Codice cavalleresco italiano/Libro I/Capitolo IX
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IX.
Dei rappresentanti, dei testimoni. Missione.
Scelta. Condotta.
Rappresentante è colui che accetta di rappresentare una delle parti nella vertenza d’onore presso la controparte, o davanti ad un giurì d’onore.
Testimone o padrino, si addimanda quello che accompagna ed assiste un duellante sul terreno, durante il combattimento.
Il rappresentante e il testimone devono essere di fama illibata, e, possibilmente, istrutti in tutto ciò che riguarda le armi, la scherma e la legislazione concernente il duello (così opinarono pure: il giurì d’onore, appellante Gelli, Milano, maggio 1893; l’Angelini, cap. IX e il Bellini, cap. II, V).
La missione principale ed assoluta dei rappresentanti in una vertenza d’onore è quella di ottenere per le vie pacifiche e decorose una riparazione dell’ingiuria, avvalendosi di tutti i mezzi che loro offrono il Codice cavalleresco e la Legge; e qualora ogni loro sforzo riesca vano, di determinare le condizioni dello scontro. Quella dei testimoni, di dirigerlo e di vigilare che durante il combattimento sieno dalle parti scrupolosamente osservate le regole della più corretta cavalleria e le condizioni stipulate.
Il rappresentante che in una vertenza intendesse regolarsi contrariamente a quanto è prescritto dai codici cavallereschi e sancito dalle consuetudini e dalla legge, deve essere considerato privo dei diritti di gentiluomo per tutto ciò che direttamente o indirettamente può riferirsi a quella vertenza (Giurì d’O. Milano, maggio 1893, su appello di J. Gelli).