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Libro secondo | 79 |
Nota. — Di tale opinione furono: Châteauvillard, Du-Verger de St. Thomas, Bellini, De-Rosis, Tavernier, Angelini, Gelli, Viti, art. 19. Per una stessa offesa non si concedono due riparazioni; tanto più che quella data dalla Corte d’onore o da un Giurì è riparazione certo più consistente di quella che può derivare da uno scontro. Questo principio non è applicabile quando la querela sia stata presentata per diffamazione o calunnia contro un testimone, che avesse deposto dinanzi ad un Giurì d’onore (C. d’O. p. 3-1-1923 in vertenza Gervasoni-Salvadori).
Deve respingersi il cartello di sfida in cui non sono chiaramente determinati i fatti per i quali chi sfida si ritiene offeso, poichè il presunto offensore sappia precisamente di quanto e di cosa deve rispondere.
Nota. — Giurì d’onore di Biase-Masiello-Ciullini, Firenze, 15 febbraio 1888, e così pure gli art. 66, 86, 116, e: Bellini, II, I; De Rosis, II, 13°.
Per appello al Tribunale ordinario si ritiene l’effettuata presentazione di almeno un documento qualsiasi, affinchè il magistrato intervenga nella vertenza a termini della legge comune, o di quella delle Corti d’onore.
Il diritto di rifiuto resterà sempre allo sfidato, anche se l’appello alla Corte d’onore, o la querela, venissero ritirati, e se fossero state fatte tutte le pratiche necessarie per annullarne gli effetti.