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cento altri mi vanno ripetendo che io non sono più quella di altre volte. — Tutto ciò lo devo a te mio Ermanno che facesti guerra alle puerilità che m’ingombravano il cuore, e sono a te debitrice di questo salutare sviluppo delle mie idee che s’impronta sul mio volto.
«Se tu non eri, io sarei ancora una bambina vanerella e senza pensieri; tu m’insegnasti a pensare ad amare; colle tue parole, le tue lettere, e la tua musica, mi empiesti l’anima di novelli affetti, e vado a te sola debitrice della prima educazione del mio cuore.
«La cugina Letizia, verrà fra qualche giorno collo zio a trovarci, ma a quanto essa mi dice nella sua lettera, non si fermerà molto perchè si accingono a fare un viaggio in Toscana. Per vero, andrei anch’io molto volentieri con essi, ma siccome mi preme assai più di ricevere le tue lettere, ed aver sempre novelle di te, non mi lascierò certo indurre.
«Il più bel viaggio per me sarebbe quello di venirti a trovare; ma ciò è tanto improbabile, che ti autorizzo di mettere questa mia idea nel numero delle tante follie che ti avrò già scritto.
«E tu, mio buon amico, lavori sempre? Bada però di non affaticarti troppo, sei debole e mal reggeresti ad una soverchia occupazione. Pensa mio Ermanno, che se tu ricadessi ammalato, io vivrei in angoscia mortale; pensa che la tua Laura ti comanda di conservarti per lei, pensa che da quell’egoista che sono non soffro rivali, e non voglio che l’arte usurpi quelle ore che debbono essere riserbate al nostro amore. —
«Ti proibisco d’ora innanzi di raccomandarti alla mia memoria. — È questa una contraddizione a tutta quella fiducia che dicesti di avere riposta nell’amor mio. — Insegnamelo tu cattivo diffidente un mezzo