Specchio di vera penitenza/Trattato della superbia/Capitolo quinto

Trattato della superbia - Capitolo quinto

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Trattato della superbia - Capitolo quinto
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CAPITOLO QUINTO.


Dove si dimostra la gravezza della superbia, e la molta sua offensione; e come Iddio l'ha in odio.


La quinta cosa che si dee dire della superbia, si è della sua gravezza, e della molta sua offensione. Mostrasi la gravezza della superbia per tanto, che, come dice santo Agostino, sponendo quella parola dell’Ecclesiastico: Initium superbioe apostatare a Deo; quoniam ab eo qui fecit illum, recessit [p. 205 modifica]cor eius. Non è maggiore peccato ch’apostatare da Dio; chè ciò fa fare il vizio della superbia. Apostatare è propiamente partirsi dalla Religione, e non volere essere suggetto e obbediente alla regola ch’altri ha promesso: così fa la superbia, che non vuole osservare gli ordinamenti della cristiana religione, né essere soggetta alla volontà di Dio, la quale è la regola secondo la quale si dee vivere; anzi spregia Iddio e’ suoi comandamenti. E però è detto el vizio della superbia gravissimo sopra tutti gli altri: chè, dove gli altri peccati si commettono o per ignoranza o per negligenza o per fragilità o per concupiscenza, che fanno partire l’anima da Dio, la superbia si parte da Dio, però che non vuole essere soggetta alla volontà sua; e così spregia Iddio e’ suoi comandamenti: al quale dispregio séguitano poi tutti gli altri peccati. E però l’ha Iddio in gran dispiacere. Onde dice per Amos profeta: Detestor ego superbiam: Io ho in abbominazione e in dispiacere la superbia; e nei Proverbi di Salamone dice: Io ho in odio l’arroganza e la superbia. E non è da maravigliare se Iddio l’ha in odio, però che, come dice Boezio: Tutti gli altri vizi fuggono da Dio; solo la superbia si oppone contro a Dio, resistendo alla volontà sua. Per la quale cosa1 dice santo Iacob: Deus superbis resistit: humilibus autem dat gratiam: Iddio resiste a’ superbi, ma a gli umili dà la grazia. E ciò fa Iddio ragionevolmente e giustamente; con ciò sia cosa ch’ e’ superbi offendono la divina maestà e la sua signoria, alla quale tutte le cose obbediscono e sono suggette; se non solo il peccatore superbo, il quale non vuole essere soggetto a Dio, e però ha in odio la sua signoria, e così non vorrebbe che Iddio fosse Signore. Onde il Salmista dice de’ superbi: Superbia eorum qui te oderunt, ascendit semper: La superbia di coloro che t’hanno in odio, dice il Profeta parlando a Dio, sempre sale. La qual parola esponendo san Bernardo, dice: [p. 206 modifica]A tanto conduce la maledetta superbia l’uomo, ch’egli ha in odio Iddio, e non vorrebbe che Iddio fosse Signore. Anche conduce la superbia l’uomo a tanta stoltizia, che vuole essere somigliante a Dio; come dicea quel primo superbo: Similis ero Altissimo: Io sarò somigliante2 all’altissimo Iddio. Vuole l’uomo superbo esser simile a Dio; chè come Iddio è sopra tutte le cose e a niuna3 cosa è suggetto, così l’uomo superbo vuole soprastare a tutti, e a niuno vuole essere sottomesso. E non solamente basta al superbo voler essere equale a Dio, ma ancora si leva sopra a Dio. Così dice san Bernardo, esponendo quella parola che san Paolo dice d’Anticristo: Qui extollitur et adversatur supra omne quod dicitur Deus: Ogni superbo si leva contro a Dio, o vero sopra Iddio:4 e pruovalo. Iddio, dic’egli, vuole che si faccia la sua volontade; e così vuole l’uomo superbo: ecco che vuole essere equale a Dio. E vuole essere sopra a Dio: chè Dio vuole che la volontà sua si faccia nelle cose giuste e ragionevoli: e ’l superbo vuole che la volontà sua si faccia eziandio nelle cose ingiuste e sconvenevoli, e in quelle cose che sono contro a Dio. Ragionevolmente si dice dell’uomo superbo quello che d’Anticristo: Extolitur et adversatur, e quello che séguita: Egli si leva sopra Dio, ed è avversario e contrario a Dio. Ancora il superbo fa ingiuria a Dio; ch’egli s’ingegna di tôrgli quello che Dio spezialmente si riserba; il quale dice per lo Profeta: Gloriam meam alteri non dabo: Io non darò la gloria mia, dice Iddio, ad alcuno.5 E san Paolo dice: Soli Deo honor et gloria: Solamente a Dio6 si dee dare l’onore e la gloria. Contro a ciò fa il superbo, in [p. 207 modifica]quanto vuole essere onorato; e la gloria che Dio dice che non dà altrui, el superbo dice: E io la mi tôrrò. La qual cosa fa quando dell’opere sue vanamente si loda e gloria, e desidera d’esserne lodato dalla gente; ch’ è tôrre l’onore e la gloria ch’ è propia di Dio. Onde san Gregorio, nel libro de’ Morali, dice: Colui che loda quello ch’egli fa, e attribuisce a sé quello ch’egli adopera,7 si conviene che niega la gloria di Dio, e pare che questo cotale faccia guerra a Dio coll’arme sue ch’egli gli ha date: e ciò interviene quando l’uomo di certi beni e grazie che Dio gli ha date più che a molti altri, se ne leva in superbia e vanaglóriasene; dond’8 e’ doverrebbe essere più umile, e servire a Dio, come conoscente e grato de’ servigi ricevuti. Così dice la Chiosa sopra quella parola di Santo Iob: Tetendit adversus Deum erecto collo: Il superbo prende cagione di fare guerra a Dio donde dovea prendere materia d’umilmente servirlo. Per le molte offese ch’ e’ superbi fanno a Dio, e’ gli ha9 in odio: e come eglino spregiano Iddio, così egli spregia loro. Segno di ciò si è, che spesse volte egli gli abbatte, e toglie loro lo stato e la signoria, eziandio in questa vita, come a disutili e indegni; e pone in luogo loro, e in loro dispetto e vergogna, persone povere e di vile condizione. Così dice el savio Ecclesiastico: Sedes ducum superborum evertit, et sedere fecit humiles pro eis: Iddio ha gittate per terra le sedie,10 cioè lo stato e la signoria de’ duci superbi, dove, indegnamente sedendo, reggevano; e ha fatto sedere nel luogo loro coloro che sono umili e dispetti e di bassa condizione. Anche in segno che Dio gli ha in dispetto e a vile, spesse volte gli perquote e abbatte con vili cose:11 [p. 208 modifica]come diviene alcuna volta quando alcuna persona nobile e di stato abbia ricevuta alcuna onta ingiuriosa o oltraggiosa villania da persona vile, non ne prende vendetta onorevole, o con le sue mani, avendo in dispetto la vile condizione, ma farànne fare vendetta per un suo fante12 con cosa fastidiosa e abbominevole, come sarebbe uno strofinácciolo, o un ventre pieno, e simili cose. Così fa Iddio de’ superbi, mostrando come egli gli abbia a vile: come dice santo Agostino delle piaghe colle quali Iddio percosse Faraone, re d’Egitto superbo, col popolo suo, spregiatori de’ suoi comandamenti. Poteva Iddio, dice santo Agostino, co’ leoni e cogli orsi domare e piagare il popolo superbo; ma volle fare colle rane, colle mosche e colle zanzare, acciò che con cose vilissime si domasse l’umana superbia. E se avviene ch’alcuna fiata voglia curare e sanare per sua benignitade gli uomini superbi, con vili strumenti13 o rimedi medicandogli, cura la loro infermità e la loro piaga: come dice san Gregorio, che Dio lascia l’uomo superbo, il quale, per alcune virtù o bontadi ch’egli abbia o che gli paia d’avere, si leva sovra gli altri,14 questo cotale lascia Iddio cadere in alcuno peccato vile e d’infamia, acciò che confuso e vituperato s’aumilii. E di ciò parla bene santo Isidoro, il qual dice nel libro del Sommo bene: Colui nel quale regna il vizio della superbia, e non si sente, cade nel vizio della lussuria della carne; e fa Iddio palese il suo peccato, acciò che la confusione e la ’nfamia del peccato brutto lo faccia risentire, chè prima era insensibile; e umilisi quegli che prima era superbo. Il qual detto esponendo san Tommaso nella Somma, dice: In ciò si dimostra quanto sia grave il peccato della superbia, che per correggerlo lo lascia Iddio [p. 209 modifica]cadere negli altri peccati gravi: come fa il savio medico, che per alcuna grave infermità lascia o fa lo ’nfermo cadere in una15 minore. E di ciò si potrebbono iscrivere molti essempli; de’ quali solo uno, per dire brieve, ne porremo qui.

Leggesi nella Vita de’ Santi Padri, che fu uno monaco, il quale, dimorato lungo tempo nel diserto in grande penitenzia e essercitato in molte virtudi,16 non avea quella umiltà che avere dovea coll’altre grandi virtudi; ma com’era in grande oppenione della gente, così era in sé medesimo, e tenevasi il maggiore degli altri. Ora, volendo Iddio umiliare la sua superbia, acciò che non perisse, permise che fosse tentato, e dalla tentazione vinto. Onde il diavolo si trasfigurò in abito e in figura d’una femmina giovane; e venendo di notte tempo alla cella di costui, cominciòssi a rammaricare molto dolorosamente della sua disavventura, dicendo com’ella era capitata in quel luogo diserto, e la notte oscura non le lasciava conoscere la diritta via; e ’l freddo grande, il quale mostrava con continuo tremito,17 l’affliggea; e la paura delle fiere salvatiche la sbigottia forte: e così, con lamentevoli voci e con lagrimosi sospiri dicendo il male suo, pregava il santo padre che non la lasciasse perire, e che per solo Iddio la ricevesse in qualche canto della sua cella. Mosso il santo padre a pietade e compassione di tanto cordoglio, prima aprì la finestra; e domandando d’appresso questa femmina diavolo, o questo diavolo femmina, della sua fortunosa condizione; e ella, vie più piangendo, dicendo la sua disavventura; alla fine aprì l’uscio e missela dentro. Dove richiesta se volesse mangiare e rispondendo di no, mostrava segni di grande freddura. Il [p. 210 modifica]santo padre raccese18 il fuoco: intorno al quale sedendo questa diavola, e egli appresso di lei, ora isbavìgliando, ora prostedendo19 le braccia, e mostrando le gambe e i piedi al fuoco, dicea con20 parole dolci e soavi di suo stato, e domandava lui quanto tempo era stato in quello diserto, e perché con tanta penitenzia s’affliggea; e colle parole, alquanto sorridendo, gittava inverso il servo di Dio un pudico isguardo; e parlando d’una cosa e d’altra parole piacevoli, come la diabolica malizia colla lingua femminile sapea acconciare, a poco a poco verso di lui si venía appressando; e toccando l’aspro mantello e la cocolla ruvida, ora le mani e le braccia, per la grande etade e per la lunga astinenza vizze e magre e fredde, porgeva le mani insino al petto e alla bianca barba. Averesti veduto quello male arrivato parere contento di ciò ch’ella facea e dicea, e aspettare ch’ella facesse ancora più innanzi. E non andando per tutte le parole,21 la innata concupiscienzia, che nella vecchia carne e nell’ossa aride era addormentata, si cominciò a svegliare; e la favilla quasi spenta si riaccese in fiamma; e le frigide membra, che come morte giacevano in prima, si risentirono con oltraggioso orgoglio.22 Il misero, combattuto dentro, e di fuori intorno intorno assediato, e non veggendo né ingegnandosi di vedere suo iscampo, come già preso e legato, s’arrendè; e consentendo di fare il peccato, istese le mani e le braccia per abbracciare quella figura fantastica: la quale súbito sparì, e più nolla rivide. Rimase costui confuso e scornato, e grande moltitudine di demonii su [p. 211 modifica]per la cella e intorno di lui, facendone beffe e strazio, dicevano: – O monaco, monaco, che poco è23 salivi in cielo, come se’ caduto e rovinato e vilmente abbatutto, chè volesti fare cosa che a uno dimonio24 non sofferse il quore di patire! Non potrai mai apparire tra gente né levare gli occhi a cielo. – Ritornando il monaco a sé medesimo, compunto e dolente, pianse e confessò il suo peccato, e Dio gli perdonò; e rimase umiliato, il quale prima era superbo, dicendo col Salmista: Humiliatus sun usquequaque, Domine; vivifica me secundum verbum tuum: Io sono umiliato da ogni parte; vivificami tu, Signore, secondo la tua parola. Non solamente ha Iddio a vile e in dispregio la superbia, ma egli l’ha in grande odio. Onde dice il savio Ecclesiastico: Odibilis est coram Deo et hominibus superbia: La superbia è odiosa a Dio e agli uomini. Ed è questo odio molto invecchiato; e però non agevolmente si placa25 o si toglie: chè come cominciò la superbia, incominciò l’odio di Dio contro a lei; come dicea quella santa donna Iudit: Superbi ab initio non placuerunt tibi; sed humilium et mansuetorum tibi placuit deprecatio. Parlando a Dio, dicea la donna santa: Infino al cominciamento del mondo, mai non ti piacquono i superbi; ma sempre ti piacque il priego degli umili e de’ mansueti. E avvegna che molte sieno le cagioni di questo odio, delle quali è già detto, tra l’altre è una speziale cagione: e questa è dessa,26 che il superbo non si vergogna del peccato suo; anzi, ch’è peggio, che spesse volte se ne vanta e loda; ch’ è una cosa che molto spiace a Dio. Onde santo Agostino dice: Niuna cosa dispiace tanto a Dio, [p. 212 modifica]quanto la testa alta dopo il peccato, del quale l'uomo si dovrebbe vergognare e umiliarsi.

Note

  1. Cosa non è nel Codice, nè in altre stampe che quella del 25.
  2. Ediz. 95 e 85: simile.
  3. L'edizione del primo secolo cambia molto spesso l'addiettivo niuno in veruno.
  4. Così, con la più antica stampa, il Salviati. L'impressione del 25 ha solo sopra Iddio, ed il Manoscritto soltanto contro a Dio. Il quale ancora così muta e compendia le parole che seguono; e pruovasi che Dio vuole che si faccia ec.
  5. Ediz. 95 e 85: ad altri.; 25: altrui.
  6. A Dio solo, gli editori più antichi e il Salviati.
  7. Il Testo: fa e adopera.
  8. Ediz. 95: dove.
  9. L'edizione antica ed il Codice: hagli.
  10. Plebejamente qui, e al principio del capitolo sesto, l'antica stampa: le siede.
  11. Faceva imprimere il Salviati, e gli accademici leggevano in altri Manoscritti: e batte con vili percosse.
  12. Ediz. 95: servo.
  13. Il Testo: stormenti.
  14. Men bene, a noi sembra che, co' suoi precessori, leggese il Salviati e scrivesse il copista delle Murate: si leva (o lieva) contro agli altri.
  15. Ediz. 95 e 85: in alcuna.
  16. Conobbero gli Accademici questa lezione, ch'è pur quella dei precedenti editori; conobbero ancora quest'altra: esercitazione di molte; e contuttociò diedero a imprimere: et esercitazione in molte ec.
  17. Ediz. 95 e 85: il quale dimostrava con grandissimo triemito.
  18. Accese, nelle stampe più antiche.
  19. Così nel Codice nostro. Anche per quel famoso verso di Dante,
    Ove lasciò li mal protesi nervi,
    troverebbe chi nei manoscritti cercasse, la variante sinonima: mal prostesi.
  20. Lo stesso aggiunge qui: lui; e invece di soavi ha suave.
  21. Andare per tutte le parole, per Dire o narrare le circostanze tutte e i minuti particolari di un fatto, è frase ben degna che i fraseologi ne faccian tesoro.
  22. Il Testo: con oltraggio orgoglioso.
  23. Perchè gli antichi scrivevano poche (onde gli editori del 25 stamparono poch'è), perciò il copista delle Murate e lo stampatore del primo secolo agevolmente scambiavanlo in poi che.
  24. Così, e non senza efficacia il Manoscritto; ma in tutte le stampe: un (o uno) di noi.
  25. Nel Testo: si pacifica.
  26. Così il Codice nostro; ed è varietà notevole per l'uso di questo pronome, benchè qui posto oziosamente.