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160 | Adolfo Albertazzi |
decentemente mitigato il rifiuto, cercò di confortarsi, a casa, con il rifiuto della moglie, che s’immaginava inevitabile.
Ebbene, Michele disse:
— Il povero Aldo è malato di stomaco. Lo avvelenano all’albergo.
E allora la Cloe disse; disse, subito, la Cloe!:
— Prendiamolo a dozzina noi.
Lei! Così! La Cloe! Chi l’avrebbe immaginato?
***
E ciò che doveva avvenire, avvenne.
Non più minestre insipide, non più fritti mal fritti, non più arrosti bruciacchiati, non più dolci inaciditi; nella più perfetta tranquillità domestica e amichevole armonia Aldo Varni e Michele Bragozzi ora mangiavano a crepapancia.
Al caffè, dopo la colazione o il desinare, Aldo Varni era felice di esclamare rivolto a qualche conoscente:
— Oh che cuoca ha l’amico Bragozzi! E che brava, che buona, che intelligente signora! Che pranzo abbiamo avuto oggi!
Una cosa incredibile, mostruosa, assurda! Aldo Varni voleva essere invidiato adesso servendosi di colui che avrebbe meritato tanta compassione! Sì, compassione. Varni, egoista e vano, non comprendeva la perfidia di quella donna che si compor-