Codice cavalleresco italiano/Libro II/Capitolo VI

Diritto ed obbligo di respingere la sfida

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Diritto ed obbligo di respingere la sfida
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VI.

Diritto ed obbligo di respigere la sfida.

ART. 150.

Ogni qual volta la sfida è collettiva deve essere respinta (art. 41) (Châteauvillard, III, 7°; Bellini, V, IV; De Rosis, II, 29°; Angelini, II, 3°)

ART. 151.

Si respinge la sfida dell’offensore che ha provocato ed offeso senza giusto motivo.

Nota. — Corte d’onore di Firenze, 10 dicembre 1889. E così opinarono: Châteauvillard, I, 5°; De Rosis, II, 19°; Angelini, IV, 5°; Bellini, IV, V.

ART. 152.

Non può aver seguito la sfida per un’ingiuria o per una offesa, qualora l’offeso abbia già fatto appello alla Corte d’onore o al Tribunale ordinario contro l’offensore, o che, dopo averlo fatto, lo ritira per dar corso all’azione cavalleresca (v. nota all’art. 221). [p. 79 modifica]

Nota. — Di tale opinione furono: Châteauvillard, Du-Verger de St. Thomas, Bellini, De-Rosis, Tavernier, Angelini, Gelli, Viti, art. 19. Per una stessa offesa non si concedono due riparazioni; tanto più che quella data dalla Corte d’onore o da un Giurì è riparazione certo più consistente di quella che può derivare da uno scontro. Questo principio non è applicabile quando la querela sia stata presentata per diffamazione o calunnia contro un testimone, che avesse deposto dinanzi ad un Giurì d’onore (C. d’O. p. 3-1-1923 in vertenza Gervasoni-Salvadori).

ART. 153.

Deve respingersi il cartello di sfida in cui non sono chiaramente determinati i fatti per i quali chi sfida si ritiene offeso, poichè il presunto offensore sappia precisamente di quanto e di cosa deve rispondere.

Nota. — Giurì d’onore di Biase-Masiello-Ciullini, Firenze, 15 febbraio 1888, e così pure gli art. 66, 86, 116, e: Bellini, II, I; De Rosis, II, 13°.

ART. 154.

Per appello al Tribunale ordinario si ritiene l’effettuata presentazione di almeno un documento qualsiasi, affinchè il magistrato intervenga nella vertenza a termini della legge comune, o di quella delle Corti d’onore.

ART. 155.

Il diritto di rifiuto resterà sempre allo sfidato, anche se l’appello alla Corte d’onore, o la querela, venissero ritirati, e se fossero state fatte tutte le pratiche necessarie per annullarne gli effetti. [p. 80 modifica]

ART. 156.

a) La eccezione fatta per coloro che sono stati offesi nell’onore e nella probità, per la quale era loro riconosciuto il diritto di procedere contro l’offensore per le vie cavalleresche e per quelle penali, non ha più ragione di esistere con l’appello alla Corte d’onore, la quale ha dal Codice cavalleresco ora, e presto l’avrà dalla legge tutta l’autorità di proclamare onesto chi fu leso nella probità, e stabilire la forma e la quantità di riparazione che gli deve l’offensore. Se l’offesa presenterà caratteri speciali di delitto, spetterà alla Corte d’onore di formare l’opportuna denuncia alle autorità competenti.

In difetto della Corte ufficiale, ciò può essere fatto da una Corte d’onore eventuale e da un Giurì d’onore.

b) Se nell’attesa del giudizio della Corte d’onore o di un giurì l’offeso subisce una nuova ingiuria da parte dell’offensore, dovrà denunziare alla Corte d’onore, o al giurì ecc., le nuove offese subìte.

Nota. — In tal caso l’Ente giudicante troncherà immediatamente ogni discussione e squalificherà senz’altro l’ingiuriatore. Egualmente praticherà il Giurì se un rappresentato cercherà ripetutamente di avere colloqui con l’avversario (C. d’O., Bari, 3-5-1922).

c) Ma, se mentre pende il giudizio dinanzi alla Corte d’onore, un verbale firmato dai quattro rappresentanti e dai due primi dichiarasse chiusa pacificamente la vertenza, ne sarà data immediata comunicazione alla Corte d’onore, la quale delibererà in proposito. [p. 81 modifica]

ART. 157.

Il diritto di respingere la sfida, tranne i casi accennati agli art. 14, 32, 35, 57 a, 63, 114, 132, resterà sempre allo sfidato, se il cartello giungesse a destinazione dopo le quarantott’ore dall’ingiuria, o dal momento in cui l’offeso venne a cognizione dell’ingiuria. All’offeso resta impregiudicato il diritto di appellarsi ad un giurì o alla Corte d’onore (Bellini II, V; Angelini, I, 4°).

Nota. — Il gentiluomo che ha offeso si valga il meno possibile di questo privilegio concessogli dalle consuetudini cavalleresche.

ART. 158.

Qualora l’offeso potesse giustificare il ritardo per forza maggiore, lo sfidato nominerà due rappresentanti, i quali, con quelli della controparte giudicheranno sull’opportunità di dar seguito o no all’azione cavalleresca.