Codice cavalleresco italiano/Libro III/Capitolo XI

Sostituzioni

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XI.

Sostituzioni.

Nota. — L’uomo, considerato in sè, è un essere morale, il quale, operando per ragione e volontà libera, deve per propria efficienza attuare ciò che ha rapporto con l’armonia della sua vita; e perchè egli è un ente morale, ed ha in sè la ragione sufficiente delle proprie determinazioni, ha pure la responsabilità degli atti propri; per cui le offese essendo personali, è naturale che personalmente si devono vendicare.

La sostituzione, pertanto, nel duello si accetta come fatto eccezionale, consigliato da forza maggiore, o per evitare guai più gravi; perchè se l’offesa deve cancellarsi col sangue, non è certo con quello di un terzo, che si potrà cavallerescamente raggiungere lo scopo.

L’injure est personnelle et ne peut être relevée que par celui qui l’a reçue (Tavernier).

Nelle consuetudini del duello nulla essendovi di assoluto, così questa, come tutte le altre regole cavalleresche fin qui espresse, ha le sue eccezioni degne di un esame profondo e pratico, perchè si basano essenzialmente sul principio morale e particolare al quale s’informa la cavalleria.

Ora, siccome il principio morale di essa è di risolvere le vertenze d’onore con mezzi pacifici e civili, ne consegue che il mezzo migliore più logico, più pratico e onesto non è quello di discutere sui diritti di sostituzione, ma [p. 154 modifica]l’altro di rimettere alla Corte d’onore la definizione della vertenza. Così operando, i rappresentanti non assumeranno responsabilità di fronte alla loro coscienza e alla legge, e otterranno una soluzione conforme ai dettami della giustizia e della logica.

Ma perchè le cose semplici e diritte riescono meno accette agli spiriti turbati dalle offese, ecco le condizioni volute dalle consuetudini cavalleresche in fatto di sostituzione.

ART. 255.

Un figlio, un fratello, un nipote possono sostituire il rispettivo padre, fratello e zio in certe determinate condizioni (Bellini, III, 1°; Angelini, II, 1°; De Rosis, II, 21°).

ART. 256.

Perchè il figlio possa essere autorizzato a prendere il posto del padre, in una vertenza d’onore, è necessario;

a) che il padre abbia le qualità di offeso (art. 15 Regol. Corte d’On. Venezia e De Rosis, II, 23°);

b) che il padre sia riconosciuto incapace di vendicare l’offesa patita;

c) che l’età dell’avversario si avvicini più a quella del padre (De Rosis, II, 22°);

d) che il padre abbia oltrepassata l’età di 60 anni (De Rosis, II, 21°);

e) che il padre sia assente al momento dell’offesa (art. 15 Regol. d’On. di Venezia).

Nota. — Mentre deve riconoscersi l’equità della prima delle condizioni richieste dallo Châteauvillard (I, 6°), affinchè il figlio possa sostituire il genitore in una vertenza, [p. 155 modifica]riteniamo ingiuste, anticavalleresche e immorali le altre (b, c, d, e).

L’oltraggio che ha colpito il padre, ha colpito il figlio, lo stesso nome, lo stesso sangue; è quasi la stessa persona, che è stata manomessa dall’ingiuria diretta al genitore.

Perciò è ben difficile, rifiutare a un figlio di sostituire il padre suo, infermo e gravemente offeso, ancorchè non abbia raggiunto i cinquantadue anni, o se l’età dell’aggressore fosse più vicina a quella del padre che a quella del figlio.

ART. 257.

Per le offese con vie di fatto non è ammessa alcuna eccezione di età, e si deve riconoscere al figlio il diritto di chiedere soddisfazione per l’onta fatta al padre. Ma è più logico piuttosto che i rappresentanti si avvalgano di codesta richiesta per deferire al giudizio di un giurì, o meglio, della Corte d’onore, la definizione della vertenza.

ART. 257 bis.

Si può domandare conto dell’offesa fatta colla stampa alla madre, alla moglie ed alla sorella non maritata, o maritata ad uomo incapace per assenza, o per altri motivi (C. d’On. Venezia, art. 16 Regol.).

ART. 258.

Il fratello maggiore può sostituire il fratello minore, sempre quando questi sia l’offeso e l’aggressore sia minorenne.

ART. 259.

Un amico può sostituire l’amico sotto speciali condizioni che sono: [p. 156 modifica]

a) che l’amico minorenne sia stato offeso da un maggiorenne (veggasi all’art. 243);

b) che l’amico, toccato nell'onore, sia nell’impossibilità materiale di vendicare l'ingiuria da sè stesso e sia privo di padre e di fratello, capaci di sostituirlo;

c) che il legame di amicizia del sostituito verso l'offeso, incapace di chiedere ragione dell'insulto ricevuto, non sia piuttosto che vero attaccamento, un atto d’intempestiva generosità;

Nota. — Essendo l’amicizia un legame imponderabile, è necessario che i padrini, prima di concedere la sostituzione, si accertino, che veramente esistono legami di lunga e sincera amicizia tra l’offeso e il sostituto: o se invece, non sia un’occasione qualunque, di cui questi tenti approfittare per dar sfogo a vecchi rancori contro l’offensore.

d) Per non derogare dal principio formulato, per quanto concerne la personalità dell’ingiuria, è indispensabile che i testimoni esigano dall’aggressore una dichiarazione scritta, per la quale accetta questa sostituzione e che gli è gradita.

Nota. — Tale dichiarazione è necessaria per conservare al sostituto gli stessi diritti spettanti all’amico offeso, poichè è prescritto da tutti i Codici che:

ART. 260.

Il sostituto usufruisce sempre dei diritti riconosciuti all’ingiuriato.

ART. 260 bis.

Malgrado la concessione del voto politico e amministrativo; malgrado tutti i riconoscimenti giuridici [p. 157 modifica]fatti alla donna, essa è riconosciuta inabile al duello1, e quindi, qualunque offesa che le viene lanciata, non la colpisce; ma ferisce bensì il suo protettore naturale, a cui spetta il diritto di tutela (Angelini, II, 2°).

Nota. — Essa, la donna, gode nella nostra società di una considerazione e di una prerogativa estesissima. I più nobili e i più delicati sentimenti del cuore, la riflessione, frutto di una educazione squisita, l’esperienza, costringono a non dover abusare mai della donna, poiché, La femme la mieux louée est celle don il n’est jamais parlé. Di conseguenza:

ART. 261.

L’offesa diretta ad una donna con atti, con scritti, con parole, anche in seguito a sua provocazione, sarà fatta propria:

a) dallo sposo, se maritata; [p. 158 modifica]

b) se nubile, vedova o maritata, ma il marito della quale sia assente dal luogo ove risiede, dal fratello, dal padre, dal nipote, dallo zio o dal cognato;

c) se non convive col marito, anche se questi dimora nella stessa città, dal fratello, dal figlio, dal padre, dal nipote o dal cognato, che non sia fratello del marito;

d) se presente, dal padrone di casa, ove la donna fu offesa; altrimenti da chi l'accompagnò, o ne prese la difesa, e in mancanza di questi, dal più giovane degli astanti, purchè sia maggiorenne;

e) dal cavaliere che le porgeva il braccio, ed a questi spetta la precedenza anche su i parenti presenti al fatto.

ART. 262.

Gli stessi obblighi e nello stesso ordine spettano alle persone sopra menzionate, ogni qual volta la donna, invece di essere offesa è provocatrice.

ART. 263.

Se l’aggressore rifiutasse la sostituzione, conforme alle leggi cavalleresche, sarà redatto un verbale d'opposizione, col quale verrà condannato il rifiuto e sarà posto l’offensore fuori dalle leggi d’onore.

Note

  1. Si ritiene la donna incapace di impugnare e di usare le armi: di difendere l’onore suo da sè stessa. Eppure non mancano esempi nei quali bellissime (e non belle) virago hanno abbattuto in combattimento singolare esperti cavalieri.
         La Saint-Balmont non è seconda alla signora Bonneval, che quasi giornalmente si batteva in duello col suo secondo marito e spesso ne dava e non ne prendeva; nè alla Gervès.
         La Maupin dette prima fuoco al convento che rinchiudeva la sua bella, e poi sfidò Dumesnil a duello; lo alleggerì dell’orologio e della tabacchiera, mandandolo con Dio... con un’abbondante dose di legnate.
         Nel 1820 due attrici disputarono col fioretto il cane di un conte svedese dal collare d’oro (!) (il cane, non il conte). E il duello tra la marchesa di Nesle e la contessa di Polignac!...
         I Duelli mortali del secolo XIX dell’autore di questo codice non sono privi di racconti di duelli nei quali le donne hanno dato prova di una risolutezza di carattere e di volontà ammirevoli.