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30 rime varie


IV.


Ma e con chi parlo? Aura di corte in voi
Già ad ammorbarvi scese:
Già d’esser primi degli stolti agli occhi,
Ultimi ai vostri, alto desío vi prese,
Né vi lasciò ma’ poi.
6Né fia che a voi verace laude or tocchi,
Perché alcun forse scocchi
Liberi detti nel consesso augusto:1
Son esca i detti al comprator, che in cerca
Va di qual men si merca.2
11Ma ai tanti rei se non si oppone un giusto,
Sperar dunque robusto
Schietto da voi consiglio
È uno sperar da morta arbore3 frutto. —
Tu solo omai, di libertade figlio,
Popol nocchier,4 tu resti: e in te sta il tutto.

V.


Che dico? ahi lasso! e tu neppur rimani;
Che tu, dai guasti guasto,
Venduto hai te co’ liberi tuoi voti;
E in crapole bagordi ebbrezze pasto,5
Qual piú allarga le mani
6A satollarti, per tuo eletto il noti. — 6
O preda di despòti,7
Gente in tuo cor serva omai tutta, or sei
Quella, che tôrre iniqua altrui vorresti
Libertà che ti svesti?8
11Pieni per te di dolorosi omèi9
Traggon lor giorni rei
Gli American tuoi figli?....
Tuoi, quand’ebberti madre:10 or sei madrigna.


  1. IV. 7-8. Perché, benché. — Scocchi, lasci uscire dal suo labbro: Dante (Purg., VI, 130 e segg.):
    Molti han giustizia in cor, ma tardi scocca,
    Per non venir, senza consiglio, all’arco...
  2. 10. Si merca, si paga.
  3. 14. Arbore é qui femminile come in latino (arbor) e come spesso nella poesia italiana.
  4. 16. Il popol nocchiero è quello della Gran Brettagna.
  5. V, 4. Pasto, pascendoti, alla lat. Var:
    e piú assetato dopo l’ebro pasto.
  6. 5-6. Tu eleggi chi piú largamente paga il tuo vóto.
  7. 7. Despòti, non bella variazione di accento, in grazia della rima.
  8. 10. Che ti svesti, che abbandoni.
  9. 11. Omèi, lamenti, come nel son. Apollo, tu, le cui saette aurate.
  10. 14. Il vocabolo madre, si riferisce al nome gente del v. ottavo.