Codice cavalleresco italiano/Libro I/Capitolo X
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X.
Doveri e diritti dei rappresentanti e dei testimoni.
I rappresentanti hanno il diritto di essere edotti sulle ragioni vere dell’appello (articoli 66, 67, 86, 87, 119, 153, 225), e nessun particolare, che abbia rapporto alla vertenza, può esser taciuto loro (Bellini, cap. III, I e IV, I).
Uno o ambedue i contendenti possono rifiutarsi di esporre ai rispettivi rappresentanti le ragioni vere dell’appello. I rappresentanti in tal caso sono in obbligo di pretendere una dichiarazione dal loro rappresentato, nella quale si affermi che il movente vero della vertenza non può essere divulgato per ragioni di delicatezza (articoli 66, 67, 87, 119, 153, 225) (Bellini, cap. II, I; Angelini, cap. X, 29°).
Tranne questa circostanza eccezionale, negli altri casi, tutto il motivo vero che provocò la sfida, senza essere alterato, dovrà essere inserito nel verbale di scontro (articoli 67, 119, 153, 255). (Giurì d’onore, Firenze, 15 febbraio 1888, Vertenza De Biase-Masiello, ecc.).
Coloro che sono chiamati a rappresentare le parti avversarie in una partita d’onore e ad assisterle sul terreno, sono scrupolosamente tenuti a mantenere il segreto sulla cagione della vertenza, prima e dopo lo scontro, anche se non più accetti al mandante, o se dimissionari (Angelini, cap. IX, 6° e cap. X, 1°).
È proibito ai rappresentanti, o testimoni di una parte di conferire col primo avversario; di permettere che il proprio cliente si batta di sera, o con l’assistenza di un solo testimone; di accettare come collega un maestro di scherma (articoli 94, 97, 175) o il padre, il fratello, il figlio o il parente di uno dei primi (art. 97); che un terzo si offra a prendere il posto in una vertenza di un altro, e ne faranno ricadere l’onta su colui che si è offerto; di accettare o di fare accettare una sfida, che tenda a prolungare animosità per una questione già esaurita; di condurre il loro rappresentante sul terreno, se nel cartello di sfida, o verbalmente, non vengono chiaramente determinati i fatti che provocarono l’appello alle armi; di impedire lo scontro, o la continuazione di quello, se persone estranee vi assistono (Châteauvillard, cap. V, 1°; Angelini, cap. X, 15°; Bellini, cap. III, 1°).
Il rappresentante che, senza esserne autorizzato, compromette la situazione o l’onore del rappresentato con una dichiarazione, sarà tenuto a rispondere a questi del suo operato con le armi. Se il mandatario invece, ad insaputa di coloro che lo rappresentano, firma od accetta una ritrattazione, o fa scuse, deve essere privato della qualità di gentiluomo, e quindi dell’onore delle armi, dal verdetto di una giuria, alla quale sarà stato deferito dai rappresentanti suoi (Bellini, cap. III, I e IV; Angelini, cap. IX, 13°).
Nota. — Qui occorre un chiarimento. Talvolta un primo rifiuta di scendere sul terreno, o di subire le conseguenze di un verbale sottoscritto da’ suoi rappresentanti, perchè contrario alle sue espresse o non espresse volontà, ecc. ecc.
No; codeste sono scuse da codardi, i quali si agganciano a tutti i rampini per tenersi a galla... Un rappresentante onesto non accetta limitazioni al suo mandato; egli deve essere munito di mandato illimitato, e tutto al più ascoltare i desideri del suo primo, se è l’offeso; ma l’offensore, se lo ricordi, non ha diritti da far valere, nè desideri da fare ascoltare. Egli non ha che l’obbligo di subire le conseguenze dell’offesa da lui recata.
Se uno dei duellanti manca all’appuntamento per lo scontro, dopo appurate le ragioni, si redige apposito verbale e si dichiara chiusa la vertenza, se viene esclusa la forza maggiore; e se il testimone si pone a disposizione della parte avversaria, questa deve ringraziarlo di tanta cortesia, avendo le ingiurie carattere personale, non tollerano codeste sostituzioni.
I mandatari sono in obbligo di tenere informati i loro mandanti di tutte le fasi della vertenza.
È obbligo stretto dei rappresentanti di non implicare nelle trattative della vertenza d’onore persone estranee alla questione, anche se coinvolte nei fatti che provocarono la sfida.
I rappresentanti di un non maestro d’armi possono rifiutarsi di trattare la vertenza, se la controparte è rappresentata da uno o da due maestri di scherma. (Della stessa opinione sono anche: Angelini, III; De Rosis, III, 19° e 20°).
I rappresentanti non devono accettare di servire da testimoni in uno scontro nel quale è stabilito, a priori, che uno dei combattenti deve rimanere ucciso sul terreno; o in quelli che, per un patto convenuto, possono essere considerati duelli eccezionali.
Nota. — Tale accettazione esporrebbe alle pene sancite dall’art. 243, 4°, del Codice penale vigente1.
Note
- ↑ Codice penale italiano, Art. 243: «Invece delle disposizioni degli articoli 236 e 243, si applicano per l’omicidio e la lesione personale seguiti in quello (duello), quelle dei capi I e II del titolo IX».
243. Se sia stato espressamente convenuto, ovvero risulti dalla specie del duello, o dalla distanza fra i combattenti; o dalle altre condizioni stabilite, che uno dei duellanti dovesse rimanere ucciso. — In ogni caso la pena è della reclusione; e, ove la condanna non abbia per effetto l’interdizione perpetua, è aggiunta interdizione temporanea dai pubblici uffici, ecc.