Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
mi. Forte, elegantissimo, felicemente sintetico; qualche volta un po’ oscuro agli indotti, il Mazzoni deve aver studiato con molto amore, anzi con un pochino di feticismo, il Carducci a cui trovo che somiglia un po’ troppo. Se non che il poeta sovrano nell’effervescenza del pensiero o nel tumulto del sentimento è tagliente, sgarbato, alcuna volta triviale, mentre il suo giovine discepolo, aristocratico sempre, nella piena degli affetti e delle idee piega nella mestizia, rasentando tratto tratto l’amarezza e il disgusto della vita. Fortunatamente qualchecosa di gaio e di lucente che si effonde e sprizza da questa fiorita di versi, sembra gioiosamente contraddire: un vezzo di bimbo — un viso giovine e amoroso — un sorriso di gloria — una sicurezza d’arte, di avvenire, di trionfo.
Nella fisiologia del dolore io vorrei mettere anche il dolore d’artista, quello che è meno sentito e più sapientemente tradotto. Per questa categoria di afflitti che adoperano il dolore come un color bruno della tavolozza, o lo indossano come le signore in quaresima indossano il nero per l’armonia dei tempi, sono molto spietata, cominciando... oh Dio, lo dico? dal Leopardi per cui non ho mai provato un sentimento completo di compassione...
Ma torniamo al Mazzoni per carità.
Seguiamolo un poco, questo valoroso cavaliere, che par sempre giostrare in uno splendido torneo piuttosto che combattere la vera battaglia della vita. Conoscete La Posta?
O che vi tracci, lettere candide, |