Dell'arte della guerra/Libro quinto
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DELL’ARTE
DELLA GUERRA
DI NICCOLÒ MACHIAVELLI
LIBRO QUINTO
Fabrizio.
Ordinato in questo modo l’esercito si ha a fare muovere, e nello andare osservare tutto questo ordine; e senza dubbio egli è sicuro da tutti i tumulti de’ paesani. Nè dee fare il capitano altra provvisione agli assalti tumultuarj, che dare qualche volta commissione a qualche cavallo o bandiera de’ Veliti che gli rimettano. Nè mai occorrerà che queste genti tumultuarie vengano a trovarti al tiro della spada o della picca, perchè le genti inordinate hanno paura delle ordinate; e sempre si vedrà che, con le grida e con i romori, faranno uno grande assalto senza appressartisi altrimenti, a guisa de’ cani botoli intorno a uno mastino. Annibale, quando venne a’ danni de’ Romani in Italia passò per tutta la Francia e, sempre, de’ tumulti Francesi tenne poco conto. Conviene, a volere camminare, avere spianatori e marrajoli innanzi che ti facciano la via; i quali saranno guardati da quegli cavalli che si mandono avanti a scuoprire. Camminerà uno esercito in questo ordine dieci miglia il giorno, e avanzeragli tanto di sole, ch’egli alloggerà e cenerà; perchè per l’ordinario uno esercito cammina venti miglia. Se viene che sia assaltato da un esercito ordinato, questo assalto non può nascere subito, perchè uno esercito ordinato viene col passo suo; tanto che tu sei a tempo a riordinarti alla giornata, e ridurti tosto in quella forma o simile a quella forma di esercito che di sopra ti si mostrò. Perchè, se tu sei assaltato dalla parte dinanzi, tu non hai se non a fare che l’artiglierie che sono ne’ fianchi e i cavalli che sono di dietro vengano dinanzi e pongansi in quegli luoghi e con quelle distanze che di sopra si dice. I mille Veliti che sono davanti escano del luogo suo, e dividansi in cinquecento per parte, ed entrino nel luogo loro tra’ cavalli e le corna dell’esercito. Dipoi nel vuoto che lasceranno, entrino le due bandiere delle picche estraordinarie che io posi nel mezzo della piazza dell’esercito. I mille Veliti che io posi di dietro, si partano di quel luogo e dividansi per i fianchi delle battaglie a fortificazione di quelle; e, per la apertura che loro lasceranno, escano tutti i carriaggi e i disarmati, e mettansi alle spalle delle battaglie. Rimasa adunque la piazza vota e andato ciascuno a’ luoghi suoi, le cinque battaglie che io posi dietro all’esercito si facciano innanzi per il vòto che è tra l’uno e l’altro fianco, e camminino verso le battaglie di testa; e le tre si accostino a quelle a quaranta braccia con uguali intervalli intra l’una e l’altra; e le due rimangano addietro, discosto altre quaranta braccia. La quale forma si può ordinare in uno subito; e viene ad essere quasi simile alla prima disposizione che dell’esercito dianzi dimostrammo; e se viene più stretto in fronte, viene più grosso ne’ fianchi; che non gli dà meno fortezza. Ma perchè le cinque battaglie che sono nella coda hanno le picche dalla parte di dietro, per le cagioni che dianzi dicemmo, è necessario farle venire dalla parte davanti, volendo ch’elle facciano spalle alla fronte dell’esercito; e però conviene: o fare voltare battaglia per battaglia come uno corpo solido, o farle subito entrare tra gli ordini degli scudi e condurle davanti; il quale modo è più ratto e di minore disordine che farle voltare. E così dèi fare di tutte quelle che restono di dietro, in ogni qualità di assalto, come io vi mostrerò. Se si presenta che il nemico venga dalla parte di dietro, la prima cosa, si ha a fare che ciascuno volti il viso dov’egli aveva le schiene; e subito l’esercito viene ad avere fatto del capo coda e della coda capo. Dipoi si dee tenere tutti quegli modi in ordinare quella fronte che io dico di sopra. Se il nemico viene ad affrontare il fianco destro, si debbe, verso quella banda, fare voltare il viso a tutto l’esercito; dipoi fare tutte quelle cose, in fortificazione di quella testa, che di sopra si dicono; tale che i cavalli, i Veliti, l’artiglierie sieno ne’ luoghi conformi a questa testa. Solo vi è questa differenza: che nel variare le teste di quelli che si tramutano, chi ha ad ire meno e chi più. Bene è vero che faccendo testa del fianco destro, i Veliti che avessono ad entrare negli intervalli che sono tra le corna dell’esercito e i cavalli, sarebbono quegli che fussono più propinqui al fianco sinistro; nel luogo de’ quali avrebbero ad entrare le due bandiere delle picche estraordinarie, poste nel mezzo. Ma, innanzi vi entrassero, i carriaggi e i disarmati per l’apertura sgomberassono la piazza e ritirassonsi dietro al fianco sinistro; il che verrebbe ad essere allora coda dell’esercito. E gli altri Veliti che fussono posti nella coda secondo l’ordinazione principale, in questo caso non si mutassero, perchè quello luogo non rimanesse aperto, il quale di coda verrebbe ad essere fianco. Tutte l’altre cose si deggiono fare come nella prima testa si disse.
Questo che si è detto circa il far testa del fianco destro, s’intende detto avendola a fare del fianco sinistro; perchè si dee osservare il medesimo ordine. Se il nemico venisse grosso ed ordinato per assaltarti da due bande, si deggiono fare quelle due bande, ch’egli viene ad assaltare, forti con quelle due che non sono assaltate, duplicando gli ordini in ciascheduna e dividendo, per ciascuna parte, l’artiglieria, i Veliti e i cavalli. Se viene da tre o da quattro bande, è necessario o che tu o esso manchi di prudenza; perchè, se tu sarai savio, tu non ti metterai mai in lato che il nemico da tre o da quattro bande con gente grossa e ordinata ti possa assaltare; perchè, a volere che sicuramente ti offenda, conviene che sia sì grosso, che da ogni banda egli ti assalti con tanta gente quanta abbia quasi tutto il tuo esercito. E se tu se’ si poco prudente, che tu ti metta nelle terre e forze d’uno nemico che abbia tre volte gente ordinata più di te, non ti puoi dolere, se tu capiti male, se non di te. Se viene, non per tua colpa, ma per qualche sventura, sarà il danno senza la vergogna, e ti interverrà come agli Scipioni in Ispagna e ad Asdrubale in Italia. Ma se il nemico non ha molta più gente di te, e voglia, per disordinarti, assaltarti da più bande, sarà stoltizia sua e ventura tua; perchè conviene che a fare questo egli s’assottigli in modo che tu puoi facilmente urtarne una banda e sostenerne un’altra, e in brieve tempo rovinarlo. Questo modo dell’ordinare un esercito contro a uno nemico che non si vede ma che si teme, è necessario, ed è cosa utilissima assuefare i tuoi soldati a mettersi insieme e camminare con tale ordine e, nel camminare, ordinarsi per combattere secondo la prima testa e, dipoi, ritornare nella forma che si cammina; da quella, fare testa della coda, poi del fianco; da queste, ritornare nella prima forma. I quali esercizj e assuefazioni sono necessarj, volendo avere uno esercito disciplinato e pratico. Nelle quali cose si hanno ad affaticare i capitani ed i principi; nè è altro la disciplina militare, che sapere bene comandare ed eseguire queste cose; nè è altro uno esercito disciplinato, che uno esercito che sia bene pratico in su questi ordini; nè sarebbe possibile che chi in questi tempi usasse bene simile disciplina, fusse mai rotto. E se questa forma quadrata che io vi ho dimostra, è alquanto difficile, tale difficultà è necessaria, pigliandola per esercizio; perchè, sapendo bene ordinarsi e mantenersi in quella, si saprà dipoi più facilmente stare in quelle che non avessono tanta difficultà.
Zanobi. Io credo, come voi dite che questi ordini sieno molto necessarj; e io per me non saprei che mi vi aggiungere o levare. Vero è che io desidero sapere da voi due cose: l’una, se, quando voi volete fare della coda o del fianco, testa, e voi gli volete fare voltare, se questo si comanda con la voce o con il suono; l’altra, se quegli che voi mettete davanti a spianare le strade per fare la via all’esercito, deggiono essere de’ medesimi soldati delle vostre battaglie, oppure altra gente vile, deputata a simile esercizio.
Fabrizio. La prima vostra domanda importa assai; perchè molte volte lo essere i comandamenti de’ capitani non bene intesi, o male interpretati, ha disordinato il loro esercito; però le voci con le quali si comanda ne’ pericoli deggiono essere chiare e nette. E se tu comandi con il suono, conviene fare che dall’uno modo all’altro sia tanta differenza, che non si possa scambiare l’uno dall’altro; e, se comandi con le voci, dèi avere avvertenza di fuggire le voci generali e usare le particolari, e delle particulari fuggire quelle che si potessono interpretare sinistramente. Molte volte il dire, addietro, addietro, ha fatto rovesciare un esercito; però questa voce si dee fuggire, ed in suo luogo usare: ritiratevi. Se voi gli volete fare rimutare testa o per fianco o a spalle, non usate mai, voltatevi, ma dite: a sinistra, a destra, a spalle, A fronte. Così tutte le altre voci hanno ad essere semplici e nette, come: Premete! State forti! Innanzi! Tornate!. E tutte quelle cose che si possono fare con la voce, si facciano; l’altre si facciano con il suono. Quanto agli spianatori, che è la seconda domanda vostra, io fare’ fare questo uffizio a’ miei soldati proprj, sì perchè così si faceva nella antica milizia, sì ancora, perchè fusse nell’esercito meno gente disarmata e meno impedimenti, e ne trarrei d’ogni battaglia quel numero bisognasse, e farei loro pigliare gli istrumenti atti a spianare, e l’armi lasciare a quelle file che fussero loro più presso, le quali le porterebbero loro, e, venendo il nemico non avrebbono a fare altro che ripigliarle e ritornare negli ordini loro.
Zanobi. Gli istrumenti da spianare chi gli porterebbe?
Fabrizio. I carri, a portare simili istrumenti, deputati.
Zanobi. Io dubito che voi non condurresti mai questi vostri soldati a zappare.
Fabrizio. Di tutto si ragionerà nel luogo suo. Per ora io voglio lasciare stare questa parte e ragionare del modo del vivere dell’esercito; perchè mi pare, avendolo tanto affaticato, che sia tempo da rinfrescarlo e ristorarlo con il cibo. Voi avete ad intendere che uno principe debbe ordinare l’esercito suo più espedito che sia possibile e torgli tutte quelle cose che gli aggiugnessero carico e gli facessero difficili le imprese. Tra quelle che arrecono più difficultà, sono avere a tenere provvisto l’esercito di vino e di pane cotto. Gli antichi al vino non pensavano, perchè, mancandone, beevano acqua tinta con un poco d’aceto per darle sapore; donde che tra le munizioni de’ viveri dell’esercito era l’aceto e non il vino. Non cocevano il pane ne’ forni, come si usa per le cittadi, ma provvedevano le farine; e di quelle ogni soldato a suo modo si soddisfaceva, avendo per condimento lardo e sugna; il che dava, al pane che facevano, sapore e gli manteneva gagliardi. In modo che le provvisioni di vivere per l’esercito erano farine, aceto, lardo e sugna e, per i cavalli, orzo. Avevano, per l’ordinario, branchi di bestiame grosso e minuto che seguiva l’esercito; il quale, per non avere bisogno di essere portato, non dava molto impedimento. Da questo ordine nasceva che uno esercito antico camminava alcuna volta molti giorni per luoghi solitarj e difficili senza patire disagi di vettovaglie, perchè viveva di cose che facilmente se le poteva tirare dietro. Al contrario interviene ne’ moderni eserciti; i quali, volendo non mancare del vino e mangiare pane cotto in quegli modi che quando sono a casa, di che non possono fare provvisione a lungo, rimangono spesso affamati, o, se pure ne sono provvisti, si fa con uno disagio e con una spesa grandissima. Pertanto io ritirerei l’esercito mio a questa forma del vivere, nè vorrei mangiassono altro pane che quello che per loro medesimi si cocessero. Quanto al vino non proibirei il berne, nè che nell’esercito ne venisse, ma non userei nè industria nè fatica alcuna per averne, e nell’altre provvisioni mi governerei al tutto come gli antichi. La quale cosa se considererete bene, vedrete quanta difficultà si lieva via, e di quanti affanni e disagi si priva uno esercito e uno capitano, e quanta commodità si darà a qualunque impresa si volesse fare.
Zanobi. Noi abbiamo vinto il nemico alla campagna, camminato dipoi sopra il paese suo; la ragione vuole che si sia fatto prede, taglieggiato terre, preso prigioni; però io vorrei sapere come gli antichi in queste cose si governavano.
Fabrizio. Ecco che io vi soddisfarò. Io credo che voi abbiate considerato, perchè altra volta con alcuni di voi ne ho ragionato, come le presenti guerre impoveriscono così quegli signori che vincono, come quegli che perdono; perchè se l’uno perde lo stato, l’altro perde i danari e il mobile suo; il che anticamente non era, perchè il vincitore delle guerre arricchiva. Questo nasce da non tenere conto in questi tempi delle prede, come anticamente si faceva, ma si lasciano tutte alla discrezione de’ soldati. Questo modo fa due disordini grandissimi: l’uno, quello che io ho detto; l’altro, che il soldato diventa più cupido del predare e meno osservante degli ordini; e molte volte si è veduto come la cupidità della preda ha fatto perdere chi era vittorioso. I Romani pertanto, che furno Principi di questo esercizio, provvidero all’uno e all’altro di questi inconvenienti, ordinando che tutta la preda appartenesse al pubblico, e che il pubblico poi la dispensasse come gli paresse. E però avevano negli eserciti i questori, che erano, come diremmo noi, i camarlinghi; appresso a’ quali tutte le taglie e le prede si collocavano; di che il Consolo si serviva a dar la paga ordinaria a’ soldati, a sovvenire i feriti e gl’infermi, e agli altri bisogni dell’esercito. Poteva bene il Consolo, e usavalo spesso, concedere una preda a’ soldati; ma questa concessione non faceva disordine, perchè, rotto l’esercito, tutta la preda si metteva in mezzo e distribuivasi per testa secondo le qualità di ciascuno. Il quale modo faceva che i soldati attendevano a vincere e non a rubare; e le Legioni Romane vincevano il nemico e non lo seguitavano, perchè mai non si partivano degli ordini loro; solamente lo seguivano i cavalli con quegli armati leggiermente e, se vi erano, altri soldati che Legionari. Che se le prede fussero state di chi le guadagnava, non era possibile nè ragionevole tenere le Legioni ferme, e portavasi molti pericoli. Di quì nasceva pertanto che il pubblico arricchiva, e ogni Consolo portava con gli suoi trionfi nello erario assai tesoro, il quale era tutto di taglie e di prede. Un’altra cosa facevano gli antichi bene considerata; che del soldo che davano a ciascuno soldato, la terza parte volevano che deponesse appresso quello che della sua battaglia portava la bandiera; il quale mai non gliene riconsegnava se non fornita la guerra. Questo facevano mossi da due ragioni: la prima, perchè il soldato facesse del suo soldo capitale; perchè, essendo la maggior parte giovani e straccurati, quanto più hanno, tanto più senza necessità spendono; l’altra, perchè sapendo che il mobile loro era appresso alla bandiera, fussero forzati averne più cura e con più ostinazione difenderla; e così questo modo gli faceva massai e gagliardi. Le quali cose tutte è necessario osservare, a volere ridurre la milizia ne’ termini suoi.
Zanobi. Io credo che non sia possibile che ad uno esercito, mentre che cammina da luogo a luogo, non scaggia accidenti pericolosi dove bisogni la industria del capitano e la virtù de’ soldati, volendogli evitare; però io arei caro che voi, occorrendone alcuno, lo narrassi.
Fabrizio. Io vi contenterò volentieri, essendo massimamente necessario, volendo dare di questo esercizio perfetta scienza. deggiono i capitani, sopra ogni altra cosa, mentre che camminano con l’esercito, guardarsi dagli agguati; ne’ quali si incorre in due modi: o camminando tu entri in quegli, o con arte del nemico vi se’ tirato dentro, senza che tu gli presenta. Al primo caso volendo obviare, è necessario mandare innanzi doppie guardie le quali scuoprano il paese; e tanto maggiore diligenza vi si debba usare, quanto più il paese fusse atto agli agguati, come sono i paesi selvosi e montuosi, perchè sempre si mettono o in una selva o dietro a uno con le. E come lo agguato, non lo prevedendo, ti rovina, così, prevedendolo, non ti offende. Hanno gli uccegli o la polvere molte volte scoperto il nemico, perchè, sempre che il nemico ti venga a trovare, farà polverio grande che ti significherà la sua venuta. Così molte volte uno capitano veggendo, ne’ luoghi donde egli debbe passare, levare colombi o altri di quegli uccelli che volono in schiera, e aggirarsi e non si porre, ha conosciuto essere quivi lo agguato de’ nemici e mandato innanzi sue genti; e, conosciuto quello ha salvato se e offeso il nemico suo. Quanto al secondo caso di esservi tirato dentro, che questi nostri chiamono essere tirato alla tratta, dèi stare accorto di non credere facilmente a quelle cose che sono poco ragionevoli ch’elle sieno, come sarebbe: se il nemico ti mettesse innanzi una preda, dèi credere che in quella sia l’amo e che vi sia dentro nascoso lo inganno. Se gli assai nemici sono cacciati da’ tuoi pochi; se pochi nemici assaltono i tuoi assai; se i nemici fanno una subita fuga e non ragionevole; sempre dèi in tali casi temere di inganno. E non hai a credere mai che il nemico non sappia fare i fatti suoi; anzi, a volerti ingannare meno e a volere portare meno pericolo, quanto è più debole, quanto è meno cauto il nemico, tanto più dèi stimarlo. E hai in questo ad usare due termini diversi, perchè tu hai a temerlo con il pensiero e con l’ordine; ma con le parole e con l’altre estrinseche dimostrazioni mostrare di spregiarlo, perchè questo ultimo modo fa che i tuoi soldati sperano più di avere vittoria, quell’altro ti fa più cauto e meno atto ad essere ingannato. E hai ad intendere che, quando si cammina per il paese nemico, si porta più e maggiori pericoli che nel fare la giornata. E però il capitano, camminando, dee raddoppiare la diligenza; e la prima cosa che dee fare, è di avere descritto e dipinto tutto il paese per il quale egli cammina, in modo che sappia i luoghi, il numero, le distanze, le vie, i monti, i fiumi, i paludi e tutte le qualità loro: e a fare di sapere questo, conviene abbia a se, diversamente e in diversi modi, quegli che sanno i luoghi, e dimandargli con diligenza, e riscontrare il loro parlare e, secondo i riscontri, notare. Deve mandare innanzi cavalli e, con loro, capi prudenti, non tanto a scoprire il nemico, quanto a speculare il paese, per vedere se riscontra col disegno e con la notizia ch’egli ha avuta di quello. Deve ancora mandare guardate le guide con speranza di premio, e timore di pena e, sopra tutto, deve fare che l’esercito non sappia a che fazione egli lo guida; perchè non è cosa nella guerra più utile che tacere le cose che si hanno a fare. E perchè uno subito assalto non turbi i tuoi soldati, li dèi avvertire ch’egli stieno parati con l’armi; perchè le cose previse offendono meno. Molti hanno, per fuggire le confusioni del cammino, messo sotto le bandiere i carriaggi e i disarmati, e comandato loro che seguino quelle, acciocchè, avendosi, camminando, a fermare o a ritirare, lo possano fare più facilmente, la quale cosa, come utile, io appruovo assai. Debbesi avere ancora quella avvertenza nel camminare, che l’una parte dell’esercito non si spicchi dall’altra, o che, per andare l’uno tosto e l’altro adagio, l’esercito non si assottigli, le quali cose sono cagione di disordine. Però bisogna collocare i capi in lato che mantengano il passo uniforme, ritenendo i troppo solleciti e sollecitando i tardi; il quale passo non si può meglio regolare che col suono. Debbonsi fare rallargare le vie, acciocchè sempre una battaglia almeno possa ire in ordinanza. Debbesi considerare il costume e le qualità del nemico, e se ti suole assaltare o da mattino o da mezzo dì o da sera, e s’egli è più potente co’ fanti o co’ cavalli; e, secondo intendi, ordinarti e provvederti. Ma vegnamo a qualche particolare accidente. Egli occorre qualche volta che, levandoti dinanzi al nemico per giudicarti inferiore, e per questo, non volere fare giornata seco, e venendoti quello a spalle, arrivi alla ripa d’un fiume il quale ti toglie tempo nel passare, in modo che il nemico è per raggiungerti e per combatterti. Hanno alcuni, che si sono trovati in tale pericolo, cinto l’esercito loro dalla parte di dietro con una fossa, e quella ripiena di stipa e messovi fuoco; dipoi passato con l’esercito senza potere essere impediti dal nemico, essendo quello da quel fuoco che era di mezzo ritenuto.
Zanobi. E mi è duro a credere che cotesto fuoco li possa ritenere, massime perchè mi ricorda avere udito come Annone cartaginese, essendo assediato da’ nemici, si cinse, da quella parte che voleva fare eruzione, di legname e messevi fuoco; donde che, i nemici non essendo intenti da quella parte a guardarlo, fece sopra quelle fiamme passare il suo esercito, faccendo tenere a ciascuno gli scudi al viso per difendersi dal fuoco e dal fumo.
Fabrizio. Voi dite bene; ma considerate come io ho detto e come fece Annone; perchè io dissi che fecero una fossa e la riempierono di stipa; in modo che, chi voleva passare, aveva a contendere con la fossa e col fuoco. Annone fece il fuoco senza la fossa; e perchè lo voleva passare, non lo dovette fare gagliardo, perchè, ancora senza la fossa l’arebbe impedito. Non sapete voi che Nabide spartano, sendo assediato in Sparta da’ Romani, messe fuoco in parte della sua terra per impedire il passo a’ Romani, i quali erano di già entrati dentro? E mediante quelle fiamme, non solamente impedì loro il passo, ma gli ributtò fuora. Ma torniamo alla materia nostra. Quinto Lutazio Romano, avendo alle spalle i Cimbri e arrivato ad uno fiume, perchè il nemico gli desse tempo a passare, mostrò di dare tempo a lui al combatterlo; e però finse di volere alloggiare quivi, e fece fare fosse e rizzare alcuno padiglione e mandò alcuni cavalli per i campi a saccomanno; tanto che, credendo i Cimbri ch’egli alloggiasse, ancora essi alloggiarono e si divisero in più parti per provvedere a’ viveri; di che essendosi Lutazio accorto, passò il fiume senza potere essere impedito da loro. Alcuni, per passare uno fiume non avendo ponte, lo hanno derivato e una parte tiratasi dietro alle spalle; e l’altra dipoi, divenuta più bassa, con facilità passata. Quando i fiumi sono rapidi, a volere che le fanterie passino più sicuramente, si mettono i cavalli più possenti dalla parte di sopra, che sostengano l’acqua, e un’altra parte di sotto, che soccorra i fanti, se alcuno dal fiume nel passare ne fusse vinto. Passansi ancora i fiumi che non si guadano, con ponti, con barche, con otri; e però è bene avere ne’ suoi eserciti attitudine a potere fare tutte queste cose. Occorre alcuna volta che, nel passare uno fiume, il nemico opposto dall’altra ripa t’impedisce. A volere vincere questa difficultà non ci conosco esemplo da imitare migliore che quello di Cesare; il quale, avendo l’esercito suo alla riva d’un fiume in Francia, ed essendogli impedito il passare da Vergingetorige Francese il quale dall’altra parte del fiume aveva le sue genti, camminò più giornate lungo il fiume, e il simile faceva il nemico. E avendo Cesare fatto uno alloggiamento in uno luogo selvoso e atto a nascondere gente, trasse da ogni Legione tre coorti e fecele fermare in quello luogo, comandando loro che, subito che fusse partito, gittassero uno ponte e lo fortificassero, ed egli con l’altre sue genti seguitò il cammino. Donde che Vergingetorige vedendo il numero delle Legioni, credendo che non ne fusse rimasa parte a dietro, seguì ancora egli il camminare; ma Cesare, quando credette che il ponte fusse fatto, se ne tornò indietro e, trovato ogni cosa ad ordine, passò il fiume senza difficultà.
Zanobi. Avete voi regola alcuna a conoscere i guadi?
Fabrizio. Sì, abbiamo. Sempre il fiume in quella parte la quale è tra l’acqua che stagna e la corrente, che fa a chi vi riguarda come una riga, ha meno fondo ed è luogo più atto a essere guadato che altrove; perchè sempre in quello luogo il fiume ha posto più, e ha tenuto più in collo di quella materia che per il fondo trae seco. La quale cosa, perchè è stata esperimentata assai volte, è verissima.
Zanobi. Se egli avviene che il fiume abbia sfondato il guado, tale che i cavalli vi si affondino, che rimedio ne date?
Fabrizio. Fare graticci di legname e porgli nel fondo del fiume e, sopra quegli, passare. Ma seguitiamo il ragionamento nostro. S’egli accade che uno capitano si conduca col suo esercito tra due monti e che non abbia se non due vie a salvarsi, o quella davanti o quella di dietro, e quelle sieno da’ nemici occupate, ha, per rimedio, di far quello che alcuno ha per l’addietro fatto; il che è: fare dalla parte di dietro una fossa grande e difficile a passare, e mostrare al nemico di volere con quella ritenerlo, per potere con tutte le forze senza avere a temere di dietro, fare forza per quella via che davanti resta aperta. Il che credendo i nemici, si fecero forti di verso la parte aperta e abbandonarono la chiusa, e quello allora gittò uno ponte di legname a tale effetto ordinato sopra la fossa, e da quella parte senza alcuno impedimento passò e liberossi dalle mani del nemico. Lucio Minuzio, Consolo Romano, era in Liguria con gli eserciti, ed era stato da’ nemici rinchiuso tra certi monti donde non poteva uscire. Pertanto mandò quello alcuni soldati di Numidia a cavallo, ch’egli aveva nel suo esercito, i quali erano male armati e sopra cavalli piccoli e magri, verso i luoghi che erano guardati da’ nemici, i quali, nel primo aspetto, fecero che i nemici si missero insieme a difendere il passo; ma, poi che viddero quelle genti male in ordine e, secondo loro, male a cavallo, stimandogli poco, allargarono gli ordini della guardia. Di che come i Numidi si avviddero, dato di sproni a’ cavalli e fatto impeto sopra di loro, passarono senza che quegli vi potessero fare alcuno rimedio; i quali passati, guastando e predando il paese, costrinsero i nemici a lasciare il passo libero all’esercito di Lucio. Alcuno capitano che si è trovato assaltato da gran moltitudine di nemici, si è ristretto insieme e dato al nemico facultà di circondarlo tutto, e dipoi, da quella parte ch’egli l’ha conosciuto più debole, ha fatto forza e, per quella via, si ha fatto fare luogo, e salvatosi. Marco Antonio andando ritirandosi dinanzi all’esercito de’ Parti, s’accorse come i nemici ogni giorno al fare del dì quando si moveva lo assaltavano, e per tutto il cammino lo infestavano; di modo che prese per partito di non partire prima che a mezzo giorno. Talchè i Parti credendo che per quel giorno egli non volesse disalloggiare, se ne tornarono alle loro stanze, e Marco Antonio potè dipoi tutto il rimanente del dì camminare senza alcuna molestia. Questo medesimo, per fuggire il saettume de' Parti, comandò alle sue genti, che quando i Parti venivano verso di loro s’inginocchiassero, e la seconda fila delle battaglie ponesse gli scudi in capo alla prima, la terza alla seconda, la quarta alla terza, e così successivamente; tanto che tutto l’esercito veniva ad essere come sotto un tetto, e difeso dal saettume nemico. Questo è tanto quanto mi occorre dirvi, che possa ad un esercito camminando intervenire; però quando a voi non occorra altro, io passerò ad un’altra parte.