Rinaldo di Montalbano/Atto IV
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ATTO QUARTO.
SCENA PRIMA.
Gano, Florante e soldato.
Cauto presenta questo foglio, e digli,
(dà una carta al soldato
Che da incognita mano a te fu dato.
Guarda non palesar che sia di Gano
Opra cotesta. Va, la tua mercede
Dopo il fatto otterrai. (soldato parte
Florante. German, qual foglio
A Rinaldo inviate?
Gano. Or che siam soli,
Tutto vi narrerò. Mi dà sospetto
Rendè Carlo la spada. Ei reo nol crede
Forse nel di lui cor, benchè qual reo
Mostri trattarlo. Egli ci fida,1 e aspetta
Forse noi dal confronto in pien Consiglio
Avviliti mirar. Carlo è un Monarca
Che sa fingere a tempo. Abbiam sinora
Contro Rinaldo fulminato accuse,
Che se sono sospette, in facil guisa
Ponno sciogliersi in nulla, e l’opra nostra
Può inutil divenir. Convien, Fiorante,
Giacchè persiste l’inimico nostro
Ad isdegnar d’esser con noi, conviene
Far che qual traditor resti convinto;
Nè vi sia dubbio, nè abbisognin prove
Perchè tale apparisca.
Florante. Ed in qual modo
Ciò sperar si potrà?
Gano. Coglier conviene
Dalle stesse sventure anco talvolta
Il consiglio miglior. Nostro periglio
È che Rinaldo in libertà si trovi
Con l’audace suo figlio, ed io m’impegno
Far che la loro libertà ci giovi.
Ascoltatene il come. Io scriver feci
Da un’incognita man due fogli, ed uno
A Ruggiero inviai, l’altro a Rinaldo,
Come testé vedeste. In essi io feci
Scriver così: la vita del Re nostro
È insidiata; chi è fedel vassallo,
Lo soccorra e difenda. Immaginate
Come s’accenderà l’altero zelo
Dei fanatici eroi: vorranno a gara
Carlo salvar; or io, Carlo medesimo
Dai traditori, e troverò la via
Che Rinaldo e Ruggier, sorpresi armati,
Sian rei creduti dell’insidia: il modo
10 di ciò far, riuscirà, lo giuro:2
Ne vedrete l’effetto.
Florante. Il vostro spirto
Degno è di lode. Io non perdei nell’ozio
Il mio tempo però. Vinsi, germano,
Vinsi il cor d’Armelinda; ella promise
Contro Rinaldo sostener le accuse,
Vere o false che siano.
Gano. E così tosto
Si dichiarò contro Rinaldo?
Florante. E questi
Della donna il costume.
Gano. I vostri sguardi
L’han saputa obbligar?
Florante. Tanta vittoria
Coi sguardi soli non ottenni. Avara
Femmina è per natura, e facilmente
Le gran promesse vincono il suo spirto.
Gano. A una figlia di Re qual guiderdone
Di sua sorte maggior voi proponeste?
Florante. Un più bel trono, una maggior corona
Di quella che a lei dier le patrie stelle.
Gano. Le confidaste voi l’arcano?
Florante. In parte
Qualche cosa le dissi.
Gano. Ah! che faceste?
Confidar tal segreto ad una donna!
Florante. Non temete di lei: troppo è ambiziosa
Per lasciarsi fuggir la bella sorte
D’esser regina delle Gallie. Entrambi
Più di lei ci potria? S’ella conferma
L’intelligenza del nemico nostro
Col re suo genitor; s’ella gli amori
Di Rinaldo comprova, abbiam l’intento:
Il forte perirà. Due son le vie
Che al precipizio pon guidarlo. Ardita,
Lo confesso, è la vostra; è però cauta
E sicura la mia. Dall’una all’altra
Ei fuggir non potrà.
Gano. Saggio è il consiglio.
Uno si faccia, e non si ommetta l’altro.
Ma la notte s’avanza; ecco le guardie
Colla tenda regal. Quel ch’io là veggo,
Parmi Orlando. Egli è desso. Ite, germano;
Non ci ritrovi uniti.
Florante. A stabilirmi
D’Armelinda l’amor, io vado intanto.
Doppio piacer trovo nell’opra: a quello
Dell’interesse, quel d’amor v’aggiunse
Il bel volto di lei. Se in pace io posso
Quel bel seno godermi, io son felice. (parte
Gano. Ed io felice son se posso il crine
Cinger di questo splendido diadema.
S’inganna troppo il credulo germano
Se il più bel frutto conseguir dell’opra
Egli pretende. Ei regnerà, ma lunge
Dal bel sen della Francia. A me riserbo
Di Parigi l’impero, e di quant’altro
Bello fa questo regno.
SCENA II.
Guardie che portano il padiglione reale.
Orlando e Gano.
Che s’erigan le tende il Signor nostro.
Solleciti eseguite. (le guardie alzano la tenda
Gano. E ben, signore,
Quando credete che vorrà il monarca
L’infelice ascoltar? Lo giuro, Orlando,
Tanta pietà mi fa Rinaldo, ch’io
Delle sventure sue mi credo a parte.
Orlando. (Anima scellerata!) Al nuovo giorno
D’ascoltarlo promise. Ora a gran passi
Già la notte s’avanza, e poco tempo
Al grand’atto rimane.
Gano. Il ciel pietoso
Secondi i voti miei.
Orlando. (Voti crudeli!) (a parte
Ecco il Re che sen viene.
Gano. Chi è destinato
In questa notte a reggere le sue
Intime guardie?
Orlando. Il Paladin Rambaldo.
Gano. (È amico mio, seconderà il disegno).
SCENA III.
Guardie con torcie accese.
Carlo e detti.
Regia tenda innalzata. Or qui potrete
Agiato riposar.
Carlo. Itene, Orlando:
Del maggior corpo militar commetto
Al nuovo sol qui ragunar farete
Il Consiglio di guerra.
Orlando. Ad ubbidirvi
Pronto vado, mio Re. (parte
Carlo. Gano, mi sembra
Di vedervi turbato.
Gano. Ed ho ragione
D’esserlo, mio gran Re.
Carlo. Perchè?
Gano. Si tratta
Dell’augusto mio Re: v’è chi congiura
Contro la vita sua. Terror m’opprime 3(1):
Lo confesso, Signor.
Carlo. V’è chi congiura
Contro la vita mia?
Gano. Pur troppo, o Sire,
V’è fra vostri vassalli il traditore.
Carlo. Svelatemi l’indegno: egli d’esempio
Farò agli altri che sia.
Gano. Dell’empio il nome
Noto ancora non m’è. Da un fido servo
Palesata mi fu la rea congiura.
Ma dell’autor crudele, e dei seguaci
Complici suoi, dirmi non seppe il nome.
Eran chiusi gl’indegni in un romito
Rustico albergo, ed ei da un picciol foro
Tutto intender potè: fuggì poi ratto
Per non esser scoperto.
Carlo8. Ah! Dovrò dunque
Sempre viver tremando, e dovrò in tutti
L’assassino temer? Questa di morte
Sarà vita peggior.
Fia conoscere il reo: questa è la notte
Destinata a scagliar dell’empia trama
Il fulmine crudel. Non dimostrate
Il novello sospetto, anzi rinchiuso
Nella tenda real, lascin le guardie
Il varco ai traditori. Io stesso intanto
Colle guardie medesme attento e pronto
Fra quegli alberi folti, al vostro scampo
Accorto veglierò. Se d’accostarsi
Ardirà alcuno a questa tenda, io tosto
Uscirò coi soldati, e o vivi, o estinti,
Condurrò i traditori a’ piedi vostri.
Che ne dite, Signor?
Carlo. Piacemi il modo,
Onde scoprir i scellerati. Io solo
Però restar non acconsento. È troppo
Temerario l’azzardo; avventurarmi
Io non deggio così.
Gano. Saggio è il riguardo.
Voi di me più vedete: ecco pertanto
L’opportuno rimedio. I più fedeli
Scieglietevi, Signor. Questi sian chiusi
Nella tenda con voi. Per una notte,
In cui si tratta della vita vostra,
La compagnia nel padiglion soffrite
Dei soldati fedeli. Ad ogni moto
Che udiranno d’intorno, escir potranno,
E sorprender così dei scellerati
Forse le armate destre: io colle guardie
Non sarò meno pronto; e i traditori
Circonderemo; e conosciuti, e oppressi,
Pagheranno col sangue il lor delitto.
Carlo. Saggiamente parlaste. Itene dunque
Altre guardie ad unir per occupare
Tutte destino a custodir la regia
Persona mia, nella mia tenda. A voi,
Gano, dovrò la vita. Al vostro zelo
Il mio regno dovrò.
Gano. Voi la mia fede
Non conoscete ancor. Vedrete in breve
Gano chi sia: vedrete qual vassallo
A voi diero le stelle. Ah! spero, o Sire,
Di rendermi immortal. (Ma col tuo sangue).
(a parte; e parte
Carlo. Oh! de’ monarchi condizion fatale!
Tutti invidiano il grado, e niun discerne
I perigli del trono, e i gravi pesi
Di chi vi sal. La maestà del grado
In chi desta spavento, in chi disdegno,
In pochi amor. La vittima più cara
Agl’ingrati vassalli esser sovente
Mirasi il loro re. Che non fec’io
Per compiacer de’ popoli il talento?
Chi non beneficai? Chi può lagnarsi
Dell’amor mio? Chi d’ingiustizia o d’ira
Accusarmi potrebbe? E pur si trova
Chi il mio sangue desia! Barbaro eccesso,
Odioso ai numi, ed alle belve istesse
Orribile ben anco! (rimane astratto
SCENA IV.
Armelinda e detto.
Tempo è di favellargli. Or di Rinaldo
Tempo è ben di scoprir la sventurata,
L’odiata virtù. Delusi a tempo
Il credulo Fiorante. Il testimonio
Che più d’uopo ne fia). (a parte) Signor...
Carlo. Sì tarda
Vi lasciate veder? Chiesi pur tanto
Di favellarvi. Qual timor vi tenne
Lunge fìnor da me?
Armelinda. Giusto Monarca,
Sì lo dirò: l’arte dei scellerati
Impedimmi il vedervi: io non potei
Dalle insidie sottrarmi: io son sospetta
Ai nemici del vero.
Carlo. Or, grazie ai numi,
Favellarmi potete. Ogni riguardo
Deponete voi dunque, e a me fidate
Ogni arcano sincera.
Armelinda. Invitto Sire,
Pieno di traditori è questo campo;
Siete insidiato, e chi dovria più grato
Far la vostra difesa, è il più crudele
Che vi trama la morte.
Carlo. Oh Dei! S’accresce
Il mio timor. Gano teste mi diede
Il medesimo avviso.
Armelinda. E voi credeste
Alle voci di Gano?
Carlo. Ah! che sospeso
Rimango ancor.
SCENA V.
Florante e detti.
Si provegga al periglio). (a parte) Alfin, Signore,
Conoscerete il ver. Certo Armelinda
Dell’indegno Rinaldo.
Carlo. Ella di lui
Finor non mi parlò.
Armelinda. (Stelle! In qual punto
Giunse costui!) (a parte
Florante. Fate che parli. A lei
Tutto è noto, Signor. (L’impegno vostro
Rammentate, Armelinda, e di Rinaldo
Aggravate le accuse).
Armelinda. (Ah! che immatura
L’impresa è ancor. Mi manca di Rinaldo
La difesa maggior. Prendasi tempo.
Per salvarlo s’offenda). (a parte
Carlo. E che? Tacete?
Qual ribrezzo vi prende? (ad Armelinda
Armelinda. Io lo confesso,
Tremo nel pubblicar d’un uom sì forte
L’eccesso d’empietà. Sì, sì, Rinaldo...
(Ah! che dirò?) (a parte, sospesa
Florante. Rinaldo è un traditore.
Ditelo: non è ver?
Armelinda. Sì, è un traditore;
Lo confermo, Signor.
Carlo. Come a voi nota
E la sua infedeltà?
Armelinda. Patti propose,
Promesse assicurò... (Che fai? Che tenti,
Lingua mendace?) (sospesa, a parte
Florante. Assicurò de’ Mori
Il monarca, vuol dir, d’un tradimento
Contro il re delle Gallie. A lui la pace
Fuor di tempo accordò: soscrisse i patti
D’esser a parte delle sue conquiste.
Dite? Non è così?
Rinaldo è un traditor.
Carlo. Non ha ribrezzo
Il re d’Africa dunque a trionfare
Per via d’un tradimento?
Armelinda. E noto, o Sire,
Che il tradir, quando giova, applauso reca.
Carlo. È dunque ver, che il perfido Rinaldo
Di tradirmi tentò? Che il scellerato
Vender volle il suo Re per prezzo vile
Di ricchezze fugaci? Ah! ch’io non posso
Crederlo ancor.
Florante. Ma se Armelinda il giura,
Lo crederete ancor?
Carlo. Nol so; di donna
Sospetti sono i giuramenti ancora;
Domani alfin deciderà il Consiglio
Della vita di lui.
Armelinda. Dimani, o Sire,
Spero poter prova cotal recarvi,
Sicchè certo apparisca il reo fellone.
Tanto farò, che l’innocenza alfine
Illesa rimarrà: che la menzogna
Si smentirà: Rinaldo in sua divisa
Voi vedrete, Signor.
Carlo. Ah! non giungesse
Mai questo dì fatal! Qual pena estrema
Proverò nel punirlo, ancorché reo!
Ma ancor reo non lo credo. Alla mia tenda
Seguitemi, soldati. Entro vi voglio
Meco, finché il sol torni. Principessa,
Itene a riposar: voi la scortate
Alla tenda, Fiorante. Eterni Dei!
Qual notte è questa! Io riposar non spero
Fra cotanti timori e tante pene
Che il vero alfin si scopra; e il traditore,
Qualunque sia, tolga col sangue indegno
Il funesto contrasto alla mia pace.
(entra nella tenda, servito dalle guardie
Florante. Seguitemi, Armelinda; io vi sperai
Più franca innanzi al Re.
Armelinda. Ma voi vorreste
Espormi al gran periglio, indi fors’anco,
Invece di mercè, scorno recarmi:
Di ciò temo, Fiorante.
Florante. Ah! di mia fede
Vi fidate sì poco?
Armelinda. Io non ho prove
Di vostra fè, che bastino al mio cuore.
Florante. Che vorreste di più?
Armelinda. Qui non è loco
Di favellar di ciò; ne parleremo
Meglio alla tenda vostra. (Un foglio
Vogl’io dalla sua man scritto). (a parte
Florante. Sì, cara,
Tutto farò per voi. Che non farei
Per sì bella conquista? (E pel desio
Di veder rovinato il mio nemico). (a parte
Armelinda. (Questa volta, fellon, se tu mi credi,
Sei nel laccio caduto. Un traditore
Lice schernir co’ tradimenti ancora).
(a parte; siegue Fiorante
SCENA VI.
Gano e soldati.
Fra quest’ombre a celarvi; indi a un mio cenno
Rapidi uscite, e chiunque rinvenite
Sia vostra preda. Il Re così comanda.
(entra con i suoi soldati
SCENA VII.
Rinaldo solo.
Vi sia chi ardisca minacciar la morte?
Scellerati ribaldi! Ecco la tenda
Del mio Signor: nè v’è chi a custodirla
Vegli d’intorno. Oh Dei! Libero il passo
S’hanno reso i felloni. Ah! Son le guardie
Complici forse della trama? Io solo,
Io veglierò dunque del Re in difesa.
Niuno ardirà accostarsi, insin che vivo
Rinaldo sia. Grazie, superni Dei,
Grazie a vostra bontà. Voi questo foglio
Da un’incognita man vergar faceste
Perchè Carlo sia salvo, e perchè sia
Di Rinaldo la fè palese al mondo.
Parmi di sentir gente. (ascolta, e sta in guardia
SCENA VIII.
Ruggiero e detti.
Finora il genitor: lasciar non voglio
Perciò di fare il mio dover. Che bella,
Che gloriosa impresa ora sarebbe
Carlo salvar dal tradimento! Invano
Non m’averà l’ignota man svelato
Con un foglio l’arcano. Ecco la tenda:
Niuno impedisce l’accostarsi. Il luogo
Prenderò più vicin.
Alla tenda reale. Il traditore
È senz’altro costui.
Ruggiero. Gente s’avanza
Da questo lato. Ecco il fellon. (impugna ancor lui
Rinaldo. S’uccida
Chi cotanto è infedel.
Ruggiero. Pera l’indegno. (s’attaccano
SCENA IX.
Gano esce co’ suoi soldati, e Carlo dal padiglione
colle guardie e lumi.
Carlo. Arrestate i felloni.
Gano. Eccovi, o Sire,
Eccovi i scellerati, i traditori.
Rinaldo è quel...
Rinaldo. Come? Rinaldo, o Sire,
Veglia in vostra difesa.
Ruggiero. Ed è Ruggiero
Degno figlio di lui.
Gano. Si scopre invero
La vostra fedeltà. Di notte, armati
Alla tenda del Re, col ferro in pugno,
In atto di vibrar l’orrendo colpo
Contro il nostro monarca. Anime indegne!
Vi scopersero i Numi. Ah! s’io non era
Del monarca in difesa, egli sarebbe
Infelice perito!
Rinaldo. Oh Dei! Che sento?
Ruggiero. Non credete, Signor.
Carlo. Perfidi indegni!
Credo, sì, ciò che mai creder non volli
Accusatori de’ delitti vostri.
Togliete lor que’ brandi, e fra catene
Sino al novello dì sian custoditi.
Rinaldo. Questa spada, Signor, solo impugnai
Per la vostra difesa.
(gli vien levata la spada, ed a Ruggiero4
Carlo. E chi è il ribaldo
Contro cui l’impugnaste?
Rinaldo. (Oh Dio! Mio figlio
Era dunque colui? Che creder deggio
Della sua giovinezza?) (a parte
Carlo. Ah! che il rimorso
Vi confonde, lo so. Dimani, audace,
Vi faranno parlar i più severi
Stimoli di giustizia. Oh quanto io devo,
Gano, alla vostra fè! Quanto comprendo
Il zelo vostro, il vostro amor! Indegno,
Specchiatevi di lui nel cor fedele.
Arrossite in mirar quanta virtude
Animi il di lui sen. Questo è l’eroe
Più glorioso di Francia. Egli di Carlo
È la gloria e l’amor: voi, scellerati,
Voi siete l’ira mia: voi proverete
Dell’offesa maestà tutto lo sdegno5.
Gano.6 A voi, soldati, i rei consegno, e siano
Ben custoditi, e al cenno mio serbati.
Rinaldo. Gano, io tutto comprendo; io so qual astro
Congiura a danno mio. Possibil fia,
Che cotanto v’accenda invidia indegna
Dell’eroiche mie gesta?
Gano. Invan, superbo,
D’invidia me tacciate. E che potrei
Forse le trame?
Rinaldo. Io traditor?
Ruggiero. Ne menti,
Cortigian scellerato.
Gano. Io compatisco,
Giovane incauto, il tuo dolor. Dimani
Non parlerai così.
Ruggiero. Perchè?
Gano. La voce
Troncherà con il capo il giusto ferro
Di carnefice vile. (parte
Ruggiero. Oh Dei! Che intesi?
Padre, noi morirem?
Rinaldo. Può darsi, o figlio;
Sì, può darsi, che lunge il nostro fine,
Per voler degli Dei, da noi non sia.
Temeresti perciò?
Ruggiero. Trema ciascuno
Della morte all’aspetto.
Rinaldo. I vili, o figlio,
Ma i più forti non già. Dimmi, Ruggiero,
Come tu qui? Come in quest’ora; e come
Con il ferro alla mano?
Ruggiero. A me diretto
Fu questo foglio. (gli dà una carta) Del mio Re la vita
Venni a salvare, e fui tradito. (Rinaldo legge piano
Rinaldo. Ah! Figlio!
Siamo entrambi traditi. Un simil foglio
A me ancora pervenne. Opra è cotesta
Dell’industria di Gano.
Ruggiero. E il scellerato
Dunque trionferà?
Rinaldo. Speriam nel cielo,
Protettore del giusto.
Rei ci credesse, e ci volesse estinti?
Rinaldo. Converrebbe morir.
Ruggiero. Benchè innocenti?
Rinaldo. Dirsi, figlio, il mortal non può innocente,
Che di qualche delitto è sempre reo.
Lo punisce talor l’ira de’ Numi
Per un fallo non suo; ma de’ suoi falli
Occulti al mondo egli è punito. In pace
Deve l’uomo soffrir il suo destino.
Ruggiero. Ma in pace mai non soffrirò cotesta
Ingiustizia del Re.
Rinaldo. Taci: rispetta
Il carattere sagro. È sempre giusto
Chi, secondo le leggi, altrui condanna.
Difendersi convien, convien scolparsi,
Gl’inganni superar, figlio, conviene;
Ma se, ad onta di tutto, hanno valore
Le calunnie degli empi, a noi non lice
Del monarca lagnarsi.7 Il fin dell’uomo
È la morte, lo sai. Morir glorioso,
Val più assai della vita.
Ruggiero. E noi, gloriosi
Moriremo così?
Rinaldo. Verrà quel giorno,
Che il ver si scoprirà.
Ruggiero. Quand’io sia8 estinto,
Tardo il giorno verrà.
Rinaldo. Ma sarà in tempo
Per risarcir la nostra fama.
Ruggiero. Oh Dio!
Mi conforta la speme, e già prevedo,
Che il ciel soccorrerà nostra innocenza.
Altrimenti, signor, tanta virtude
Diman dover perir, colle mie mani
La morte mi darei, prima ch’espormi
Al vergognoso fin che ci prepara
Dei nemici crudeli il fiero orgoglio. (parte
Rinaldo. Povero figlio! Compatisco il tuo
Troppo giusto dolor; l’età immatura
Discerner non ti fa con maggior senno
Le vicende del mondo: io le comprendo,
Io le sprezzo egualmente, e quando sono
D’amarezza condite, e quando piene
Sembrano di piacer. Quel che mi cale
È la mia fama, è l’onor mio. Pietose
Tutelari deità, deh per pietade,
Soccorretemi voi; voi difendete
La mia vita non già, ma l’onor mio.
Questo a voi raccomando: è un fumo, un’ombra
Questa vita mortal, ma vive eterno
Il nome degli eroi; deh, questo illeso
Dalla strage crudel de’ miei nemici,
Pietosissimi Dei, voi riserbate.
Fine dell’Atto Quarto.
- ↑ Non è chiaro. Nelle edizioni dell’Ottocento fu stampato si fida
- ↑ Così il testo.
- ↑ Così l’ed. Guibert e Orgeas (t. XII, 1777) di Torino ed altre. Nell’ed. Zatta leggesi m’oppone.
- ↑ Così nel testo.
- ↑ Certamente Carlo rientra nel padiglione.
- ↑ Nel testo dell’ed. Zatta è stampato per errore Carlo.
- ↑ Così il testo.
- ↑ Nel testo è stampato fia.