o che di grossi segni incalzantisi
v’opprima il pugno che al maglio è docile
ma teme la penna, e tremando
recalcitra al lampo del pensiero,
da le soffitte giù per le luride
scale di legno, per le marmoree
da l’intime stanze odorate,
tutte alfine v’accogliete insieme
fraternamente. Nè qui le povere
vesti faranno largo a la boria
di chi le sogguarda stemmata
occhieggiando da’ suggelli rossi:
ma tutte eguali, sott’esso il ferreo
timbro passate tutte. Affrettatevi,
o lettere candide; udite?
è chi piange e impazïente aspetta.
. . . . . . . . . . . .
In voi di sogni quanti fantasimi,
quanta, o gentili, copia di lacrime!
Inconscie voi sempre correte,
messaggere di sorriso e pianto.
Poi per le strade folte di popolo
da porta a porta bussando, e l’arida
giogaia de’ monti salendo
in cerca d’un ermo casolare:
a la deserta vecchia cui premono
l’ansie pe’ l figlio che strugge l’ultimo
vigor de le membra ne’ solchi
grigi de l’inospite maremma,
a la fanciulla cui lungo il florido
sposo gli ostili colpi minacciano
pugnando a raccorre nel seno
de la patria l’ultima figliola,