Un bel sogno/XVII
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XVII
Ermanno rispose subito alla bella lettera di Laura, nè qui è caso di trascrivere quel che ne disse, giacchè quella lettera, altro non conteneva che le solite assicurazioni d’amore, le solite frasi di tenerezza. Solamente egli ringraziava la giovinetta per la prova d’affetto che gli dava non partecipando al viaggio della cugina, onde non interrompere la dolce corrispondenza, e le raccomandava di non lasciarlo a lungo, senza sue novelle. — Ma sia dimenticanza, o che altro, Laura non rispose a quella lettera.
Passarono così più giorni senza che Ermanno potesse darsi ragione di quel silenzio tanto insolito; scrisse un’altra volta, ma collo steso frutto, ed è facile immaginare quanta agitazione ed incertezza tormentassero l’animo suo.
Finalmente, dopo venti giorni, ricevette il seguente biglietto:
- Caro Ermanno,
«Due righe in fretta per dirti, che questa sera parto colla cugina Letizia alla volta di Firenze. — La mamma vuole ad ogni costo che io mi divaghi alquanto, e debbo compiacerla.
«Ti scriverò da Bologna ove ci fermeremo qualche giorno. — Per ora addio, amami sempre come ti ama la tua
Laura».
Questa lettera d’un laconismo straniante, parla molto per sè stessa sulla fermezza di proposito della giovinetta, la quale abbenchè memore della promessa fatta ad Ermanno, non seppe resistere al desiderio di fare quel viaggio. Il pretesto che la madre ve l’avesse quasi forzata era troppo meschino, e tradiva il di lei imbarazzo nel trovare una giustificazione ammissibile alla sua inconseguenza.
Il dolore di Ermanno nello scorrere quella lettera, fu grande, giacchè egli era ben lungi dall’attendersi un simil colpo. Troppo persuaso dell’amore di Laura, e sorpreso del di lei silenzio, aveva cercato in cuor suo una scusa qualunque per distruggere i cattivi presentimenti che gli sorgevano nell’anima; egli supponeva pietosamente che un qualche avvenimento, una malattia forse, facesse ostacolo a’ suoi desiderii; ma quando dopo un silenzio di tanti giorni gli giunse quella lettera, dovette pur troppo lasciare libero passaggio ai funesti pensieri che lo incalzavano.
Qui ci tocca il doloroso compito di ricaricare sull’anima dello sfortunato giovane il peso delle amarezze. — Ci duole doverlo dire, ma da questo punto noi dobbiamo seguire Ermanno nella via del disinganno più crudele — Egli non aveva puranco perduta ogni speranza, Laura prometteva di scrivergli da Bologna, e forse si sarebbe giustificata; ma attese invano.
Passarono più giorni, e niuna novella. L’innamorata giovinetta aveva forse perduta ogni memoria durante il viaggio. —
Non ci basta l’animo di narrare la tristezza di quei lunghi giorni di aspettativa angosciosa. Il novembre toccava quasi al termine, ed in tutto quel tempo Laura non aveva trovato modo di mandare un saluto al suo sventurato amico.
La stagione non era più propizia per rimanere in campagna, d’altronde Ermanno aveva già terminata la sua messa, giacchè nel dolore che l’opprimeva era per lui unico conforto quello dello studio. — Ritornò colla madre a Brescia, ove appena giunto s’ebbe incontro con Alfredo dal quale seppe che Laura si trovava in Milano già da dieci giorni.
Un simile procedere, eccedeva ogni limite. Ermanno aveva con tutti gli sforzi trascinate le sue speranze di giorno in giorno, ma ormai non eravi più dubbio; Laura non ricordavasi più di lui. — Per quanto tentasse di calmarsi pensando che egli stesso aveva preveduto questo miserabile scioglimento del silenzio, pure non sapeva darsi pace per la rapidità con cui erano stati dimenticati gli eventi del passato. —
Per poco cuore che si abbia una donna, in simili casi tenta sempre di giustificarsi; è la coscienza istessa che impone quest’ammenda alla fede vacillante; ma non curarsi assolutamente del passato, dimenticare in un punto amore e promesse, è un’atto barbaro, una violenza alle fini cortesie che inspira nell’animo la memoria di una persona che si è tanto amata.
Finalmente Ermanno mal reggendo all’incertezza, e desideroso di avere una spiegazione che lo togliesse da sì penosa esistenza, scrisse all’amico Paolo la lettera che segue:
- Amico mio,
10 Dicembre.
«Le mie previsioni si sono troppo presto avverate. Da due mesi sono privo di novelle di Laura. Io non so se questo inqualificabile silenzio, debba ascriverlo a mia colpa; ad ogni modo siccome io non mi dimentico tanto presto del passato, ed ho una spina qui nel cuore che mi opprime, ti prego di dirmi ciò che sai intorno a quella giovinetta.
«Credo che tu sarai ancor di casa presso i Ramati, epperciò ti raccomando di non far sapere ad alcuno di questa mia lettera..... nemmeno a lei; che se alle volte le pesasse alla coscienza la memoria di me, desidero di esser presto dimenticato, acciò non mi tocchi il rimorso di amareggiarla neppure per un istante.
Tutto tuo
Ermanno.»
A quanto sembra, malgrado il divieto dell’amico, Paolo mostrò a Laura quella lettera.
Sia rimorso, sia pietà, giacchè non oseremmo dirlo amore, Laura fece il sublime sforzo di scrivere ad Ermanno; ma ohimè quale diversità da quella lettera alle precedenti! allora l’amore, la poesia ed il sentimento spiravano naturali ad ogni frase. In tutte quelle pagine scritte senza concetto determinato, si scorgeva il caro disordine che regna ovunque negli epistolari amorosi; quell’avvicendarsi di frasi inconcludenti era fondato sopra una solida base: la fede. —
Ora più nulla di tutto ciò, l’ultima lettera di Laura era di una regolarità quasi commerciale, vi si vedeva lo sforzo ad ogni parola, l’inerzia in ogni idea, e pareva che lo scopo predominante fosse la grammatica. — Noi presentiamo questa lettera al lettore, pregandolo di riflettervi sopra se sembra possibile che dopo due mesi appena si possa giungere a tanta indifferenza.
- Ermanno,
15 Dicembre
«Giacchè tu ti ostini a tacere, rompo per la prima il ghiaccio per darti nuove di me e della mia famiglia. Io sto bene, altrettanto mamma e papà, e spero che tu pure ti troverai in sì favorevole condizione. Debbo chiederti tante scuse per non averti scritto come ti promisi, durante il viaggio; ma che vuoi? Firenze coi suoi monumenti toglie ogni modo d’occuparsi; oltre a ciò aggiungi l’essere noi continuamente in giro, giacchè abbiamo peregrinato per tutta la Toscana; vi sono tante cose da vedere in quel bel paese che ci rimaneva ben po’ di tempo per noi.
«Fummo fortunati abbastanza nel nostro viaggio, perchè il cielo fu costantemente sereno; ci fermammo quindici giorni a Firenze, e ti assicuro che non avrei mai più lasciata quella bella città.
«La passeggiata di Lung’Arno è deliziosa, o vi facemmo varie gite in barca al chiaro di luna. Abbiamo visitato Pisa, Pistoja e Livorno; gran bella città quest’ultima, e fu vero peccato che lo zio siasi opposto al progettato viaggio di mare per Genova.
«Ebbi un brutto momento a Livorno, immagina, mancò poco che non rimanessi preda del mare. Eravamo in barca scorrendo tranquillamente quelle onde solcate da tante navicelle; io me ne stava seduta a poppa e per aver tentato d’alzarmi mentre la barca oscillava, caddi nell’acqua. Fui presa e portata sulla riva, e quando ricuperai i sensi mi trovai fra le braccia della cugina che si struggeva in lagrime.
«Per buona sorte fu maggiore la paura del danno, però un tale avvenimento poteva aver serie conseguenze.
«Del resto mi sono molto divertita; non dimenticherò mai più le belle sere passate a Firenze, quel cielo sereno, quell’auretta molle, mi lasciarono una cara rimembranza.
«Al mio ritorno, papà e mamma avevano già lasciato la campagna, epperciò mi diressi a Milano. — Voleva scriverti subito le mie impressioni di viaggio, ma ebbi tanto da fare, tante visite da restituire che me ne mancò il tempo.
«Scrivimi tu, e lungamente, così passerò qualche ora lieta colla tua lettera. —
Addio abbiti i saluti della tua
Laura».
Era troppo! Una tal lettera indignò giustamente Ermanno, che senza frapporre indugio, e colla rabbia in seno, subito rispose a quella lettera umiliante in questi termini:
«No madamigella, non doveva rompere il ghiaccio di un silenzio che nascondeva una voragine senza fine; chissà che la ruggine del tempo non avesse consumato il mio rancore, ed al nostro primo incontro, avrei potuto mostrarle un volto sereno, senza che il mio labbro tentasse un rimprovero. — Ma vivaddio mi si tasta troppo presto una ferita ancora aperta perchè io non debba trarne lamento. — Creda pure madamigella, ella mi scrisse troppo presto.
«Credeva forse la signorina che bastasse il dirmi che a Firenze la luna era chiara, la brezza molle, il Lung’Arno delizioso, per giustificarsi di non avermi scritto prima? Non sono tale io d’appagarmi di sì poco, e mal sopporto che dopo due mesi di crudele dimenticanza, mi si venga a dire: Oh! signor Ermanno, ora che sono a casa, ora che mi annojo e non so più come passare il tempo, mi ricordo di lei. — Durante il viaggio non potei scriverle perchè aveva troppo da fare, ma adesso che sono annojata, la prego di una sua lettera lunga, che leggerò fra gli sbadigli della solitudine per iscacciare il sonno. —
«Mia cara, il signor Ermanno che ha la disgrazia di prender tutto sul serio, non può reggere a tanta derisione; egli ha forse il difetto di pretendere troppo, ma in confidenza un’amicizia che si dissolve per un chiaro di luna, non è tale da lusingarlo gran fatto; e piuttosto che aver sì poco, egli rinunzia a tutto.
«Nella descrizione del suo viaggio, non trovo un cenno che mi riguardi; ciò mi lusinga assai..... ella si è divertita, e mi basta; valeva forse la pena di ricordarsi di me? No davvero, si viaggia per divagarsi!
«Ciò che più di tutto mi consola, si è la sua fermezza di proposito, giacchè, se non erro, in una lettera dalla Brianza, ella mi diceva che avrebbe rifiutato di fare il viaggio preferendo assai più di ricevere mie lettere. — Posso rallegrarmi che ella abbia cambiato d’avviso, così non mi graverà il rimorso di averle fatto perdere una buona occasione per..... divertirsi.
«Confessiamo però che l’aver io creduto alle sue promesse fu conseguenza d’un deplorabile eccesso di buona fede.....
«Più ci penso, e più mi avveggo che commisi una sciocchezza pretendendo che ella mi scrivesse qualche volta; figuriamoci dove trovare il tempo? Bisognava andare sull’Arno a goder la frescura in barca di notte per contemplar la Luna e numerare le stelle del cielo, e farsi mollemente cullare dalle onde. — È naturale, non è colpa sua se il tempo volava tanto rapido da non permetterle di mandare un saluto a quel povero diavolo che ebbe la disgrazia di sperarlo!....
«Seppi subito il di lei ritorno da Firenze. Venti volte la penna mi venne fra le mani per scriverle, e sempre ne abbandonai l’idea. — Cosa avrei potuto dirle?.... Ella taceva, segno questo che aveva tutt’altro per la mente, ed io colla mia lettera avrei forse sturbate le dolci reminescienze del viaggio.
«Glie lo confesso, aveva deciso di non più scriverle..... mai più. Non ci voleva meno di una sua lettera per rimettermi la penna fra le dita, ed ecco che violando ciò che mi ero promesso, le scrivo ancora una volta..... sarà l’ultima? lo ignoro, ciò non dipende da me; è certo che io ho duopo di calma, che mia cura principale si deve essere quella di evitare ogni commozione che potrebbe aver funeste conseguenze, e non correr dietro al turbine di false lusinghe, sognar chimere per poi destarmi nello scoraggiamento coi dolorosi avanzi di poche illusioni svanite. —
«Posso essere ancora in tempo per non disperare, e sono certo che la mia stessa Laura vedrà che a ragione mi appiglio ad energica risoluzione.
«Non so se questa lettera avrà come le precedenti alcuna influenza sull’animo suo; riuscirò forse con inutili lagni ad annojarla; ma più di tutto la prego di risparmiarmi un sorriso di compassione caso mai le venisse spontaneo sulle labbra. — Io lo so, in certe condizioni si leggono ridendo quelle parole che altra volta ci strappavano lagrime, ma io scrivo col cuore troppo straziato per meritarmi un motteggio.
«Povero sogno! Fu vera fortuna la sua brevità; il mattino non è lontano; al sorger del sole svaniscono le dubbiezze della notte, e si tronca la trama delle illusioni. — La realtà, sotto l’apparenza di tiranna rappresenta la giustizia; tutto ciò che si agita nel suo dominio esiste, e non può essere; mentre in sogno, quanti errori di buona fede si commettono!.... Non è vero Laura? Me lo dica lei che fu la prima a svegliarsi, e tanto fortunata da aprir gli occhi in pieno sole; ma io mi dibatto ancora tra veglia e sonno, ed aprendo gli sguardi non vedrò che tenebre!....
«Aspetterò, pazienza! L’alba della rigenerazione viene per tutti, ed io attendo la sua pallida luce per rimettermi sul cammino di questo pellegrinaggio che si chiama vita, con un disinganno di più, ed una speranza di meno.
«L’avvenire è incerto, ma alla mia età non si può dubitare di lui; malgrado tutto posso ancora sperare che un giorno il cielo rasserenato mostrandomi la sua faccia stellata e ridente, mi dica: coraggio, dopo la tempesta viene la calma; è tale il destino di tutti gli uomini. — Tu vuotasti la tazza dei dolori..... Spera!
«Con questa parola chiudo la mia lettera. Per quanto scettico io possa essere, non credo certamente che operando il bene s’incontri il male. Ho molti doveri da compiere, e l’affetto di mia madre esige da me i più grandi sacrifizii; però qualunque cosa possa accaderle, si ricordi madamigella di avere in me un’amico sempre pronto a prestarle l’opera sua, ogni qualvolta potesse abbisognarne.
«È possibile che queste siano le ultime nostre parole epperò non debbo perdere occasione per dirle che in tutte le vicende della vita ella sarà sempre accompagnata dai voti sinceri che io faccio per la sua felicità.....
«A lei sono certo riserbati alti destini, e le vie che noi prenderemo nel mondo, saranno ben diverse; pure non dispero affatto d’incontrarla un qualche giorno. — Dal canto suo faccia come meglio le detta il cuore; se crederà la memoria di me degna di qualche ricordo, sarà per me gran ventura. — Egli è certo però o Laura che l’ultimo saluto che sta per cadermi dalla penna, parte dal più profondo dell’anima, e che non scrivo senza trepidazione e dolore la parola..... addio! —
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Pochi giorni dopo, Ermanno ricevette da Milano un piego nel quale erano accluse due lettere, una di Laura a Paolo, e l’altra di quest’ultimo ad Ermanno. — Lesse la prima avidamente; e ad ogni parola dava segno di agitazione; giunto al termine gettò via il foglio con disdegno, senza nemmeno curarsi della madre che assisteva alla scena. —
Stette alquanto pensoso, indi con atto di rassegnazione prese la lettera di Paolo e si pose a leggerla. — Quando l’ebbe finita ripiegò il foglio, raccolse quella che aveva gettato via, sclamando con freddezza straziante:
— Va bene!.... e poi più nulla.
Studiò al piano fino a tarda notte, come se non un pensiero lo turbasse. —
Ecco le lettere.
Laura a Paolo. —
- Preg. Sig. Paolo.
«Ricevo in questo punto dal suo amico signor Ermanno, una lettera tale che mi desta più sorpresa che risentimento; glie la trasmetto, perchè ella stessa, caro amico, possa convincersene.
«Educata per lunghi anni nella via della virtù mi colpiscono d’indignazione quelle barbare espressioni; ma è mio dovere non rispondervi e dimenticarle. — Non si creda il signor Ermanno che io voglia contraccambiargli alcune pagine di sottile ironia, nè tanto meno giustificarmi di un operato che non riconosco come mancanza. Io tacerò usando tutta la possibile rassegnazione per sopportare quelle amarissime ingiurie, e dimenticarle col tempo.
«Io non so se più prevalgano nell’amico suo la ragione o l’egoismo, ma è un fatto che davanti a un simile contegno debbo credere che egli venga tratto talvolta a deplorevoli eccessi da rancore misterioso frutto forse di un abituale sconforto.
«Contro simili attacchi ho duopo premunirmi, giacchè essi straziano troppo l’anima mia; noi non fummo fatti per amarci; havvi troppa discrepanza fra i nostri caratteri perchè possiamo mai vivere in pace. Feci tutto quanto era in me per prendere un sopravvento sulla sua funesta mania che spesso lo trascina a sragionare..... non vi riuscii, e con vero dolore mi ritiro desistendo da quella missione rigeneratrice che mi era imposta, perchè riconosco inutile ogni tentativo.
«Non risponderò alla lettera del signor Ermanno, perchè se a ciò mi accingessi, dovrei lasciare la mia penna preda di un giustissimo risentimento. — Rispetto il suo dolore, e prego il cielo che presto lo guarisca, e gli conceda quella pace che io non oso consigliargli.
«Ella signor Paolo, sono certa comprenderà le alte ragioni che pongono sul mio labbro un simile linguaggio; ho già molto mancato verso la mia buona mamma nel celarle ogni cosa, ma a questo punto, lo riconosco, la mia condotta diventa incompatibile coi miei doveri di figlia. Ho un avvenire di cui dovrò render conto un giorno, e la coscienza m’impone un riparo alle deplorabili conseguenze a cui potrebbe trascinarmi una leggierezza di gioventù.
«Favorisca signor Paolo di significare all’amico suo questa risoluzione che mi detta il dovere, cerchi di confortarlo, se pur ne abbisogna, e l’assicuri che per parte mia non gli nutro alcun risentimento.
«Mi permetta poi, caro signore, che alla sua prima venuta in casa nostra, io le consegni tutte le lettere di Ermanno; sono preziose memorie che non ho il coraggio di distruggere, nè posso ritener meco senza derogare da quella linea di condotta che m’impone il mio dovere. — Faccia ciò che crede di quelle carte, giacchè per conto mio sono certa di fare il meglio rimettendole a lei.
«Perdono di tutto cuore ad Ermanno, dimenticherò le sue amare espressioni, ma richiedo da lui altrettanto oblio su quanto avvenne. — Riguardo a lei signor Paolo, che fu finora affettuoso testimonio delle mie azioni, non ho alcuna raccomandazione a fare. Io la conosco perfettamente, e so che per ogni evento noi saremo sempre buoni amici.
«Venga presto a trovarci, e mi creda di lei affezionatissima
Laura».
Paolo ad Ermanno.
«Troverai colla mia una lettera di Laura.... Voglio dire di madamigella Laura Ramati. Leggila prima d’ogni cosa, ed ascolta poi quanto vado a dirti.
«Non è certamente questo il caso di ritornarti alla mente come altra volta io biasimai la fiducia da te riposta in quella signorina, troppo bionda per esser costante. — Il dolore che senza dubbio ti assale in questo momento, m’impone un sacro dovere: quello di giustificarti, e dar passo alla luce della verità.
«La verità anzi tutto, essa è il mio forte, e se mille di queste damine mi tentassero coi loro seducenti sorrisi, non saprei tacerla.
«Le donne sono diplomatiche per istinto; la più ingenua di esse vale almeno due uomini; è questo un antico adagio che sarà di un’eterna attualità.
«Lessi attentamente la tua lettera di rimprovero a madamigella Laura, e non vi trovai quelle amare ingiurie, quel barbaro linguaggio a cui mi si vorrebbe far credere. — Io riconosco in quelle espressioni il grido di dolore che parte dal profondo dell’anima; in ogni accento, in ogni parola, e persino nella straziante ironia che scoppia ad ogni tua frase, vi trovai una sola espressione, un solo concetto: l’amore.
«Una donna che ami davvero, non potrebbe leggere quelle pagine senza piangere ed espiare la sua colpa con una pronta riconciliazione. — Madamigella Laura, trovò l’insulto nella preghiera, la rabbia nell’amore, e sai perchè?..... perchè quella ragazzina sorta appena dall’infanzia, adorna di tutte le grazie, quell’angioletto dai capelli dorati, ha le ali di farfalla; perchè infine a madamigella Laura è passata la febbre, e non ti ama più. — Il risentimento sorge dalle ceneri d’amore. — Non si tratta nè di virtù, nè di doveri, ma sibbene d’infedeltà e d’incostanza.
«La donna quando ama è simbolo dell’egoismo, tutto tace davanti alla sua passione; ma quando la ragione e la logica entrano per una parte nel suo cuore, l’amore ne esce dall’altra. Laura ha mentito, perchè non ebbe nemmeno il coraggio di confessarti la verità; sotto l’apparenza di una falsa virtù ella nascose la sua leggierezza.
«Mio buon Ermanno, io spero che non ti darai alla desolazione perchè una donna ti ha tradito; scuoti per quanto puoi il tuo amor proprio, la tua stima d’artista, e sollevati dall’avvilimento in cui ti trasse un fatale errore. — Vuoi tu sapere perchè madamigella Laura trovò la tua condotta biasimevole? perchè la prima volta le venne il rimorso di alimentare un’affetto incompatibile co’ suoi doveri?... Vuoi tu sapere infine, perchè durante tutto il viaggio in Toscana, ella non ti scrisse mai? Ascolta.
«Prima di tutto, è bene il dirti che fra i suoi compagni di viaggio, eravi quel certo cugino di madama Salviani. Tu lo conosci, è un giovane distinto, figura discreta, spirito discreto, con un reddito di venti mila lire annue; e questo fra parentesi passa la discrezione. Il signor Filippo insomma si presenta sotto un’ottimo punto di vista agli sguardi di una signorina da marito.
«Ignoro quel che può essere avvenuto durante il viaggio, ma so per altro che fin dal primo giorno del loro arrivo in Milano, quel signore è diventato intimo di casa Ramati; vi entra di lungo e largo, accetta spesso inviti a pranzo, accompagna madama e madamigella al corso, le visita in palco; e di notte passeggia sotto al balcone di Laura.
«Ecco la chiave di tutto; ecco come quella debole creaturina ha trovato il filo di tutte quelle virtù, e di tutti quei doveri di cui si mostra tanto gelosa.
«Mi pesa orribilmente all’animo il farti questa rivelazione; ma è mio stretto dovere d’amico di nulla tacerti, perchè non voglio prolungare la tua incertezza con un crudele silenzio.
«Io lo so, queste mie parole ti suoneranno amare, ma spero nella reazione; dissi tutto d’un fiato per darti uno scrollo improvviso; è un rimedio estremo consigliatomi dalla prudenza. — In certi casi, le dubbiezze potrebbero esser fatali, ed io feci ciò che mi dettava il cuore; domani farò quanto mi consiglia la ragione con madamigella Laura. Non soffrirò mai che tu debba essere sotto il peso di una recriminazione ingiusta, non soffrirò che quella farfallina venga arditamente sfoggiando una falsa virtù per celare i suoi difetti.
«Domani vado da lei, e forse per l’ultima volta, ma ti giuro che io prenderò ampia rivincita del tuo amor proprio offeso.
«Armati di tutto il tuo coraggio, mio buon amico per dare un’addio a queste larve che trasvolano leggiere nello spazio; non addolorarti se una ragazza si è mostrata qual è una bandiera disciolta al vento. — Il tuo genio deve porti al disopra di tutte queste piccole miserie; attorno a quella giovinetta, tu creasti un mondo d’illusioni, e l’ideale che ti sei fatto di lei, non è cosa sua, ma parto della tua fantasia d’artista. — Essa non è quale tu la vedi una creatura sublime, ma sibbene una donnicciuola qualunque con tutti i difetti e le leggierezze del suo sesso.
«La tua meta sia ben altra: la tua innamorata dev’essere l’arte; confida in lei, volgi ad essa i tuoi pensieri e le tue aspirazioni, che non lo farai invano. — Pensa infine che tua madre, quella povera donna ti adora, e che tu potresti cercare tutto il globo senza trovare un cuore pieno di te come il suo. La sua esistenza è legata alla tua, il tuo avvenire è la sua vita; serba per essa i tesori del tuo affetto.
«Io spero che non sarà lontano il giorno in cui tu saluterai con gioia il ritorno della tua pace. È questo il migliore augurio che sappia farti il tuo affezionato
Paolo».