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che sostengano l’acqua, e un’altra parte di sotto, che soccorra i fanti, se alcuno dal fiume nel passare ne fusse vinto. Passansi ancora i fiumi che non si guadano, con ponti, con barche, con otri; e però è bene avere ne’ suoi eserciti attitudine a potere fare tutte queste cose. Occorre alcuna volta che, nel passare uno fiume, il nemico opposto dall’altra ripa t’impedisce. A volere vincere questa difficultà non ci conosco esemplo da imitare migliore che quello di Cesare; il quale, avendo l’esercito suo alla riva d’un fiume in Francia, ed essendogli impedito il passare da Vergingetorige Francese il quale dall’altra parte del fiume aveva le sue genti, camminò più giornate lungo il fiume, e il simile faceva il nemico. E avendo Cesare fatto uno alloggiamento in uno luogo selvoso e atto a nascondere gente, trasse da ogni Legione tre coorti e fecele fermare in quello luogo, comandando loro che, subito che fusse partito, gittassero uno ponte e lo fortificassero, ed egli con l’altre sue genti seguitò il cammino. Donde che Vergingetorige vedendo il numero delle Legioni, credendo che non ne fusse rimasa parte a dietro, seguì ancora egli il camminare; ma Cesare, quando credette che il ponte fusse fatto, se ne tornò indietro e, trovato ogni cosa ad ordine, passò il fiume senza difficultà.

Zanobi. Avete voi regola alcuna a conoscere i guadi?

Fabrizio. Sì, abbiamo. Sempre il fiume in quella parte la quale è tra l’acqua che stagna e la corrente, che fa a chi vi riguarda come una riga, ha meno fondo ed è luogo più atto a essere guadato che altrove; perchè sempre in quello luogo il fiume ha posto più, e ha tenuto più in collo di quella materia che per il fondo trae seco. La quale cosa, perchè è stata esperimentata assai volte, è verissima.

Zanobi. Se egli avviene che il fiume abbia sfondato il guado, tale che i cavalli vi si affondino, che rimedio ne date?

Fabrizio. Fare graticci di legname e porgli nel fondo del