Sotto il velame/L'altro viaggio/II
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II.
Il corto andare è il cammino della vita attiva o del mondo; l’altro viaggio è quello della vita contemplativa o di Deo. Virgilio guiderà Dante in questo viaggio dal passo della selva, cioè dell’Acheronte, al Letè: lo guiderà per l’oltremondo dell’espiazione e per quello della purgazione. Nel primo, Dante morrà di tre morti; alla tenebra, alla concupiscenza o alla carne, e al veleno o alla malizia. Questa divisione è nel secondo? Nel primo, Dante contemplerà gli effetti divini di tre disposizioni, di peccato attuale; dell’incontinenza, cioè, doppia, di concupiscibile e d’irascibile; della violenza o malizia con forza o bestialità, e della malizia con frode: contemplerà qualche cosa di simile anche nel secondo?
Quanto al primo quesito, il purgatorio di Dante ha in vero tre grandi parti: l’antipurgatorio, il vero purgatorio, il paradiso terrestre. Dopo la cornice della lussuria, v’ha una scala per la quale si ascende alla cima del santo monte. Sul “grado supremo„ Virgilio proclama Dante libero:1
libero, dritto e sano è tuo arbitrio.
Il limbo è chiamato “primo grado„2 e “cerchio superno„. Non è forse caso. Il fatto è che nel grado superno, là, è asserita la libertà dello arbitrio; nel primo grado o nel cerchio superno, qua, è il difetto di cotesta libertà. Dall’un grado si vede il sole che riluce in fronte; l’altro è tristo di tenebre. Qua è una foresta divina; là è una selva di spiriti spessi. Qua un fiume che cancella le colpe; là un fiume che è vita ai vivi, ma morte ai morti; un fiume qua d’innocenza, là di peccato. Oltre questo, sono gli occhi belli di Beatrice, è uno splendore “di viva luce eterna„, la sua seconda bellezza, il suo riso:3 oltre quello, oscurità e martòro. Questa parte del purgatorio è il contrario di quella parte dello inferno.4
La divisione mediana del purgatorio comprende sette cornici di anime che purgano le caligini del mondo,5 che risolvono le schiume della loro coscienza,6 che si mondano per tornar belle,7 che ristorano qualche difetto e ricompiono qualche negligenza e indugio,8 che si purgano e mondano, come è detto a ogni tratto; sì che al fine suona la voce, Beati mundo corde. Si tratta d’una macchia, o, come è anche detto con molta somiglianza, d’una cicatrice e quasi d’un rammendo.9 Questa macchia o cicatrice o caligine o schiuma, questo, insomma, residuo del peccato, è così spiegato: “C’è come un tatto dell’anima, quand’ella si attacca, mediante l’amore, ad alcune cose. Or quando pecca, aderisce ad alcune cose contro il lume della ragione e della legge divina... onde questo danno di lucentezza, proveniente da tale contatto, si chiama, metaforicamente, macchia dell’anima„.10 Questo è il pensiero di Dante, che fa le colpe, cioè le macchie di queste anime derivare da amore,11 cioè da una conversione, non perciò da malizia. Or poichè la conversione è più propria dei peccati carnali, così in certo modo tutta questa parte del purgatorio è carne; tanto più che ombra dai dottori è sostituita, in tali metafore, a macchia;12 e ombra dice Dante quella della carne. E l’antipurgatorio è di anime che si rivolsero a Dio nell’ultimo della vita; e furono quindi sino allora averse da Dio; sì che sono simili a quei peccatori dell’inferno nel cui peccato predominò l’aversione, ossia ai peccatori di malizia. Quindi anche nel purgatorio si puo riscontrare in certo modo questa divisione triplice: veleno, però cacciato; ombra della carne, che sta per isvanire, tenebra, ma al tutto fugata.
Quanto alle tre disposizioni del peccato attuale, bisogna cercarle nel vero purgatorio, e non nel suo, per così dire, vestibolo, e molto meno nella sua uscita luminosa; come nell’inferno non è peccato attuale nel vestibolo e nel limbo. Nel vero purgatorio, che ha sette cornici per sette peccati, c’è questa triplice disposizione? C’è sì una triplice divisione; ma non combacia con quella. È di amore che può errare13
per malo obbietto,
o per troppo o per poco di vigore.
Malizia, bestialità, incontinenza non corrispondono a questo triplice errore, se non nel numero di tre. Ma osserviamo che nell’inferno la divisione Aristotelica non si svolge in modo da creare una simmetria nell’ordine dei cerchi, così che, per esempio, la malizia abbia lo stesso numero di cerchi che l’incontinenza o la bestialità; mentre la distinzione platonica del purgatorio fa che l’errore di amore per troppo abbia lo stesso numero di cornici che l’errore per male obbietto, e quello per poco stia nel mezzo tra i primi e i secondi. Ora nell’inferno la divisione Aristotelica è preceduta da un’altra, ispirata da Cicerone; ed è questa: la malizia è triplice, con forza, con frode, con tradimento. La bestialità è fatta uguale alla prima specie di malizia. La incontinenza, che poi si aggiunge, è detta essere di quattro ordini di peccatori, così nominati:14
quei della palude pingue,
che porta il vento, che batte la pioggia
e che s’incontran con sì aspre lingue.
E nel modo di questo novero e per tante altre ragioni si vede che l’incontinenza è dichiarata dal poeta come di due specie: di concupiscibile e d’irascibile. Prendendo questa nuova divisione, che equivale a quella di Aristotele, abbiamo dunque: malizia triplice, incontinenza duplice. L’incontinenza duplice comprende tre cerchi di concupiscenza e uno di irascibile. Or dunque incontinenza triplice di concupiscibile, incontinenza d’irascibile, malizia triplice si riscontrano con la partizione del purgatorio, che è di triplice errore per troppo di vigore, unico per poco, triplice per malo obbietto? L’incontinenza prima è disordine nell’appetito concupiscibile; la seconda, disordine nell’appetito irascibile; la malizia, disordine nella volontà, nella volontà e nell’intelletto: diciamo, nella ragione. Che cosa è l’error d’amore?
L’amore che erra per malo obbietto si chiama altrove dal poeta cupidità, che è il contrario di amor che drittamente spira. Questa si “liqua„ in volontà di male o ingiusta. Nello inferno ella genera i peccati di malizia di cui ingiuria è il fine; nel purgatorio quelli di coloro che sperarono eccellenza, che temerono di perdere podere, grazia, onore e fama, che si adontarono per ingiuria ricevuta.15 In questi peccati dunque sarebbe stata volontà iniqua, perchè vi fu cupidità. In vero la loro reità è più complessa che quella dei peccati per poco o troppo di vigore. Dice il poeta:16
Ciascun confusamente un bene apprende,
nel qual si queti l’animo, e desira:
perchè di giugner lui ciascun contende.
Se lento amor in lui veder vi tira,
o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto penter, ve ne martira.
L’animo è qui, come in Dante spesso se non sempre, appetito sensitivo. “L’amore è qualche cosa che appartiene all’appetito„.17 E questo appetito è quello sensitivo, differente dal naturale e differente dal razionale o intellettivo, ossia volontà: è quell’appetito che negli uomini, a differenza dei bruti partecipa della ragione, in quanto alla ragione ubbidisce. E come questo appetito è concupiscibile o irascibile, così del concupiscibile è l’amore rispetto al bene assolutamente e dell’irascibile rispetto all’arduo.18 Or questa lentezza d’amore è certo rispetto all’arduo, poichè arduo parve il bene da vedere o da acquistare, a quelle anime, sì che adesso in loro “fervore acuto„
ricompie forse negliegenza e indugio
da lor per tepidezza in ben far messo.19
Dunque in essi è un errore dell’animo o dell’appetito irascibile. E negli altri?20
Altro ben è che non fa l’uom felice:
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
L’amor che ad esso troppo s’abbandona
di sovra a noi si piange per tre cerchi.
Poichè questo bene è la ricchezza, il cibo e la carne, s’intende senz’altro che in quelle anime è un errore triforme dell’appetito concupiscibile.
In queste colpe vi fu dunque un “ordine corrotto„,21 diciamo un’inordinazione, nel correre al bene. L’inordinazione consiste nell’abbandonarvisi troppo, a codesto bene.22 Non c’è dunque alcuna differenza tra questo amore che s’abbandona troppo al bene che non fa l’uomo felice; e l’incontinenza di concupiscibile. Non importa aggiungere come appunto per quella forma di codesto triforme amore, la quale si chiama più comunemente amore, si proclami presa e condotta a morte, Francesca. Nè alcuno vorrà trovare sostanzial divario tra la colpa di Ciacco e quella di Bonagiunta. E il papa avaro del purgatorio dichiara con proprie parole di essere stato reo come quei bruni ad ogni conoscenza dell’inferno, simili che sono agl’ignavi; chè dice:23
avarizia spense a ciascun bene
lo nostro amore, onde operar perdèsi.
Ora l’amore è il piegar dell’animo, il quale così “entra in desire„ e non ha quiete se non nella gioia del possesso. Nel purgatorio si sconta dunque quel primissimo moto, che erra; quel desire che è troppo forte o troppo fievole; non la gioia in cui s’acqueta. Questa gioia fu ripudiata dai peccatori prima di morire.
Vidi che lì non si quetava il core,
esclamava l’avaro pentito. Invero tutte “converse„ sono queste anime: dal bene che non è bene, a cui volgersi è ritorcersi da Dio, si conversero al bene immutabile; e dalla tepidezza messa in ben fare passarono ad acuto fervore.
Quell’amore è dunque la macchia; ma, s’intende, di quando è divenuto desiderio, prima di essersi fatto gioia. Il solo “piegare„ è “natura„.26 Quella “prima voglia„ non è nè lodevole nè biasimevole.27
Ora, è così semplice la macchia di quelli altri erranti d’amore?28
È chi esser suo vicin soppresso
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch’ei sia di sua grandezza in basso messo;
è chi podere, grazia, onore e fama
teme di perder perch’altri sormonti,
onde s’attrista sì che il contrario ama;
ed è chi per ingiuria par che adonti,
sì che si fa della vendetta ghiotto,
e tal convien che il male altrui impronti.
In questi peccati, oltre la brama, l’amore, la ghiottornia, che non è del proprio bene direttamente, ma della soppressione, dell’abbassamento del prossimo e della vendetta su lui, è una speranza, un timore e tristizia, un adontamento. L’adontamento o è un timor di turpitudine29 o una tristizia.30 Speranza, dunque, e timore che si fa tristizia, sono in questi peccati che non sono in quei primi, accompagnate con un desiderio che non è del proprio bene soltanto. E questo sarà la cupidità. Ora diciamo subito che quelle sono passioni pur dell’appetito sensitivo.31 E diciamo, che non si purga nelle tre cornici, di questo triforme amore la quiete del desiderio adempiuto, ma solo il desiderio stesso. E dunque la macchia appartiene, anche qui, al solo “animo„, ma è più nera e larga; poichè il desiderio è del male altrui, e si complica necessariamente con speranza e timore; speranza di eccellenza, timor di perdere podere, grazia, onore e fama, e conseguente tristizia, timor d’onta e tristizia che ne deriva. Or queste sono le caligini e le schiume d’un’inordinazione non soltanto dell’appetito, ma di parti più nobili dell’anima: della ragione, cioè della volontà e dell’intelletto. Valga il vero. Chi direbbe che questi tre peccati del purgatorio hanno cessato di essere spirituali? Spirituali sono concordemente affermati questi tre peccati, ira, invidia, e superbia. Ora, poichè ciò che in noi si distoglie da Dio e lo spirito è ciò che si volge al bene corporale è l’appetito, e nel purgatorio non si mondano che passioni dell’appetito, bisogna concludere che queste passioni siano, in essi tre peccati, residui di ciò per cui erano peccati spirituali; una macchia, dirò così, che è impressa dallo spirito nell’anima sensitiva.
L’amor del male, dell’inferno, è dunque con la malizia, del purgatorio, nella stessa proporzione che il troppo e il lento amor del bene con l’incontinenza di concupiscibile e d’irascibile. Vi è pero un divario. Quelli che nel purgatorio mondano le colpe, poniamo, di troppo amor del bene, incontinenti furono; come non pare si possa dire che furono maliziosi quelli che purgano il triforme amore del male. Rispondo qui sol questo: certi peccatori dello antipurgatorio, per esempio Manfredi di cui furono orribili i peccati,32 e il nasuto “onde Puglia e Proenza già si duole„,33 quel Carlo che faceva così sanguinose “ammende„,34 quando potranno salire al monte, in qualche cornice pur si staranno; e il nuovo Dante che ve li trovi, non potrà già dire che non furono rei di malizia, sebbene purghino soltanto l’amor del male!
Ma qui risorge una questione. Vi sono nel purgatorio rei di malizia, che sono in una cornice di amor soverchio del bene. Sono quelli che gridano Soddoma. Nell’inferno quelli che offesero di ciò, sono nel primo cerchietto, terzo girone, della malizia. Come? La ragione esatta è, mi pare, oltre che nel proprio modo di quel cerchietto che è mezzo tra l’incontinenza e la malizia, nel proprio modo di quella parte di girone, in cui35
saper d’alcuno è buono;
degli altri fia laudabile tacerci,
chè il tempo saria corto a tanto suono;
in cui i peccatori sono aggruppati in masnade che non si debbono confondere tra loro.36 Il rimbombo stesso del fiume della violenza che cade nel giro della frode, e accompagna la vista d’un dei gruppi, ha certo valore simbolico, e significa certo che di quei peccatori alcuni hanno più d’incontinenza, altri più di malizia. Sono anche nell’inferno sodomiti in cui la prima radice del loro peccato è più nell’appetito che nella volontà. C’è anche nel girone del peccato contro natura, un divario tra gru e stornelli; quel divario che nel cerchio della lussuria mi par manifesto tra i vinti d’amore e i rotti a vizio.
Note
- ↑ Purg. XXVII 140.
- ↑ Inf. IX 17, XII 39.
- ↑ Purg. XXXI 138 segg.
- ↑ E si vedrà meglio l’antitesi, quando avremo dichiarato Matelda e Beatrice.
- ↑ Purg. XI 30.
- ↑ Purg. XIII 88 seg.
- ↑ Purg. XVI 31 seg.
- ↑ Purg. XVII 85 seg. XVIII 107.
- ↑ Purg. XXV 139.
- ↑ Summa 1a 2ae 86, 1 e 2.
- ↑ Purg. XVII 91 segg.
- ↑ Summa 1a 2ae 86, 1 e 2.
- ↑ Purg. XVII 95 seg.
- ↑ Inf. VI 70 segg.
- ↑ Purg. XVII 115.
- ↑ ib. 127.
- ↑ Summa 1a 2ae 26, 1.
- ↑ Summa 1a 2ae 26, 1.
- ↑ Purg. XVIII 106 seg.
- ↑ Purg. XVII 133 segg.
- ↑ ib. 126.
- ↑ ib. 136.
- ↑ Purg. XIX 121 seg.
- ↑ Purg. XVII 137.
- ↑ ib. 130 segg. 124 seg.
- ↑ Purg. XVIII 26.
- ↑ ib. 59 seg.
- ↑ Purg. XVII 115 segg.
- ↑ Summa 1a 2ae 42, 4; 42, 3.
- ↑ Summa 1a 2ae 46, 3; 3a 15, 9. L’ira è composta di tristizia e desiderio, non come di parti, ma come di cause.
- ↑ Summa 1a 2ae 26, 1. Vi è riportato questo passo di S.Agostino, de civ. D.: Amor inhians habere quod amatur, cupiditas est; id autem habens eoque fruens, laetitia; fugiens quod ei adversatur, timor est; idque si acciderit sentiens, tristitia est. E Tommaso commenta: amor dicitur esse timor, gaudium, cupiditas et tristitia, non quidem essentialiter sed causaliter.
- ↑ Purg. III 121.
- ↑ Purg. VII 124 segg.
- ↑ Purg. XX 65 segg.
- ↑ Inf. XV 103. E vedi a pag. 262.
- ↑ ib. 118.