Dal mio verziere/Dal mio Verziere/VI
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VI.
Non c’è che dire: il mio coraggio o.... la mia faccia tosta vanno facendo ogni giorno consolanti progressi. Di maggio invio in toscana un fiore toscano. Che ne dite, argute signorine? Oh! voi mi sorridete benigne, lo so, siete tanto amabili con la vostra vecchia amica, ma saranno tutti come voi?..... Non importa: lo mando lo stesso; se non altro per dimostrarvi che quel fiore ha allignato nel mio giardino. Se lo troverete un po’ sciupato, dite che è stato il viaggio.
Guido Mazzoni gode meritevolmente la fama di essere uno dei nostri migliori poeti moderni. Se si usasse ancora di dividere i poeti nelle due schiere: classica e romantica, il suo posto sarebbe tra i primi. Forte, elegantissimo, felicemente sintetico; qualche volta un po’ oscuro agli indotti, il Mazzoni deve aver studiato con molto amore, anzi con un pochino di feticismo, il Carducci a cui trovo che somiglia un po’ troppo. Se non che il poeta sovrano nell’effervescenza del pensiero o nel tumulto del sentimento è tagliente, sgarbato, alcuna volta triviale, mentre il suo giovine discepolo, aristocratico sempre, nella piena degli affetti e delle idee piega nella mestizia, rasentando tratto tratto l’amarezza e il disgusto della vita. Fortunatamente qualchecosa di gaio e di lucente che si effonde e sprizza da questa fiorita di versi, sembra gioiosamente contraddire: un vezzo di bimbo — un viso giovine e amoroso — un sorriso di gloria — una sicurezza d’arte, di avvenire, di trionfo.
Nella fisiologia del dolore io vorrei mettere anche il dolore d’artista, quello che è meno sentito e più sapientemente tradotto. Per questa categoria di afflitti che adoperano il dolore come un color bruno della tavolozza, o lo indossano come le signore in quaresima indossano il nero per l’armonia dei tempi, sono molto spietata, cominciando... oh Dio, lo dico? dal Leopardi per cui non ho mai provato un sentimento completo di compassione...
Ma torniamo al Mazzoni per carità.
Seguiamolo un poco, questo valoroso cavaliere, che par sempre giostrare in uno splendido torneo piuttosto che combattere la vera battaglia della vita. Conoscete La Posta?
O che vi tracci, lettere candide, |
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Mi duole di avervi spezzata per ragione di spazio la bellissima poesia eminentemente suggestiva. Anche al limitare della mente nostra s’affollano larve di sogni, di ricordi, di desideri al semplice vocabolo che racchiude come una pila di che far fremere l’umanità. Passioni, vizî, virtù, eroismo, sventura, salvezza; tutti i poemi, gli idilli, le tragedie della vita intima nella piccola e fragile arca affidata al destino. Oh poter dire a una lettera: affrettati! all’altra; indugia! a una terza: ritorna! a una quarta non partire! Quante esistenze deviate, distrutte, vivificate, risorte, per una lettera! Quanti cuori che non sapevano di battere o non immaginavano di battere più, hanno balzato accogliendo in generose onde la vita null’altro che nello scorgere su una busta una calligrafia! E la poesia gentile, inaspettata di certe grosse scritture inesperte uscenti sotto una mano tremante o avvizzita dagli anni? la incredibile prosa di certe letterine stemmate, odoranti, dall’allungata scrittura...?
Oh il vario, inesauribile tema in cui si fondono e sfumano delicatamente psicologia, favola, libero arbitrio e destino!... Un dì o l’altro, auspice la poesia del Mazzoni, lo scriverò il monologo che fa capolino nella mia mente, e che s’intitolerà: La lettera.
A voi, signorine dall’armoniosa favella, una delle più simpatiche liriche del poeta d’oggi — una poesia dalle salde radici e dalla cima fiorita:Il CAMPANILE DI GIOTTO
— Presso a la Chiesa sorga: e sia l’opera |
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Ave, Firenze, dolce austerità inghirlandata di rose, anima luminosa d’Italia, ultimo sogno mio giovanile... Passiamo oltre.
Anche Guido Mazzoni gitta un fiore alla neve. La Nevicata del Praga è forse più vera, ma questa è sommamente artistica. Uditene un poco:
NEVE.
Mite è la neve. Scende leggera da un cielo di perla |
Questa Neve mi ricorda la neve vera d’un gennaio non tanto remoto eppur così lontano; e una mia fantasia ispiratami da tutto quel bianco della campagna che mi attorniava e dalla reminiscenza insistente dei due primi versi. Io pensavo alla gran soavità dell’aria se quei pètali nivei avessero avuto un profumo...
L’ora, il tempo, la dolce stagione, e il poeta e la sua patria, oggi non ci allontanano dai fiori. Ebbene, cogliamone ancora a piene mani:
NOTTE DI MAGGIO.
Stanotte (il vento lungo affannavasi |
L’intervento diafano e sottile delle creature vanescenti mette nell’aura di questa poesia che inoltrando s’infosca, una fluttuazione di profumo antico e rudimentale; qualchecosa d’inesprimibilmente blando, come i cori degli spiriti nelle tragedie greche: come intorno al titanico dolore di Prometeo il benefico aleggiare delle Oceanine.
Eccovi per ultimo un esempio della Poesia domestica del Mazzoni, colorita e gentilissima:
Canta canta la mamma al fantolino; |
Piccolo intermezzo in prosa.
«Bisogna saper vivere in compagnia, ma più ancora saper star soli».
N. Tommaseo.
Note
- ↑ Parole del decreto col quale la Repubblica comandò si facesse il campanile.