Rime varie (Alfieri, 1912)/CXLIV e CXLV. Parigi sbastigliato/Ode

CXLIV e CXLV. Parigi sbastigliato - Ode

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CXLIV e CXLV. Parigi sbastigliato - Introduzione CXLVI. Che cosa guadagni chi scrive
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ODE.

I.1

All’armi all’armi, un generoso grido2
Fa rintronar di Senna ambe le rive:

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All’armi all’armi echeggia3
Francia intera dall’uno all’altro lido.
Forse fia che dell’Anglo ampia oste arrive?4
6 No: dalla infame reggia,
Di tradimenti e di viltade nido,
Sotto ammanto di pace esce l’atroce
Seme di guerra. Ecco al macello il segno
Dal capitano indegno
11 Aspettar la masnada empia feroce
Che all’immensa cittade intorno accampa.5
Svizzera compra6 carne al regio sdegno
Tacita serve; e qual ferale vampa,
Pregna di stragi stassi.
16 Ahi nube orrenda di esecrati sgherri!
Fia7 che il popol ti lassi
Ber del suo sangue, e al tuo ferir si atterri.

II.8

Ma da ben altra immortal reggia scende9
Sovra l’ali dei Fati in atto altera
(Bella e terribil Dea)
Libertà; che da Palla ottien le orrende
Gorgonee serpi, onde la turba fera
6 Cui già il terror vincea10

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Freddo immobile sasso inutil rende.
Sacra Diva, che il vile empio di corte11
D’un guardo annulli, e il cittadino allumi
Di fiamma tal che ai Numi
11 Si estima ei pari; ad affrontar la morte
Per la patria verace, o Dea, tu traggi,
Tu sola, a sparger di lor sangue fiumi,
Le magnanime Guardie; in cui tuoi raggi
Tanto penétri addentro,
16 Che non piú guardie del comun nemico
Ma di Parigi al centro
Franche Guardie si fanno al Franco amico.12

III.

Invisibil cosí pendea sospesa
E su le umíli e su le eccelse teste13
Con la rovente spada
L’Angel di morte, anch’ei d’orror compreso.
Dato è il segnal: la cortigiana peste14
6 Fa sí che in bando vada
L’uom che sol regge or dello Stato al peso;
L’uom che libero nato in strania terra,
Servo in Gallia ed in corte a far si venne
Sol per tôr la bipenne15

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11 Di man de’ rei, che a scellerata guerra
Vilmente arditi centra il volgo inerme
L’adopran sí, che n’è il servir perenne. —
Ahi stolte al par che inique menti inferme!
Perché i raggiri impuri
16 Vostri abbian dato ad un tant’uom16 il bando,
Sperate voi securi
Starvi omai dietro al mercenario brando? —

IV.

Quali urla sento? infra l’orror di negra
Notte feral quai torbe incese tede17
Correr ricorrer veggio?
In men ch’io il dico, ampia cittade intégra18
Sossopra è vôlta: ogni uom vendetta chiede:
6 E il sofferirla è il peggio,
Spade, aste, ogni arme impugnan tutti: ed egra19
Alma non v’ha ch’elmo rimembri o scudo.
Andar, venire, interrogar, giurarsi
Scambievol fé, mostrarsi
11 A gara ognun d’ogni temenza ignudo,20
Rintracciar l’orme del tedesco gregge,
Sovr’esso a furia indomiti scagliarsi,
Altri svenarne, altri fugarne, e legge
A tutti imporre, è un punto.
16 Pria che in ciel la seconda alba sia sorta
E che al confin sia giunto
L’esul ministro, è tirannia già morta.

V.

Oltre l’usato il sol sereno sorge
A rischiarar queste beate21 spiagge;
E spettacol sublime

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Agli occhi miei sí desïato, porge.
Con bella antiqua mescolanza,22 in sagge
6 Torme, uno stuolo imprime
Rispetto, in cui la securtà risorge.
Rimiro io fatti i cittadin soldati:
E piú strano miracolo ai dí nostri
Fia che in un mi si mostri
11 Nei regi sgherri a cittadin tornati.23
Già insieme tutti, a calda prova ognuno,
Gl’impotenti sfidáro aulici mostri.24
Ma, se matrona non si veste a bruno,
Dei satelliti soli
16 Non basta il sangue a rammollir lo scettro.25
Né fia che in corte voli
Terror, se non vi appar nobile spettro.

VI.26

Loco è in Parigi, che in inferno avría
Pregio piú assai: detto è Bastiglia; e dirsi
Me’ dovría Malebolge.27
Ampia profonda fossa, ond’è ogni via
Intercetta28 all’entrar come al fuggirsi,
6 Per ciascun lato il volge.29
Quadro-turrita30 in mezzo erge la ria
Fronte una rôcca di squallor dipinta:31
Atro-bigio32 è il gran masso. Alta corona
D’empio bronzo che tuona.33

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11 Infra gli orridi merli al capo ha cinta:
Del piè sotterra s’incaverna34 il fondo
Piú giú che il fosso, in parte ove non suona
Raggio35 piú omai dell’abitato mondo:
Dalle esterne sue parti,
16 Fenestre no ma taciti forami
Radi nel sasso ed arti
Barlume dànno a quelle stanze infami.36

VII.

Gemma è primiera del regal diadema
Questo albergo di pianto.37 A guardia un truce
Crociato carceriero38
Stavvi, ripien di crudeltade e tema,
Che di monchi sicarii inutil duce
6 Dirsi ardisce guerriero. —
Nunzi a costui di volontà suprema
Dei vincitori cittadini, in lieto
E pacifico aspetto, ecco son giunti.
Che indarno ei non impunti
11 Nel negar l’arme, il prega un sermon queto.
Altro da lui non vuolsi. All’aure il bianco
Segnal di pace, e i caldi preghi aggiunti,
Il rancor di costui dovrían far manco.39
Blando e mite ei risponde
16 Che a ciò s’inoltrin quetamente i pochi.
Giunti appena alle sponde,
Sovr’essi avventa il traditor suoi fuochi.

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VIII.40

Donde han mai l’ali?41 qual non visto Nume
Dei respinti al furore ali ministra42
Ad inaudito volo?
Ecco sgorgare, impetüoso fiume,
Il gran popol da destra e da sinistra,
6 Irresistibil stuolo.
Leggeri piú che ventilate piume,43
Oltre al ponte primier varcati44 in frotta
Già stanno; ivi urti, e palle, ed urla, e morti,
E morenti, e risorti:
11 Nè l’uom sa il come; ecco allentata e rotta
La catena, che in alto ratteneva
L’ultimo ponte.45 — Oh generosi, o forti,
Voi, che sovr’esso, che a stento cadeva,
D’audace slancio ascesi,
16 Prima sboccar nell’empia rocca ardiste!
Lor nomi indarno io chiesi,
Perché il debito onore a lor si acquiste.46

IX.

Ve’ scorrer già la vincitrice piena47
Entro alle piú riposte erme latébre
Del trïonfato ostello:
Già il ferro ogni empio difensor vi svena.
Già dalle eterne orribili tenébre
6 Del lor carcere fello48
Tratti sono alla pura aura serena
I prigionieri miseri innocenti.
Già già afferrato è il castellano iniquo,
Che dell’oprar suo obliquo49
11 Pagherà tosto il fio tra rei tormenti.
Preso esce già fra i cittadini, agli occhi
Del popol tutto, il condottiero antiquo;

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Nè dardo50 avvien che incontro a lui si scocchi:
«Alle Gemonie»51 grida
16 Sola una voce della plebe immensa,
Che con feroci strida
Vieppiù sempre d’intorno a lui si addensa.

X.

Cruda, ahi! ma forse necessaria insegna,
Vedeva io poi con gli occhi miei sua testa
Sovra lunga asta infissa
Ir per le vie:52 né sola ell’è; chè degna
Compagna un’altra a quella orribil festa
6 Le viene a paro: è scissa
Questa dal corpo d’uom, che invan s’ingegna,
Urban pretore, di far ire a vuoto
Dei cittadini la guerriera impresa:
E vilmente distesa
11 Sua tronca salma io ne vedea nel loto.53
E i cittadin feri vedea ma giusti
L’alta vendetta lungamente attesa
Sperar compiuta in que’ scemati busti. —
Ahi memorabil giorno!
16 Atroce, è ver, ma fin di tutte ambasce:54
Di libertade adorno
Fia questo il dì che vera Francia nasce.

XI.55

Deh! con qual gioia alla sconfitta56 rôcca
Io volgo il piè! Senza tremare io passo
Dentro all’orrida soglia.

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Già di pietade il core mi trabocca
Solo in mirarmi attorno il negro sasso...
6 Or quai voci alla doglia
Pari saran, se a me descriver tocca
I funesti pensieri, onde la vista
Dell’atre interne carceri mi aggrava?
Qui (dich’io) lagrimava,
11 D’arbitrario insanir vittima trista,57
La intatta sempre timida Innocenza,
Cui di sua man Calunnia conficcava.58
Qui non s’udía di giudice sentenza:
Qui due miseri carmi
16 Veri o supposti; e qui un sorriso, un guardo,
Un pensier, potean trarmi...
Oh di qual giusto alto furor tutt’ardo!59

XII.

A terra, a terra, o scellerata mole:
Infranta cadi, arsa, spianata,60 in polve. —
A gara ogni uom l’assale;
A gara ogni uom spiccarne un sasso vuole,61
E le fere compagini dissolve.
6 Sparita è già. — Ma quale62
Pompa diversa oggi rischiara il sole
Nelle affollate parigine vie?
Ecco inerme e soletto il Franco Giove:
Ei di sua reggia muove,

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11 Ripieno il cor di cittadine pie
Brame, in lui figlie di assoluto invito
Che al venir gli vien fatto in fogge nuove.
Fiede il regale orecchio un non pria udito
Alto e libero Evviva,
16 Cui non piú Re ma Nazïon vi aggiunge
Quella sovrana Diva
Che dai bruti il verace uom disgiunge.63

XIII.

Fra il nobil grido il re procede intanto,
Da Franche armi non compre attornïato,
Vêr la magione urbana.64
Di duolo e gioia vario-mesto65 un pianto
Cui da pria ’l pentimento ha in lui destato,
6 D’ogni uom lo sdegno appiana.
Ma d’ora in poi quello ingigliato ammanto66
E a chi ’l porta e a chi ’l dona assai men greve
(Spero) sarà. — Giunto è già il prence: ei giura
Che la orribil congiura,
11 Ignota a lui, tutta imputar si deve
Ai traditor che in duro error lo han tratto.
Pago è già il cittadin: già già secura
Torna del re la maestade a patto
Meglio adequato67 omai;
16 Già espulsi ha gli empi e richiamato ha il giusto;68
Né a re lo errar piú mai
Concede il Nazional Consesso augusto.


Note

  1. I. Tutte le strofe di questa canzone hanno il seg. schema: ABcABcADEeDFEFgHgH. Per comprendere il contenuto di questa strofa, è necessario ricordare in modo sommario i fatti che immediatamente precedettero la presa della Bastiglia: dinanzi al contegno assunto dai rappresentanti del terzo stato, che avevano con tanta energia e tanta fermezza sostenuti dinanzi alla Francia i loro diritti, la nobiltà aveva ceduto di mal animo e con la promessa che le adunanze dell’Assemblea Costituente sarebbero state di breve durata; la Corte viveva nella speranza che qualche cosa accadesse, per cui tutto andasse a rifascio, e intanto ne preparava segretamente i mezzi, ponendo intorno a Parigi quindici reggimenti, sotto il comando del maresciallo De Broglie. Tali preparativi non potevano rimanere a lungo nascosti, e i deputati popolari, allorché ne ebbero sentore, pensarono ai modi della resistenza. Al Mirabeau parve che la via piú sicura per incutere paura agli avversari fosse di denunziare pubblicamente i fatti scoperti e di obbligare i responsabili alla discussione. La proposta piacque e nel senso indicato dal Mirabeau fu redatto un indirizzo che 24 deputati presentarono al re. Questi rispose che le truppe s’eran fatte venire solo per il mantenimento dell’ordine pubblico e che, se davan noia intorno a Parigi, le avrebbe fatte andare a Soissons o a Noyons. L’assemblea non fu sodisfatta di tali mezzi termini e il Mirabeau insisté perché, tanto da una parte quanto dall’altra, si giocasse a carte scoperte.
  2. 1. Il Filicaia, nella terza canzone Leopoldo I imperatore:
    Teco, Signor, l’alto fattore eterno
    Nella mente magnanima ragiona
    E: «all’armi!» dice «all’armi...».
  3. 3. Echeggia, ripete.
  4. 5. Oste, esercito: analoga domanda ha il Carducci nel Ça ira:
    Al calpestío de’ barbari cavalli
    Ne l’avel si svegliò dunque Baiardo?
    O su le dolci orleanesi valli
    La Pulcella rileva il suo stendardo?
  5. 9-12. Il soggetto di questo periodo è la masnada empia feroce.
  6. 13. Compra, comprata.
  7. 17. Fia, può darsi, potrà avvenire.
  8. II. * Questa strofa fu composta il 18 di luglio.
  9. 1. Credo debba intendersi dalla reggia della Giustizia.
  10. 5-6. Secondo Esiodo, le Gorgoni erano tre sorelle, figlie di Forchi e di Cheto; si chiamavano Steno, Euriale e Medusa, e quest’ultima riduceva in pietra chi la guardava. Perseo la vinse e ne consegnò il capo ad Atena che lo pose sul proprio scudo per ispaventare i nemici.
  11. 8. Il vile empio di corte, il cortigiano.
  12. 14-18. Erano a Parigi le Guardie francesi, truppe scelte, destinate a tutelare a vicenda la persona del Re, che si trovava a Versailles; costoro, malcontente della troppo severa disciplina, si erano accostate alla parte popolare; onde alcune furono tratte in arresto e chiuse nell’Abbazia; il 30 giugno il popolo insorse, strappò le guardie dal luogo dove si trovavano e le portò in trionfo. Il Re, comprendendo che non era opportuno eccitare vie maggiormente gli animi, perdonò a tutti e fece sostituire altre guardie a quelle che erano state allontanate.
  13. III. 2. Sovra il popolo e sovra i patrizi.
  14. 5. La cortigiana peste, i cortigiani in genere.
  15. 7-13. L’11 luglio il ministro Giacomo Necker (nato a Ginevra nel 1732), che piú volte aveva dichiarato al Re di essere pronto a ritirarsi, se i suoi servigi non fossero piú stati graditi, ricevé un biglietto col quale Luigi XVI accettava le sue dimissioni, gli ingiungeva di allontanarsi e di tener celata ad ognuno la sua partenza. Il Necker ubbidí agli ordini ricevuti e in poche ore fu lungi da Versailles; ma il popolo veglia, sospetta da prima, ha poi la certezza che il ministro è stato licenziato, che lo hanno sostituito uomini devoti alla causa aristocratica, ascolta, plaudendo, le concitate parole di Camillo Desmoulins, s’impadronisce dei busti del Necker e del Duca d’Orléans, minacciato, si diceva, d’esilio, e si spande per le vie di Parigi. In piazza Vendôme incontra un drappello di soldati tedeschi che fanno fuoco ed uccidono una guardia francese. I compagni di essa tirano alla lor volta sui soldati mercenari fraternizzando in tal modo col popolo. I combattimenti continuano e si giunge, fra il tumulto e la strage, alla mattina del 14 luglio. — La bipenne, la scure.
  16. 16. Un tant’uomo: non tutti gli storici sono d’accordo nel riconoscere i meriti del Necker: il Thiers ad es., (Histoire de la Rév. fran., I. 1), ne scrive cosí: «Necker [était un] Genevois enrichi par des travaux de banque, partisan et disciple de Colbert, comme Turgot l’était de Sully: financier économe et intègre, mais esprit vain, ayant la prétention d’être modérateur en toute chose, philosophie, religion, liberté par les éloges de ses amis et du public, se flattant de conduire et d’arreter les esprits au point oú s’arretait le sien».
  17. IV. 2. Torbe incese tede, torbide fiaccole accese.
  18. 4. Integra, tutta quanta.
  19. 7. Ogni arme, qualunque arme càpiti sotto mano. — Egra, debole.
  20. 11. Ignudo, privo.
  21. V. 2. Beate, per la libertà riconquistata.
  22. 5. Con mescolanza degna degli antichi tempi.
  23. 9-11. E miracolo piú straordinario è quello a cui assisto, di vedere tornati cittadini le guardie del re.
  24. 13. I cortigiani ridotti ormai all’impotenza.
  25. 14-16. Intendasi: ma se il sangue di qualche nobile non si versa, quello del popolo non basta da solo a commuovere il cuore del re. Lo stesso concetto è ripetuto negli ultimi due versi della strofe.
  26. VI. * Questa strofe e la seg. furono composte il 19 di luglio.
  27. 1-3. La Bastiglia era una delle tre prigioni di Stato di Parigi, ed elevavasi nella via di Santo Antonio. Nel 1783 aveva fatte, intorno agli orrori di quelle carceri, rivelazioni tali da muovere il raccapriccio Enrico Linguet, che vi era stato qualche tempo ed era andato in appresso esule in Inghilterra. Il suo libro, diffuso in Francia in gran numero di copie, produsse l’effetto desiderato e, con altri che su analogo soggetto si pubblicarono in quel tempo, aggiunse esca all’odio che già ardeva nel cuore del popolo contro quel sepolcro di vivi. — Me’, meglio. — Questi tre versi sono foggiati a bella posta su quello di Dante (Inf., XVIII, 1):
    Loco è in inferno detto Malebolge...
  28. 5. Intercetta, impedita.
  29. 6. Il volge, lo circonda.
  30. 7. Quadro-turrita, quadrata e con una torre per lato.
  31. 8. Di squallor d., squallida all’aspetto.
  32. 9. Atro-bigio, bigioscuro.
  33. 10. Di cannoni.
  34. 12. S’incaverna, si sprofonda.
  35. 13-4. ...in parte ove non suona Raggio etc.: ardita metafora, che può essere stata suggerita all’A. da quella di Dante (Inf., V, 28):
    Io venni in loco d’ogni luce muto.
  36. 15-18. Scrive il Linguet nelle ricordate Memorie sulla Bastiglia: «La camera, o piuttosto la Loggia di questo Serraglio, in cui uno viene strascinato, non ha per finestra che uno spiraglio chiuso da tre inferriate, la prima al di dietro, l’altra nel mezzo della muraglia, e la terza al di fuori. I differenti cancelli sono intraversati di ferri in maniera da non lasciare alla vista, che un passaggio di due pollici quadrati».
  37. VII. 1-2. Il piú fulgido ornamento della Corte di Francia - ironicamente - è la Bastiglia.
  38. 2-3. Era a guardia della fortezza il vecchio De Launay con una guarnigione di ottantadue invalidi (i monchi sicarii) rafforzata da trentadue giovani Svizzeri.
  39. 7-14. A parlamentare col De Launay era andato prima il Thuriot, e per lui si era abbassato il ponte levatoio; sovr’esso, una nuova deputazione di cittadini giunse fino alla corte esterna; il De Launay, stimando inutili coi sopraggiunti le maniere blande, lasciò che i soldati facessero fuoco, e alla vista del sangue l’insurrezione scoppiò formidabile. — Non impunti, non si ostini nel diniego di arrendersi. — Far manco, render minore.
  40. VIII. Questa strofa, la nona e la decima furon composte il 20 di luglio.
  41. 1. Donde han mai l’ali? Donde vennero sí rapidamente?
  42. 2. Ministra, verbo: somministra.
  43. 7. Dante (Purg., VIII, 28 e segg.):
    Verdi come fogliette pur mo nate
    Erano in veste, che da verdi piume
    Percosse traean dietro e ventilate.
  44. 8. Varcati, oltrepassati.
  45. 11-13. La ruppero, sembra, Luigi Tournay, carradore del Marais, e Aubin Bonnèmere, ambedue vecchi soldati.
  46. 18. Nominandoli, s’intende, in questa canzone.
  47. IX. 1. Piena, moltitudine, calca.
  48. 6. Fello, crudele.
  49. 10. Obliquo, proditorio.
  50. 14. Dardo ha qui il significato di fucile, di spada o simili.
  51. 15. Le Gemonie erano le scale per cui si scendeva alla prigione Mamertina nell’antica Roma.
  52. X. 1-4. Era la testa del De Launay, che fu decapitato lo stesso giorno 14 luglio.
  53. 5-11. Un’altra vittima del furor popolare in quella memoranda giornata fu il Flesselles preposto dei mercanti, accusato di tradimento: si diceva che avesse ingannato i democratici promettendo loro delle armi, senza aver intenzione di darle. Visto il terribile frangente, egli cercava di placare i furibondi che aveva dintorno con l’assicurarli che, se volevano, si sarebbe subito ritirato. «No!» gli rispondevano essi, «al Palazzo reale per esservi giudicato!» Mentre il Flesselles vi si avviava, un colpo di pistola lo freddò. — Scissa, recisa. — Nel loto, nel fango.
  54. 16. Così sperava l’A.: ma bisogna convenire che, nell’esame de’ fatti storici, egli era d’una miopia straordinaria, se non si accorgeva che la Rivoluzione cominciava proprio allora!
  55. XI. Questa strofe e l’ultima furon composte il 21 di luglio.
  56. 1. Sconfitta, smantellata.
  57. 11. Intendasi: l’infelice vittima di un pazzo arbitrio.
  58. 13. Allusione alle famigerate Lettres de cachet, per cui tanti cittadini eran stati cacciati a languire nella Bastiglia.
  59. 15-l8 Non isfugga al lettore come dal considerare le sventure toccate ad altri l’A. passa a misurare il pericolo che aveva corso egli stesso di venire, diciamo cosí, imbastigliato. — Carmi, versi o anche parole. — Supposti, falsi, di cui a torto mi si accusava. Anche nel Filippo (III, 5ª): Supposto è il foglio.
  60. XII. 2. Infranta, abbattuta, arsa, bruciata; spianata, rasa al suolo, il che fu fatto verso il 20 di luglio.
  61. 4. Come reliquie della cessata infamia. La chiave della Bastiglia fu dal Lafayette mandata in America a Giorgio Washington.
  62. 6-13. Luigi XVI, al quale gli astuti cortigiani si sforzavano di tener celata la gravità degli avvenimenti, fu avvertito dall’onesto Duca di Liancourt della straordinaria loro entità, e prese il partito di presentarsi egli stesso all’Assemblea costituente. Là giunto, rassicurò gli intervenuti, disse loro con aspetto bonario: «Voi diffidate di me; ebbene, io ripongo in voi la mia fiducia», annunziò che aveva ordinato il ritiro delle truppe da Parigi e da Versailles, e, circondato dai deputati plaudenti, ritornò a piedi fino al Castello. «Pour un instant», scrive il Thiers (Op. cit., I, 2) «tout semblait oublié, mais le lendemain, le jour mème la cour était rendue à son orgueil, le peuple à ses méfiances, et l’implacable haine recommençait son cours» — Il Franco Giove: nell’Aut., (III, 5°) l’A. dice che Luigi XV, da lui veduto a Versailles nel 1767, aveva «un aspetto giovesco».
  63. 14-18. Fiede, ferisce, colpisce. L’A. allude in quest’ultimi versi alla nuova e significante denominazione data da Luigi XVI all’Assemblea costituente, il giorno 15 luglio, di Assemblea nazionale.
  64. XIII. 3. La magione urbana, il palazzo di città.
  65. 4. Vario-mesto, cosí nel son. A tardo passo, al sospirato loco.
  66. 7. Quello ingigliato ammanto, il giglio d’oro adornava l’arme dei Capetingi, e lo ricorda anche Dante (Purg., VII, 105; XX, 86; Par., VI, 100, 106).
  67. 14-15. A patto Meglio adequato, a condizioni piú giuste.
  68. 16. Richiamato ha il giusto, il Necker fu infatti, sotto la pressione del voto popolare, richiamato da Basilea; ma di là a non molto, impotente a frenare l’Assemblea, si ritrasse a Coppet.