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RINALDO DI MONT'ALBANO | 435 |
Che più d’uopo ne fia). (a parte) Signor...
Carlo. Sì tarda
Vi lasciate veder? Chiesi pur tanto
Di favellarvi. Qual timor vi tenne
Lunge fìnor da me?
Armelinda. Giusto Monarca,
Sì lo dirò: l’arte dei scellerati
Impedimmi il vedervi: io non potei
Dalle insidie sottrarmi: io son sospetta
Ai nemici del vero.
Carlo. Or, grazie ai numi,
Favellarmi potete. Ogni riguardo
Deponete voi dunque, e a me fidate
Ogni arcano sincera.
Armelinda. Invitto Sire,
Pieno di traditori è questo campo;
Siete insidiato, e chi dovria più grato
Far la vostra difesa, è il più crudele
Che vi trama la morte.
Carlo. Oh Dei! S’accresce
Il mio timor. Gano teste mi diede
Il medesimo avviso.
Armelinda. E voi credeste
Alle voci di Gano?
Carlo. Ah! che sospeso
Rimango ancor.
SCENA V.
Florante e detti.
Si provegga al periglio). (a parte) Alfin, Signore,
Conoscerete il ver. Certo Armelinda