Rime varie (Alfieri, 1912)/L'America libera, odi/Ode prima: differenze tra le versioni

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Ode prima

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L' America libera, odi L'America libera, odi - Ode seconda

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Ode prima.1

Accenna le cagioni della guerra.

I.

Qual odo io suono di guerriera tromba
Dell’oceàno immenso

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Di là dalle non pria2 navigate onde?
Qual di fischianti strali nuvol denso?
Qual eneo3 tuon rimbomba?
6Cagion non v’ha ch’or tanto sangue inonde
Quelle innocenti sponde,
Ove di leggi sacrosante all’ombra
Gente crescea secura ancor che ricca,
Cui felice aura spicca4
11Dal mal che nostra Europa tutta ingombra.5
Chi la pace ne sgombra?6
Qual rio furor, qual crudo
Empio pensier turba unïon sí bella?
Ira di Re d’ogni bell’arte ignudo,7
Ministri infidi, e cupidigia fella.

II.


O Dea verace,8 che le spiagge amene
Che il mar d’Ausonia bagna

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Festi già sovra ogni altre un dí beate:
Tu, cui piú mai non vide, e in van sen lagna,
L’Italia, che in catene
6Abborrite e sofferte indi mertate9
Tragge sua lunga etate:
Tu, che (colpa di noi) tanti anni e tanti
Del globo fuor, forse in miglior pianeta,
Stanza avevi piú lieta;
11Quindi fra il sangue e le discordie e i pianti
Di plebe appressa, e i canti
Degli oppressori, e gli aspri
Tra’ re pel regno tradimenti infami,
In Albïon scendevi: or fa’ ch’io innaspri
Sí il dir, che vero e libero si chiami.10

III.


Angli, a voi nulla il vostro onor piú cale?
Voi che a sí lunga prova
Già intendeste che fosse libertate,
Di voglie ingiuste ed assolute a prova11
Schiavi or vi fate? E quale
6Tuonar tra voi potría piú in securtade,
Di piú timor s’invade;
E di regio oro e d’onor vili il veggio
Pingue piú ch’altri, e piú assetato e carco,
E di virtú piú scarco. — 12
11Ma donde mai, donde virtude io chieggio?
Tra’ grandi ebbe mai seggio? —
Voi di men nobil schiera,
Scelti orator da liberi suffragi,
Deh! fate almen che libertà non pèra:
Per voi sien chiare or le regali ambagi.13

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IV.


Ma e con chi parlo? Aura di corte in voi
Già ad ammorbarvi scese:
Già d’esser primi degli stolti agli occhi,
Ultimi ai vostri, alto desío vi prese,
Né vi lasciò ma’ poi.
6Né fia che a voi verace laude or tocchi,
Perché alcun forse scocchi
Liberi detti nel consesso augusto:14
Son esca i detti al comprator, che in cerca
Va di qual men si merca.15
11Ma ai tanti rei se non si oppone un giusto,
Sperar dunque robusto
Schietto da voi consiglio
È uno sperar da morta arbore16 frutto. —
Tu solo omai, di libertade figlio,
Popol nocchier,17 tu resti: e in te sta il tutto.

V.


Che dico? ahi lasso! e tu neppur rimani;
Che tu, dai guasti guasto,
Venduto hai te co’ liberi tuoi voti;
E in crapole bagordi ebbrezze pasto,18
Qual piú allarga le mani
6A satollarti, per tuo eletto il noti. — 19
O preda di despòti,20
Gente in tuo cor serva omai tutta, or sei
Quella, che tôrre iniqua altrui vorresti
Libertà che ti svesti?21
11Pieni per te di dolorosi omèi22
Traggon lor giorni rei
Gli American tuoi figli?....
Tuoi, quand’ebberti madre:23 or sei madrigna.

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Che lacci e morte ed onta e rei perigli
Già il sest’anno24 minacci a lor maligna.

VI.


Verso là dove in mar le ardenti ruote
Nell’ultimo occidente
Febo stanco di noi rapido spinge,25
Le tiranniche prore26 arditamente
Squarcian l’onde a lor note:
6Teti di bianca spuma si dipinge;
Ed a gemer l’astringe
Della mobil foresta27 immane il pondo.
Non Serse là sí grave oltraggio, o Dea,
De’ ponti suoi ti fea,
11Quand’ei menava a strugger Grecia il mondo.28
Né il fato piú secondo
Ch’egli ebbe, or s’abbian questi
Del barbarico Re piú rei di tanto,
Che lor non muove gloria; e a dar son presti
Per oro pace, e pel guadagno il vanto.29

VII.


Va’ dunque, approda, o sconsigliato stuolo30
Di mercatori armati.
Vediam se il lucro in tua ragion si ascrive,
Se i mal compri Tedeschi tuoi soldati
Valor ti danno a nolo:
6Vediam, vostre armi d’ogni vita prive
Contro le altrui ben vive,
Quanto, ancor che in piú copia,31 possan oggi.

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Ecco afferrato il porto: e già discende
Marte con l’armi orrende;
11E scorre i campi, e i fiumi varca e i poggi;
E d’ogni ostel fa alloggi.
Ma che perciò? vegg’io
Tremar quei prodi o sbigottir? Dolenti
Li veggio ben, ma impavidi: lor Dio
È libertà: non fieno in lei32 vincenti?

VIII.


Ogni bifolco in pro’33 guerrier converso
Per la gran causa io miro;
E la rustica marra e il vomer farsi
Lucido brando, che rotante in giro
Negli oppressor fia immerso.34
6Già del piú debil sesso io veggio armarsi35

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E a vicenda esortarsi
Nuove d’Euròta abitatrici ardite;
Altre ai figli, ai mariti incender l’alme;
Altre portar le salme:
11Vedove, no, non veggio a brun vestite;
Che le ben spese vite
Non piangon elle. Or fia
Che virtú tanta a ignavia tal soggiaccia?
No: che dall’Euro spinta ivi s’avvia
Nube di guerra che i fellon minaccia.36


Note

  1. Questa prima ode ha nell’autografo la data: «19 dicembre 1781»: alla strofe quinta è la data del giorno successivo, ripetuta alla fine; mancano al principio i versi di Dante. Essa è, come tutte le seguenti, meno la terza, di otto strofe, cosí disposte: A b C B a C c D E e D d f G F G.
    A ben intendere questa specie di poemetto dell’A., è necessario riandare brevemente la storia della guerra d’indipendenza americana. Lunga e tenace era stata la lotta che, per tutto il sec. xvii e xviii, l’Inghilterra aveva sostenuta nelle Indie contro la Francia, poiché ambedue aspiravano alla supremazia di quella regione. La campagna, condotta nell’ultimo tempo dal governatore Lord Mornington, e nella quale si illustrò Arturo Wellesley, che sarebbe stato piú tardi il duca di Wellington, si chiuse con la vittoria dell’Inghilterra. Alla quale, per altro, il vincere costò caro, sicché dové indebitarsi e pensò di imporre nuove tasse alle colonie americane. Nel marzo del 1765 Lord Grenville propose, e il Parlamento approvò, la legge sul bollo la quale stabiliva che «gli Americani non potessero effettuare tra di loro nessun traffico, nessun baratto del patrimonio proprio, né comprare né dar via qualcosa, né riscuotere debiti, né sposarsi, né far testamento, se non facessero stendere gli atti richiesti in carta bollata». (Ern. Hopp, Gli S. U. dell’America nordica, Milano, Soc. ed. libr., 235). Contro questa legge insorse Boston, seguita da altre città e da intere regioni, e nel giugno del ’65 il Massachussetts spronò tutte le colonie ad inviare nell’autunno seguente rappresentanti ad un Congresso generale che si sarebbe tenuto a Nuova-York, per intendersi e provvedere intorno ad una comune difesa delle libertà coloniali contro l’Inghilterra. E, poiché le dimostrazioni pacifiche non servivano a nulla, i coloni della Virginia dettero il segnale di una piú energica resistenza fondando «la Lega dei Figli della Libertà». Guglielmo Pitt, salito al potere in Inghilterra, revocò l’odiata legge, ma ormai l’accenno della rivolta era dato, gli Americani confermarono le loro alleanze e, in un’assemblea tenuta a Boston nel 1769, stabilirono di vietare l’approdo alle navi mercantili inglesi. Lord North, per impedire danni maggiori, revocò tutte le imposte, meno quella sul thé; ma i coloni favorirono il contrabbando degli Olandesi e rifiutarono il thè britannico, di cui 340 casse furono a Boston gettate in mare. Di piú, il 6 luglio 1775, tredici colonie, in un Congresso generale che si radunò a Filadelfia, proclamarono il proprio diritto alla vita, alla proprietà, alla libertà, e inviarono al re Giorgio III un indirizzo del medesimo tòno. Le tredici colonie furono dichiarate ribelli e la guerra fu incominciata.
  2. I. 3. Non pria, significa per lungo tempo, per secoli e secoli, cioè prima della scoperta del Nuovo Mondo. Nella ediz. di Kehl è notata la seg. variante:
    Di là dalle già un dí proibit’onde?
  3. 5. Eneo, di bronzo (lat. ahenus), i cannoni.
  4. 10. Spicca, divide, separa.
  5. 11. Ricorda l’espressione dantesca (Purg., XX, 43 segg.):
    Io fui radice della mala pianta
    Che la terra cristiana tutta aduggia...
  6. 12. Ne sgombra, ne toglie, ne ruba.
  7. 15. Il re qui accennato, ignudo, privo di ogni retta intenzione, è Giorgio III d’Inghilterra.
  8. II. 1. La Dea verace invocata in questa strofe è la Libertà, invocata con simile linguaggio dal Foscolo nella 1ª strofe dell’ode A Bonaparte liberatore.
  9. 6. Intendasi: gli Italiani odiano le loro catene, ma le tollerano e quindi le meritano.
  10. 11-16. L’A. allude alla Rivoluzione inglese cominciatasi nel 1603, terminata nel 1668 e che ebbe il suo culmine nel «Lungo Parlamento» durato dal 1640 al 1660; in esso, come è noto, la Corona fu spogliata delle sue prerogative piú importanti, che la Camera democratica avocò a sé, come proprii diritti. — Gli aspri Tra’ re pel regno tradimenti infami, brutti versi che significano: per gli aspri e infami tradimenti compiuti da’ re a danno di altri re per l’acquisto e la conservazione del regno. — Albione è l’Inghilterra. Inaspri: Dante, in una delle Canzoni pietrose:
    Cosí nel mio parlar voglio esser aspro.
  11. III. 4. A prora, a gara.
  12. 5-10. L’A. allude ai Lords, che, per la loro condizione, avrebbero potuto con maggior libertà sostenere la causa della giustizia.
  13. 13-16. I componenti la Camera dei Pari, di elezione popolare. — Le regali ambagi, le tortuosità della politica di Giorgio III.
  14. IV. 7-8. Perché, benché. — Scocchi, lasci uscire dal suo labbro: Dante (Purg., VI, 130 e segg.):
    Molti han giustizia in cor, ma tardi scocca,
    Per non venir, senza consiglio, all’arco...
  15. 10. Si merca, si paga.
  16. 14. Arbore è qui femminile come in latino (arbor) e come spesso nella poesia italiana.
  17. 16. Il popol nocchiero è quello della Gran Brettagna.
  18. V, 4. Pasto, pascendoti, alla lat. Var:
    e piú assetato dopo l’ebro pasto.
  19. 5-6. Tu eleggi chi piú largamente paga il tuo vóto.
  20. 7. Despòti, non bella variazione di accento, in grazia della rima.
  21. 10. Che ti svesti, che abbandoni.
  22. 11. Omèi, lamenti, come nel son. Apollo, tu, le cui saette aurate.
  23. 14. Il vocabolo madre, si riferisce al nome gente del v. ottavo.
  24. 16. Già il sest’anno.... Il 1775 - se lo ricordi il lettore - è l’anno del Congresso generale di Filadelfia da cui può dirsi abbia avuto principio la guerra.
  25. VI. 1-3. Il Petrarca (Rime, IV):
    Ne la stagion che il ciel rapido inchina
    Verso occidente e che ’l dí nostro vola
    A gente che di là forse l’aspetta...
  26. 4. Le tiranniche prore, le navi inglesi.
  27. 8. La mobil foresta: reminiscenza, forse, dei primi versi del carme di Catullo Per le nozze di Peleo e di Tetide:
    Peliaco quondam prognatae vertice pinus
    Dicuntur liquidas Neptuni nasse per undas...
  28. 9-11. Il Petrarca (Rime, XXVIII):
    Pon mente al temerario ardir di Xerse
    Che fece, per calcare i nostri liti,
    Di novi ponti oltraggio a la marina....
  29. 12-16. Questi Britanni, intende l’A., tanto piú rei di Serse, perché non mossi da alcun desiderio di gloria, non abbian sorte migliore di lui. Il vanto, nel significato di reputazione, fama.
  30. VII. 1-8. L’Inghilterra, al rompere delle ostilità con le colonie americane, chiese aiuto da tutte le parti e i príncipi di Assia, di Brunswich e di alcuni altri minori Stati germanici, inviarono soldatesche: «nel che», osserva il Botta (Storia della guerra d’indipendenza degli S. U. d’America, Milano, Ferrasio, 1819, II, 227) «tanto maggior contento provarono [i Britanni] che, siccome questi uomini tedeschi poco s’intendono di libertà, o di non libertà, e parlando eziandio una diversa lingua, poco si poteva temere che potessero essere svolti dalle diceríe e dagli incentivi degli Americani». Questi mercenarii furon pagati in ragione di 30 talleri per ogni colono che avessero ucciso, e la stessa somma fu stabilita per tre coloni che fossero stati semplicemente storpiati. L’infamia di questi patti esasperò sí fattamente l’animo dei confederati che senz’altro 13 colonie proclamarono la loro indipendenza prendendo il nome di S. U. d’America; Tommaso Jefferson annunciò il fatto al mondo intero con un proclama. — I mal compri Tedeschi tuoi soldati Valor ti danno a nolo, ricorda il petrarchesco (Rime, CXXVIII):
    ...... ’n disparte
    Cercar gente e gradire
    Che sparga ’l sangue e venda l’alma a prezzo?
  31. [p. 60 modifica]8. In piú copia, in maggior quantità.
  32. 16. In lei, nel suo nome.
  33. VIII. 1. Pro’, prode.
  34. 3-5. Virgilio (Eneide, VII, 635 segg.):
    Vomeris huc et falcis honos, huc omnis aratri
    Cessit amor: recoquunt patrios fornacibus enses.
  35. 6. Le abitatrici d’Eurota son le donne di Sparta: dello straordinario valore delle caroliniane cosí scrive il Botta, al cap. 12° del libro IV della sua storia: «Non solo non tenevano a male, ma e si rallegravano e si gloriavano all’essere chiamate col nome di donne ribelli. Invece di andarsene per le adunate pubbliche, dove si facevano le feste ed i rallegramenti, concorrevano a bordo delle navi, ed in altri luoghi, in cui erano tenuti prigioni i consorti loro, i figliuoli e gli amici, e quivi con modi pieni di cortesia gli consolavano e riconfortavano..... Allorché i conquistatori nelle festevoli brigate convenivano, non era mai, che volessero le Caroliniane intervenirvi, e quelle poche, che sí facevano, n’erano presso le altre disgraziate. Ma come prima arrivava prigioniero in Charlestown un uffiziale d’America, tosto il ricercavano, e con ogni sorta di piú onesta cortesia e con ogni segno d’osservanza e di rispetto il proseguivano.... Nel prender l’ultimo congedo dai padri, dai figliuoli, dai fratelli, dagli sposi loro, non che alcun segno dessero della fralezza, non so se nel presente caso io mi debba dire meglio maschile, o femminile, gli esortavano e scongiuravano fossero di buono e saldo proponimento, non cedessero alla fortuna, e non sofferissero, che l’amore, che portavano alle famiglie lontane, tanto in essi potesse, che dimenticassero quello, di ch’erano alla patria debitori...».
  36. 16. L’espressione nube, turbine di guerra è di quelle care al Filicaia, sulle canzoni del quale l’A. modellò, in parte, queste sue odi: cosí in quella Per la vittoria degli Imperiali e dei Polacchi sopra l’esercito turco:
    Si crederon quegli empi
    Con ruinoso turbine di guerra
    Abbatter torri, e tempi....