinanzi a costui e baciolli i piedi e sí lo ringraziò umilmente, perch’elli avea degnato d’ammonirlo cosí caritativamente. Allora il villano, insieme co’ compagni di sancto Francesco con grande divozione lo levarono di terra e riposonlo in sullo asino, e caminarono oltre: e giunti che furono forse a mezza la salita dello monte, però ch’era il caldo grandissimo e la salita faticosa, e questo villano sí dalla sete grandissima sí dal caldo intanto era gravato, che cominciò a gridare dopo sancto Francesco: — Oimè, ch’io muoio di sete, e se io non ò qualche cosa da bere, io traffelerò immantanente. — Per la qual cosa sancto Francesco iscese dallo asino e gittasi in orazione, e tanto istette ginocchione colle mani levate a cielo ch’elli conobbe per revelazione che Dio l’avea esaudito, et allora disse allo villano: — Corri, va tosto a quella pietra, et ivi troverai l’acqua viva, la quale Cristo in questa ora per la sua misericordia à fatta uscire della pietra. — Corre costui a quello luogo che sancto Francesco gli aveva mostrato, e trova una fonte bellissima, per virtú della orazione di sancto Francesco prodotta dello sasso durissimo, e bevve copiosamente e fu confortato. E bene appare che quella fonte fosse da Dio prodotta miracolosamente per gli prieghi di sancto Francesco; però che né prima, né poi, in quello luogo si vide giammai fonte d’acqua niuna presso a quello luogo a grande ispazio. Fatto questo, sancto Francesco, insieme colli compagni e collo villano, ringraziarono Iddio dello miracolo mostrato, e poi camminarono oltre; et appressandosi a pié dello sasso propio della Verna, piacque a sancto Francesco di riposarsi un poco sotto una quercia che era in sulla via. Et ivi ancóra istando sotto essa, sancto Francesco cominciò a considerare la disposizione dello luogo e dello paese, et istando in questa considerazione ecco venne una grande moltitudine di diversi uccelli, i quali collo cantare e battere l’alie mostravano tutti grandissima festa et allegrezza, et attorniaro sancto Francesco in tal modo che alquanti gli si posono in sullo capo, alquanti in sulle ispalle, alquanti in sulle braccia, alquanti in grembo et alquanti a’ piedi d’intorno. Vedendo questo i suoi compagni et il villano, e maravigliandosi, sancto Francesco tutto allegro in ispirito disse cosí: — Io credo, carissimi fratelli, che al nostro signore lesú Cristo piace che noi abitiamo in questo mondo solitario, poiché tanta allegrezza ne fanno della nostra venuta le nostre sirocchie e fratelli uccelli. — E détte queste parole, si levò suso e camminarono, e finalmente pervennono allo luogo che aveano in prima preso i suoi compagni. A laude di Dio et a grolia dello suo santissimo nome. Ammen.
E questo è quanto alla prima considerazione; cioè che sancto Francesco pervenne al monte sancto della Verna.