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COMPASSIONE E INVIDIA
C’è chi ha bisogno di essere invidiato e chi ha bisogno di essere compianto: forme opposte di uno stesso egoismo e di uno stesso malcontento.
Dopo vent’anni di separazione Aldo Varni, commerciante venuto da Milano, e Michele Bragozzi, piccolo possidente che non aveva mai oltrepassati i confini provinciali in nulla, si erano rivisti un giorno per caso, e avevano rinnovata l’amicizia di compagni di liceo.
A ritrovarsi dopo quell’intervallo di vita non esente da delusioni e inganni, a provare il rimpianto quasi nostalgico dell’età migliore, si sentirono vicendevolmente attratti alla confidenza e si abbandonarono alla loro natura.
Al caffè, dove ristavano ogni giorno alla solita ora, parlava Aldo? Oh che uomo invidiabile! E via e via per l’argomento preferito: quello della felicità domestica e coniugale. Sua moglie era un’arca di virtù. Bella, elegante, valente in tutto: in conservarsi l’amore del marito o con l’amore fervido, o con manicaretti appetitosi, o col buon gusto degli abiti ideati e talvolta, per saggia economia, rimodernati da lei stessa.
Parlava Michele? Oh che uomo da compiangere! E via e via per l’argomento preferito: l’infelicità domestica e coniugale. Sua moglie era una somma di difetti. Sempre di malavoglia, sempre sarcastica, nervosa, dispettosa. Lui, povero martire, faceva di tutto per contentarla, e senza lamentarsi: cure, regali, vesti, cappelli, gioielli; e, in compenso, raffacci, scenate di gelosia, litigi, disperazioni. Una vita impossibile!
Ma mentre l’uno si sfogava impavido, l’altro ascoltava paziente secondando solo a monosillabi — Ah! — Eh! — Già! — Uh! — ; a sorrisi o a sospiri. Nessuno dei due tentava di contenere le esagerazioni dell’amico, nè osava dargli torto per il segreto timore di perdere a sua volta quella piena accondiscendenza; non dava ragione e non compiangeva o non invidiava apertamente come per un ritegno di pudore. Tutt’al più Varni, contemplandosi nella specchiera all’opposta parete e profilando i magnifici baffi, mormorava per assenso di compianto: — destino! — ; e Bragozzi, quando toccava a lui, raccoglieva lo sguardo smorto e smarrito a considerarsi le scarpe e mormorava per assenso ed invidia: — fortuna! — . Eran le parole che tornavano, a vicenda, più grate.
Se non che a poco a poco cessarono anche di approvarsi così. Michele Bragozzi già pensava dell’amico tanto fortunato: «Imbecille! o s’illude o crede d’illudermi»; e Aldo Varni pensava dell’amico sfortunato: «Poveromo! Non sa stare al mondo, e spera che io non capisca!».
***
Con tale accordo e reciproca conoscenza erano venuti a un tacito patto: tener a distanza, l’una dall’altra, le mogli. Il pensiero che esse, figurate tanto dissimili, avessero da trovarsi insieme, metteva in loro l’apprensione della cosa mostruosa o assurda. E ciascuno dei due quand’era con la moglie si studiava d’evitar l’amico paventando che questi potesse scorgere in lei particolari nuovi, o differenze dal ritratto che ne aveva ricevuto, e accusar di finzione o dissimulazione il giudizio maritale. Ma l’uno come l’altro appena a casa, ogni giorno, riferiva alla sua signora le contrarie prodezze della signora dell’amico; e quelle poverine sottintendevano bene nel riferimento un’intenzione non ingenua. «Gilda — pareva voler dire Aldo Varni a sua moglie — , il mal esempio della Bragozzi valga a renderti sempre più perfetta» — «Ah Cloe! — significava Michele Bragozzi — ; se tu imitassi un po’ la moglie di Aldo e provassi anch’io qualcuna delle sue gioie!». Di qui antipatia e astio fra le due donne, che non s’eran mai scambiata una parola; e la irresistibile voglia, che esse ebbero, di conoscersi almeno di vista.
Ci riuscirono presto. Ed ecco con che effetti.
Diceva al marito la signora Cloe Bragozzi:
— Oggi mi sono imbattuta nella Varni. Cara! Sembra proprio una cocotte, con quel cappello!
— Se l’è fatto da sè — mormorava lo smorto Michele.
— Da sè? — (una risata tremenda, e apriti cielo!) — Da sè? Così massiccio? così enorme? così sconcio? E suo marito lo crede? E tu lo credi? Ma dove siete nati? Allocchi! Ma non capite che è un cappello venuto da Parigi? È un cappello da cocotte! Ah che sciocca! Ah che civetta!
Indulgente invece cominciava la signora Gilda Varni:
— Sai che la Bragozzi è bellina davvero? E non deve essere cattiva come la dipingete voi altri.
Varni, che sapeva stare al mondo, taceva. Allora la moglie seguitava:
— Peccato che sia così stupida! Si vede; non ha gusto. Oh quell’abito! E quegli occhi di bambola? Che stupida!
Senza essersi mai detta una parola la signora Gilda e la signora Cloe parevano conoscersi anche loro da più di vent’anni.
***
Un giorno Aldo Varni, elegante e sorridente al solito, giunse con modi di fretta insolita e non si sedè. Non poteva trattenersi.
— Ho un forestiero in casa; un parente di mia moglie.
E sorbendo il caffè troppo caldo prosegui, fra un sorso e l’altro:
— Un suo cugino... Da sette anni non è stato in Italia. Oh che tipo! che bel tipo! Simpaticone! Pieno d’ingegno, di spirito!
Bragozzi, il quale intanto che aspettava il resto della informazione guardava l’amico, chinò d’improvviso gli occhi e pensò: «Uhm! Cugino?... In che grado?».
— ...Capitano di lungo corso. Da pochi giorni è arrivato dall’Australia. E ha avute certe avventure... Oh! oh!
Varni rideva di gusto, dopo aver posata la chicchera sul tavolino e mentre si contemplava nello specchio.
— Figurati che ha tre mogli legittime: una nella Nuova Zelanda, una a Borneo e una a Cuba; e tutte e tre fedeli, disgraziato! Se tu lo vedessi a disperarsi! Ah è proprio un’ottima compagnia! deliziosa! Resterà qui otto giorni, e ce ne racconterà delle belle; che ti dirò poi.
«Anche il cugino incomparabile, adesso!», pensava Bragozzi. Tuttavia sorrise, per accondiscendere alla contentezza dell’amico; lo scusò del non restare; lo salutò: — A rivederci domani! — ; e andò difilato a casa, a portar la notizia alla Cloe.
— Cugino? — la signora esclamò appunto come si era immaginato Michele. — Cugino? Allocchi che siete! È l’amante! l’amante dell’arca di virtù! E il tuo caro amico...
Il marito non la lasciò correre. Trovò necessario interromperla:
— Non può essere! Il capitano da sette anni manca dall’Italia. Non si fermerà qui che otto giorni... Dunque...
— Eh! si fermerà di più! — ribattè la Cloe. — Di più! di più! Quindici giorni ci resterà; un mese!... Vedrai! Se pure l’arca non scapperà prima con lui...
Quale perfidia! Per evitare il litigio Bragozzi s’affrettava a riferire: che il capitano di lungo corso aveva tre mogli; così e così.
— E la quarta in Italia!: illegittima, questa, e infedele, perchè è la moglie del tuo amicone. Oh cari!
Il litigio non fu evitato; e nel misero Michele lasciò la consueta amarezza, il profondo rammarico di chi si sente immutabile sotto una maligna stella. Per sua tribolazione era arrivato a Bologna adesso anche il cugino di lungo corso!
Infatti il giorno dopo ecco Varni sorridente, apparentemente beato a scaricar le geste del capitano.
— Ah che caro giovine! che compagnia!
E qui una massa di fandonie. Bragozzi sorrideva, per compiacere un po’ l’amico che rideva; ma pensava: «no no, Aldo non è così imbecille da crederci! E spera che ci creda io, imbecille!».
Poi rincasando col proposito di non parlarne più, ecco la Cloe a provocarlo:
— Come va il cugino? Come va l’amico? Come va la signora di tutti e due?
Basta; passarono finalmente quei maledetti otto giorni, e Bragozzi attendeva trepidando la notizia: — è partito — , allorchè Varni con quella sua aria modesta, d’uno che ha una fortuna oltremodo invidiabile, venne a dirgli:
— Sai? Sto per conchiudere un bellissimo affare d’esportazione e importazione di merci; col capitano. L’ho indotto a trattenersi altri otto giorni. Un’idea splendida!
«Mia moglie ci ha colto!» pensò Bragozzi.
— Un affar d’oro, caro Michele! — seguitava Aldo. — Presto si stipula, a Genova. Fra otto o dieci giorni.
E per una settimana Aldo Varni non si fece vedere al caffè. Quando ricomparve ahi! non entrò; e fece cenno a Bragozzi d’uscire. Sotto il portico disse con un tremito nelle labbra — e il sorriso era diventato una smorfia — :
— Michele! Ho la fortuna d’aver un amico come te, e desidero che tu mi consigli.
— Per la società col capitano?
Varni scosse le spalle, inquieto. Aggiunse, piano, cessando la smorfia e assumendo una solennità di dolore imponente:
— Sono stato a Genova, e non li ho trovati!
— Chi?
Ah! Aldo Varni non avrebbe mai pensato che Michele Bragozzi fosse così poco agile. Certe cose bisogna afferrarle in aria. E gli rincrebbe dover spiegarsi, dire:
— Lei e lui!
— Oh! ( — Mia moglie ci ha colto! — ).
— Dubito si siano imbarcati a Napoli...
E l’avevano fatto correre a Genova?
— ...Ma io non sono un debole! Io, Michele, sono un forte! — Varni alzava la voce — : Un forte!; riconosco che la colpa è mia!
— Tua? — Bragozzi (infelice!) non capiva più nulla. Pensava: — Sempre ragione, lei, mia moglie!
— Colpa mia! Non dovevo trasferirmi qua da Milano! condur qua in provincia, in questo villaggio, una donna come quella! Così intelligente e colta! così poetica! così fanatica per i viaggi e le cose straordinarie! Non dovevo! E se ritorna, io... — che ne dici? — Io sono un forte! Non ho pregiudizi, io; e perdono!
***
L’infedele però non tornava. E a poco a poco Varni sembrò cambiar costume. Senza ritegno si dimostrava abbattuto, affranto; un uomo finito che non avesse più nessuna ragione per farsi invidiare. E Bragozzi, il quale avendo sempre bisogno del conforto altrui non trovava mai il momento opportuno e la parola giusta a consolare gli altri, non sapeva che si dire. Pensava che Aldo soffrisse in una recrudescenza di dolore; sentisse ogni giorno più il cordoglio del perduto affetto e il rovello del tradimento. Invece... Una indigestione vai meglio che un sistema di filosofia a mutare la visione del mondo o la concezione della vita.
— Non vivo più! — mormorò Varni.
L’amico Michele sospirò; e stava per dire quella che per lui era non verità ma menzogna convenzionale: — Il tempo, amico, è un gran rimedio. — Ma l’amico:
— Se non trovo una famiglia che preferisca il manzo al cavallo, le ova fresche alle fradice, il burro di Milano allo strutto rancido, e mi prenda a dozzina, io muoio! Mi ammazzano al ristorante!
Nè Bragozzi aveva ancora raccolto lo sguardo smarrito a considerarsi le scarpe, che l’altro già lo colpiva in pieno petto.
— Prendimi a dozzina tu, Michele!
— Io? — esclamò inorridendo Michele. — Con mia moglie?
Voleva dire: con una donna quale il destino mi ha data per rovinarmi d’accordo con le cuoche che il destino mi manda?
E il discorso cadde. Lasciando però andare in tal modo la proposta dell’amico, Bragozzi rimase malcontento anche di sè; e pentendosi di non aver decentemente mitigato il rifiuto, cercò di confortarsi, a casa, con il rifiuto della moglie, che s’immaginava inevitabile.
Ebbene, Michele disse:
— Il povero Aldo è malato di stomaco. Lo avvelenano all’albergo.
E allora la Cloe disse; disse, subito, la Cloe!:
— Prendiamolo a dozzina noi.
Lei! Così! La Cloe! Chi l’avrebbe immaginato?
***
E ciò che doveva avvenire, avvenne.
Non più minestre insipide, non più fritti mal fritti, non più arrosti bruciacchiati, non più dolci inaciditi; nella più perfetta tranquillità domestica e amichevole armonia Aldo Varni e Michele Bragozzi ora mangiavano a crepapancia.
Al caffè, dopo la colazione o il desinare, Aldo Varni era felice di esclamare rivolto a qualche conoscente:
— Oh che cuoca ha l’amico Bragozzi! E che brava, che buona, che intelligente signora! Che pranzo abbiamo avuto oggi!
Una cosa incredibile, mostruosa, assurda! Aldo Varni voleva essere invidiato adesso servendosi di colui che avrebbe meritato tanta compassione! Sì, compassione. Varni, egoista e vano, non comprendeva la perfidia di quella donna che si compor tava così bene solo per il piacere che le aveva messo in cuore la disgrazia coniugale dell’amico di suo marito! Non era un’infamia? Un’infamia era! Anche, Michele Bragozzi soffriva (benchè a pancia piena) delle smentite a tutte le sue passate accuse. Bel conforto aveva avuto dal confidarsi a Aldo Varni! Varni lo smentiva di continuo con le lodi alla signora Cloe! Bel ristoro vivere in quiete a colazione a desinare! La moglie lo smentiva e umiliava di fronte all’amico, sempre, con simulazione pertinace, con una bonomia, una dolcezza che tirava gli schiaffi!
Privo di sfogo, offeso nell’amor proprio, stanco del suo maligno destino Michele Bragozzi incupiva ogni dì più. Nè s’avvedeva di nulla allorchè la moglie e l’amico cominciarono a guardarlo di sottecchi, ammiccandosi.
***
Ma... Ma trascorso qualche mese Aldo Varni parlò alla signora Bragozzi, in tenero colloquio; seriamente.
— Senti, Cloe. Ogni marito deve sospettare della moglie se si dimostra troppo gentile e affettuosa con lui. Tu cerca di esser meno buona con Michele.
— Impossibile! — esclamò, tutta amore, la Cloe. — Ora gli voglio tanto bene, a mio marito!
— Appunto... Pròvati, anche per amor mio, a non metterlo in sospetti che gli faccian male.
Ella dovè promettere. E usò, nella prova, di un’audacia, di una sfacciataggine...!
Attaccò l’infelice Michele incolpandolo di gelosia.
— Sei geloso di Varni: capisco! Lo so! Vérgognati! ecc. ecc.
A colazione, dispetti; a desinare, sgarberie; a tutte le ore, rabbuffi, povero Michele! Egli tornava all’infelicità di prima; aveva da sodisfarsi ora della cattiveria di sua moglie.
Troppo anzi! Troppa grazia! Aldo Varni temè che il mutamento della Cloe, repentino e grave, scoprisse il gioco al marito; e per non compromettersi compiangendolo del tutto, fu riserbato. Disse:
— Tua moglie è nervosa, ma non è cattiva. Solo, bisogna saperla prendere.
Saperla prendere! Bragozzi scattò in ogni nervo. Saperla prendere? Dunque l’intimo amico scorgeva in lui un difetto di tattica? Dunque non vedeva in lui una vittima del destino che l’aveva ammogliato in tal modo; non lo riteneva un martire innocente? Dunque non lo stimava degno di compassione libera e profonda? Ah piuttosto che essere giudicato così, e da uno che aveva voluto essere invidiato per la sua propria felicità coniugale un tempo e invidiato dopo per la felicità coniugale d’un infelice, egli, Michele Bragozzi, arrivò dove non era arrivato mai; arrivò a riconoscere fino una virtù di sua moglie! E attese con desiderio il momento della riscossa.
Scattò eppur tacque quel giorno. Quando però, alcuni giorni dopo, Varni lo compianse: — Tua moglie oggi è davvero intollerabile! — Bragozzi, quasi dicesse: — invidiami giustamente una buona volta! — , ribattè pronto:
— Ma almeno lei è onesta!