Gli assempri/D'un Cavaliere usuraio el quale fu veduto da tutti e' suoi vicini come e' diavoli ne portavano l'anima sua

D'un Cavaliere usuraio el quale fu veduto da tutti e' suoi vicini come e' diavoli ne portavano l'anima sua

../D'una buona giovane, che per ch'ella non si volse lisciare, vidde poi nell'Ostia Sacrata un viso d'un fanciullo con molto splendore ../D'un mercatante che fu veduto strozzare dal diavolo IncludiIntestazione 22 aprile 2023 75% Da definire

D'un Cavaliere usuraio el quale fu veduto da tutti e' suoi vicini come e' diavoli ne portavano l'anima sua
D'una buona giovane, che per ch'ella non si volse lisciare, vidde poi nell'Ostia Sacrata un viso d'un fanciullo con molto splendore D'un mercatante che fu veduto strozzare dal diavolo

[p. 30 modifica]D’un Cavaliere usuraio el quale fu veduto da tutti e’ suoi vicini come e’ diavoli ne portavano l’anima sua.

CAP.º 5.


Fue ne la città di Siena intorno agli anni domini mille trecento vinti e sei; un cavaliere molto famoso, massimamente di grande usu[p. 31 modifica]raio. Costui venendo a morte, fu veduto venire su per una costa, la qual era allato a la casa sua, grandissima moltitudine di cavalieri, quasi su le due ore; e attorniaro la casa sua però che v’era la via da tre parti. El conestabile e capitano di questa gente si fermò dinanzi all’uscio de la casa sua, e subbito comandò a un cavaliere che scavalcasse, e disse: va su per misser cotale, di’ che ne venga tosto che noi l’aspettiamo. Et andando e non tornando tosto come ’l capitano voleva, comandò a un altro che scavalcasse e andasse a sollecitar coloro che ne venisser tosto. Et anco vedendo che non ne venivan tosto come ’l capitan voleva disse: Costor pugnan troppo a tornare, egli è meglio che io mi vada io stesso: e subbito scese da cavallo et entrò ne la casa. Et in queste cose, ne la casa sua aveva presso che mangiato la prima mensa; sicchè mancando el vino fu detto al fante de la casa che andasse per lo vino. Et andando vidde ne la stalla un cavallo orribile e scuro, tutto nero e grandissimo. Allora el fante si fermò un poco, e pensava unde quel cavallo fusse venuto, conciosiacosa che dianzi quando venni per lo vino l’altra volta, questo cavallo non c’era: e non sapeva pensare unde quel cavallo fusse venuto. Poi andò attegnare el vino, [p. 32 modifica]e tornando non vi vidde quel cavallo e maravigliossi molto. E volendo poi andar di sopra col vino, e cominciando a salire la scala parbeli riscontrare quasi un ombra di persona, unde li venne tanta paura che l’urciolo del vino li cadde di mano, et egli appena si tenne ritto. Et in questo medesimo punto fuor veduti da tutti e’ suoi vicini che s’erano fatti a le finestre per vedere queste cose, escire de la casa quelli tre cavalieri, el capitano pareva che tenesse un uomo innudo in collo, e tenevalo per lo capo, e cosi salire a cavallo. E fatto questo el capitano si voltò a la gente sua et a gran boce disse: volta, volta; e subbito tutti sparire, e ne la casa levarsi el bociario, che quel lo cavaliere era morto, fu tutto una cosa. Del sopradetto assempro ne fuor testimoni, non tanto tutti e’ suoi vicini, che tutti si fecero a le finestre, e ciascuno vidde e’ sopradetti cavalieri ma eziandio tutta la città: però che molti per questo tornaro a penitenzia e emendare, e corressero la vita loro; e molto tempo durò innanzi che si compisse di spegnere negli animi degli uomini.


Visione del sopra detto cavaliere.

In quella medesima ora, quasi appiei la sopra detta costa, stava una povara grandissi[p. 33 modifica]ma senta di Dio, la quale in quell’ora stava in orazione ne la sua casella. Fu ratta in spirituale visione e vidde venire giù per la detta costa grandissima moltitudine et innumerabile, d’uomini neri come ghezzi d’etiopia, scuri e terribili sopra ogni immaginazione umana, e portavano l’anima del sopradetto misero cavaliere, as quale le pareva in forma umana, el quale ella ben conosceva; e menavanlo con furia e con tempesta e con rabbia incogitabile, mordendolo e percotendolo e stracciandolo e dilacerandolo. Et essendo già presso che passati, la benedetta serva di Dio ne scongiurò uno che da la parte di Giesù Cristo le dovesse dire che gente fossero e che andassero facendo. Allora quel ghezzo le rispose e disse, ch’erano le dimonia dello ’nferno ch’erano venuti per l'anima del sopra detto misero cavaliere, per retribuirlo dell’opere sue secondo che aveva meritato. Allora la serva di Dio rispose e disse; perché bisognava però che tante dimonia fussero impacciate per lui? Allora el demonio rispose e disse: però che questo cotale uomo e gli altri suoi pari1 sempre cercò e desiderò e volse gli ono[p. 34 modifica]ri del mondo, quantunque ne fusse indegno, però che costui sempre fece tutta la nostra volontà; e tutti e’ dimoni che tu hai veduti, ciasonno per le sue inique opere ha in lui qualche particella; sicchè ciascuno el tormenta secondo la parte che ha in lui. Adunque questa cosa è, che siccome da molta gente fa onorato nel mondo ingiustamente, così giusta cosa è che da cento tanti demoni sia onorato de’ nostri onori, cioè di tutte le pene dello ’nferno. Allora quella poverella di Dio, tornando a se medesima e pensando ne la sopra detta visione; cominciò duramente et amarissimamente a piangere, vedendo i miseri peccatori con quanta sicurtà vivono ne le delizie e pompe del mondo, continuamente inviluppandosi ne’ molti peccati e’ ne le molte abbominazioni e ne le crudeltà, a modo che fussero fiere salvatiche; non pensando e non considerando come debbono morire e come debbano essere rappresentati dinanzi al giudicio di Dio: e come si converrà che rendano ragione d’ogni parola oziosa, eziandio insino a un minimo pensiero che mai aremo avuto ne la mente, e come si converrà che facciano debita e giusta penitenzia di tutti e’ lor peccati in questa vita o ne l’altra; e che terribile giudicio e sentenzia riceveranno de le loro inique opere; e che di [p. 35 modifica]sperazione sarà etternalmente stare fra le dimonia ne le terribili pene dello ’nferno. Nota che di due cose se’ certo per la sperienzia che continuamente vedi degli altri, cioè che tosto et in breve tempo morrai, e mai in quel medesimo stato che fusti ieri non sarai mai più; e cosi di dì in dì invecchiando, se pur non avesse altra infermità, t’approssimi a la morte. La seconda cosa de la quale se’ certo si è, che morto che tu sarai mai in questa vita non ritornerai più. Queste due cose pur non te le puoi levare dinanzi agli occhi, e non te le puoi scuotere de l’orecchie; et anco se tu volessi ci potresti ponare la terza cosa de la quale se’ certo, cioè che tutti gli onori e ricchezze e stato e allegrezze e consolazioni et agi e riposi e diletti mondani, tutti hanno gattivo fine; e nulla cosa puoi avere in questo mondo buona nè perfetta, la quale mai non ti verrà meno se non solamente l’amare Idio con tutto ’l cuore e con tutta la mente perfettamente. E però nulla pazzia è simile a questa nè così coltoia, come vivere nel mondo con tanta sicurtà, e non pensare nel tempo futuro et a che terribile partito ti converrà venire, cioè o d’andare a le terribili pene dello ’nferno, e veramente a le dure pene del purgatorio, o per grazia e per li meriti de la santa passione del [p. 36 modifica]nostro Signor Gesù Cristo, a la gloria di vita eterna. E però pensa misero ne’ fatti tuoi, e non esser pazzo; che per certo tiene che se tu sarai pazzo tu sarai incatenato.


Note

  1. Cioè: come gli altri suoi pari. Queste difettose maniere del nostro scrittore non sempre noteremo; lascieremole da correggere al discreto lettore.