Codice cavalleresco italiano/Libro II/Capitolo V
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V.
Rifiuto della domanda di soddisfazione.
Il rifiuto del cartello di sfida dovrà essere fatto con somma cortesia e concepito con termini sobrii, urbani e corretti.
In caso di rifiuto devesi dichiarare ai rappresentanti dell’avversario le ragioni che lo impongono; quali sarebbero ad esempio: se lo sfidante fosse notoriamente non degno d’impugnare le armi. Però, è consigliabile fare codeste eccezioni per mezzo di due rappresentanti.
Nota. — Così opina pure l’Angelini, X, 8°. Se chi domanda la riparazione cavalleresca si trova nelle condizioni portate ad esempio nell’art. 145, sarà opportuno di rispondere a chi fu incaricato di presentare la richiesta: «Incaricherò due amici di comunicare loro le ragioni che mi obbligano a non aderire alla soddisfazione domandata dal signor X».
In tal guisa si sarà usato un riguardo ai rappresentanti dell’avversario: si sarà evitato la taccia di essersi eretti a giudice e parte, nonchè il deplorevole ricorso alla pubblicazione di Comunicati, con relative rettifiche, repliche ingiurie e aggressioni, che d’una vertenza facile a comporsi, ne fanno una questione grave e irreparabile.
Se la risposta alla domanda di riparazione è negativa, e se, senza plausibile motivo, lo sfidato nega di designare chi lo rappresenti, i mandatari dello sfidante si ritireranno, evitando qualsiasi discussione collo sfidato in merito alla vertenza (Angelini, X, 10°).
Disteso il verbale, lo consegneranno al loro cliente, perchè se ne valga a tutela del proprio onore e a giustificazione del proprio operato, consigliandolo, quando ne sia il caso, di appellarsi alla Corte d’onore.
Nota. — Veggasi l’art. 516, ch’è della massima importanza, e si ricollega ai capitoli del Giurì e della Corte d’onore ed al diritto d’appello ad essi.
L’offeso ha il diritto di pubblicare il verbale che fa fede della sua buona ragione e della non ottenuta soddisfazione, semprechè non abbia, com’è doveroso, fatto appello alla Corte d’onore.
L’offeso a cui fu negato la soddisfazione cavalleresca (cioè negazione dell’offesa, ritrattazione, scuse) è in diritto di procedere contro l’offensore per le vie penali, se l'offesa presenta carattere criminoso, o l’obbligo di appellarsi alla Corte d’onore, se n’è il caso.
Il gentiluomo, senza nuocere alla propria onoratezza, è nel pieno diritto di non rispondere al cartello di sfida non regolare, o se contiene ingiuria, o se gli viene presentato dopo quarantotto ore dall’ingiuria, o dopo ventiquattro ore dal momento in cui l’offesa fu portata a conoscenza dell’ingiuriato. Però, a quest’ultimo è riservato il diritto di appellarsi alla Corte d’onore (Angelini, X, 5°; De Rosis, II, 35°).