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l’altro viaggio | 323 |
È chi esser suo vicin soppresso
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch’ei sia di sua grandezza in basso messo;
è chi podere, grazia, onore e fama
teme di perder perch’altri sormonti,
onde s’attrista sì che il contrario ama;
ed è chi per ingiuria par che adonti,
sì che si fa della vendetta ghiotto,
e tal convien che il male altrui impronti.
In questi peccati, oltre la brama, l’amore, la ghiottornia, che non è del proprio bene direttamente, ma della soppressione, dell’abbassamento del prossimo e della vendetta su lui, è una speranza, un timore e tristizia, un adontamento. L’adontamento o è un timor di turpitudine1 o una tristizia.2 Speranza, dunque, e timore che si fa tristizia, sono in questi peccati che non sono in quei primi, accompagnate con un desiderio che non è del proprio bene soltanto. E questo sarà la cupidità. Ora diciamo subito che quelle sono passioni pur dell’appetito sensitivo.3 E diciamo, che non si purga nelle tre cornici, di questo triforme amore la quiete del desiderio adempiuto, ma solo il desiderio stesso. E dunque la macchia appartiene, anche qui, al solo “animo„,
- ↑ Summa 1a 2ae 42, 4; 42, 3.
- ↑ Summa 1a 2ae 46, 3; 3a 15, 9. L’ira è composta di tristizia e desiderio, non come di parti, ma come di cause.
- ↑ Summa 1a 2ae 26, 1. Vi è riportato questo passo di S.Agostino, de civ. D.: Amor inhians habere quod amatur, cupiditas est; id autem habens eoque fruens, laetitia; fugiens quod ei adversatur, timor est; idque si acciderit sentiens, tristitia est. E Tommaso commenta: amor dicitur esse timor, gaudium, cupiditas et tristitia, non quidem essentialiter sed causaliter.