Sulle frontiere del Far-West/CAPITOLO IX - La prateria in fiamme

CAPITOLO IX - La prateria in fiamme

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CAPITOLO IX.


La prateria in fiamme.


Tutta la notte la carovana marciò attraverso la prateria in direzione della Sierra Escalante, non fidandosi di tenersi nelle grandi bassure bagnate dall’Yampa, affluente del Colorado, frequentato troppo spesso dai cacciatori indiani.

Fra le montagne speravano di sfuggire meglio, non solo ai Chayennes, ma bensì anche agli Sioux, e di potersi, nel caso che venissero assaliti, difendere con maggiori probabilità di vittoria.

Ma il sole sorprese la carovana nella prateria. Le balze verdeggianti dell’Escalada erano ancora troppo lontane per chiedere ai cavalli, ormai troppo stanchi, uno sforzo così gigantesco da condurre i furgoni almeno in mezzo alle boscaglie.

Dopo un attento esame, il campo fu stabilito intorno ad un occhio, ossia ad uno stagno, sulle cui rive crescevano alcune piante del romice cariche di fiori candidissimi che possono fornire ai viaggiatori assetati un po’ d’acqua, e dei cactus a bocce, in forma d’alveari ed irti di spine.

I sei furgoni furono disposti in croce, le grandi tele furono alzate per dare aria e luce alle donne ed ai fanciulli, ed i cavalli vennero sbarazzati dalle briglie e dalle selle, perchè potessero liberamente pascolare e rimpinzarsi di erbe grasse e succolenti.

Mentre gli uomini strappavano intorno le piante secche, specialmente le jucche, per non provocare qualche disastroso incendio e le donne preparavano la colazione a base di frittelle di granturco condite con grasso d’orso e grossi pezzi di lardo fritti, il sergente, John ed Harry avevano fatta una punta verso il nord, spingendosi innanzi qualche miglio, per assicurarsi bene che in quella direzione non vi fossero già gli Sioux.

Dei Chayennes pel momento non si preoccupavano e neppure degli Arrapahoes, non dovendo mostrarsi che verso levante i primi e verso ponente i secondi.

— Se gli Sioux hanno vinto i volontari del colonnello, non terranno per ora che la via delle montagne, — disse l’indian-agent.

[p. 91 modifica]Già stavano per fare ritorno al campo, un po’ rassicurati, quando Harry, che cavalcava dinanzi a tutti, arrestò bruscamente il suo mustano tendendo la destra verso una linea grigiastra che era apparsa improvvisamente fra le altissime erbe che si stendevano in direzione dell’Yampa.

— Ehi, John, li vedi? — chiese.

— Toh!... — rispose l’indian-agent. — Una manada di bisonti!...

— Che salgono verso il nord, mentre dovrebbero emigrare, in questa stagione, verso il sud, — disse Harry, — Non trovi strano ciò, tu? —

L’indian-agent era rimasto silenzioso, profondamente colpito dall’osservazione del giovane scorridore della prateria.

Egli non ignorava, come cacciatore, che i grossi ruminanti due Volte all’anno intraprendono le loro lunghe emigrazioni: verso il sud durante la stagione fredda, e verso il nord durante i grandi calori che disseccano le immense praterie del Colorado, dell’Utah e dell’Arizona.

— Qualche imperioso motivo deve averli costretti a cambiare direzione, — disse finalmente.

— Hanno fiutato l’uomo rosso, il loro eterno nemico, — rispose Harry.

— Avete ragione, giovanotto, — disse il vecchio sergente. — Un bisonte non tornerebbe, in questa stagione, sui propri passi.

— Che qualche colonna di Chayennes abbia varcato l’Yampa?

— È probabile, Harry.... — rispose l’indian-agent.

Poi, volgendosi verso il vecchio sergente, gli disse:

— Volete un consiglio?

— Dite pure.

— Fate levare subito il campo.

— Ma gli animali sono in marcia da ieri sera.

— Chiederemo loro uno sforzo supremo fino ai pozzi di Mogallon.

— Che cosa sono?

— I pozzi di Mogallon mettono in una vecchia miniera di carbone, abbandonata da molti anni in seguito alle continue ostilità degl’indiani.

Io ho lavorato là dentro e conosco le gallerie.

— Dove si trovano?

— S’aprono dinanzi ai primi contrafforti della Sierra Escalada, ― rispose John.

— Avremo da camminare molto?

— Una mezza dozzina di leghe. —

Il vecchio sergente crollò il capo.

— Ah!... — esclamò. — Non so se i cavalli resisteranno tanto sotto i furgoni.

— Badate a me, non aspettate i Chayennes, i quali potrebbero [p. 92 modifica]giungere in buon numero e scotennarci tutti, mentre nei pozzi potremmo trovare degli ottimi rifugi.

— Tentiamo, — disse il sergente.

Rimisero i cavalli al galoppo e si spinsero verso l’accampamento.

Anche i fuggiaschi che erano rimasti intorno ai furgoni, si erano accorti dell’avanzarsi dei bisonti, e contando su una splendida cena, si preparavano a tentare l’isolamento di qualcuno di quei giganteschi ruminanti.

La manada, che pareva avesse attraversata la riviera di buon mattino, non era molto numerosa, non essendo ancora giunta l’epoca delle grosse emigrazioni, durante le quali, cinquant’anni or sono, non era raro il caso di vedere uniti tre o quattromila animali.

Si componeva di trecento e più capi di bestiame, fra maschi e femmine, seguìti, come sempre, da una vera orda di coyotes fra le quali si trovava anche qualche lupo nero.

Sembravano un po’ turbati, come se da un momento all’altro temessero la comparsa del nemico. Si fermavano qualche istante a brucare le erbe dette buffalo grass, che sono preferite da quegli animali; poi riprendevano le mosse, volgendo istintivamente la testa verso il sud, ossia in direzione della riviera.

Quello che aveva colpito soprattutto gli scorridori della prateria e l’indian-agent era la manovra dei maschi.

Invece di tenere la testa della manada, come era loro abitudine, tornavano di frequente indietro, e si soffermavano in coda alle femmine, fiutando più volte l’aria a diverse altezze e mandando dei muggiti cavernosi.

— Non sono affatto tranquilli, — disse Harry a John ed a Giorgio, mentre il sergente, dopo aver avuto un rapido colloquio cogli squatters, faceva levare rapidamente il campo, malgrado le proteste delle donne e dei bambini. — I bisonti non sono così stupidi come si crede e se non si trovano fra migliaia e migliaia di compagni, cercano sempre di sfuggire l’uomo rosso.

— Si vede, — rispose l’indian-agent. — Se però i cavalli resisteranno fino ai pozzi di Mogallon, noi troveremo dei rifugi splendidi che gl’Indiani non sapranno scovare. I Chayennes, d’altronde, devono essere ancora lontani, a mio parere.

— Pozzi profondi? — chiese Harry.

— Quelli della miniera? Sette od ottocento metri, con immense gallerie, quantunque troppo sovente inondate, — rispose John. — Di’ agl’Indiani che vengano a trovarci laggiù.

— Ed i furgoni? — domandò Giorgio.

— Gli squatters, credo, saranno abbastanza contenti di perdere i loro animali e le loro masserizie, pur di serbare le proprie capigliature e quelle delle loro mogli e dei bambini.

— Ed anche noi perderemo i nostri mustani, — disse Harry.

[p. 93 modifica]— Se vorrai, proverai a difenderli contro gl’Indiani, — rispose l’indian-agent, alzando le spalle. — Per parte mia preferisco salvare, pel momento, la mia pelle e trovarmi, più tardi, un altro cavallo. Le caballades sono ancora numerose nell’Utah e sfido qualunque vaqueros a servirsi del lazo meglio di me. Orsù, la carovana è pronta a riprendere le mosse. Un boccone di colazione e poi in marcia. —

Il campo era stato levato, però le donne dispensavano il pasto preparato agli uomini che ne facevano richiesta, prima di spegnere i fuochi.

Abituati a vivere come i minatori, i fuggiaschi in pochi minuti divorarono le tortillas fumanti ed il lardo fritto, poi tutti montarono a cavallo, mentre i pesanti furgoni, sempre cigolando e rumoreggiando, s’aprivano il passo fra le alte erbe.

I bisonti avevano già scorti gli uomini e siccome, per istinto, sapevano di aver egualmente da temere tanto dalla razza rossa quanto dalla bianca, si erano affrettati a deviare verso levante, forse coll’intenzione di rifugiarsi nelle pianure boscose.

Mezzodì era già trascorso e la carovana aveva percorso, piuttosto lentamente, un paio e più di leghe, quando John, che cavalcava a fianco del vecchio sergente, seguito dal gambusino e da Harry, mentre Giorgio si trovava alla retroguardia con alcuni squatters, si alzò bruscamente sulle staffe, fiutando replicatamente l’aria resa infuocata da un sole ardentissimo.

I furgoni attraversavano in quel momento gli estremi limiti della prateria settentrionale, ricchi di piante quasi secche, specialmente di sommachi e di artemisie.

— Harry, — chiese con voce un po’ alterata, volgendosi verso il giovane scorridore di prateria. — Vedi nulla, tu?

— Assolutamente nulla, almeno finora, John.

— Nessuna colonna di fumo?

— No.

— Fiuta bene, camerata. Io non devo ingannarmi. —

Nuvola Rossa, che aveva udito quelle domande e quelle risposte, si fece innanzi e disse:

— Odor di fumo: qualche cosa brucia nella prateria.

— Lo sentite anche voi? — chiese John.

— Sì.

— Il vento soffia dal sud, quindi il fuoco deve essere scoppiato verso il fiume.

Chi può averlo acceso? Gl’Indiani di certo.

— Non possono averci scoperti ancora, ― osservò Harry. — E poi tu sai quanto sono imprudenti: per accendere il loro calumet non badano a distruggere una foresta.

— Questo è vero: tuttavia, camerata, sono tutt’altro che tranquillo e vorrei essere già arrivato nei pressi della miniera.

[p. 94 modifica]— Mentre i cavalli sono finiti, — disse il vecchio sergente.

— Quando vedranno le fiamme, riprenderanno vigore.... — rispose John. — Amici, passiamo alla retroguardia e mandiamo dinanzi gli squatters a frustare le bestie.

Avremo ancora più di tre ore di marcia prima di raggiungere le boscaglie della Sierra. —

Sfilarono lungo i furgoni, incoraggiando i conduttori, le donne ed i fanciulli e raggiunsero Giorgio, mentre gli squatters, avvertiti del pericolo, correvano ad occuparsi dei cavalli i quali faticavano immensamente a trascinarsi dietro quei pesantissimi carri, anche perchè marciavano ormai sulla rolling-prairie, ossia sulla prateria ondulata.

L’odore perdurava, anzi diventava sempre più acuto; però all’orizzonte non si scorgeva alcuna colonna di fumo.

Forse l’incendio era scoppiato assai lontano e non essendovi in quelle praterie alture notevoli, il vento portava l’odore a grande distanza.

Tutti però erano assai inquieti e si alzavano sovente sulle staffe per abbracciare maggior orizzonte, aspettandosi, di momento in momento, di veder il cielo oscurarsi.

Passò un’altra ora, senza che nulla di straordinario accadesse, ma anche senza che l’odore cessasse.

I bisonti ormai erano scomparsi ed erano passati, a corsa furiosa, quasi a tiro di carabina; molte antilopi dalle corna forcute ed anche parecchie bande di coyotes. Tutti quegli animali venivano dal sud e risalivano verso il nord per rifugiarsi nelle pianure selvose, ricche di acque e quindi d’umidità.

Già il sergente stava per ordinare una breve sosta per non fiaccare completamente i cavalli, quando John, che forse aveva una vista più acuta degli altri, disse:

— Ecco il fuoco!... —

I cavalieri della retroguardia, impressionati sinistramente da quelle parole che potevano annunciare un disastro spaventevole, si erano vivamente voltati.

L’indian-agent non si era ingannato. Verso il sud s’avanzava come un immenso telone grigiastro il quale subiva, volta a volta, delle strane oscillazioni, come se dietro il vento infuriasse.

Si stendeva con rapidità fulminea e quello che più impressionava era che tendeva a formare come un immenso semicerchio, guadagnando il ponente ed il levante.

— Che cosa dite, sergente? — chiese John al comandante della stazione, il quale sembrava terrorizzato.

— Che degli uomini guidano quel fuoco, — rispose, dopo un breve silenzio, il vecchio.

[p. 95 modifica]— È anche il mio parere, — disse Harry. — Se non cambia direzione, noi avremo la ritirata tagliata da tre parti.

— A me basta che ci rimanga quella della miniera e della Sierra. Tutto dipende dalla resistenza dei cavalli che trainano i furgoni.

— E purtroppo di quelli dubito assai, — soggiunse il sergente.

— In caso disperato toglieremo i furgoni e porremo in sella le donne coi fanciulli, — rispose John. — Orsù, uno sforzo supremo amici: fra mezz’ora, se il vento non cambia direzione, avremo le fiamme alle spalle e la foresta è ancora lontana e forse.... —

Si era interrotto ed era diventato pallidissimo.

In lontananza si erano udite delle grida che si potevano scambiare per latrati, ma che gli uomini pratici della prateria dovevano subito conoscerne gli autori.

Il grido di guerra degl’Indiani, checchè si sia detto e scritto, non ha nulla di spaventoso. Quando l’uomo rosso carica, anche alla disperata, manda una serie di latrati strani che non si possono però confondere con quelli delle coyotes.

Soltanto all’ultimo momento urla e non sempre.

— Me li aspettavo!.... — esclamò John. — Quei vermi hanno incendiata la prateria dietro di noi per impedire di salvarci al di là della riviera ed ora ci attaccano sui fianchi. Camerati, coraggio!... Abbiamo i nostri rifles e le munizioni non ci mancano.

Sergente, occupatevi dei furgoni e voi Harry, Giorgio ed anche voi, gambusino, non vi separate da me. Resisteremo dove maggiore sarà il pericolo. —

Le grida di guerra degl’Indiani provenivano da due parti: da levante e da ponente.

I rossi guerrieri già dalla sera spiavano forse la carovana ed avevano prese le loro misure per chiuderla fra il fuoco, le lance, le scuri e le carabine ed opprimerla completamente prima che lasciasse la rolling-prairie.

Essendo le erbe altissime, non si scorgevano ancora, però non dovevano essere lontani. Precedevano l’incendio tenendosi, più che era loro possibile, nascosti, per dare, come era loro abitudine, un fulmineo attacco.

Grida terribili si erano frattanto alzate sui furgoni. Le donne strillavano, i bambini piangevano, gli squatters bestemmiavano e frustavano a sangue i disgraziati cavalli i quali, quantunque dovessero essersi ormai accorti che il fuoco li minacciava, non si sentivano più in grado di slanciarsi ad una corsa sfrenata.

— Temo che la finirà male, — disse l’indian-agent, guardando Harry. — Mi pare che questi uomini comincino a perdere la testa, prima ancora che si inizii il combattimento.

— Non li abbandoneremo, spero.

— Oh no, Harry: finchè potremo noi resisteremo, ma non scorderemo [p. 96 modifica]nel medesimo tempo che noi dobbiamo compiere una missione!

— Ho capito: finchè non echeggerà, il «si salvi chi può» terremo duro!... Ah, povere donne!...

— Non saranno esse che lasceranno le capigliature nelle mani degli Indiani.

Verranno però rapite.

— Non si sa ancora.... Eh!... Eccoli i vermi!... Corna di bisonte! Non credevo di vederne presto così tanti!...

A mille passi da loro, verso ponente, erano comparsi improvvisamente un centinaio e più di cavalli, bianchi gli uni, rossastri gli altri, con lunghissime criniere, coperti d’una semplice gualdrappa di panno azzurro.

Nessuno pareva che fosse montato, ma gli squatters e soprattutto gli scorridori della prateria conoscevano troppo l’abilita degl’Indiani nel guidare i loro cavalli, per lasciarsi ingannare.

Se famosi sono i Gauchos delle Pampas argentine, se meravigliosi sono i Cosacchi delle steppe del Don ed i Turcomanni dell’Asia, gli Indiani dell’America del nord non la cedono a nessuno.

Mentre tutti gli altri hanno bisogno di selle, di staffe, di speroni, di grossi morsi, i selvaggi figli del Far-West guidano i loro destrieri colle ginocchia e con un morso di legno, e con così scarsi mezzi domano i più irrequieti mustani delle praterie, rendendosene ben presto padroni assoluti.

Se non si scorgevano sui cento e più cavalli che s’avanzavano verso la carovana, non voleva dire che non ci fossero e che non si preparassero anche a dare un furioso attacco.

Approfittando dell’altezza delle erbe, quei demoni si erano come incrostati sui fianchi dei loro destrieri, in modo da tenersi completamente celati, e ciò per evitare i tiri a lunga distanza degli uomini bianchi, che sapevano, per esperienza, essere ben più abili di loro nel maneggio delle armi da fuoco.

Al momento opportuno non dovevano indugiare a montare sulle gualdrappe.

— Ehi, John, — disse Harry, il quale si ripiegava verso l’ultimo furgone. — Dobbiamo principiare? Il rifle comincia già a bruciarmi le mani.

— Ed anch’io ho una voglia pazza di dar fuoco ad alcune cartucce, — dichiarò Giorgio.

— Aspettate, amici, non sprechiamo le nostre munizioni contro i cavalli, — rispose John. — È vero che quando l’indiano è a terra non vale più che nei corpo a corpo. Corna d’alce!... Ecco gli altri che si mostrano!...

Il fuoco alle spalle e gl’Indiani ai fianchi!... Bella giornata!... —

Un’altra lunghissima fila di cavalli, anche quelli privi apparentemente [p. 99 modifica]dei loro cavalieri, si era mostrata pure all’improvviso dall’altra parte e s’avanzava a galoppo serrato, aprendosi impetuosamente il passo fra le erbe.

I pelli-rosse, come era loro abitudine, avevano preparato ai fuggiaschi un terribile agguato.

Accesa la prateria, dovevano essere risaliti verso il nord a corsa sfrenata, tenendosi fuori di vista, per attendere la carovana in un luogo stabilito, e così prenderla fra tre fuochi.

— Passiamo in testa ai furgoni!... — gridò John. — Impediamo a quei vermi di tagliarci anche l’ultima ritirata verso la Sierra....

Su camerati, lesti!... —

Sfilarono come un uragano sul fianco destro dei furgoni e raggiunsero il sergente il quale aveva radunato i suoi pochi volontari, appena una dozzina, per tentare, se fosse il caso, un contrattacco, mentre gli squatters s’occupavano dei cavalli.

La carovana fuggiva sotto una tempesta di frustate e le urla delle donne, ma non poteva ormai più sfuggire all’attacco delle due colonne indiane le quali non cessavano di avanzarsi.

— Siamo perduti, — disse il sergente a John.

— Non siamo ancora morti, — rispose il gigante, tanto per dire qualche cosa, poichè aveva ben compreso che la situazione stava per diventare disperata.

— È impossibile andare più innanzi. I cavalli stanno per cedere.

— Volete morire arrostiti? Il fuoco s’avanza sempre più rapido.

— Maledetti!... Hanno pensato a tutto per distruggerci completamente!... — gridò il vecchio.

— Coraggio, camerata!

— È lontana la miniera?

— Un’ora almeno.

— Tentiamo la resistenza.

— Sono tutti buoni tiratori i vostri uomini?

— Scavalcheranno molte di quelle canaglie, appena si mostreranno.

— Andate a dire agli squatters che anche le loro donne facciano fuoco.

Dobbiamo fare tutti qualche cosa per salvare la nostra pelle. —

Il sergente si era appena allontanato quando il gambusino, il quale teneva sempre dietro di sè la piccola indiana, spinse il proprio cavallo verso John.

— Volete un consiglio? — gli disse.

— Dite, — rispose il gigante.

— Abbiamo appena il tempo di salvarci. Lasciate che questa gente si levi d’impiccio come può.

— Abbandonarli?

— I nostri cavalli sono i soli che possano tentare la corsa e giungere alla miniera. Gli altri non ci giungeranno mai. —

[p. 100 modifica]John, invece di rispondere, levò il rifle e sparò un primo colpo, gridando:

— Sparate alla testa!... Montano in sella!... —

Nuvola Rossa bestemmiò qualche cosa fra i denti, poi si volse verso Minnehaha e la interrogò collo sguardo.

— Non sono i nostri, — disse la fanciulla.

— No, sono i Chayennes.

— Se ci prenderanno non correremo grande pericolo. Non sono i nostri alleati?

— Ma le palle che fra poco fischieranno non saranno nostre amiche, — rispose Nuvola Rossa.

— Non mi fanno paura.

— Allora restiamo finchè resterà questo dannato indian-agent. Quando se la vedrà brutta, si deciderà ad abbandonare questi stupidi alla loro sorte e noi gli staremo alle costole per strappargli i figli del colonnello.

— È quello che mia madre vuole.

— Tua madre vorrebbe anche la mia pelle, forse, — brontolò il capo dei Corvi, facendo un gesto d’ira. — Orsù, facciamo qualche cosa anche noi. —

In quel momento le prime fucilate scoppiavano, mescolandosi alle urla di guerra dei Chayennes.