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162 | Adolfo Albertazzi |
— Appunto... Pròvati, anche per amor mio, a non metterlo in sospetti che gli faccian male.
Ella dovè promettere. E usò, nella prova, di un’audacia, di una sfacciataggine...!
Attaccò l’infelice Michele incolpandolo di gelosia.
— Sei geloso di Varni: capisco! Lo so! Vérgognati! ecc. ecc.
A colazione, dispetti; a desinare, sgarberie; a tutte le ore, rabbuffi, povero Michele! Egli tornava all’infelicità di prima; aveva da sodisfarsi ora della cattiveria di sua moglie.
Troppo anzi! Troppa grazia! Aldo Varni temè che il mutamento della Cloe, repentino e grave, scoprisse il gioco al marito; e per non compromettersi compiangendolo del tutto, fu riserbato. Disse:
— Tua moglie è nervosa, ma non è cattiva. Solo, bisogna saperla prendere.
Saperla prendere! Bragozzi scattò in ogni nervo. Saperla prendere? Dunque l’intimo amico scorgeva in lui un difetto di tattica? Dunque non vedeva in lui una vittima del destino che l’aveva ammogliato in tal modo; non lo riteneva un martire innocente? Dunque non lo stimava degno di compassione libera e profonda? Ah piuttosto che essere giudicato così, e da uno che aveva voluto essere invidiato per la sua propria felicità coniugale un tempo e invidiato dopo per la felicità coniugale d’un infelice, egli, Michele Bragozzi, arrivò dove