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La torre campanaria si eleva a destra e nella stessa linea della facciata principale. Ha quindi la stessa disposizione del campanile della Cattedrale di Cagliari e, come questa, ha un lato che poggia sul muro laterale a sinistra e le finestre archiacute che aumentano d'ampiezza dal basso all'alto. Forse in origine esse erano adorne di trafori e di colonnine come le bifore e le trifore dei campanili toscani. Notevoli gli archetti ascendenti sopra le finestre del terzo ordine. Questi come gli altri di coronamento sotto la cuspide non sono più trilobati ma a tutto sesto.

Infine è da rilevarsi l'interno con pilastri di differenti forme e con arcate di diverse ampiezze. Nell'abside e nelle pareti sono traccie di affreschi, interessanti per le forme iconografiche e per la storia ecclesiastica.

Le finestrine sono a doppia strombatura, strette e terminanti superiormente con archiacuti delicatamente sagomati. ai di cui lati sono incisi intrecci geometrici e rose oltremodo eleganti. Esse costituiscono una nota gentilmente sobria fra la più originale e barbara decorazione.

Aggiunge non piccola attrattiva a questa chiesa il bel paramento in pietra arenaria giallognola, estratta dalle cave di Tiria, regione distante all'incirca un miglio dall'abitato.

I rilievi che succintamente abbiamo esposto. attestano dell'importanza di questa chiesa, tanto diversa dalle altre fino ad ora esaminate. I piani di essa dovettero modellarsi sulla Cattedrale di Cagliari, ma con tutto ciò non è da ritenersi un'imitazione pura e semplice, giacchè certe particolarità decorative non hanno riscontro nè in questa nè in alcun'altra chiesa medioevale di Sardegna. L'architetto che la disegnò e che la costrusse, dovette essere geniale artefice, nè sminuisce il merito suo l'aver preso per modello il Duomo di Cagliari, il che forse gli venne imposto nell'ordinazione.

Alla sua dipendenza egli per l'ornamentazione dovette avere un artista educato non alla classica bellezza delle decorazioni toscane, ma alle barbare rappresentazioni scultoriche delle chiese dell'Alta Italia, se pur non ci troviamo davanti a qualche artefice locale di fervida fantasia che con indocile scalpello profuse le più strane e puerili rappresentazioni, facilitato in quest'esuberanza dall'arenaria, che facilmente si presta alle più delicate ornamentazioni.

Il nome dell'architetto della Chiesa di S. Pantaleo ci è sconosciuto. nè le due iscrizioni che sono incise su pietre inserite nelle pareti esterne, diffondono maggior luce sulle origini dell'edificio.