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patissimo, ma parmi che sarei felicissima, ricevendo più spesso tue lettere.

«Stamattina, per esempio quando vidi il nostro domestico con un fascio di giornali e carte del papà, avrei giurato che vi era una tua lettera; ma nossignore, fui disingannata, eravi una lettera, ma della cugina Letizia. Stetti col broncio per più di un’ora, e non mi venne neanche in mente di vedere ciò che mi scrivesse la cugina: ma poi tutto passò; prima ho riflettuto che tu hai molto da fare; poi perchè toccava a me il rispondere alla tua ultima. — In vista di tali circostanze ti ho perdonato.

«Tu dunque mio Ermanno, sei felice, ed è vero.... non fu una pietosa invenzione la tua? Sia ringraziato il cielo! tu credi finalmente all’amor mio, e questo è tutto ciò che desiderava, perchè mio caro, il dubbio di non riuscire ad inspirar confidenza, diviene penoso per un cuore che ama.... Ma io sono una gran ciarlona; creo castelli, fabbrico progetti a mio piacimento, ed infine poi nulla ci rimane, e dobbiamo tenere a gran ventura se ci vediamo parecchie volte durante un’anno.... noi che ci amiamo tanto!

«Se io fossi agile come la rondinella che svolazza d’intorno al mio balcone, spiegherei tosto l’ali alla tua volta, ed invece di una lettera, ti sorprenderei con una visita mentre stai seduto al piano creando qualche cosa colle tue magiche dita.

«Ti ricordi di quella sera che ci recammo alla villa della signora Salviani?.... Noi precedevamo gli altri tenendoci al braccio; tu mi dicevi tante cose belle, tante parole dolci, ed io ti ascoltava religiosamente, perchè quando tu parli mio Ermanno, preponderi su tutti i miei sensi, e non so far altro che ascoltarti, ascoltarti sorridendo. — In quella sera fosti pregato di suonare, ed io mi sedetti subito al tuo