Un bel sogno/XVI
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XVI
Ermanno si arrese alle preghiere di Laura e dell’amico; sua madre stessa lo consigliò a divagarsi alquanto per rompere le fatiche di una soverchia occupazione. — La buona donna tremava per i giorni del figlio minacciato dal ritorno del morbo che lo aveva assalito alcuni anni prima.
Il lungo studio e l’eccessiva applicazione avevano più contribuito a conservare che a distruggere le traccie della malattia, e diffatti fin dalla sua prima guarigione, Ermanno non aveva più ritrovata quella salute che è una specialità della gioventù; un qualche rimasuglio del male vi era sempre; e ciò spiega il perchè del suo costante pallore e dell’irritabilità di carattere tanto facile allo scoraggiamento.
Ricevuta appena la lettera di Paolo Ermanno partì, e giunse nella stessa sera alla villa Ramati. — Passò colà diciassette giorni, i quali furono certo i più belli che mai egli avesse trascorsi; e la lettera che ei ne scrisse a Laura al ritorno, riflette ancora un raggio di quella felicità che forse si gusta una sola volta in vita. — Noi la trascriviamo tutta intera, perchè essa rivela il punto più elevato di quell’affetto nobile e grande.
- Laura mia
30 Settembre
Ho giurato varie volte meco stesso di non più prestar fede alle promesse del bene, e mal mio grado debbo ora fare ampia ritrattazione della mia incredulità. — Nell’incertezza delle mie idee, nella desolazione di tutto me stesso, io era giunto a tanto da dubitare se la luce del sole fosse luce vera; e tu mia Laura colla tua bontà, col tuo candore diradasti le nebbie del più sconfortante pessimismo.
«È vero sì che la missione degli angioli sulla terra è la redenzione dei miseri mortali, perchè tu fanciulla mia, angiolo di dolcezza hai salvo il mio spirito dal brutale abbattimento che lo minacciava. È vero che il bene è cosa di questo mondo, perchè esso si concretizza in te; nella tua graziosa persona si chiude quella misteriosa potenza che io voleva negare. — Il bello, il buono, il sublime esistono perchè tu vivi mia Laura, ed il mondo che ricetta nel suo seno una schiera d’anime elette come la tua, non può essere ovunque un ammasso di sventure. —
«Oh! giovinetta, tu che operasti il santo miracolo della rigenerazione di un’anima inferma, esulta meco della vittoria, e ringrazia quel Dio che ti mandò dal cielo, chè la tua missione ebbe l’esito più felice.
«Laura, mia Laura, ed è vero che io possa scriverla questa parola? Sono felice!.... Non m’illudo io forse nel concepire una simile idea, non sogno?.... Dimmelo tu, perchè ciò che succede in me è tanto nuovo da rendermi incerto sulla realtà di quello che provo. — Felicità..... quella stella lontana che brillava come un punto quasi impercettibile, l’avrò io raggiunta? Come ho attraversato quell’immenso spazio di aria, e di tenebre che me la tenevano lungi?.... Non lo so; ma è certo, che cercando attorno a me non trovo più nulla d’invidiabile, più nulla da desiderare.....
«Laura, tu farai la più santa delle cose scrivendomi subito, che tutto ciò che provo, tutto il fuoco del cuore, l’esaltamento che m’invade, è realtà. Ho bisogno di una tua lettera nella quale tu mi dica che il passato non è un sogno, che ti ho veduta per diciassette giorni..... Oh i bei giorni! io voglio ripensarli, voglio riandare colla mente ad ogni ora ad ogni istante di essi, perchè la mia felicità si fonda intieramente su quelle dolci memorie. — Mi ricordo che al mio arrivo, tu eri ad aspettarmi là sulla porta del tuo giardino; appena mi riconoscesti da lontano, agitasti il fazzoletto, tu mi attendevi ed io sarei volato per raggiungerti tosto; ma questo meschino cuore, si agitò siffattamente, che dovetti fermarmi per l’affanno. — Era verso sera, lo ricordi?.... io saliva l’erto pendio che guida alla tua villa..... il sole salutava co’ suoi ultimi raggi le cime di quei graziosi colli. Tu stavi appoggiata ad un grosso albero e sorridevi malinconicamente.
«Chi mi sa dire la gioia, la voluttà di quel momento? Già pochi passi ne separavano, ed io correva leggiero come se avessi avuto l’ali. Un passo ancora, due, tre, e ti accolsi fra le mie braccia. — Ricordati Laura di quell’istante e di quelle lagrime che ci toglievano la parola; ricordati di quel bacio strappato ai nostri labbri da una forza superiore ad ogni reticenza. — Quel bacio esalato dall’alto del colle al cospetto del morente sole fra un’aria balsamica, ed un cielo orientale, non si perdette no nei vortici dello spazio, perchè io lo sento ancora qui sulle mie labbra, e si ripete tuttavia nel cuore.
«Adorata creatura, leggiadra come visione celeste, superiore ad ogni concetto che mente umana possa formarsi della bellezza, lascia che qui dalla mia solitudine, col più santo entusiasmo ti dica che fra le tue braccia ritrovai l’obblio a tutti i mali dal passato, il conforto per quelli dell’avvenire.
«Non è vero no che l’uomo sia tutto di materia, non è vero che le sue gioie come i suoi dolori abbiano un limite ristretto a questo meschino pianeta che è la terra; ci sono dei momenti in cui lo spirito umano esce dagli stretti confini del noto, ed erra nell’immensità dell’ignoto, ne sente il mistero senza comprenderlo; ma in quell’istante qualche cosa di più che non una macchina di carne, agisce e pensa. — Quel fremito misterioso non è più un’emozione meccanica, ma la luce di una scintilla divina.....
«La memoria di quel giorno mi seguirà lo sento, fino all’estremo di mia vita, ed è perciò che non cesserò mai di benedirti ed amarti. — Te lo giuro col cuore commosso, o Laura, io spero nell’amor tuo, credo alla tua fede perchè in quel momento di abbandono soave, mi apparisti qual sei, un’angelo del paradiso.
«Non ripeterò nè le gioie della mia dimora costì, nè il dolore della nostra separazione; c’è da venir pazzo ripensando a tutto ciò; una sola cosa ti dico che ti farà gran piacere, ed è che sebben lontana, mi sembra d’averti qui presso di me nei momenti appunto che abbisogno della tua immagine. Io posseggo un secreto, mercè cui posso riprodurre l’espressione tenera del tuo sguardo.
«Il tramonto co’ suoi raggi d’oro, è pur sublime! Tutta natura si pinge di quei colori morbidi vellutati che i pittori chiamano tinte calde; e tiepide invero esse sembrano, tiepide e voluttuose come il bacio di una donna amata. Al di là dei colli il cielo s’incolora degli estremi raggi solari che riflette come specchio, e la natura si chiude in un sorriso mesto, malinconico, ineffabile, che ha solo riscontro nel sorriso di una vergine adorata. — Sì mia Laura, io osservai che quell’insieme armonioso e delicato del tramonto, riassume uno de’ tuoi sguardi, epperciò non lascierò passar sera senza contemplare quel cielo che ti rassomiglia, e cercare nel suo sorriso il secreto del tuo sguardo.
«Dopo alcuni giorni di beatitudine mi fu forza lasciarti, ma portai meco un tesoro di ricordi, una ciocca de’ tuoi capelli, ed il tuo ritratto. — Il genio del nostro Paolo ha trasfusa su quella tela tutta l’anima tua, ti colse in tutto il fascino della tua bellezza, e più guardo quel dipinto, più parmi di vederti viva a me dinnanzi.
«La pittura è uno dei più gran segreti del genio; il poeta più elegante ed immaginoso, potrebbe pur cercare nella sua fantasia e stillare l’anima ne’ suoi versi, nè perciò riuscirà mai ad animare di tanta realtà un ritratto.
«La musica colla vaga elasticità de’ suoi concetti, è lontanissima da un’idea definita; ma il pittore fonda l’arte sua sulle basi incrollabili del vero, ed opera il gran prodigio di riprodurre in tutte le parti più dettagliate la natura, carpirne il segreto e dare agli oggetti quella vitalità che sarà sempre un mistero per la parola.
«Non farò elogi al modello, sarebbe vano quanto voler dire la bellezza d’un fiore.... lo si guarda sorridendo in silenzio, lasciando che il cuore lo esalti con palpiti d’ammirazione.
«Ciò che più di tutto mi desta sorpresa si è che nel tuo sguardo, o Laura, trovo un’espressione di serietà che rivela un sensibile mutamento di carattere e di pensiero; parmi che quegl’occhi non siano più quali li mirai per la prima volta in Brescia. Non sparger lagrime sul dileguarsi delle tue giovanili fantasticherie, non sospirare dietro l’abbandono di certe gioie troppo puerili, giacchè la tua intelligenza che si sviluppa, t’insegnerà altre gioie a cui il cuore non sarà più estraneo.
«Io saluto con tutta l’anima la malinconia del tuo sguardo. — Via quell’eterno sorriso ingenuo, che rivela una completa ignoranza della vita: la mestizia dello sguardo è un sorriso del cuore, e gli angeli sono rappresentati dai grandi artisti in atteggiamento malinconico.
«Benedetta le mille volte l’aura dei tristi pensieri che cancella dalle vergini fronti l’ingenuità di fanciulla per lasciarvi l’espressione della donna. Io guardo i tuoi occhi così ben disegnati, la mossa graziosa della cara testolina, le linee purissime della tua fronte, e trovo ovunque un senso di poesia che non so esprimere, ma di cui assaporo tutta la voluttà.
«Ieri verso sera volli regalarmi una passeggiata in barca; l’aria era fresca, il cielo sereno; tutto invitava a quella gita. — Quando fui nel bel mezzo del lago, mi colpì uno spettacolo veramente patetico. Sorgeva la luna, ma il cielo era ancor tinto di un roseo incerto per i riflessi crepuscolari. — Vedendo la faccia pallida dell’astro notturno, mi sovvenni che nella sera precedente l’avevamo contemplata insieme dal tuo terrazzo; lo rammenti? Concentrato in quella memoria, mi parve di essere trasportato nel tuo giardino, a te d’accanto....
«Queste sono illusioni, è vero; ma la vita non è forse per sè stessa una lunga fila d’illusioni? Chi lo sa; chi potrebbe giurare che sia reale tutto ciò che si vede e sente?
«Quando rinvenni dalla mia contemplazione, mi accorsi che l’aria era troppo umida, e mi affrettai verso casa, non prima però di aver affidato un saluto per te, alla brezza che mi sfiorava il viso. — Erano le otto.... Che facevi tu a quell’ora? Termino questa lettera, altrimenti chissà dove mi fermerei. — Ho molto lavoro da compiere, e sarò costretto a vegliare per alcune notti.
«Addio mia bella, mia buona Laura. Scrivimi, scrivimi presto e sopratutto non dimenticarti mai del tuo povero amico. — Nelle delizie del tuo soggiorno fra il bacio delle molli aurette, ed il sorriso di un cielo sempre sereno, ricordati sempre di me.
«Nelle tue gioie, nei tuoi divertimenti, abbi ognora un pensiero per il tuo
Ermanno».
Laura ad Ermanno.
7 Ottobre.
«Hai tu pensato mai, mio buon amico ai primi giorni del nostro amore? non ti ricorrono talvolta alla mente i nostri primi colloquii? — Ieri mentre stava leggendo la tua lettera, si ridestarono d’un tratto nell’animo mio le memorie del passato, e provai una vera gioia richiamandomi tutti i particolari del nostro primo incontro a Brescia in casa della cugina Letizia. — Quante dolci rimembranze, quante care memorie! Cercai tosto la tua prima lettera, la lessi attentamente, e da quell’esame del passato mi accorsi di quanto il nostro amore siasi ingrandito. — Provati, mio Ermanno, provati a risollevare nel tuo seno quelle rimembranze, e vedrai se io fallo.
«Appena pochi mesi trascorsero, d’allora in poi, eppure parmi che in quel frattempo siano accaduti dei grandi avvenimenti; non so persuadermi di conoscerti sì da poco, e sembrami che la memoria di te, si leghi alla mia infanzia; parmi che il corso d’anni ed anni, abbia assodati quei legami che ci uniscono.
«Non so dirti quanto bene mi abbia arrecato la tua lettera; giacchè dessa è la prima in cui tu lasci libero corso al tuo cuore, senza offuscarne i concetti colle nubi della tua barbara logica; è la prima volta che tu mi parli con tanta fede, o dirò meglio con tanto entusiasmo.
«Come sono belle le tue lettere! Non lascierei mai di leggerle; sono tanto soavi, dolci armoniose le tue parole che mi sembra quasi di udire la tua musica. — Oh! come invidio la tua sorte o Ermanno, tu puoi esprimere tutto ciò che ti passa nell’animo colla massima facilità; non v’ha idea che tu non colga a perfezione, e quando tu mi parli dei colli del lago, del cielo, parmi di respirare in grembo a quella natura così ben descritta, quando mi parli delle tue emozioni, sembrami di vederti a me dinnanzi con quella cara mestizia impressa nello sguardo.
«Da alcuni giorni sono qui sola; Paolo è partito, nè valse preghiera a trattenerlo; papà e mamma fecero il possibile per indurlo a fermarsi ancora, ma tutto vano; egli fu inesorabile nella sua decisione, come tu lo fosti nella tua.
«Ora la campagna mi è divenuta insopportabile, parmi di essere isolata in un deserto, ed attendo ansiosamente che la mamma si decida di ritornare a Milano. Non oso fartene domanda, perchè ti so occupatissimo, ma parmi che sarei felicissima, ricevendo più spesso tue lettere.
«Stamattina, per esempio quando vidi il nostro domestico con un fascio di giornali e carte del papà, avrei giurato che vi era una tua lettera; ma nossignore, fui disingannata, eravi una lettera, ma della cugina Letizia. Stetti col broncio per più di un’ora, e non mi venne neanche in mente di vedere ciò che mi scrivesse la cugina: ma poi tutto passò; prima ho riflettuto che tu hai molto da fare; poi perchè toccava a me il rispondere alla tua ultima. — In vista di tali circostanze ti ho perdonato.
«Tu dunque mio Ermanno, sei felice, ed è vero.... non fu una pietosa invenzione la tua? Sia ringraziato il cielo! tu credi finalmente all’amor mio, e questo è tutto ciò che desiderava, perchè mio caro, il dubbio di non riuscire ad inspirar confidenza, diviene penoso per un cuore che ama.... Ma io sono una gran ciarlona; creo castelli, fabbrico progetti a mio piacimento, ed infine poi nulla ci rimane, e dobbiamo tenere a gran ventura se ci vediamo parecchie volte durante un’anno.... noi che ci amiamo tanto!
«Se io fossi agile come la rondinella che svolazza d’intorno al mio balcone, spiegherei tosto l’ali alla tua volta, ed invece di una lettera, ti sorprenderei con una visita mentre stai seduto al piano creando qualche cosa colle tue magiche dita.
«Ti ricordi di quella sera che ci recammo alla villa della signora Salviani?.... Noi precedevamo gli altri tenendoci al braccio; tu mi dicevi tante cose belle, tante parole dolci, ed io ti ascoltava religiosamente, perchè quando tu parli mio Ermanno, preponderi su tutti i miei sensi, e non so far altro che ascoltarti, ascoltarti sorridendo. — In quella sera fosti pregato di suonare, ed io mi sedetti subito al tuo fianco, mormorandoti parole di tenerezza fra gli accordi della tua musica....
«Madama Salviani va pazza per quella Fantasia sull’Ultimo pensiero di Weber, ma a me restò più impressa la Campana dei morenti. Oh! la bella musica, e con quale straziante effetto tu la eseguisti! Io aveva voglia di piangere tanta era la commozione che mi destava quel canto lúgubre e morente; e se fossimo stati soli, ti sarei caduta nelle braccia per dirti che quella musica divina, mi strappava lagrime d’amore.
«Tu lasciasti un mondo di ricordi in questa nostra piccola villa. — Entro spesso nella camera che era a te destinata, e ne esco talora colle lagrime agli occhi, perchè parmi che colà tutti gli oggetti piangano la tua assenza. — Trovai un volumetto che tu dimenticasti, sono le poesie di Leopardi. Tengo nascosto quel prezioso ricordo donatomi dal caso e lo leggo spesso perchè so che è il tuo poeta prediletto. — Vi sono dei segni, ed uno specialmente sui versi:
«O speranze, speranze; ameni inganni |
E di quelle speranze che formano il mistero della vita mi pasco io pure. — Spera amico mio, è questa una tale felicità che compensa tutti i dolori.
«Tu che ora vedi il primo barlume della speranza, saluta con gioia la sua luce apportatrice di tante dolcezze....
«Mi dici che in pochi mesi, cambiai d’aspetto, che il mio sguardo è più serio; ma non sei tu il primo a fare questo rimarco. La mamma già me lo disse, e cento altri mi vanno ripetendo che io non sono più quella di altre volte. — Tutto ciò lo devo a te mio Ermanno che facesti guerra alle puerilità che m’ingombravano il cuore, e sono a te debitrice di questo salutare sviluppo delle mie idee che s’impronta sul mio volto.
«Se tu non eri, io sarei ancora una bambina vanerella e senza pensieri; tu m’insegnasti a pensare ad amare; colle tue parole, le tue lettere, e la tua musica, mi empiesti l’anima di novelli affetti, e vado a te sola debitrice della prima educazione del mio cuore.
«La cugina Letizia, verrà fra qualche giorno collo zio a trovarci, ma a quanto essa mi dice nella sua lettera, non si fermerà molto perchè si accingono a fare un viaggio in Toscana. Per vero, andrei anch’io molto volentieri con essi, ma siccome mi preme assai più di ricevere le tue lettere, ed aver sempre novelle di te, non mi lascierò certo indurre.
«Il più bel viaggio per me sarebbe quello di venirti a trovare; ma ciò è tanto improbabile, che ti autorizzo di mettere questa mia idea nel numero delle tante follie che ti avrò già scritto.
«E tu, mio buon amico, lavori sempre? Bada però di non affaticarti troppo, sei debole e mal reggeresti ad una soverchia occupazione. Pensa mio Ermanno, che se tu ricadessi ammalato, io vivrei in angoscia mortale; pensa che la tua Laura ti comanda di conservarti per lei, pensa che da quell’egoista che sono non soffro rivali, e non voglio che l’arte usurpi quelle ore che debbono essere riserbate al nostro amore. —
«Ti proibisco d’ora innanzi di raccomandarti alla mia memoria. — È questa una contraddizione a tutta quella fiducia che dicesti di avere riposta nell’amor mio. — Insegnamelo tu cattivo diffidente un mezzo per dimenticarti un’istante appena, giacchè io ti ho sempre nella memoria.
«Tu mi hai circondata della tua atmosfera, tu sei dappertutto, nel cielo, nei fiori, nell’aria ch’io respiro; tu sei entrato nelle mie più piccole cose, e diventasti il padrone di tutte le mie azioni. Il tuo linguaggio è sì dolce, il tuo modo di parlare e pensare si distacca tanto dal comune che rappresenti per me un’individualità isolata e grande fra la turba. — Tu infine colle tue parole, colle tue lettere, colla tua musica hai ammaliato questo povero cuore che non potrà mai altro che amarti ed ammirarti.
Laura».