Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo VIII

Libro I - Velletri Patria d'Augusto

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Velletri Patria d'Augusto.
Cap. VIII.


Una delle maggiori imprese, ch'io habbi pensato tirarmi addosso in queste mie rozze fatighe di nullo, ò poco momento, è il poter vincere gl'humani intelletti de' Moderni con il provargli esser Velletri Patria d'Augusto, e ch'un tanto Imperatore habbia in questa Città havuti li suoi natali, e non altrove, Et à far ciò, doverò prima defendermi da Messala Corvino, da Vergilio, e da Svetonio, da' quali tutti gl'altri, et antichi, e moderni Scrittori, par che habbino havuto la norma di registrate, ch'Ottaviano sia nato in Roma; e m'ingegnarò d'apportar à mio favore Autori altrettanto favorevoli, quanto veraci, e cosi spero [p. 84 modifica]render chiaro al Lettore quanto altri se siano lasciati ingannare sopra l'asserto della Patria d'Augusto.

Non voglio già riempir le carte di lunga serie di Scrittori d'ogni tempo circa l'origine della Fameglia Ottavia da Velletri, essendo notissimo, che questa Imperial Fameglia sia originaria da questa Città, che sarebbe un presumere di voler accrescere chiarezza al Sole. Li primi honori non conceduti ad altri Cittadini, quello dimostrano, quindi raggionevolmente lo spiegò l'istesso Tranquillo, quando disse Gentem Octaviam Velitris præcipuam fuisse multa declarant; come dire il Vico Ottavio dentro la Città; l'Altare à quell'Ottavio consacrato, che vinse li nemici; il Decreto fatto, che gl'avanzi del sacrificio di Marte si dassero solamente alla fameglia Ottavia, et altre prerogative da Scrittori assegnate. Dalla fama, valore, e potenza di questa Nobile fameglia si mosse Tarquinio Superbo ultimo Rè de' Romani à dar la sua figlia à Mamilio Ottavio, onde n'hebbe tanta sequela, et aiuto. E vero, che dal Prisco Tarquinio Rè de Romani questa Fameglia fù fatta Senatoria, e dal Successore, che fù Servio Tullo, fù ascritta trà le Patritie; doppo con processo di tempo si trasferì, non sò come, trà le Plebee. E Gneo Ottavio padre d'Augusto, prima che fosse Pretore della Macedonia, fù Edile della Plebe, come narra Livio, nel Consolato CC.XLVII. Ma poi Giulio Cesare con la sua molta potenza fece ritornare questa Fameglia con alcun'altre frà le Patritie, cosi nota il Panvino, Cæsar ex Plebeis fecit Patritios, Tullios, Octavios, Iunios, Actios, Pædios, et multas præterea Familias. Si divise questa Fameglia in due rami, per due figli di Caio Rufo Ottavio, ch'era stato Questore, uno chiamato Caio, e l'altro Gneo. Li discendenti da Gneo hebbero li primi honori della Patria, e della Republica, Siquidem Cn. et deinceps ab eo reliqui omnes functi sunt honoribus summis, narra Svetonio. Ma Caio, e suoi Posteri, ò per humani accidenti, ò per proprio volere sempre si conservarono nell'Ordine Equestre fino à Caio padre d'Augusto, che morì in Nola di morte repentina, quando stava per ricevere il supremo Consolato, essendo prima stato Tribuno de' Soldati in Sicilia, Prefetto della Macedonia, e come [p. 85 modifica]nota il Vittore, anco Senatore, Octavianus igitur Patre Octavio Senatore genitus. Caius (cioè il primo, sedue Svetonio) eiusq. posteri, seu fortuna, seù voluntate in Equestri Ordine consistere usquè ad Augusti Patrem, e mi dò à credere, che questa Fameglia nel ramo di Caio doveva con qualche presaggio mantenersi nell'Ordine inferiore all'altra di Gneo, perche haveva da godere la suprema Degnità del Mondo, quale ottenne Ottaviano, che fù il primo Imperator dell'Universo, e l'ultimo rampollo di questa Linea. Contro di che alla gagliarda s'oppone il silentio di Messala Corvino, il quale nel libro De Progen. Aug. volendo dimostrare l'antichità della Prosapia di lui, non dice una minima parola di Velletri. Io osservando in questo particolare l'adulatione di questo grave Autore racchiusa apertamente in tutto il suo Libello, ma più quando vuol dare à divedere, che la Prosapia d'Augusto sia maggiore di quella di Romolo; e pure Romolo è discendente da' Rè Latini, e dal Sangue Troiano, ecco le sue parole, Namquè Romulum Romanæ Urbis, Imperiisq. tui Conditorem, Materna Linea, incognito Patre, ortum, tuæ stirpis non censeo, si maiorum Genealogiam rectè complector. Osservi di gratia il Lettore l'adulatione quanta falsità partorisce. Poco avanti Corvino narra, che Numitore Rè di Alba Longa privato fosse del Regno per tirannia del suo fratello Amulio, come per sinistro Fato era privo di figl maschi, e che una sola figliuola havesse, chiamata Rhea Silvia, quale violentata dall'istesso Tiranno fù aggregata trà le Vergini Vestali, che fatta gravida da un Ministro del Tempio di Marte, overo da Marte istesso, come altri pazzamente credevano, partorisse due Fanciulli, Remo e Romolo, Rhea (dice Messala) Geminos edidit Remum scilicet, et Romulum à Marte compressa, ut traditur. Ma forse è più verisimile quello, che registra il Vittore per sentimento di Marco Ottavio, e di Licinio Macro, quali lasciarono scritto, che l'istesso Amulio havesse con inganno violata, e con incesto stuprata la Nipote, At verò Marcus Octavius, et Licinius Macer tradunt Amulium Patruum Rheæ Sacerdotis amore eius captum, nubilo Cœlo, obscuroq. aere, cum primum illucescere cœpissit in usum Sacrorum Aquam insidiatum in Luco Martis compresisse eam. [p. 86 modifica]Parlando poi il Corvino di Numitore, dice, Hunc scito Cæsar Auguste Gentis Iuliæ Albanorum Regem ultimum, eamq. Gentem ad Iulium usquè Cæsarem, tequè Principum Decus, sine Imperio, privata in tuæ fœlicitatis tempora terminasse. Dunque dico io, Romolo era della Stirpe Giulia per madre, Ottaviano fù dell'istessa stirpe per madre, doverà necessariamente concludersi, che tanto Ottaviano, quanto Romolo, Materno sanguine, fossero dell'istessa stirpe. Perche dunque di Romolo ad Ottaviano dice, tua stirpis non censeo? Ecco la Falsità figlia dell'Adulatione.

Piglia vigore la mia raggione, perche egli promette ad Ottaviano di scrivere la sua Prosapia, nulla di meno mai fa mentione d'Ottavio Padre, nè della Fameglia. Io non sò che modo di narrare gl'altrui principij sia questo, mentre si tace la stirpe, et il padre; e pure come s'è detto di sopra era fameglia antichissima, e nobilissima. Ecco l'errore caggionato dall'adulatione, che per farlo discendente dalla fameglia Giulia, tace l'Ottavia, e non osserva punto di quello, che all'Imperatore Ottaviano promette. Non doverà per tanto maravigliarse chi legge, se Corvino non scrive ch'Augusto sia nato in Velletri, perche havendo egli lasciato sotto silentio la stirpe, et il padre, per continuare li suoi falli, doveva tacere ancora la Patria.

Anco Vergilio lascia nell'Opere sue di registrare Velletri, cosa in vero da far maravigliare ogni prudente: Perche Vergilio fù al tempo d'Augusto, l'hebbe per Mecenate patrocinante del suo Poema, e tace la Patria. Cadde egli ancora nell'istesso precipitio di Corvino, e gionse tant'oltre dell'adulatione, che pigliò ardimento di chiamarlo Dio, cosi scrisse nella sua Buccolica, dicendo

O Meliobœ, Deus nobis hæc otia fecit;
Namquè erit ille mihi semper Deus, illius Aram
Sapè tener nostris ab ovilibus imbuet agnus

Servio sopra questo luogo conferma, ch'il Poeta parlasse d'Augusto, chiamandolo Dio, perche lo stipendiava, dicendo, Deus, idest Cæsar. Nella Georgica volendo annoverare Augusto suo Signore trà li Dei, mostra di non potere, ò non sapere risolversi se lo deve collocare trà li Dei Terreni, trà li Marini, overo riporlo trà li Celesti, il che [p. 87 modifica]sagacemente spiega il nostro Mancinello sopra quelli versi,

An Deus immensi venias Maris, ac tua nautæ
Numina sola colant, tibi serviat ultima Thule

E nell'Eneide lo fa di Stirpe Divina ristoratore del dolce Secolo d'Oro, dicendo,

Augustus Cæsar Divum genus Aurea condet
Sæcula, qui rursus Latio regnata per arva
Saturno quondam super et Garamanthas, et Indos.

E perciò non istimò conveniente asserire, che Velletri fosse patria di lui, perche se bene questa era Città celebre, e famosa, non era però patria de Dei. Potrei aggiongere un'altra raggione, e scusare in parte il Poeta, et è questa, che Vergilio considerasse quanto li Volsci furono contrarij ad Enea nella Guerra di Turno, e quanto li Velletrani furono nemici al nome Romano, laonde non volesse nominar Velletri, per non dar à divedere, ch'il suo Padrone era de Patria fattiosa, e contraria, onde havesse potuto apportare sinistro pensiero nella mentre de gl'huomini, ch'essendo egli di Città tale (seguitando l'instinto della Patria) havesse potuto, ò voluto soggiogar Roma alla natione Volsca.

Resta, che noi soddisfacciamo à Tranquillo, il quale non solo non dice, che Augusto sia nato in Velletri, ms vuole che sia nato in Roma, In Regione Palatii, Ad Capita Bubula, e che in Velletri sia nella Villa de' suoi Antenati stato educato, e nutrito: e questo luogo sia come sacro communemente da tutti reputato, queste sono le parole di Tranquillo. Monumentum eius obstenditur adhuc locus in atavo Suburbano iuxta Velitras permodicus et Cellæ penuariæ instar, e poi soggionge, Tenetq. vicinitatem opinio, tamquam et natus sit ibi. Da queste parole di Tranquillo Io faccio vero concetto della sua passione, e dico, se è oppinione antica, e quasi traditione, ch'Ottaviano sia nato in Velletri, perche la sprezzi, e t'appigli al capriccioso parto del tuo cervello? Se non è tuo capriccio, ma sentimento d'altri tuoi maggiori, perche non registri l'Autore? S'è tuo pensiero, dunque doverà fermarsi il Lettore, all'appassionato volere d'uno, e lasciar il sentimento di molti, ch'in tante centinaia d'Anni prima di te continovamente hanno tenuto il contrario? E qual raggione lo vuole, ch'io m'appigli [p. 88 modifica]al capriccio d'uno, per lasciare il parere di molti? Da persona sagace non si puol capire. Seguita Svetonio, e dice, ch'il luogo dove fanciullo fù nutrito Ottaviano, fosse luogo sacro, in tanto che non vi si poteva entrare, se non per qualche grave necessità, e da persona casta, e pia; e che quelli, che per curiosità, et humano ardimento v'entravano, erano subito ingrombrati da un insolito timore, e spavento, e repentinamente con violenza invisibile n'erano scacciato fuora. Anzi narra un fatto d'un nuovo Padrone di quello, che (non sò se à caso, ò pure per isperimentare virtù cosi maravigliosa) v'andò dentro per dormirvi, ma gli avvenne, che doppo poche hore di notte tutto conturbato, con forza occulta, fù quasi senza spirito, e privo de'sensi gittato fuora, e con tutto il letto, mezzo morto ritrovato lungi dalla porta, Huc introire, nisi necessariò, et castè religio est, concepta opinione veteri quasitemerè, adeuntibus horror quidam, et metus obiiciatur, sed mox confirmata est, etc. Narra di più cosa di maggiore stupore, cioè, che quando fanciullo cominciò Augusto à balbutire, nel sentir lo strepitar delle Rane, egli li comandò il silenzio, e quelle fatte pronte al di lui precetto subito s'ammutirono, Cum primum fari capisset in aviso Suburbano obstrepentes, fortè Ranas silere iussit. Non posso non maravigliarmi mentre considero, che Svetonio Gentile, e superstitioso com'ogn'altro di suo tempo, non habbia saputo, ò voluto osservare il luogo del natale d'Augusto. E chiaro che tanto da gl'Astrologi, quanto da gl'Auguri s'osservano li giorni natalitij, quali da simili soggetti son chiamati fatali, et egli li osservò in Augusto istesso, in Tiberio, in Caligola, in Claudio, Nerone, Galba et in altri ancora. Anzi osservò ne' medesimi giorni le parole d'alcuni in presaggio, ò buono, ò cattivo di quelli che nascevano, come le parole di Nigidio per Augusto; quelle di Domitio per Nerone suo figlio, e non seppe nell'istesso Augusto osservare con più diligenza il luogo del nascimento, come pensò di penetrare li presaggi del luogo dell'educatione, chiamandolo sacro, e pure più sacro, come di maggior presaggio, deve stimarsi il luogo de' natali, che il luogo dell'allievo: e se bene egli scrisse, ch'era nato (come s'è detto di sopra [p. 89 modifica]in Roma, In Regione Palatii, ad Capita Bubula), nulladimeno non si registra tal luogo, che sia sacro. Concludesi dunque, ch'essendo cosi superstitiosamente stimato questo accennato luogo, più presto de' natali, che d'allievo creder si debba, onde si possa affermare, che l'oppinione commune, et antica de' Popoli sia certa, ch'Augusto sia nato in Velletri, e non il suo capriccio, che per esser Romano haveva per scopo d'accrescere honore, e fama alla Patria con li natali del primo Imperator del Mondo, come Roma era Capo, e Regina del Mondo.

Resta convinto Tranquillo con quello, ch'egli stesso dice, trattando de' portenti, et augurij, che presaggivano le felicità d'Ottaviano; frà quali narra, che le Guerre immortali nate trà Romani, e Velletrani fossero, perche essendo stata una parte della Città di Velletri toccata dal Fulmine (chiamato Fulmen Regale) li nostri Cittadini andarono all'Oracolo, e ne riportarono per risposta, che un Cittadino di Velletri doveva dominare il Mondo; dal che insuperbiti, si mossero subito, e con l'armi alle mani coraggiosamente cominciarono à far Guerra à Romani, che durò lunghissimo tempo, con esterminio quasi della propria Città. E se bene l'Oracolo era per se stesso fallace, e bugiardo, con tutto ciò verificossi il suo detto (ancorche tardi) in Augusto nostro Cittadino, che fù il primo Imperator del Mondo, Velitris antiquitùs tacta de Cælo parte Muri, responsum est eius Oppidi Civem quandoquè rerum potiturum, qua fiducia Velitrini, et tunc statim, et postea sæpius pene ad exitium sui cum Populo Romano belligeraverant, serò tandem documentis apparuit ostentum illud Augusti potentiam portendisse. Dall'Oracolo, che da pazzi Gentili si stimava verace, viene Augusto chiamato Cittadino di Velletri, à cui, come à tale dal Cielo si prometteva l'Imperatore, che prima d'ogn'altro ottenne; come dunque non nato in Velletri, ma in Roma? Perche non disse Romanus Civem, se egli in Roma era nato, ò nascere doveva? Ecco la passione di Tranquillo, ch'in questo chiamarò Tempestoso per Velletri, contro di cui mostrò non poco livore in toglierli quello che la Natura li diede. [p. 90 modifica] Ma è tempo hormai, che si corrobori la verità, che si pretende con l'autorità de' Scrittori, et il primo sia Dione Histor. tradotto in nostra lingua da Nicolò Leoniceno stampato in Venetia nel M.DXLVIII. che dice, Antonio faceva tali cose ma Gaio Ottavio Cepia, perche così era nominato il figlio di Attia sorella di Cesare, era di Velletri de' Volsci. E Gio. Sifilino conferma più espressamente l'istesso, dicendo, Caius Octavius, nam id fuit nomen filio Attiæ filiæ sororis Cæsaris, Velitris Oppido natus; et il Zonara dice, C. verò Octavius, qui et Pius, sororis Cæsaris filius nuptæ Octavio Veliterno, (sunt autem Velitræ Volscorum municipium) pupillus relictus apud matrem educatus est. Lorenzo Schradero, Velitræ, Vulgo Belitri, Latii Oppidum, Octaviæ Familiæ, et Augusti natalibus celebre. Andrea Scotto, Augusti Patria Velitræ. Giacomo Lauro Illustre Antiquario de' nostri tempi lo dice più chiaramente, quando discorre d'un Arco d'Ottaviano di già demolito, non molto distante da quello di Domitiano, conforme registra Francesco Albertini ne' suoi Opuscoli dell'Antichità di Roma; queste sono le sue parole, Octavianus fuit è Regia Octaviorum Familia, quæ Velitris incepit, ac floruit, ibique natus est: ut ex ruina, et inscriptione, quam vidi, et si bene memini legi, mihi, aliisq. constitit. E perciò un di lui temporaneo scrive, Velletri Città de' Volsci antica e celebre, perche di qui hebbe origine Augusto Cesare, quì fu allevato, e come altri pensano, quì ancora nacque. L'istesso volle insinuare il Campano, quando per enfasi disse, che le fortue di Pietro Cardinal Riario nato in Savona superavano quelle d'Augusto, e che perciò doveva à Savona cedere Velletri,

Nunc Vada Velitras superare Sabatia possunt

Ecco dunque che, per Parere tanto d'antichi, quanto de' moderni Autori Velletri è veramente Patria d'Augusto, e luogo de' suoi natali, come apertamente il nostro Mancinello lo dimostra in più luoghi,

Augusti Patriam prisci dixere Latini
Est Urbs insignis Volscorum nempè Velitræ
Antiquo in Latio, magna, populosa, feraxquè
Cæsari Augusti Patriam dixere Latini

[p. 91 modifica]E perciò senza raggione deve stimarsi l'oppinione del Barrio, e del Marafiore, quali pretendono con l'autorità di Tranquillo, ch'il nostro Ottaviano sia nato in Calabria nella Città de Turi, hoggi detta Terranova, e questo, perche da fanciullo Ottaviano fù detto Turino; e pure tal denominanza li fù data, perche il Padre Ottavio vinse li Servi fuggitivi in Turi, onde dal beneficio fatto alla Repubblica, e per l'allegrezza, che ne receverono li suoi, e non per li natali fù chiamato Turino. Ma di tanta pretensione devo poco maravigliarmi, perche han preteso ancora usurparsi li natali d'Agostino Niso Suessano famosissimo Filosofo. Concedasi dunque raggionevolmente questa gloria alla Città di Velletri, alla natione Volsca, et alla Reggione del Latio, mentre v'hanno havuto li natali altri Cesari, come Tiberio in Fondi, Caligola in Anzo, Galba in Terracina, et Antonino Pio, e Commodo Antonino in Lanuvio, splendore del nostro Clima, destinato alli Scettri, et alle Corone.

Note