Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo IX

Libro I - Tempij Antichi in Velletri

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Tempij Antichi in Velletri.
Cap. IX.


Molti Tempij, et Are stavano in Velletri eretti a' Numi bugiardi, mentre regnava la cieca Gentilità, de' quali perche non se n'è potuto haver piena contezza, ne farò mentione al meglio, che potrò, registrando, e discrivendo quelli principali, che più autenticati hò trovato ne' Scrittori, e per altri rincontri più chiari. Primo sia quello di Giano, che per il Nome, e per le Stature ritrovate, si discuopre più che certo ch'in Velletri, e nelli suoi territorij si ritrovasse; e se bene di sopra se n'è detto à bastanza, nulladimeno non stimo fuor di proposito dimostrarne più apertamente il vero. E chiaro per quello, ch'apporta Livio, che per dimostrare l'Imperio grande, che li Toscani havevano nell'Italia dall'uno all'altro Mare, cioè dal Tirreno all'Adriatico, dice, Quantum potuerint, Nomina sunt Argumento, onde da gl'antichi nomi procura autenticare li suoi detti; e perciò l'Annio vuole, che l'argomento caggionato da nomi antichi, ò di persone, ò di nationi, ò di luoghi, sia di maggior valore, et efficacia di qualsivoglia grave Autore; la raggione è, perche gl'Autori si possono ingannare nel [p. 92 modifica]riferire, ò restano ingannati per l'altrui relationi di cose, che registrano ne' loro scritti, e cosi si trovano lontani dal vero. Ma li nomi imposti, almeno in parte, si conservano, e cosi non ingannano il Lettore, ma più tosto lo stabiliscono nella vera antichità dell'Historia, Argumentum à Nominibus vetustis Gentium, et Locorum est validius quocumquè Auctore, quia Auctores falluntur, et fallunt, non autem Nomen impositum; onde concludo, che il nome di Giano Prisco, di cui disse Herodiano, Ad Ianum vetistissimum Italiæ Deum, in più luoghi di Velletri, e le Statue Bifronti in più, e diversi siti ritrovate, rendono prova più che bastevole per la verità del Tempio, o Tempij di Giano; e forse per il beneficio, ch'à suo tempo, almeno de' suoi Nipoti, ricevè la nostra Città; perche come Alessandro ab Alexandro1 narra, Iani autem Bifrontis nota, et Navis Prora ideò insculpta feruntur, ut Priscos Latinos tunc esserum Genus, cum pastoritiam vitam agerent, et feræ, agrestiquè vita, legibus, et omni rerum affluentia, quæ illuc terra, mariq. importabantur à Iano, qui cultoris vitæ modum invenit, ex cultos denotaret. Se bene queste attioni sono da altri con qualche raggione più evidente attribuite à Saturno, come di sopra s'è detto.

Vi era anco il Tempio del Dio Sango, che come registra Livio, toccato fù dal fulmine assieme col Tempio d'Apolline, tanto narra nel riferire li prodigij di quell'Anno, Et Veliterni Apollinis, et Sangi Aedes. Chi fosse questo Sango sono diversi li pareri de' Scrittori. Sesto Pompeo vuole, che sia l'istesso che Hercole, dicendo, Gratia Herculi, aut Sanco, qui scilicet idem est Deus. Il Baronio è di pensiero, che sia il medesimo che Giove, come dimostra ne' suoi Annali, trattando di Simon Mago. L'Angelotti2 pensa, che Sango sia Sabo figlio di Saturno, chiamato ancora Hercole da' Greci, e da Catone, Sangus, e Sangnus, in lingua Etrusca, e Sabina è l'istesso, che Sanctus in lingua Latina, e che Saga in lingua Aramea, ch'altro non significa, che Sacerdote, e sacrificante, dice Sesto Pompeo. Viene autenticata questa oppinione da Catone, il quale parlando dell' [p. 93 modifica]origine de' Sabini, dice, Sabini à Sabo conditi Sabatio Sangni Gentili edito. Qual Sabo communemente da tutti s'afferma Figliolo di Saturno. Più espressamente Sigismondo Gelenio3 sopra il citato passo di Livio in vece di Apollinis, et Sangi Aedes, dice Apollinis, et Saturni. Et il Nardi Fiorentino4 conferma l'istesso; che dove il Testo Latino dice Sangi Aedes, registra, Il Tempio di Saturno, à cui li Velletrani alzarono questo Tempio per li beneficij da quello ricevuti, overo per essere stato Fondatore della Città, come di sopra s'è detto.

Vi stava ancora il Tempio d'Hercole, nel quale, essendo Consoli Lucio Cornelio Lentulo, e Publio Giulio Appulo, vi nacquero de' Capelli humani, Et in Herculis Æde Capillum enatum, registra Livio. Io non hò saputo penetrare quello, che di male, ò di bene appresso gl'Auguri portentava simil cosa, e perciò ne lascio la cura à più Virtuosi. Alzarono, come posso persuadermi, li nostri Velletrani il Tempio ad Hercole poco doppo, che dibellata la Spagna, passò per Sessa, e Sezze, come affermano li loro moderni Scrittori, facendo la strada di Velletri, se ne trascorse à Roma; dove per quiete de' Prencipi, li fù necessario di vincere Cacco ladrone5, che fuggito dalle Carceri di Tarconte Rè di Toscana6, andava predando gl'Armenti per la Campagna di Roma, e vicino à Velletri, come da Solino deduce l'Annio, il quale cosi registra, Caccus in Laberinthum, sivè Carcerem à Tarconte Turreniæ Rege convictus fuit, sed frustratus vincula et compedes, Campaniam et Loca proxima tenuit, atquè communivit. Anzi più sopra dice, Caccum præpotentem Campaniæ, atquè Regni Ducem. Questo Cacco era reputato Figliolo di Volcano, non già, perche cosi fosse, ma perche predando abbrugiava tutti li luoghi convicini. Alla fine fù da Hercole ucciso, ma preso (direi) nella Campagna di Velletri, per un luogo, che vi sta con una Fonte col nome Caccattera7, ch'altro non dinota, che Caccum tenens; onde li Velletrani liberati dalla molestia d'un famoso ladrone gl'alzarono Tempio, et Altare, solite pazzie di quelli tempi. Tengono alcuni virtuosi, che questo Tempio d'Hercole sia hora la Chiesa di San Giovanni in Plagis8, distante dalla detta Fonte, un tiro di sasso. [p. 94 modifica]Bella metamorfosi d'un Hercole profano in un'Hercole sacro, e d'un'immondo in un Santo, et innocente. Una Statua d'Hercole molto bella, ma senza testa, fù ritrovata nella Contrada detta Colonnella, qual conserva tra l'altre antichità il Cavalier Teocrito Micheletti. Vicino all'istessa Fonte vi sta una Contrada chiamata Rijoli, nella quale si trovano alla giornata bellissime Antichità sotterranee con edificij rovinosi. Io intorno à questo non m'appago del senso di quelli, che pensano, che Rijoli venga detto da Ri Iolao9, il quale fù Nipote d'Hercole, Figlio d'Hipicleo, che, come scrive Diodoro, fù mandato in Sardegna con li Tospiadi à fondar nuove Colonie10, dove messe in pace quelli Popoli pur troppo discordi, et edificò molti Castelli; ma sono di parere, che fosse un luogo così chiamato da Iole moglie d'Hercole11, di cui narra Fenestella, che essendo stata veduta da Fauno Rè del Latio, ardentemente se n'accese, Nonnulli verò Iolem uxorem Herculis ab hoc Fauno visam, ac per ardorem libidinis concupitam asserunt12. Per gelosia di questa Iole, Dianira avvelenò Hercole con le proprie vesti, dice Diodoro, e forse li Velletrani, per far cosa grata ad Hercole, tennero ancor'in preggio questa sua Donna.

V'è stato il Tempio d'Apolline, che parimente fù percosso dal Fulmine, segno, che l'istesso falso Nume col Fulmine superstitiosamente consacrava à se stesso questo Tempio, con l'Altare à lui inalzato, e si faceva dalla cieca Gentilità follemente adorare; questo è il parere di Sesto Pompeo, Fulguritum id, quod est Fulmine ictum, qui locus statim fieri putabatur religiosus, quod eum Deus sibi dicasse videretur: onde non è da maravigliarsi se da' nostri Cittadini furono spediti Ambasciatori al Senato per dar raguaglio di questo, e d'altri prodigij. A questo Apolline facevano li Velletrani sacrificij cruenti, come si dirà altrove per una certa bella Antichità ritrovata.

Sopra tutti gli altri vi è stato un celebre, e famoso il Tempio di Marte; Tempio non solamente della Città, ma di tutta la Natione, e perciò ragionevolmente li Volsci furono stimati Martiali, e di Velletri si dice, Urbs Inclita Martis13. Stava questo Tempio vicino al Regal Palazzo di Metabo14, Rè [p. 95 modifica]de' Volsci, e Padre di Camilla, dove ben spesso egli con la Consorte faceva la residenza, et hoggi con nome corrotto è detto Metao, e Metano, e se ne vedono ancora li vestiggi. Se bene altri vogliono, che si debba dire Matano à Mactando, luogo dove si conducevano, et uccidevano le vittime da farsi à Marte, et è credibile, che simil luogo servisse à quelli ch'erano destinati al Ministerio del sacrificio di Marte, e che stasse vicino all'istesso Palazzo. Questo Marte dice il Casabuono, fù uno de' piu vigorosi, forti, e di migliore stomaco tra gl'altri Dei stimati da gl'antichi Romani, Fuerunt et Dii Romanorum tam bono stomaco, quam Mars Veliternus, e la raggione è questa, Nam his cruda, nedum semicruda exta data, etc.15 Narra Svetonio, ch'uno della Fameglia Octavia (non hò potuto trovare chi, nè di qual ramo fosse) sacrificando in questo Tempio, e non essendo per ancora compito il Sacrificio, fù assalita la Città da gl'inimici, egli coraggiosamente per salvezza della Patria, e suoi Cittadini, lasciò la Vittima incombusta, il Sacrificio, e Libami imperfetti, e senza punto badare alla Religione, che (benche falla) per tal parvenza si profanava, pronto, e veloce s'oppose a' nemici, e di quelli, ancorche numerosi, ne riportò subita, e gloriosa vittoria. Ritornò Ottavio senza dimora al Tempio per dar fine al sacrificio, ma lo ritrovò compito; cosa insolita, che in quelli giorni da supertitiosi Gentili fù riputata à grandissimo favore ricevuto da quel mentito Nume, mentre il lasciare il sacrificio per qualsivoglia caggione era abominevole, e di pessimo augurio. Questo Tempio si vede al presente consacrato à S. Clemente Papa, e Martire, come à Santo Tutelare, e Protettore, oriundo da Velletri della Fameglia Ottavia, per esser egli figlio di Faustino Ottavio; ma di questo Santo ne trattaremo più diffusamente altrove.

Poco lontano dalla Città stava il Tempio di Diana, così si tiene da' Curiosi, che vogliono fosse nel luogo chiamato Carrara, dovendosi dire con miglior vocabolo Cariara, che conforme all'espositione delle parole Hebree, suona Urbs Luna, Città della Luna; et in questo luogo vi si scorgono molti edificij antichi, ma destrutti, et il sito è posseduto dalla Fameglia Landi. Io stimo certamente, che in [p. 96 modifica]Velletri sieno stati altri più Tempij, de' quali non se ne trova memoria, perche il tempo ha divorato li Tempij, e li vestigij di quelli, et perciò il Lettore si contenterà delli di sopra accennati, e del possibile.

Note

  1. Alessandro Alessandri (1461-1523), archeologo e giurista, autore dell'opera Genialium dierum libri sex al cui libro IV si riferisce il Teoli.
  2. Pompeo Angelotti (1624-1667), cardinale ed autore di una Descrittione de la Città di Rieti, pubblicata nel 1635, al cui Capitolo VII si rifà il Teoli.
  3. Sigismund Gelenius (1498 - ?), fu un umanista ceco, traduttore dal greco delle opere di Dionigi di Alicarnasso, Giuseppe Flavio, Origene ed altri autori. L'opera a cui fa riferimento il Teoli è una traduzione annotata delle opere di Tito Livio.
  4. Iacopo Nardi (1476 - 1563), storico fiorentino seguace di Savonarola, l'opera a cui si riferisce il Teoli è la sua traduzione dal latino delle Storie di Tito Livio.
  5. Il personaggio mitologico di Caco, il quale rubò le greggi vinte da Ercole a Gerione e le nascose nel suo rifugio sull'Aventino, e per questo venne ucciso dallo stesso Ercole.
  6. Tarconte, personaggio mitologico etrusco, è detto fondatore di molte città dell'Etruria tra cui la più importante fu Tarquinia. Nell'Eneide è alleato di Enea contro il re etrusco Mezenzio.
  7. La zona detta Cacattera si trova poco al di fuori del centro abitato di Velletri.
  8. Questo edificio ospitava la Confraternita del Gonfalone, fino al 1807, quando venne chiuso per l'editto napoleonico che decretava la soppressione degli ordini religiosi, e venne destinato ad ospitare il cimitero cittadino.
  9. Nella mitologia, Iolao era figlio di Ificlo, fratello gemello di Ercole.
  10. Secondo l'autore Diodoro Siculo, Iolao fu inviato dallo stesso Ercole in Sardegna, per fondare nuove colonie insieme ad alcuni dei suoi figli avuti con le Tespiadi, ovvero le cinquanta figlie del re Tespio. Ancora adesso la tradizione vuole che Iolao sia sepolto in Sardegna.
  11. In realtà Iole fu la giovane a causa della quale Ercole fu ucciso da sua moglie Deianira, che gli fece indossare con l'inganno una pelle intrisa con il sangue del centauro Nesso. Prima della sua morte Ercole ordinò a suo figlio Illo di sposare la giovane Iole.
  12. Alcuni sostengono che Iole, sposa di Ercole, vista da Fauno, venisse da questi concupita a causa del desiderio carnale.
  13. Celebre città dedita a Marte.
  14. Metabo, secondo la narrazione di Virgilio, fu tiranno della città volsca di Priverno, da cui venne cacciato a causa della sua crudeltà.
  15. Tra gli Dei dei Romani nessuno più di Marte Veliterno fu di stomaco robusto [...] infatti ad esso venivano offerte viscere sia crude che semicrude.