Anime allo specchio/L'amico intimo

L’amico intimo

../Andante appassionato ../Il dolce egoismo IncludiIntestazione 24 luglio 2022 100% Da definire

Andante appassionato Il dolce egoismo

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L’AMICO INTIMO.


Al teatro di prosa, una sera di prima rappresentazione, Giuliana Gilberti si trovò seduto accanto qualcuno che le pareva di riconoscere e stava domandandosi invano dove mai le era apparso quel giovine lungo, dinoccolato, col monocolo in un occhio e una perenne stupefazione nell’altro, quando durante il primo intervallo egli s’alzò, si piegò tutto verso di lei e le chiese il permesso di salutarla.

— Sono Massimo Landi, non si ricorda? Max, l’amico intimo di Franco Viana, il quale mi presentò a lei un anno fa, al ballo di casa Santarosa. Rammento ancora il suo abito verde di quella sera e come stava bene al braccio di Franco.

Subitamente irrigidita al suono ripetuto di quel nome, Giuliana Gilberti fissò un momento l’inopportuno malaccorto che veniva [p. 209 modifica]a risuscitarle nell’intimo con quelle parole una tempesta di follia e di male già forse alquanto placata. Ma si morse le labbra e con le narici un poco dilatate come chi respira a fatica sentendo un peso enorme sul cuore, sorrise quasi benevolmente:

— Ricordo, ricordo. Fu una festa molto animata. Avevo un vestito verde? Questo non lo so. Come mi par lontano quel tempo!

Con ostentata cura ella evitò di pronunziare quel nome, quasi per avvertire discretamente l’altro a non richiamare fra di essi una memoria torbida. Senonchè Massimo Landi non comprese e continuò a rievocare sedendole accanto:

— Fu appunto in casa Santarosa, quella sera stessa che Franco conobbe la piccola Salviati e dopo sei mesi giusti la portava trionfalmente davanti al sindaco. Io fui il suo testimonio e le posso assicurare che Franco non mi sembrò mai tanto commosso. Era pallido, gli tremavano le mani, pareva quasi ammalato quella mattina, mentre la piccola Salviati rideva e scherzava tranquilla e fresca come un fiore.

— Ah! — disse appena Giuliana mostrando tutti i suoi denti in un falso sorriso, e cercò nel suo cervello annebbiato qualche frase da aggiungere a quella esclamazione. Ma potè dire soltanto: — Fu quella sera? È molto strano. [p. 210 modifica]

— Sì, quella sera. Dapprima Franco non voleva sentir parlare di matrimonio. Egli amava la sua libertà. Forse aveva pure qualche dolce amica, o per meglio dire una sola misteriosa amica che l’assorbiva molto. Poi, finalmente si decise e fece bene.

— Oh, benissimo, non c’è dubbio, — mormorò sogghignando Giuliana, e poichè suo marito sopraggiungeva, lo presentò a Massimo Landi e s’isolò nell’oscurità agitata dei suoi pensieri mentre la rappresentazione continuava.

— Dunque costui, l’amico intimo di Franco, non sapeva nulla della loro passata passione? O fingeva d’ignorarla per il perverso piacere di farla soffrire parlandole di lui? Egli certo continuava a frequentare Franco, conosceva la sua vita d’ogni giorno, sapeva quali erano i suoi rapporti con la giovine moglie, quella piccola Salviati con la quale ella non aveva voluto condividere il suo amore. Oh, ricordava bene l’irritazione angosciata di Franco quand’ella gli aveva imposto di scegliere tra la fidanzata e l’amante. Una delle due doveva essere sacrificata, perchè ella in amore non ammetteva che l’esclusività assoluta del possesso e contendere ad un uomo la sua legittima compagna le ripugnava e l’umiliava. Suo marito, di trent’anni più vecchio di lei, non poteva dar ombra a nessuno, ma la piccola Salviati, graziosa, fresca, non an[p. 211 modifica]cora ventenne, era una rivale troppo pericolosa perchè ella potesse lottare nell’ombra contro le sue forze e sperare di vincerla. E s’era da sè stessa sacrificata, con ribellioni frementi, con disperazioni taciturne, ma con una specie di voluttà dolorosa che la faceva vivere più intensamente, d’una vita quasi duplicata, quasi esaltata. Ed ora, dopo mesi e mesi, quando già una pacata tristezza subentrava alle inquietudini amare, qualcuno veniva improvvisamente a ridestare in lei il suo passato, a farlo rivivere affannosamente nel suo ricordo. Eppure, dopo il primo attimo di sgomento che il nome di Franco aveva in lei suscitato, dopo il primo impulso di far tacere la voce che lo rievocava, succedeva un’avidità bramosa di sapere di lui, d’udire parlare di lui, di conoscere tutta la sua vita presente. Massimo Landi, l’intimo amico, poteva saziare questa sua curiosità smaniosa, tanto più che egli ignorava o fingeva d’ignorare il suo legame precedente con Franco.

Lo invitò cortesemente a casa sua ed ottenne la promessa di una visita per il giorno seguente.

Massimo si fece precedere da un mazzo d’orchidee delicatissime e si mostrò così felice di quell’improvvisa benevolenza di Giuliana, così lusingato d’interessarla in qualche modo e di poterle forse divenire amico, [p. 212 modifica]che ella ne ebbe quasi un moto intimo di pentimento e di commiserazione. Ma subito lo trasse accortamente a parlar di Franco ed ogni suo rammarico tacque. Tutto il suo essere si protese per ascoltare le parole serene e semplici di quell’uomo che parlava di un altro, dell’assente, del lontano, di colui che ella amava ed odiava a vicenda come s’ama e s’odia un bene irrimediabilmente perduto ed ancora desiderato.

— La signora Maria è buona come un angelo e suona deliziosamente il violino. Franco invece non ha più toccato il pianoforte dopo il suo matrimonio, perchè afferma che ciò lo dispone alla malinconia. S’immagini che ora coltiva le aiuole del suo giardinetto; rose e rose, ne mette dovunque, e guai a non lodarlo per le sue attitudini alla floricoltura. Sua moglie ed io lo punzecchiamo volentieri e ad ogni insuccesso sono risate e battibecchi senza fine. La signora Maria teme che a fare il giardiniere Franco si sciupi le mani, perchè, non so s’ella lo abbia osservato, le mani di Franco sono molto belle, mani nervose e agili da pianista e insieme accurate e fini come quelle d’una donna.

Giuliana sorrideva in silenzio, d’un piccolo sorriso accorato che ella si sforzava di far parere gentile e ascoltava intenta, beveva ad una ad una quelle parole avvelenate le quali le svelavano l’intimità di una vita che [p. 213 modifica]era stata sua e che si svolgeva ora lontana, diversa, ignota, fra cose e persone di un altro mondo, fra cure e sentimenti estranei, dai quali ella si sentiva per sempre esclusa. E interrogava ancora avida, ma cercando le espressioni più blande, la voce più indifferente per non destare sospetti nell’amico, e conosceva così ad una ad una le occupazioni della giornata di Franco, le persone che frequentavano la sua casa, i libri che egli leggeva e il nome della sarta che vestiva sua moglie. Le pareva di vivere un poco con lui, potendo seguirlo ora per ora lungo il corso dei suoi giorni e incitava Massimo Landi a tornare spesso, lo attirava con lusinghe piene di grazia, cercando di soddisfare la propria morbosa curiosità divenuta insaziabile.

E Massimo tornò tante volte a casa sua e vi fu accolto sempre con tale espansiva gentilezza che gli parve un giorno naturalissima cosa di circondarle le spalle, mentre ella accennava al piano un motivo preferito da Franco, e di susurrarle all’orecchio che l’amava.

Giuliana si volse a fissargli gli occhi negli occhi quasi per leggergli fin dentro all’anima. Ella ignorava ancora se Massimo conoscesse o no la passione che l’aveva legata al suo amico e la rivelazione inattesa di questo nuovo amore aumentava la sua perplessità. Ma lo sguardo di Massimo appa[p. 214 modifica]riva tanto ansioso, la sua faccia esprimeva una così luminosa speranza che nessuno dei suoi dubbi potè essere risolto. Allora ella concesse le sue mani alle labbra appassionate del giovine e chiudendo gli occhi s’illuse per un momento che un altro glie le baciasse.

Da quel giorno le parve a poco a poco possibile vivere di questo inganno ambiguo e lentamente vi si abbandonò.

Massimo non rassomigliava a Franco, ma le uguali consuetudini, le inclinazioni consimili, il medesimo indirizzo di cultura avevano creato fra i due amici una somiglianza spirituale che li avvicinava molto, che quasi un poco li immedesimava nel pensiero di Giuliana. Ella poteva discorrere con Massimo delle cose care a Franco, respirare intorno a lui l’atmosfera familiare all’amico, quasi risuscitare per mezzo suo l’antica intimità.

Una duplicità singolare e segreta fu la base di questo nuovo amore, da lei accettato soltanto per rivivere l’amore passato e tutti gli accorgimenti furono posti in opera per rendere più verosimile, più completa e più ingannevole l’illusione.

Ella indusse Massimo con molta cauta scaltrezza a prendere per i loro convegni lo stesso appartamentino discreto che già aveva ospitato il suo amore con Franco e vi giun[p. 215 modifica]geva ogni volta col cuore tumultuante, saliva quella scala già nota, bussava a quella porta amica e le pareva sempre che il volto di Franco dovesse affacciarsi allo spiraglio, pallido d’attesa e sorridente di gioia come un tempo.

Invece l’accoglieva Massimo anch’egli ansioso e felice, eppure così diverso nelle espressioni, nei gesti e negli sguardi, l’accoglieva con un’adorazione devota, pronto a sottomettersi ai suoi nervosi capricci, a rispettare i suoi superbi fastidi, ad amarla in ginocchio senza chiederle nulla. Ella lo interrogava sulla sua giornata, lo costringeva a raccontarle le occupazioni di tutte le sue ore e mentre egli attribuiva questa curiosità ad una dissimulata gelosia e ne gioiva come d’un segno d’amore, ella s’ostinava particolarmente nel fargli descrivere le sue visite a Franco Viana e destramente s’informava del suo umore e dei suoi progetti, chiedeva degli amici ch’egli vedeva, conosceva quasi le parole ch’egli pronunciava. Qualche volta Massimo veniva direttamente dalla casa dell’amico dove s’era trattenuto a colazione, e Giuliana si stringeva a lui cercandogli intorno l’aria respirata da Franco e l’odoroso fumo delle sue sigarette come preziose e imponderabili reliquie ignote a chi le portava.

Un giorno ella gli domandò all’improvviso se Franco sospettasse la loro intimità. [p. 216 modifica]

— Non solo la sospetta, ma la conosce, — rispose sereno Massimo; — io non ho segreti per lui.

— E Franco non ha segreti per te? — ella chiese pallida, con la bocca arida come se l’agitazione febbrile del suo cuore simile a una vampa glie la disseccasse.

— Ora no; ne ebbe forse uno in passato, ma era un segreto d’amore. Prima del matrimonio vi fu nella sua vita una grande passione per una donna sconosciuta; io penso che fosse una straniera.

— L’ha completamente dimenticata? — ella interrogò frenando il tremito di tutte le sue membra.

— Forse no; — rispose Massimo titubando come per meglio vagliare i sentimenti dell’amico. — Mi pare in certi momenti che egli la ricordi e la rimpianga. Per esempio quando io parlo del nostro amore, mi sembra ch’egli s’agiti un poco e si rattristi, come se pensasse al suo passato.

Giuliana tacque e si torturò per alcuni giorni su quelle parole che le parevano ora consolatrici come un balsamo, ora corrodenti come un tossico, trattenendosi tuttavia per una intima ripugnanza che il suo inganno adesso le ispirava, dall’indurre l’amico a parlarle ancora di Franco.

Ma trascorso qualche tempo, Massimo giunse un giorno al ritrovo alquanto in ritardo [p. 217 modifica]ed a Giuliana che se ne stupiva spiegò sorridendo:

— Figurati che Franco mi ha voluto accompagnare. Ero stato a colazione da lui e giunta l’ora mi disponevo ad andarmene quand’egli mi disse tranquillamente: — Esco con te. — E non ho più potuto liberarmene. È vero che non gli ho confessato di venire ad un convegno d’amore, perchè allora la sua discrezione l’avrebbe consigliato a lasciarmi andare solo. Povero Franco, come mi vuol bene!

Giuliana lo ascoltò con gli occhi dilatati e tutto il cervello occupato da un solo pensiero: — Egli è venuto fino a questa casa. Egli ha sentito il bisogno di rivederla. Egli cammina in questo momento per questa strada.

E corse alla vetrata, l’aperse, balzò sul balconcino sospeso sulla via deserta, lo vide. Egli s’allontanava a passi lenti, volgendole il dorso, ma v’era nell’atteggiamento del suo capo sporto in avanti, nel portamento della sua persona alquanto curva, un lieve segno d’abbattimento, quasi una involontaria rilasciatezza dello spirito riverberata per un attimo all’esterno, quasi il momentaneo accasciamento di chi non si sa osservato e cede ad un minuto di stanchezza e di debolezza.

Giuliana rientrò, si buttò sul letto tutta [p. 218 modifica]vestita, nascose il volto nel guanciale. Solo le sue spalle sussultavano nella scossa ritmica del singhiozzo mentre Massimo la guardava costernato. E quando finalmente egli s’arrischiò a domandarle: — Giuliana, che hai, ma che hai? — accarezzandole le braccia, ella scattò a sedere, sfigurata dal pianto, coi capelli scomposti e la voce rotta:

— Non hai compreso, non hai ancora compreso quello che ho? Perdonami, Massimo, se ti faccio soffrire, ma è necessario ch’io ti dica tutta la verità. Io non ti amo, sai, non ti ho mai amato; ti ho accettato e ti ho ingannato perchè avevo bisogno d’illudermi, volevo ritrovare in te un altro amore e non vi sono riuscita. Ecco quello che ho.

Sogghignava ora col volto ancora gonfio di pianto e si passava le palme fredde sulla fronte dolente senza guardare Massimo. Ma egli invece la guardava e non comprendeva.

— Un altro amore? Che cosa vuoi dire, Giuliana? Spiegati meglio, ti supplico.

Ella sospirò, mordendosi le labbra, oppressa da quella tarda intuizione, resa convulsa dalla necessità di spiegare tutto chiaramente in larghe e sonore parole. Glie ne vennero alle labbra alcune, crudeli.

— Dio mio, sì, ti spiegherò, poichè non capisci. La donna misteriosa, amata prima [p. 219 modifica]del matrimonio da Franco Viana, quella che tu credevi una straniera, ero io semplicemente, e siccome l’amavo ancora, ma mi ripugnava di condividerlo con la sua giovine moglie, ho cercato te, il suo intimo amico, ed ho accettato il tuo amore per sentirti parlare di lui, per seguire la sua vita anche lontana, perchè tu mi portassi un poco del suo contatto, del suo respiro, del suo sguardo.

La voce le si annodò in gola ed ella rimase un momento muta, ad occhi chiusi per assaporare il suo spasimo. Quindi proseguì lentamente:

— Ora l’ho riveduto e non posso più fingere. Vattene, Massimo, vattene, e non essere infelice per me.

Egli non seppe trovare una parola di rimprovero; disse solo con voce commossa:

— Hai ragione, Giuliana, io non potevo essere amato da te. Ti ringrazio della felicità che mi hai dato, anche se, anche se....

Non potè continuare tanto intensa era la sua emozione; prese il cappello e si diresse alla porta, ma premendo la maniglia si rivolse, esitò un momento e aggiunse:

— Dirò a Franco che tu l’ami ancora; gli dirò che ritorni a te.

— No! — implorò in un grido di paura Giuliana, ma subito s’accasciò sui guanciali e desiderò di vederlo e di morire. [p. 220 modifica]

— Non vuoi? — le chiese ancora Massimo affacciato fra i due battenti.

Ella non rispose, alzò la testa e lo guardò: quello sguardo implorava perdono, ringraziava con ardore, prometteva gratitudine profonda, e Massimo lo comprese. Egli uscì in silenzio, ella si dispose ad aspettare.